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Posts Tagged ‘riot’

Libano: si assaltano le banche

29 aprile 2020 Lascia un commento

Per le strade del Libano, tutte, la pandemia non sembra essere il problema principale.
Dall’ottobre dello scorso anno, per più di 100 giorni, il Libano è stato infiammato da una EImVqHnX0AASmVs-1protesta spontanea, trasversale, assolutamente liberata dai meccanismi confessionali che sempre hanno diviso le strade del paese. I soli a scendere contro questo movimento stupendo e anche ricco di tantissime componenti femminili, sono stati gli sciiti di Hezbollah ed Amal, che più volte hanno attaccato le piazze incendiando tutto quello che trovavano, armata manu
Una lotta contro una crisi economica devastante, denominata dalla stampa internazionale la Tax Intifada, che ha fatto cadere in pochi giorni l’inutile governo Hariri e che ora si ritrova in una situazione stagnante e pericolosa,
insostenibile ormai visto l’arrivo della pandemia, e con lei delle misure di contenimento sociale che inevitabilmente piegano definitivamente la sopravvivenza della popolazione subalterna.

E così, nessuno si è lasciato fermare, e con i volti coperti dalle mascherine, oltre che dalle kephie, si è iniziato ad alzare il livello dello scontro per le piazze di Beirut, Tripoli, Saida: dal tappeto di bandiere libanesi sventolate, dalla battaglia con i divani a bloccare la ring road si è passati a tante, tante molotov, e all’attacco diretto alle banche.

La confusione è grande sotto il cielo,
i cuori di chi lotta battono forte.
Per capire le rivendicazioni dei ragazzi e delle ragazze in piazza : QUI

 

Nikos ha vinto: SOLO LA LOTTA PAGA

10 dicembre 2014 5 commenti

Sono emozionata nello scrivere queste righe perchè sinceramente la vedevo nera, lo ammetto, soprattutto dopo le parole della corte suprema di ieri che rigettava l’appello presentato dal suo avvocato:

Il piantonamento di questi giorni davanti alla sua stanza d’ospedale

non mi sembrava una situazione con una semplice possibilità di uscirne vittoriosi, quindi vivi.
Nikos Romanos ha fatto capire la sua enorme determinazione dal primo istante e il governo greco sembrava fottersene totalmente e spudoratamente, senza lasciare a lui altra opzione che un proseguimento dello sciopero della fame e poi della seta ormai ai limiti della sopravvivenza.

Nikos invece ha vinto, ha ottenuto i permessi studio con un emendamento votato in extremis oggi dal parlamento greco: 6 mesi di e-learning e poi braccialetto elettronico per poter seguire i corsi all’università.
Una vittoria per lui, e per tutti i detenuti che vogliono accedere ai permessi studio: grazie Nikos, per la tua determinazione, per averci palesato ancora una volta che solo la lotta paga e paga anche bene!Ci racconta Petros Damianos (l’insegnante di Romanòs presso il carcere minorile di Avlonas)”Sono appena uscito dall’ospedale. La sua prima frase dopo la felicità. Signore Petros, che contattiamo la Facoltà, così non perdo il semestre”

Noi ti vorremmo libero,
fuori dal carcere, come tutti e tutte i compagni di prigionia!

Sapere che il tuo sciopero della fame è finito e che il tuo corpo potrà riprendersi rende il nostro cuore più leggero,
e il mio lo emoziona: hai strappato con ogni grammo del tuo corpo un pezzo della tua libertà e di quella di tutti i prigionieri!
Fino alla vittoria, Nikos…

LEGGI:
Solidarietà a Nikos
La corte suprema condanna a morte Nikos Romanos

P.S.: Vorrei ricordare a chi legge questo post che qui in Italia non sarebbe minimamente possibile ottenere quello che ha ottenuto Nikos. Per reati armati e politici che son quelli per cui lui è arrestato si sta in regimi di alta sorveglianza dove solitamente non sono ammessi più di 2 libri per volta. Figuriamoci recarsi in facoltà con un braccialetto elettronico: cose di altri mondi, comunque

La corte suprema condanna a morte Nikos

9 dicembre 2014 7 commenti

La Suprema Corte ha sentenziato la condanna a morte di un ragazzo di soli 21 anni,
che oggi è entrato nel trentesimo giorno di sciopero della fame e lei cui condizioni sono critiche in modo sempre più allarmante.
Una condanna a morte, perché Nikos Romanos, militante anarchico condannato a 16 anni per una rapina a mano armata, ha fatto capire che non smetterà la sua lotta,
anche dovesse esser l’ultima.

FUORI I COMPAGNI DALLE GALERE. LIBERTA’ PER NIKOS

A Nikos spirò un caro amico tra le braccia: e avevano solo 16 anni.
A Nikos lo stato greco uccise un amico con un proiettile regalato e immotivato e da quel giorno la sua vita cambiò per sempre:
fino a quell’arresto ridicolo, fino alla tortura, ai pestaggi, alla condanna grandissima
e ora a questo sciopero della fame solo per accedere ad un suo diritto:
lo studio.

Il suo avvocato, Frangiskos Ragousis, già parlava di poche speranze di successo con la Corte suprema e in effetti così è stato:
Nikos ha superato gli esami di ammissione all’università di Atene, come detenuto,
ma non potrà accedere allo studio e per ottenerlo sta andando incontro alla morte.

Tutta la solidarietà possibile a questo ragazzo,
la cui vita è stata distrutta dallo stato greco già nel 2008 con l’assassinio di Alexis,
Tutta la solidarietà a questo giovane combattente, perchè possa sentirla a tonnellate,
perché possa resistere. Resistere e ancora resistere.

DOLOFONOI!

AGGIORNAMENTI:
LA VITTORIA DI NIKOS

Alexis Grigoropoulous : 15 anni
Piccolo reportage da Atene
Non sparate sui nostri sogni
Un Natale asfissiante
Il sangue scorre e chiede vendetta
Contro Stato, Chiesa, esercito, polizia e democrazia
Merry crisis and a happy new fear
Atene, un anno dopo
Il suicidio di Savas
A Nikos

 

 

 

A Nikos, al martire che non deve diventare!

8 dicembre 2014 2 commenti

Ne è passato di tempo dall’assassinio di Alexis,
tanto che mi sembra impossibile sia volato così.

Foto di ORESTIS PANAGIOTOU: lo striscione recita ASSASSINI

Foto di ORESTIS PANAGIOTOU: lo striscione recita ASSASSINI

Perchè il mio ricordo ancora brucia in modo strano, sento ancora l’odore acre di lacrimogeni che mai avevo sentito prima,
sento ancora le palpitazioni per delle corse senza meta, in una città che non conoscevo e che mi accoglieva in modo schizofrenico:
facoltà, quartier, spazi e compagni che sembravamo conoscerci da sempre,
opliti, gas, fumi gialli e blu, camionette, manganelli, tanto tanto odio dalla parte opposta.

Quando mi ripenso nelle strade di Atene in battaglia penso a quella signora,
tutta pelliccia e pacchettini natalizi davanti alla carcassa del suo macchinone incendiato:
lei mi spiazzò più della pioggia di molotov che per giorni avevo davanti agli occhi e a cui non ero abituata.
Lei guardava la sua macchina dicendo “d’altronde, hanno ragione, quel ragazzo aveva solo 15anni”.
Già.
Solo 15 anni.

Accanto a lui, quando fu ucciso a freddo in quella simpatica piazzetta di Exarchia, senza alcuna ragione,
c’era Nikos, suo coetaneo, anche lui un giovane anarchico.
Lui ha visto morire Alexis davanti ai suoi occhi, un suo amico, un suo compagno,
uno che da quel giorno ha capito che indietro non si tornava più dopo quell’esperienza.
Probabilmente la sua vita sarebbe stata molto diversa senza quel 6dicembre: quel proiettile poteva centrare in pieno lui e invece prese il suo amico, che spirò immediatamente e tra le sue braccia.
Erano poco più che bambini, ma davanti a quel sangue, chi sopravvisse, non potè che iniziare un percorso rivoluzionario e contro lo Stato.

Il suo arresto, nel febbraio del 2013,  fu incredibile e indimenticabile, ne scrissi a riguardo un post quasi basito e silenzioso,
pubblicando il video di un’operazione di polizia che sembrava rivolta ad una cellula terroristica micidiale e invece portava in prigione un pugno di ragazzi appena maggiorenni.
Uno di loro era proprio Nikos, poi ripetutamente torturato e condannato a 16anni per una rapina in banca.
Il regime carcerario a cui è stato sottoposto dal primo istante è tra i più duri immaginabili

Nikos ora sta portando avanti una battaglia incredibile, dalla sua cella:
Una battaglia per il diritto allo studio, da prigionieri, a lui costantemente negato, malgrado abbia superato con successo i test d’ingresso all’università.

E’ in sciopero della fame dal 10 novembre: tra due giorni è un mese..
Già ricoverato da un po’ nel repartino detentivo dell’ospedale di Gennimatàs, le sue condizioni stanno velocemente peggiorando e rischiano di diventare irreversibili: lo sciopero della fame ti mangia dentro e nemmeno troppo lentamente.
Si rischia, anche prima del mese, un blocco renale e quindi un successivo blocco cardiocircolatorio: la situazione di Nikos è gravissima, il suo corpo di 21enne prigioniero sta iniziando ad arrancare in questa battaglia.
Però andrà avanti, questo è chiaro a tutti: anche a chi da giorni sta affrontando lo stato greco e i suoi armamenti per portare tra le strade tutta la solidarietà possibile, per fare in modo che arrivi fino al terzo piano di quell’ospedale.
Per fargli capire che non vogliamo martiri,
Che c’è bisogno di lui, che deve resistere, che deve rimaner vivo per poter continuare a lottare con noi,
nel ricordo del suo amico,
Alexis, compagno di tutti noi.

