Amatrice e il nulla
Silenzio e rispetto.
Aria sospesa e polvere.
Quando ero bambina avevo paura del Nulla che avanzava e si portava via tutto, un Nulla che poi ho incontrato tante volte.
Un Nulla che a volte è entrato nel mio sguardo e poi ho ricacciato.
Oggi per l’ennesima volta questo Nulla mi si è messo davanti.
Non è vero che avanza e mangia, non sempre.
Qualche volta sta.
Sta fermo e immobile e rosicchia lento.
Mia amata conca, in qualche modo da queste macerie ti rialzerai, sotto il capezzolo di Pizzo, sotto l’abbraccio morbido di Cima Lepri e gli spigoli brulli del Gorzano.
Non ti ho lasciato un secondo in quei mesi di guerra e macerie e trincee tra la neve, e ogni volta che torno a te, che dormo immersa nel verde delle tue frazioni più alte, incastonate nei canaloni, capisco che ho un legame raro con te.
E in qualche modo so, l’ho imparato, che anche chi non sa camminare prima o poi lo fa. Che anche chi non sa camminare prima o poi si alza: deve prima imparare a mettersi in ginocchio, poi a cavalier servente e poi finalmente quel quadricipite troverà la forza muscolare di rialzarsi.
(foto di Valentina Perniciaro)
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