Resisti Nikos, ti vogliamo vivo,
ti vogliamo fuori,
ti vogliamo ancora a masticare asfalto in faccia allo Stato.
Nessun martire, nessun eroe: tutti e tutte, gomito a gomito, passo dopo passo.

Un messaggio da una manciata di mamme per te, Nikos
Caro Nikos, siamo con te. Resisti.
Non regalargli la tua vita. E’ quello che vogliono. Possono cancellarla un attimo dopo.
Non temono la tua morte. Temono che tu resti in vita a testimoniare.
Resisti, Nikos
La madre di Dax, ucciso da fascisti a Milano il 16 marzo 2003
La madre di Renato, ucciso da fascisti a Roma il 27 agosto 2006
La madre di Carlo, ucciso dallo Stato italiano a Genova il 20 luglio 2001
Le figlie di Pino Pinelli, ucciso dallo Stato italiano a Milano il 15 dicembre 1969
La sorella di Iaio, ucciso insieme a Fausto da ignoti (fascisti + servizi deviati) a Milano il 18 marzo 1978.
Cristina, mamma di Mattia, No Tav, incarcerato per terrorismo

Alexis Grigoropoulous : 15 anni
Piccolo reportage da Atene
Non sparate sui nostri sogni
Un Natale asfissiante
Il sangue scorre e chiede vendetta
Contro Stato, Chiesa, esercito, polizia e democrazia
Merry crisis and a happy new fear
Atene, un anno dopo

Gezi Park un anno dopo “They call it chaos, we call it home!”

31 Maggio 2014 Lascia un commento

Gezi Park un anno dopo avrà la stessa colonna sonora dello scorso anno.
Avrà una massa incredibile di persone che già sono in piazza, che non son proprio mai tornate a casa,
avrà lo scrosciare a pressione dell’acqua dagli idranti, le pallottole di gomma che fischiano e uccidono,
gli scoppi dei lanci di lacrimogeni, poi tosse, tosse, vomito, urla, cariche e ancora resistenza. Le immagini delle mascherine piene di sangue dello scorso anno non le dimentichiamo: Istanbul dodici mesi fa era quella città dove bastava respirare per sanguinare copiosamente.

Istanbul è di nuovo in strada, Istanbul non è mai tornata a casa da quella lunga giornata di 365 giorni fa.
Istanbul non è più quella di prima e sembra non voler far altro che dimostrarlo, ad Erdogan e ai suoi servi armati di tutto punto.
Istanbul e il popolo di Taksim, è lì sottobraccio a chi è stato ucciso,
Come è stato sottobraccio alla mamma di Berkin, uscito per del pane, nei 269 giorni di coma che l’hanno tenuto sospeso tra vita e morte.
“se andrete lì le forze di sicurezza vi arresteranno” Erdogan ha usato queste parole per dare il benvenuto a chi voleva commemorare quest’anniversario di lotta, e riceverà in cambio migliaia di persone contro qualunque divieto. Le cariche oggi non si son mai fermate, il numero degli arresti continua a salire (inizia a sfiorare i 100) e nessun anche oggi sembra voler tornare a casa…
Le immagini e la brutalità della polizia non stupiscono, ma lasciano sempre comunque attoniti: la bellezza delle vostre barricate apre il cuore e fa venir voglia di vomitar lacrimogeni con voi…
passo dopo passo con voi.

GEZI PARK, un anno fa:
La giornata dell’11 giugno: mattina /pomeriggio / sera
Racconto per immagini
Gli altri post di questi giorni:
Si respira e si sanguina
Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Berkin Elvan, il piccolo principe di Taksim, è volato via dopo 269 giorni di coma

11 marzo 2014 4 commenti

269 giorni ad accarezzarti, a pulire la tua pelle per evitare che le piaghe la mangiassero,
269 giorni di canzoni, di sorrisi faticosissimi e voce serena per provare a farti sentire che intorno a te tutto era rilassato, in semplice tua attesa.

269 giorni che le dita di tua madre si intrecciavano alle tue cercando una contrazione, un tocco di vita che poi in realtà non è mai arrivato,
269 giorni ad osservare le palpebre senza battere le proprie per paura di perdere proprio in quel batter d’occhi involontario il primo movimento possibile che avesse il sapore della vita, o di qualcosa di almeno leggermente simile.
Quando ho saputo che il “piccolo principe” di Taksim se ne è andato all’alba di questa giornata
i miei occhi ormai decisamente stanchi hanno incontrato quelli di tua madre,
come li avessi incontrati per 269 lunghi maledetti bastardi giorni.
Ho conosciuto il coma di mio figlio, ancora ne combatto i malefìci che ha inserito nel suo corpo e per sempre li combatterò,
ho conosciuto quindi la tua mamma caro Berkin, perchè quello che si impara tra i lamenti sordi di una rianimazione,
quando si balla con la morte e quasi la si attende come salvezza, è che si è tutte lo stesso cuore.
Tutte mamme col vuoto dentro, intorno, davanti: il buco nero del bip di quel monitor.

Tu non eri nemmeno sceso a manifestare quel giorno, a 14 anni.
Eri solo andato a prendere il pane, forse a malapena cosciente che intorno a te c’era chi combatteva per difendere un qualcosa e conquistare il mondo intero; colpito in testa da un lacrimogeno, hai trovato davanti a te soltanto il buio del coma,
e le canzoni di tua madre che chissà se avrai mai sentito, in quei 269 giorni terminati stamattina alle 7.
Il tuo corpo pesa 16 kg, a questo è arrivata la vita prima di consegnarti alla polvere…
io ti auguro un viaggio leggerissimo, auguro alla tua mamma di poter dimenticare per sempre questi 269 giorni,
quel lacrimogeno, la tua pelle gonfia, il silenzio dei medici, auguro a lei di avere stampato in testa, per sempre, solo il tuo sorriso.

Oggi in tanti, in tantissimi sono arrivati all’ospedale dopo la notizia della tua morte e la polizia turca non ha esitato a reprimere…
ancora una volta un colpo in testa, un lacrimogeno che prende un fanciullo, un corpo che cade e perde i sensi,
come 269 giorni fa…

E da quel momento non si è mai fermata questa lunga giornata, fatta di una rabbia che arriva fino a dove tu stai viaggiando,
fatta dei loro idranti, lacrimogeni, manganelli, pallottole di gomma….

PAGHERETE CARO, PAGHERETE TUTTO!

Tanto il materiale presente su questo blog sulla rivolta di Taksim..
vi lascio un po’ di link

Gli idranti rossi, i loro effetti e le nottate di Taksim: LEGGI
Quando basta respirare per il sangue: LEGGI
ALTRE LETTURE:
La giornata dell’11 giugno: mattina /pomeriggio / sera
Racconto per immagini
Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

31 marzo 2015: sequestrato il magistrato che seguiva il caso LEGGI

Ciao Berkin, i nostri pugni al cielo ti accompagneranno tra le stelle…

Un bacio alla tua mamma…

Amburgo ci insegna una nuova parola: gefahrengebiet. Sarà sinonimo di Acab?

7 gennaio 2014 6 commenti

Ad Amburgo c’è il coprifuoco.
Ad Amburgo c’è una zona rossa circondata da plotoni.
Ad Amburgo ci sono migliaia di poliziotti in piazza e ogni foglia che si muove viene identificata e portata via.
Ad Amburgo son settimane che accadon cose … che nessuno sembra volerci raccontare.

Ad Amburgo c’è un vecchio teatro che dal 1989 è stato rinominato RoteFlora,
ad Amburgo c’è un bel gruppo di migranti e militanti che dopo i morti di Lampedusa ha deciso di non tornare a casa in silenzio,
ad Amburgo ora si ha a che fare con la legge marziale, almeno questo è quel che sembra a guardar un po’ di immagini distrattamente,
ad Amburgo c’è una zona detta “gefahrengebiet” che solo se provi ad attraversarla ti arrestano.
Lo possono fare, come se niente fosse: ti fermano perchè esisti, e lì non devi esistere. Punto.

Difficile fare un riassunto dei fatti, perché son tanti e si accavallano tra le ultime settimane di dicembre e questo inizio d’anno: dal tentativo di sgombero del Rote Flora, all’immediata criminalizzazione del movimento nato dopo l’eccidio (posso chiamarlo così) di Lampedusa che non ha mai potuto muovere un passo senza esser caricato violentemente, passando per l’ “evacuazione” dell’ Esso-Hauser, un complesso di vecchi edifici, che verranno demoliti a luglio, senza che i 70 abitanti possano proferir parola (per ora sono sistemati in alberghi e avranno assistenza statale per una casa alternativa a quella da dove son stati evacuati)… la notte di capodanno poi ( e questo è uno dei motivi per cui è stata dichiarata la gefahrengebiet) ci sarebbe stato un attacco degli Autonomen contro la Davidwache, il commissariato di polizia a St.Pauli, durante il quale sarebbero rimasti feriti due poliziotti. Peccato che uno stesso comunicato della polizia parla di scontri con gli Autonomen sarebbero avvenuti a diverse centinaia di metri dal commissariato.

Cazzo è?

insomma, Amburgo ribolle e lo Stato pensa bene di rispondere a tutto ciò con l’istaurazione di uno stato di guerra.

Nella zona che è stata dichiarata gefahrengebiet vivono migliaia di persone: possono recarsi a casa solamente a piedi, e una volta raggiunta non devono lasciarla, se non in orari prestabiliti.
Se sei un giornalista ti ritirano il tesserino e te lo distruggono , se sei un fotografo… peggio.
Il coprifuoco per migliaia di persone.
Per quanto? e poi dove ancora?
La gentrificazione avanza a mano armata, col grasso appena passato sugli anfibi.

In questo paese abbiamo ambasciate, consolati e molto altro battente bandiera tedesca.
Dovremmo pensare ad una gefahrengebiet:
Per loro!

ecco la zona rossa …

“Testimone a Gezi Park” sbarca a Roma

12 dicembre 2013 Lascia un commento

Luca Tincalla per me era @workingclasshero,
poi è arrivata la rivolta di Gezi Park ed è più amichevolmente diventato “il turco”,
fanciullo misterioso che narrava le vicende che accadevano intorno a lui, con occhio curioso e parole apparentemente distratte.
Ho immediatamente pubblicato i suoi testi,
me li mandava dalle periferie anatoliche e non esitavo un secondo a metterli sul blog.
Mi piaceva il suo modo di scrivere, sembrava un passante spaesato che voleva solo capire quell’effervescenza virale ed improvvisa: poi l’ho visto come per magia arrivare a Testaccio, in piena estate, con la sua bicicletta malgrado un caldo raro.
I suoi scritti hanno subito preso forma, ancor prima di in un aperitivo tra scivoli, altalene e pancioni scalcianti: lui scrive precisamente come pedala, parcheggia, cammina per il mondo. Luca e le sue parole si assomigliano come si mormora dei cani con i loro compagni umani.

Ora quelle pagine son diventate un libro autoprodotto ed anche il nostro aperitivo è diventato letteratura 😉
quindi sabato 14 venite a farvi due chiacchiere con lui e chi vuole saperne ancora dei suoi racconti da un parco che voleva resistere,
del mondo che intorno a quegli alberi è nato, in quel paese e nella vita del nostro ciclista stanco ma tenace.
A sabato e … buona lettura.

Sabato 14 Dicembre alle ore 19
presso la Libreria Antigone in via degli Ausoni 48,  Roma
Testimone a Gezi Park
di Luca Tincalla
(Sarà presente l’autore)

a fine presentazione Aperitivo solidale a sottoscrizione per la Libreria Antigone
A Istanbul, un uomo in cerca di se stesso si ritrova – volente o nolente – a essere testimone di quello che succede a Gezi Park. Gezi Park è un fazzoletto verde, un parco, nei pressi della piazza di Taksim, teatro storico delle principali manifestazioni in città e nel Paese. Perché degli abusivi (degli attivisti) stanno occupando il suolo pubblico? Per cosa manifestano? E contro chi? Mentre l’uomo, che è a Gezi Park per caso, si pone queste domande, un poliziotto si avvicina e con un idrante lo annaffia dalla testa ai piedi. Pian piano, andando avanti, l’uomo comincia a perdere la sua innocenza e ad acquisire consapevolezza. Ma è pur sempre un emarginato, un pazzo, un çapulcu; non sarà facile per lui capire e, infatti, il “processo di consapevolezza” sarà un po’ il leitmotiv del libro.

Testimone a Gezi Park è stato pubblicato su giap di Wu Ming (con il loro articolo sulla rivolta in Turchia), qui: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=13550

Guida pratica di resistenza a lacrimogeni e pepper spray

3 dicembre 2013 3 commenti

Quello che segue è la traduzione di un manuale pubblicato su OccupiedPalestine, di cui cè la traduzione sul blog FreePalestineRoma
Una guida per non farsi prendere alla sprovvista, per non lasciare che il panico renda impossibile salvare se stessi, le proprie mucose, la propria libertà o addirittura la pelle. La conoscenza è una grande arma, soprattutto quando un plotone infinito di playmobil armati come nei peggiori film di fantascienza ti si muove contro: quindi vi consiglio di leggerlo, di tenerlo a mente.
Senza pensare che possa non essere utile perchè tu no no no sei uno pacifico e non ti succede niente,
senza pensare che no no no solo quelli brutti e cattivi rischiano queste cose,
senza pensare che loro,quelli tutti uguali e con gli anfibioni, hanno sempre e comunque la meglio…
per capire che conoscenza, organizzazione e controllo della paura permettono lucidità … e allo stesso tempo, trasmettono paura,
alla massa informe di opliti che avanza aiutata da manganello e chimica.

Ci fanno sapere che anche qui,da gennaio, si “sperimenterà” lo spray al peperoncino.
Non lasciamo che la paura ci assalga,
non lasciamo che ci facciano del male, che poi si deve tornare TUTTI a casa.

La prima cosa che devi ricordarti rispetto all’esposizione a queste armi chimiche è che non è la peggior cosa che può capitarti. La mistificazione e la paura che le circondano è enorme, ma in realtà, se sei attento/a e sveglio/a, potrai cavartela senza problemi. Queste informazioni sono il risultato di coversazioni con esperti e dell’esperienza.

1. Come vengono utilizzati:
I lacrimogeni e il pepper spray possono essere spruzzati da piccoli nebulizzatori tascabili o estintori di grossa portata.
Il pepper spray può anche arrivare da proiettili di plastica che vengono sparati al torace per togliere il respiro alla persona colpita, la quale per riprendere fiato respirerà profondamente la sostanza urticante del proiettile esploso. I lacrimogeni vengono più comunemente utilizzati sotto forma di candelotto, sparati nella folla ed a volte direttamente alle persone.
E’ importante che tu non prenda con le mani i candelotti senza guanti adatti perchè sono estremamente incandescenti. Sappi che quando lo prenderai in mano per tirarlo, sarai fortemente esposto al fumo.
A campo aperto, non perdere di vista la traiettoria del candelotto di lacrimogeno e non dare mai le spalle alle forze repressive, se pensi sia meglio indietreggiare, cammina con piccoli passi all’indietro.

2. Che ripercussioni hanno sulle persone:

Sia i lacrimogeni che il pepper spray sono irritanti per la pelle, causano bruciori e una lacrimazione eccessiva degli occhi, così come perdite dal naso o ecceso di salivazione. Il pepper spray è usato più comunemente dalle autorità come strumento di controllo per la capacità di causare dolore immediato. E’ difficile da togliere dalla pelle ed ha la capacità di provocare un’ustione di primo grado.

Se sei esposto a lacrimogeni o a pepper spray potresti subire:
– Bruciore agli occhi, al naso, alla bocca o alla pelle
– Eccesso di lacrimazione che provoca l’annebbiamento della vista
– Naso che gocciola
– Aumento di salivazione
– Tosse e difficoltà nel respiro
– Disorientamento, confusione ed a volte panico
– La rabbia intensa è una reazione comune al contatto con il pepper spray; può essere utile se sei preparato/a a questo per riprenderti e tornare all’azione.
Incanala la tua rabbia, buttala fuori, evita di tenerla dentro.

La buona notizia è che gli effetti sopracitati sono temporanei.

Il malessere provocato da un lacrimogeno di solito sparisce dopo 5-30 minuti, mentre il malessere provocato dal peggior pepper spray per diminuire può richiedere dai 20 minuti alle 2 ore.
Gli effetti di entrambi con dei trattamenti diminuiscono presto ma dato che lo sray urticante penetra fino alle terminazioni nervose, i suoi effetti possono rimanere per ore anche dopo la rimozione dalla pelle.

3. Evitare sbagliati e pericolosi trattamenti leggendari:
Ci sono molte leggende sulla cura e la prevenzione. Molte di queste informazioni sbagliate sono potenzialmente pericolose. Molte di queste, se applicate, possono estremamente incrementare o prolungare le reazioni all’esposizione, o come minimo procurano un falso senso di sicurezza.

4. Quando evitare l’esposizione:
Per la maggior parte delle persone in salute, gli effetti dei lacrimogeni o del pepper spray sono temporanei. Tuttavia, per alcune persone gli effetti possono essere duraturi e mortali.
Le persone che soffrono delle condizioni indicate qui sotto, dovrebbero essere consapevoli di questi rischi ed eventualmente evitare l’esposizione.
E’ importante essere coscienti che durante azioni intense come quelle in cui il comportamento della polizia può essere imprevedibile, sottrarsi non sempre è possibile.
Coloro che sono nelle seguenti condizioni di salute dovrebbero evitare di entrare nella folla dove c’è il rischio d’esposizione a queste sostanze:

– Persone con disfunzioni respiratorie come asma, enfisema, etc. rischio dell’esposizione: peggioramento o danno permanente.
– Persone vulnerabili come bambini, anziani o con immuno deficienza, rischio: intensificare il problema o compromettere la vita
– Chiunque con condizioni di salute croniche o sotto terapie che indeboliscono il sistema immunitaro (per esempio: chemioterapia, Lupus, HIV, radiazioni, corticosteroidi come il prednisone) rischio: peggioramento della malattia, reazione intensa e possibile ritardo nella guarigione.
– Le donne che sono o potrebbero essere incinta, o stanno provando a esserlo, il rischio è di aborto spontaneo, o aumento del rischio di difetti di nascita.
– Le mamme nel periodo di allattamento hanno il rischio di passare le tossine ai loro figli.
– Persone con malattie della pelle (come ad esempio: forte acne, psoriasi o eczema) e malattie agli occhi (come congiuntivite o uveite) rischiano un peggioramento.
– Le persone che indossano le lenti a contatto possono riscontrare una maggiore irritazone degli occhi e un danno dovuto al fatto che gli agenti chimici rimangono incastrati sotto le lenti.

5. Protezione:
– Evita l’uso di oli, lozioni e detergenti perchè possono trattenere gli agenti chimici e prolungare così l’esposizione. Lava i tuoi vestiti, i capelli e la pelle con un detergente neutro e un sapone non profumato.
– Raccomandiamo l’uso di protezioni solari a base di alcol o di acqua (piuttosto che quelli a base di olio). Se la tua scelta è fra quello a base d’olio o niente, consigliamo l’uso di protezione solare. Se ti spruzzano il pepper spray su una scottatura non è divertente.
– Raccomandiamo anche la minima esposizione della pelle coprendola il più possibile. Questo può proteggerti anche dal sole, così come un cappello o una bandana.
– Le maschere antigas sono la miglior protezione facciale, se propriamente aderenti e sigillate. In alternativa, occhialetti da piscina (con lenti infrangibili), mascherine, può aiutare anche una bandana che ricopra naso e bocca, imbevuta nell’aceto.

6. Cosa fare in caso di esposizione:
– MANTIENI LA CALMA. Il panico aumenta l’irritazione. Respira lentamente e ricorda che è solo temporaneo. Se educhi te stesso/a prima di andare al corteo saprai cosa aspettarti e ridurrai le probabilità di entrare nel panico.
– Se vedi arrivare un lacrimogeno o avverti la minaccia, se puoi indossa le protezioni, o prova a spostarti controvento.

– Soffiati il naso, sciacquati la bocca e sputa ripetutamente. EVITA DI INGHIOTTIRE.
– Se indossi le lenti a contatto, prova a levarle o chiedi a qualcuno di farlo per te, con le dita PULITE ed incontaminate. EVITA DI INDOSSARE LE LENTI A CONTATTO PRIMA DI USCIRE.
– NON STROFINARE GLI OCCHI.

7. Rimedi:
Abbiamo fatto diversi tentativi per trovare buoni rimedi al pepper spray e abbiamo trovato qualcosa che sicuramente aiuterà a ridurre i problemi. Nessuna di queste è una cura miracolosa ma usare questi rimedi può aiutare una persona a sentirsi meglio il prima possibile, anche se non è una soluzione immediata.

Per gli occhi e la bocca:
Consigliamo una soluzione composta per metà da liquido antiacido (come il Maalox) e per metà d’acqua. Un flacone spray è l’ideale ma una bottiglia che ha il tappo che spruzza va bene comunque. Bagnate sempre dall’angolo interno dell’occhio a quello esterno, inclinando la testa all’indietro e leggermente di lato riuscirai a sciacquarlo. Dalle nostre prove è sembrato che ci sia bisogno di mandare il liquido nell’occhio per essere d’aiuto. Questo significa che anche se la persona è convinta di stare bene dovresti provare a farle aprire gli occhi. Nella maggior parte dei casi potrebbe non riuscire ad aprirli da sola, e l’apertura potrà causare un temporaneo stato di panico, ma la soluzione aiuta. Funziona ancora meglio se si risciacqua anche la bocca.

Per la pelle:
Consigliamo l’olio di canola (di colza) seguito da alcol. Evitando accuratamente gli occhi, strofina energicamente la pelle colpita dagli agenti chimici con uno straccio o una garza imbevuta con olio di canola. Subito dopo strofinati con dell’alcol. Ricorda che l’alcol negli occhi fa molto male.

Il trattamento secondario può includere: sputare, soffiarti il naso, espettorare, camminare con le braccia distese, togliere i vestiti contaminati e metterne di nuovi; è essenziale lavarti e lavare i tuoi vestiti appena puoi.

ATTENZIONE: il pepper spray che si asciuga sulla pelle viene riattivato con l’uso di acqua! Leggi ciò che segue per sapere come sbarazzarti del pepper spray prima di fare la doccia!

Queste sostanze sono tossiche e continueranno a contaminare te e chi ti sta intorno finché non te ne liberi. Fino a quel momento cerca di non toccarti gli occhi o la faccia né altre persone, mobili, tappeti, ecc. per evitare ulteriore contaminazione. Dopo che hai lavato i vestiti in lavatrice fai un ulteriore lavaggio a vuoto con la massima temperatura, per eliminrae i residui.

Ricorda che tutto questo è solo temporaneo e che i nostri corpi sono estremamente forti e dotati di meccanismi naturali di disintossicazione.

8. Equipaggiamento essenziale di protezione:
Una bandana imbevuta di aceto e legata stretta attorno al viso è l’ultima risorsa. E’ certamente meglio di nulla, ma ricorda che si tratta soltanto di una barriera e non di un filtro, che quindi non sarà efficace a lungo.
Puoi lasciarla in ammollo dentro un sacchetto di plastica finché non sarà il momento di usarla. Portane più di una, poiché con l’uso la bandana si impregnerà di gas quanto l’aria che ti circonda.

Per proteggere gli occhi gli occhialini da piscina funzionano bene quando hanno una perfetta aderenza alla pelle; meglio se sono anche antinfrangenti. Molti occhialini hanno dei fori per evitare l’appannamento: chiudili con della resina (colla).

Coprire questi buchi con del nastro adesivo può funzionare per un po’, ma non dura a lungo come protezione. Provali con la maschera o la bandana addosso per assicurarti che siano compatibili e ben stretti al viso.

Assicurati che qualsiasi protezione tu utilizzi sia sufficientemente resistente a livello visivo. Le maschere antigas sono la cosa migliore; hanno anche un aspetto un po’ inquietante e minaccioso che può intimorire le altre persone. Possono anche renderti un bersaglio per la polizia. Pensa attentamente all’impatto che abrai sulle altre persone al momento di decidere come proteggerti. L’obiettivo dovrebbe essere indossare lo stesso tipo di equipaggiamento nel gruppo: forza sta nella collettività, non in un solo individuo.

Ti suggeriamo di provare l’equipaggiamento a casa prima di indossarlo fuori, per capire come funzionano i meccanismi di protezione e familiarizzare con essi prima del momento di azione. Questo è un trucco che ho imparato dai manifestanti palestinesi:

Bagna con del succo di limone del tessuto che utilizzerai poi per coprire la bocca come una sciarpa, qualsiasi cosa tu possa usare per coprirti la bocca. Si dice che questo rimedi a tutti gli effetti del gas CS, anche se non l’ho ancora provato su me stesso.

9. Maschera antigas improvvisata:
Procurati una bandana o un pezzo di stoffa, qualcosa di resistente che tu possa legare intorno alla testa.

Ora procurati del carbone; spezzetta il carbone e imbevi la bandana o la stoffa in acqua. Sporca un lato della bandana o stoffa con la polvere di carbone, ripiegalo e legalo attorno al volto, coprendo naso e bocca.

10. Cipolle come protezione per il gas lacrimogeno:
In caso non avessi delle bandana imbevute di aceto o acqua, o qualcuno insieme a te non ne abbia, porta con te una cipolla.

In presenza di gas taglia la cipolla in due, annusala e portala vicino agli occhi: questo riduce in gran parte l’irritazione agli occhi e alla cavità respiratoria.
Assicurati che ciascuno dei tuoi amici abbia in tasca una cipolla prima di uscire.

11. Come sbarazzarsi del pepper spray in maniera sicura – NON USARE ACQUA!
Se hai avuto a che fare con gli spray OC (pepper gas) avrai notato che si attivano e riattivano con l’acqua. In altre parole anche se si è ormai seccato sulla tua pelle sei ancora a rischio che si riattivi, nel caso tu venga a contatto con dell’acqua.

La maniera più sicura per evitare la contaminazione della pelle è lasciar asciugare la pelle, tamponarla con della stoffa pulita o ventilare la pelle. A seconda della disponibilità si possono applicare prodotti come shampoo per bambini sulla pelle intorno a occhi e viso (funziona anche meglio se refrigerata prima dell’applicazione), in modo da fornire sollievo temporaneo. Anche l’asciugatura dopo lo shampoo aiuterà a rimuovere in gran parte la capsaicina.

Che cosìè la capsaicina? Da Wikipedia: la Capsaicina è l’ingrediente attivo
(derivato del peperoncino) fra gli agenti chimici utilizzati dai reparti antisommossa e nella difesa personale. Quando lo spray viene a contatto con la pelle, soprattutto con le membrane mucose o con gli occhi risulta molto doloroso e respirarne le particelle qando viene disperso nell’aria può provocare problemi respiratori; da qui il suo utilizzo per dissuadere gli aggressori.

E’ piuttosto normale avvertire la sensazione di non poter aprire gli occhi.

Quando viene spruzzato, a mio avviso il sollievo più rapido è dato dallo strizzare gli occhi in modo da lasciar scorrere le lacrime. Una volta che gli occhi riescono di nuovo a restare aperti e a lacrimare è consigliabile tenerli aperti il più a lungo possibile, in modo da lasciar scorerre le lacrime che puliscano gli occhi il più in fretta possibile.

Più tempo terrai chiusi e strizzerai gli occhi, più a lungo resterai contaminato.
E’ necessario lasciare che i liquidi del corpo fluiscano il più possibile dalla bocca, dal naso e dagli occhi (si tratta della naturale difesa del nostro corpo che si pulisce, aiutalo!).

12. Come sbarazzarsi del gas lacrimogeno in maniera sicura – NON USARE ACQUA!
NON lavarti il viso con acqua se soffri per il gas lacrimogeno. Non devi bagnare la pelle, perchè aumenterebbe l’effetto del lacrimogeno.

Invece, applica aceto o succo di limone in modo da sbarazzarti dell’effetto del lacrimogeno. Vestiti imbevuti di aceto di mele o di puro succo di limone sono molto utili negli scontri. Puoi spremere del succo di limone dentro una bottiglia di plastica prima di andare ad una manifestazione; puoi bagnare la tua maschera con succo di limone (o aceto), in modo da contrastare l’effetto del lacrimogeno.

In caso di gas lacrimogeno vecchio:
Niente acqua ma lievito sciolto in acqua o acqua fredda sotto la doccia.

13. Come maneggiare i candelotti di lacrimogeno
I guanti spessi utilizzati dai muratori sono perfetti per maneggiare i candelotti e rilanciarli verso i buffoni. Attenzione: i candelotti sono troppo caldi per afferrarli a mani nude!

14. Dopo, lava i tuoi vestiti appena puoi
Lava i vestiti il prima possibile perché sono pieni di sostanze chimiche!

Ricorda di mangiare bene e dormire abbastanza prima di andare ad una manifestazione. Se fumi o usi droghe non farlo prima di andare.
Per la pelle saranno utili un paio di confezioni di bicarbonato, da utilizzare insieme al normale sapone con emolliente.
Ricorda che il pepper spray penetra davvero a fondo nelle membrane mucose. Sotto le ascelle, sui genitali (brucerà davvero come il fuoco). Normalmente il muco comincia ad uscire dal naso come se qualcuno avesse aperto un idrante, bruciando per tutto il tempo. Se si gonfiano le palpebre consigliamo di utilizzare Benadryl (difenidramina cloridarto).

Anche se ti capita di ingerire del gas lacrimogeno non utilizzare acqua, perché non farà che peggiorare le cose; usa piuttosto del succo di limone o aceto.

15. Pensati per provocare panico – mantieni la calma:
Se sei in un’area contaminata dai lacrimogeni o da altri dispositivi, potresti avvertire la sensazione di non riuscire a respirare. E’ normale che funzioni in questa maniera, perché è concepito per funzionare così. Quando il panico si diffonde cessa la protesta. Il trucco è capire che finché avverti la sensazione di non riuscire a respirare, in realtà stai comunque respirando. I lacrimogeni non uccidono, a meno che non si abbia una grave reazione allergica o non ci si trovi già in una particolare condizione di debolezza o malattia.

Dunque devi cercare di mantenere la calma. Se puoi, cerca di sederti in un punto che si trovi fuori mano, e pensa che stai respirando. Sbarazzarsi del panico aiuta ad eliminare molta dell’efficacia dei lacrimogeni.

16. Conclusione:
Educa te stesso/a alla sfida dei lacrimogeni o pepper spray. Stampa questa pagina e condividila. Prepara vestiti, occhialini, aceto o succo di limone e acqua.

La conoscenza è forza!!!

Colpire agli occhi dei ribelli… le pallottole di gomma

1 ottobre 2013 3 commenti

Il nostro apparato repressivo non è arrivato ancora a questo, strano.
Sarà che la nostra polizia oltre al manganello e ai lacrimogeni, è particolarmente affezionata alla pistola, ma ancora non sentiamo fischiare palle di gomma a qualche centinaio di km all’ora, tra le nostre teste durante le manifestazioni.

Colpire agli occhi pare sempre più un vizio degli Stati che ci circondano, da questa e dall’altra parte del Mediterraneo..
ho qui nella stanza dove scrivo l’immagine di un leone del ponte sul Nilo all’altezza di Tahrir, anche lui simbolicamente bendato dopo la “battaglia di novembre”, che ha lasciato a terra tanti giovani rivoltosi, ma soprattutto tanti occhi.
Occhi persi per sempre, ciechi a vita: persone per sempre mutate anche nel volto, corpi torturati da palle volanti si iniziano ad aggirare per l’Europa, aumentano, e probabilmente arriveranno presto anche qui…
Sul sito StopBalesDeGoma.org potete trovare molti dati su quel che sta succedendo da diverso tempo per opera della polizia spagnola, catalana e basca (Mossos d’Esquadra -Catalunya-, Ertzaintza -Paesi Baschi-, Policia Foral -Navarra- e Policia Nacional) ,numeri in costante aumento che iniziano ad essere raccapriccianti:
9 morti di cui l’ultimo è Iñigo Cabacas a Bilbao
26 persone hanno perso l’occhio, 7 solo in Catalogna negli ultimi 3 anni
più di 30 persone con altro tipo di lesioni permanenti

Una pallottola di gomma pesa 90 grammi e viaggia fino a 700 km/h…
questi i regali che lascia:

#stopbalesdegoma

Ottobrata romana: 16-17-18 ottobre 2013, a due anni dagli scontri di San Giovanni

20 settembre 2013 Lascia un commento

Foto di Valentina Perniciaro _15 ottobre 2011_

Questo blog ha scritto molto riguardo il 15ottobre2011, l’ha vissuto sulla sua pelle (soprattutto dentro ai polmoni)…
una giornata che ha cambiato diverse cose, anche dentro di me,
che ha visto alzarsi spaccature velenose poi calmatesi col tempo, purtroppo o perfortuna, all’interno del movimento.

Una giornata che ha visto alzarsi il livello dello scontro, ma che ha scatenato violenza tra noi,
che ha rispolverato la delazione tra i compagni, i comunicati contro gli “sfasciacarrozze” e tante altre cose capaci di creare cicatrici ancora più che dolorose.
Innegabile il fatto che è una giornata che c’ha insegnato tanto, perché era tanto che non si teneva una piazza in quel modo, malgrado caroselli ogni istante più violenti e una pioggia di lacrimogeni che giusto nei boschi valsusini si era vista ultimamente.
Una giornata che poi puuuffff, è un po’ scomparsa dalle strade per apparire troppe volte dentro le aulee dei tribunali penali:
l’unico reale strascico di quelle giornate fino ad ora è stata una feroce e surreale repressione…

tra poco, a distanza di due anni, si tornerà a vivere la stessa piazza,
e quello che leggete nel box qui sotto è un comunicato che gira per la rete…

i testi caldi :) sul 15 ottobre:
Delazione e rimozione della propria storia
Gli scontri, i Cobas e la violenza dei non-violenti
Su quelle giornate e la repressione che ne è seguita:
Il comunicato su Giovanni Caputi
Ecco la prima condanna
Cobas contro Cobas
Un commento di Oreste Scalzone
Presidio a Regina Coeli
Infoaut risponde al comunicato dei Cobas
I “terroristi urbani”

16 – 17 – 18 Ottobre 2013 – Roma

Tre Giornate di Lotta in Solidarietà ai Rivoltosi e alle Rivoltose del 15 Ottobre 2011

15 ottobre 2011, una data impressa nella memoria di molti.
Che ci sarebbe stata una sommossa era nell’aria e così è successo.

Quel giorno, nelle strade di Roma, migliaia di persone si sono scontrate per diverse ore con la polizia attaccando i responsabili della miseria e dell’oppressione di tutti. Sono state colpite banche, agenzie interinali, compro oro, supermercati, auto di lusso, edifici religiosi, militari e amministrativi. Se molti sono scesi in piazza con intenzioni bellicose, altri hanno disertato le fila rassegnate dell’ennesimo inutile corteo approfittando della situazione che si era creata, altri ancora, sono arrivati quando si è sparsa la voce che gli scontri erano iniziati, quando si è capito che lo spettacolo era saltato, che si faceva sul serio.

Foto di Valentina Perniciaro _i muri del 15 ottobre 2011_

Quella che si è vista è una disponibilità a battersi che fa paura a chi comanda, così come fa paura la simpatia verso i ribelli, più diffusa di quanto gli amministratori del consenso vogliano farci credere. Infatti nonostante la condanna dei gesti da parte dei politici di ogni colore e la montagna di fango riversata dai professionisti della calunnia, abbiamo constatato quanto fosse popolare la convinzione che le ragazze e i ragazzi scesi in strada “hanno fatto bene” e che, anzi, la prossima volta “bisogna fare di più”. Una giornata di lotta memorabile il cui senso è sintetizzato da alcune delle scritte tracciate sui muri della capitale: “oggi abbiamo vissuto”, “pianta grane non tende”.

In quella giornata, chi si è battuto ha fatto debordare il corteo dagli argini della protesta sterile nella quale gli organizzatori volevano imbrigliarlo. Il carrozzone della sinistra riformista (disobbedienti, Sel, Idv, Cgil, Arci, Legambiente, Fai, Cobas, ecc…) si riproponeva di giocare le solite vecchie carte: partire da slogan altisonanti, sparati a tutto volume da colorati e pacifici sound system lungo le strade della capitale, per poi incanalare la rabbia e monetizzarla sotto forma di consenso politico e potere di contrattazione. Sono gli stessi che plaudono agli scontri quando si verificano in località distanti, possibilmente esotiche, per poi dissociarsi e calunniare quando le stesse cose avvengono a casa loro. Il 15 ottobre è finalmente emersa una prima risposta reale a trent’anni di lotta di classe a senso unico, cioè da parte dei padroni contro gli sfruttati. La fine di ogni spazio di contrattazione è diventata palpabile. “Non chiediamo il futuro, ci prendiamo il presente” era scritto sullo striscione di uno degli spezzoni più combattivi.

Foto di Valentina Perniciaro _piazza San Giovanni, 15 ottobre_

Il sistema capitalista che domina le nostre vite si manifesta sempre più inequivocabilmente come una guerra totale al vivente. Un’oppressione che diventa sempre più insostenibile e per questo aumentano continuamente quelli a cui la strada in salita della rivolta appare come l’unica via sensata e percorribile. L’insurrezione è il peggiore incubo di chi governa questo mondo, un incubo che può sembrare un’ipotesi lontana ma che si sta manifestando, a scadenze sempre più ravvicinate, nelle metropoli del mondo. La congiura dei rivoltosi abbraccia ogni angolo del pianeta. Nel ventunesimo secolo una metropoli può infiammarsi per un omicidio da parte della polizia, per un parco da salvare e persino per l’aumento del prezzo del biglietto dell’autobus, ma dietro le motivazioni d’occasione è facile scorgere la rivolta contro l’insostenibile degrado a cui è ridotta la vita, la voglia di farla finita, una volta per tutte, con questo vecchio mondo. Se politici, poliziotti e giornalisti si interrogano sul perché quel giorno si sia scatenata la rivolta, noi ci dovremmo domandare, invece, perché la rivolta non esploda tutti i giorni. La catastrofe è, infatti, ogni giorno in cui non accade nulla.

“Ogni giorno 15 ottobre” abbiamo letto in una lettera scritta da un compagno privato della libertà in seguito a quei fatti, ed è da qui che vogliamo ripartire. Se infatti quella giornata è stata una dimostrazione di potenzialità e un’apertura di possibilità, come in ogni battaglia sono stati fatti dei prigionieri. Va detto chiaramente: queste compagne e questi compagni non vanno dimenticati, vanno difesi e vanno liberati.

E’ da qui che si vuole continuare, dal 16 ottobre di due anni dopo. Per questo ci incontreremo tutti e tutte a Roma nelle giornate del 16, 17 e 18 ottobre, per riportare la conflittualità intorno al processo del 15 nel luogo dove è nato, nelle strade di questa metropoli. Una tre giorni di lotta in solidarietà agli imputati e alle imputate di questo processo che vede schierati, tra gli altri, alcuni padroni della città nel ruolo di accusatori.

Costoro chiedono risarcimenti milionari, accusando chi si è ribellato di aver “leso l’immagine turistica della città”. Bene, rispediamo le accuse al mittente: per una volta anche la nostra città è stata all’altezza delle altre capitali europee. Il Comune di Roma, l’Ama, l’Atac, la Banca Popolare del Lazio, oltre ai ministeri della Difesa e degli Interni, si sono costituite parte civile al processo e sono fra le componenti di quella macchina del potere che ci opprime, che ci impedisce di godere della nostra vita, delle nostre relazioni, dello spazio in cui viviamo: non mancheremo di farglielo notare.

In questo processo, la procura, vuole riutilizzare il reato di devastazione e saccheggio, un’accusa che ha già comportato pesanti condanne, a cominciare dal processo per Genova 2001. Il reato di devastazione e saccheggio è un’arma spianata contro ogni lotta che assuma il carattere della concretezza. Un’arma terroristica che colpisce nel mucchio, una vera e propria rappresaglia di un potere isterico e ferito. Un’accusa paradossale perché rivolta a chi si è battuto coraggiosamente contro l’unica entità responsabile della devastazione e del saccheggio a livello planetario: il sistema capitalista. Con questa farsa giudiziaria il potere si pone l’obiettivo di chiudere un’agibilità di piazza che rischia di far esplodere la polveriera nazionale.

Inoltre gli imputati e le imputate, come nel processo No Tav, sono scelti con precisione chirurgica, toccando tutto il frammentato arcipelago antagonista. L’obiettivo è chiaro: distruggere con fermezza ogni solidarietà rivoluzionaria faticosamente costruita negli ultimi anni. Perché non basta declinare la solidarietà come un concetto passivo, come qualcosa che arriva dopo gli arresti, dopo la sfortuna. La solidarietà deve essere pensata e praticata quotidianamente come un qualcosa che si genera nella lotta. Condividere il modo in cui viviamo e praticarlo ci permette di costruire quella solidità, da cui il termine solidarietà deriva, che permetterà alle varie iniziative conflittuali e autonome di propagarsi e moltiplicarsi.

Ed ecco perché una tre giorni di lotta. Una tre giorni di iniziative diffuse e molteplici che vogliono portare la difesa nelle strade dei quartieri in cui viviamo, mettendo in campo pratiche conflittuali nella città. E’ necessario rispondere con la giusta misura agli attacchi a cui si viene sottoposti. La ripetizione della solidarietà di maniera non è sufficiente. Abbiamo pensato a una tre giorni pratica con una modalità teorica di condivisione che prova a fare un piccolo salto in avanti. Provare non solo a condividere i momenti della tre giorni ma anche la sua preparazione è un tentativo in questa direzione. Diventare solidi per essere ancora più fluidi. Essere raggiungibili e riproducibili.

La nostra guerra non è finita e le giornate come il 15 separano e dividono, solo nella misura in cui dei muri si alzano tra chi ha deciso di percepirsi nella battaglia e chi ha deciso di chiamarsene fuori. Ed è di questa guerra che nei giorni dell’ottobrata romana vorremmo percorrere un altro pezzo di strada. Questa guerra che è nelle nostre vite, nei nostri quartieri, nelle nostre città, nelle nostre montagne. Questa guerra che ora prende la forma di un processo ai nostri compagni e alle nostre compagne ma che coinvolge tutti e tutte noi in ogni istante e in ogni luogo.

Complici e Solidali

https://ottobrataromana.noblogs.org/

Turchia: vittime collaterali

14 settembre 2013 2 commenti

Un post da @workingclasshero che ci racconta le ultime ore ad Istanbul,
Grazie caro!

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Serdar Kadakal è morto stamattina. È morto per un attacco cardiaco dovuto a inalazione di gas. È morto perché da tre giorni a Kadikoy, quartiere in parte asiatica di Istanbul, va in onda uno spettacolo pirotecnico di fuochi d’artificio offerto dalle forze dell’ordine. Non è dunque il gas delle mura domestiche che ha stroncato Serdar, ma quello nostrano delle forze del disordine. Omicidio? Suvvia non scherziamo. Chiamiamola tragica fatalità.

Una fatalità che aveva già preso tra le sue braccia il destino di Metin Lokumcu, Irfan Tuna e Selim Onder. Non c’è due senza tre. Ora siamo arrivati a quattro. Quattro vittime – morti non basta – collaterali agli eventi di occupygezi. Difatti nessuna di queste quattro persone è morta negli scontri, anche se le famiglie spingono su questo fatto, anche se la loro scomparsa è legata a questi. Una morte indiretta, se vogliamo, ma scordatevi la casualità. Non si muore per caso.

Ma perché da tre giorni si protesta a Kadikoy? A questa domanda vorrei rispondere non in maniera sintetica, preparatevi a sorbirvi un mezzo pippone. Anzi, no. Prima rispondo, non sia mai si vada a cercare la ragione tra le pagine di qualche infausto quotidiano. A Kadikoy – e a Istanbul, Ankara, Izmir e altre città – si protesta perché pochi giorni fa è morto (ammazzato?) un manifestante. Ahmet Atakan, 22 anni, secondo la polizia si è buttato di sua volontà da un muretto, mentre per i ribelli è stato centrato in pieno da un candelotto lacrimogeno sparatogli da cinque metri. Dov’è la verità? In un video, in effetti, si vede cadere Ahmet da un muretto. Ma cade a peso morto, come un pupazzo, senza muovere un arto; per gli sviluppi si aspettano il RIS di Parma o il CSI. Domanda tecnica per gli esperti di balistica: i candelotti non si sparavano a 45 gradi dal terreno?

Pippone. In Turchia non si manifesta da tre giorni. La protesta non si è mai fermata. Continua dalla fine di maggio e, come tutte le cose, si è evoluta (o involuta, dipende). C’è meno gente che a giugno/luglio, ma più che ad agosto. Niente bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. E nemmeno occupygezi due, che fa molto vendemmia. No. È la natura che è cambiata, meno di pancia e più con il cervello – anche se i morti sembrano smentirmi. Ci sono più partiti adesso che aprono le bandiere dentro le manifestazioni, tipo il BDP e il CHP, e non è necessariamente un male; peccato che questo nuovo partito non ce l’ha fatta a formarsi e non ci sia segno di una grosse koalition. I forum, comunque, stanno dando una spinta eccezionale alla protesta e continuano e continuano, non si sono mai fermati.

Il motivo vero per il quale si è perso di vista la protesta in Turchia, in Italia come altrove, è che non interessa. Diciamocelo. Non fa audience. I morti assordanti dell’Egitto hanno rubato giustamente la scena per poi essere rimpiazzati da quelli silenziosi della Siria. Per un giorno eh, non di più. Poi, pure per loro, dura minga. Dicono che un premio per la pace si prepara a combattere l’ennesima guerra, io non lo so, non so più chi è il buono e chi è il cattivo. Il brutto è che girarsi è troppo facile, ignorare è troppo facile, fare finta di niente è troppo facile. La Turchia è finita sui giornali pochi giorni fa quando Istanbul ha perso la possibilità di tenere le olimpiadi del 2020, ancora ho letto di gente che in Italia pensava a un’opportunità persa per la “democrazia” quando qui i capulcu erano per le strade a festeggiare. A festeggiare una sconfitta. Ossimori, eh?

E così mi sento un po’ io. Sconfitto. Ma non ancora vinto. E fino a quando avrò fiato scriverò le mie parole su un pezzo di carta e che buon pro vi faccia.

Eccolo eh…”terrorismo ed eversione” in Val Susa

29 luglio 2013 3 commenti

dal sito NOTAV.info
ORA TIRANO FUORI “TERRORISMO E EVERSIONE”!

Decine di perquisizioni sono in corso da questa mattina in Val Susa e a Torino ai danni di divers* compagn* del Comitato di Lotta Popolare. Perquisiti anche i locali dell’Osteria La Credenza di Bussoleno. Un luogo di ritrovo e aggregazione conosciuto e frequentato da centinaia di persone (notav e non solo) viene di fatto additato come luogo di oscure trame… Perché l’articolo indicato nei mandati che accompagnano l’ennesima “operazione” targata Padalino & co. sono il 280 comma 1 n.3 cp e 10 e 121. 497/74, quello che indica “l’attentato con finalità terroristica e di eversione”

CREI reati contestati farebbero riferimento alla sera del 10 luglio, quando, tra molte altre iniziative, si verificò anche un’iniziativa al cantiere di Chiomonte, con taglio di reti.

Nei mandati si legge la volontà di ritrovare nelle case degli indagati [citiamo a braccio] “materiale esplosivo, contundente, atto al taglio di recinzioni e supporti audio-visivi e digitali che permettano il riconoscimento di eventuali complici”. Come al solito sono stati sequestrati compiuter e altri dispositivi tecnologici di comunicazione. Così commenta ironico uno dei compagni perquisiti: “cercavano armi, si son presi computer e I-Phone”…

Ma aldilà delle battute, si profila un salto di qualità nell’operato dei Pm con l’elmetto. Non fanno arresti o misure disciplinari ma, quatti quatti, iniziano a far trapelare la possibilità di nuove maxi-inchieste con imputazioni gravissime che, anche in assenza di prove, possono permettere lunghe detenzioni cautelari. Evidentemnte, non gli basta la figura di merda fatta con gli arresti della scorsa settimana (già tradotti ai domiciliari) e continuano a puntare in alto, verso la madre di tutte le imputazioni che Magistrati di questo calibro sognano proprinare alle lotte sociali e ai movimenti, specie quando questi non abbassano la testa!

Questo ennesimo atto intimidatorio – vera e propria provocazione – non deve lasciarci indifferenti e necessita una risposta determinata e corale del movimento, in difesa di quest* compagn* e di un luogo di aggregazione che è di tutti i Notav…

seguiranno aggiornamenti….
leggi il resto nella categoria NOTAV: QUI

Turchia: se per i reporter si chiedono 7 anni di carcere… per gli altri?

24 luglio 2013 Lascia un commento

L’arresto di Mattia Cacciatori ad Istanbul

Dopo giornate (e soprattutto nottate) attaccata alle piazze turche, che dopo gli scontri al Gezi Park di piazza Taksim ad Istanbul, si erano mobilitate in tutto il paese, questo blog è entrato in un mutismo un po’ vacanziero dal quale ora sembra difficile uscire.

Il 6 luglio, dopo giorni di scontri e già con 5 morti sull’asfalto del paese, venne fermato anche un giovanissimo fotoreporter italiano, Mattia Cacciatori, che dopo tre giorni in stato di fermo era stato rilasciato dalla polizia, dopo l’intervento della diplomazia italiana. Era in Turchia per un progetto di reportage sulla comunità LGBT ed è tornato a casa, dopo la breve detenzione, con un decreto d’espulsione per un anno, che non gli permetterà di continuare il suo lavoro.
Ma non è solo questo il problema, anzi.
Infatti, a meno di tre settimane dal suo rientro ha già ricevuto una comunicazione dal Consolato turco: non si sono dimenticati di lui e stanno per aprire il processo.
Il fotografo italiano non viene considerato un reporter, la sua maschera antigas (senza la quale non avrebbe certamente potuto lavorare) lo identifica come manifestante quindi le accuse non possono essere altro che “manifestazione non autorizzata e ostacolo all’azione delle forze dell’ordine”, che in quel paese significa:
FINO A SETTE ANNI DI CARCERE.

Quindi nel portare solidarietà totale a Mattia, voglio ricordare i 5 morti, più di 8000 feriti e 11 occhi rubati per sempre dalle pallottole di gomma della polizia turca, mandata a spazzare via le piazze da Erdogan.
Poi , per rimanere in tema giornalisti: a decine sono stati arrestati o perquisiti anche per un solo tweet e più di 60  hanno perso il posto di lavoro per aver scritto a favore della rivolta in difesa del Gezi Park.

Perchè portava la maschera antigas? GUARDA COME FANNO SANGUINARE I LACRIMOGENI USATI!

[I link sulla rivolta turca son QUI
e QUI lo scambio tra gli occupanti di Gezi Park e il movimento NoTav]

Le lunghe meravigliose notti NoTav, e Carlo nostro

20 luglio 2013 Lascia un commento

Con un po’ di nostalgia vi metto anche qui, tra le pagine ormai moribonde da un mese di questo blog, il post che hanno fatto i compagni di Infoaut per raccontare la lunga notte finita da poche ore.
La resistenza della Valle non si placa, così come la solidarietà di tutto il paese e degli attivisti che anche negli altri stati combattono contro lo scempio inutile dell’Alta Velocità.
Qui potete trovare la pagina originale: LEGGI

Nel frattempo è importantissimo ricordare la campagna che in questi giorni sta partendo per l’amnistia sociale (seguite @amnistiasociale) : una battaglia importante per lottare con progettualità contro la repressione che si abbatte rapida e inesorabile contro tutti i movimenti e le battaglie che cercano di strappare qualcosa al capitale e al padronato.
LEGGI L’APPELLO e FIRMA: QUI

Intanto oggi è 20 luglio: 12 anni da una delle giornate più lunghe e dolorose della mia vita.
Quando il piombo di Stato ha perforato il tuo volto, t’ha lasciato a terra ed ha umiliato il tuo corpo esanime.
Siamo morti tutti quel giorno, abbiamo perso la capacità di sognare che provavamo a ricostruire.
Abbiamo perso te, che eri uno di noi, sangue nostro, e per sempre lo sarai.
Link su Carlo:
A Carlo
Quel passo in più
A Carlo Giuliani, al suo assassino stupratore
Genova, dieci anni dopo
La vergogna di Strasburgo

Passeggiata notturna organizzata dal movimento No Tav questa sera per dare corpo ad un’estate di lotta che si preannuncia ancora lunga…Seguite qui la diretta.
Aggiornamenti:
04.28. Poco alla volta tutti i No Tav stanno rientrando dai boschi. Chiara è la determinazione di centinaia di #notav che ancora presidiano il piazzale di Giaglione. L’invito è quello di portare ai resistenti cibo e bevande calde.
Sta per concludersi una notte che ha saputo dimostrare che il movimento No Tav non rinuncia alla lotta e anzi rilancia, oltre i divieti e la violenza della polizia.
02.35 Posto di Blocco con Digos a Mompantero zona santuario del Rocciamelone
02.31 Posto di blocco all’uscita dal centro abitato di Susa verso Bussoleno.
02.22.Il grosso dei notav è al campo sportivo di Giaglione, si attende chi sta tornando dai sentieri dei boschi!
02.11. Segnalato posto di blocco dopo i passeggeri verso susa, sullo slargo dove c’è il monumento della Susa-Moncenisio.
02.04. Giunge notizia di diversi feriti tra i #notav.
01.53. Testimonianze parlano di gruppi di notav nei boschi alle prese con i “cacciatori” dei carabinieri, ma il bosco lo conosciamo meglio noi…Forza No Tav!
01.41. Rainews24 parla di 9 fermati #NoTav.
01.41. Un primo gruppo di No Tav sta rientrando a Giaglione. Altri rimangono ancora nei boschi. Le notizie ora sono di nove fermi tra cui una compagna.
01.20. Il gruppo dei #notav spezzato in due dai cordoni della polizia. Parte degli attivisti si sono rifugiati nei boschi. Lacrimogeni a iosa. 
01.10 Giunge voce di altri quattro notav fermati, ma la notizia è da verificare
1.06. Continuano le cariche sul ponte Clarea contro i No Tav che resistono. Le notizie sui fermi sono ancora poco chiare, a breve daremo conferma.
00.48. continua il fronteggiamento tra no tav e polizia. Giunge la notizia di due fermi.
00.37. La polizia è uscita dallo svincolo autostradale per provare a prendere i no tav rimasti indietro. I No Tav però rimangono compatti e non se ne vanno. Si parte e si torna insieme.

notti NoTav

00.30. Molti i lacrimogeni sparati dalle forze dell’ordine verso il ponte e nei boschi. Il troncone dei notav sul ponte è stato invaso dai lacrimogeni, molti anziani fanno fatica a respirare. Nei boschi continua l’azione dei notav contro le truppe d’occupazione. Il movimento continua a rimanere compatto e determinato Atteggiamento nervoso delle forze dell’ordine che da subito utilizza i lacrimogeni sul lato del ponte.

 
00.14. Scontri in corso lungo l’area del cantiere. Si sentono scoppi e lanci di lacrimogeni. Diversi mezzi della polizia attestati all’altezza dell’uscita dell’autostrada ma i poliziotti non sono per ora usciti dai mezzi che rimangono fermi.
00.09. un gruppo di no tav si sta avvicinando al cantiere
00.05.la polizia ha superato il ponte ma i notav mantengono ancora la posizione a poca distanza
23.54. fuoco e fumo dalla galleria autostradale di Giaglione
23.20. sono oltre 500 i #notav che si stanno dirigendo verso il cantiere divisi in due tronconi.
22.52. Il corteo si è diviso in due tronconi, il primo che procede verso il ponte e il fiume presidiato dalle forze dell’ordine, il secondo che ha preso la via delle montagne.
22.25.I No Tav proseguono il cammino per i sentieri in direzione del cantiere. L’umore è alto, numerosi i cori No Tav!
Ricordiamo che quindici no Tav sono in stato di fermo presso la Questura di Torino. Fermati mentre in auto cercavano di raggiungere la valle, la loro posizione è ancora al vaglio…
22.06. Partiti adesso centinaia di Notav diretti al cantiere mentre le forze di polizia sono già uscite dalle reti e si sono attestati al ponte. Si preannuncia una lunga notte!

21.37 Centinaia di persone, partite dal presidio di Venaus, stanno scendendo il sentiero di Giaglione in direzione del campo sportivo per unirsi a chi ha già raggiunto il concentramento.

21.23 Moltissime le persone al concentramento di Giaglione nonostante i numerosi posti blocco. Giovani e meno giovani, tutti con bandiere e simboli No Tav!

ore 20.29 Manca ancora mezzora al concentramento a Giaglione, ma sono già centinaia le persone che hanno raggiunto il presidio di Venaus. Sarà una serata di lotta per il Movimento No Tav!

Nonostante numerosi posti di blocco da Torino a Giaglione sono moltissime le macchine che, prendendo le strade dei paesi, stanno raggiungendo il luogo del concentramento. Segui qui la diretta e usa twitter per dare aggiornamenti con #notav

Il 3 luglio 2011 e i suoi 4357 lacrimogeni sparati: “A sarà düra”

3 luglio 2013 1 commento

Due anni fa a quest’ora il cielo azzurro sopra quelle montagne non aveva nulla di minaccioso,
anzi ci aveva accolti a migliaia da tutta Italia, così come i paeselli inerpicati, i tetti di lavagna, l’odore del pane fresco e poi quello dei boschi, sempre più fitto.
Due anni fa eravamo in tanti a resistere alla violenza di Stato, ad una militarizzazione di un territorio inaccettabile e stupratrice, a migliaia e migliaia di lacrimogeni lanciati a colpirci in faccia o comunque sul corpo.
Quel giorno non cercavano il morto, cercavano i nostri occhi, cercavano di mutilarci e soffocarci,
Di farci capire che quelle montagne ormai son proprietà del filo spinato e degli anfibi, degli alberi tirati giù, dei cantieri fantasma, dei loro appalti milionari, del saccheggio della terra:
volevano farci capire che dobbiamo sparire, ridurci a pulviscolo nell’aria, permettere ai loro cingoli e alle trivelle di mangiare la nostra terra e il futuro dei nostri figli:
4357 lacrimogeni lanciati.
Se penso a metterli tutti in fila, visto che bel candelotto hanno questi Cs, si costruirebbe un lungo percorso tossico, di rappresaglia collettiva.
Non ce li dimentichiamo quei quattromila lacrimogeni ad appestare quei boschi, a limitare la respirazione, a farci sputare a terra l’odio per voi e la gioia infinita di essere tutti insieme:
tutti insieme contro la devastazione e il saccheggio che cercate di portare avanti impunemente nei territori, nelle nostre vite, nei posti di lavoro, nelle scuole.

Una sola cosa avete capito chiara, e da prima di quel giorno: “A sarà düra”

Il mio racconto di quel giorno e altri link:
Ma quali black block
Una campagna per l’amnistia sociale
La vita e la morte di un compressore
– Tutti gli scritti NOTAV: QUI

Dai “compagni di Tahrir”, passando per Rio e Taksim

1 luglio 2013 Lascia un commento

Fonte in inglese: Jadaliyya
Quella in italiano: FreePalestine (shukran)

[Grazie davvero a Stephanie per la traduzione veloce, buona lotta anche a te.]

A voi, al cui fianco lottiamo,

Il 30 giugno segnerà per noi una nuova fase di ribellione, basata su ciò che è iniziato il 25 e il 28 gennaio del 2011. Questa volta ci ribelliamo contro il regime dei Fratelli Musulmani che ha rafforzato le stesse forme di sfruttamento economico, violenza della polizia, torture e uccisioni.

I riferimenti alla venuta della “democrazia” non hanno alcuna rilevanza quando non c’è la possibilità di vivere una vita decente con dignità e mezzi di sostentamento decorosi. Le rivendicazioni di legittimità, attraverso un processo elettorale, distraggono dalla realtà che in Egitto la nostra lotta continua perché siamo di fronte al perpetuarsi di un regime oppressivo che ha cambiato il suo volto sì, ma mantiene la stessa logica di repressione, austerità e brutalità della polizia. Le autorità mantengono la stessa mancanza di una qualsiasi responsabilità nei confronti del pubblico e posizioni di potere si traducono in opportunità per aumentare il potere e la ricchezza personali.

Alessandria, ieri

Il 30 giugno si rinnova l’urlo della Rivoluzione: “Il popolo vuole la caduta del sistema”. Vogliamo un futuro né governato dall’autoritarismo meschino e dal capitalismo clientelare dei Fratelli Musulmani, né da un apparato militare che mantiene una stretta mortale sulla vita politica ed economica, né da un ritorno alle vecchie strutture dell’era Mubarak. Gli schieramenti dei manifestanti che scenderanno in piazza il 30 giugno non saranno tutti uniti, ma questo deve essere il nostro appello, deve essere la nostra posizione, perché non accetteremo un ritorno ai sanguinosi tempi del passato.

Anche se le nostre reti sono ancora deboli, traiamo speranza e ispirazione dalle recenti rivolte, in particolare in Turchia e Brasile. Ognuna di queste nasce da diverse realtà politiche ed economiche, ma noi tutte e tutti siamo stat* governat* da circoli ristretti il cui desiderio di avere sempre di più ha protratto la mancanza di visione di un qualsiasi bene per il popolo. Traiamo ispirazione dall’organizzazione orizzontale del Free Fare Movement fondato a Bahia, in Brasile nel 2003 e le assemblee pubbliche che si stanno diffondendo in tutta la Turchia.

In Egitto, i Fratelli Musulmani hanno aggiunto solo una patina religiosa al processo, mentre la logica di un neoliberismo contestualizzato schiaccia il popolo. In Turchia una strategia di crescita aggressiva del settore privato si traduce altresì in un regime autoritario, la stessa logica della brutalità della polizia come arma primaria per opprimere l’opposizione e tutti i tentativi di immaginari alternativi. In Brasile un governo radicato in una legittimità rivoluzionaria ha dimostrato che il suo passato è solo una maschera che indossa mentre si schiera con lo stesso ordine capitalista a sfruttare sia le persone che la natura.

Queste recenti lotte condividono le lotte più vecchie in corso, come quelle dei curdi e dei popoli indigeni dell’America Latina. Per decenni, il governo turco e brasiliano hanno provato, ma senza riuscirci, a cancellare la lotta per la vita di questi movimenti. La loro resistenza alla repressione dello Stato ha fatto da precursore alla nuova ondata di proteste che si sono diffuse in tutta la Turchia e il Brasile. Noi vediamo l’urgenza di riconoscere la profondità di ognuna di queste lotte e cercare forme di ribellione in modo da espandersi in nuovi spazi, quartieri e comunità.

Le nostre lotte condividono il potenziale per opporsi al regime globale degli Stati nazionali. Sia in tempi di crisi che di prosperità, lo Stato – in Egitto sotto il governo di Mubarak, la giunta militare o i Fratelli musulmani – continua ad espropriare e privare al fine di preservare ed aumentare la ricchezza e il privilegio di chi è al potere.

Nessuno di noi sta combattendo in isolamento. Siamo di fronte a nemici comuni in Bahrain, Brasile, Bosnia, Cile, Palestina, Siria, Turchia, Kurdistan, Tunisia, Sudan, Sahara occidentale e in Egitto. La lista è lunga. Ovunque ci chiamano teppisti, vandali, saccheggiatori e terroristi. Stiamo lottando per qualcosa che è più dello sfruttamento economico, della violenza della polizia o di un sistema giuridico illegittimo. Non è per una riforma dei diritti o della cittadinanza che lottiamo.

Ci opponiamo allo stato-nazione come strumento centralizzato di repressione, che consente ad una élite locale di succhiarci la vita e alle potenze mondiali di conservare il loro dominio sulle nostre vite quotidiane. I due lavorano all’unisono, facendo uso di mezzi diversi, dai proiettili ai media e quant’altro c’è nel mezzo. Non stiamo chiedendo di unificare o equiparare le nostre diverse battaglie, ma è la stessa struttura di autorità e di potere che dobbiamo combattere, smantellare e abbattere. Insieme, la nostra lotta è più forte.

Vogliamo la caduta del sistema.

Compagn* del Cairo

Esplosione Brasile !

18 giugno 2013 1 commento

DA INFOAUT:

Negli ultimi 15 giorni, in Brasile centinaia di migliaia di persone si sono riversate nelle strade di diverse città contro l’aumento dei biglietti dei trasporti pubblici locali. Le manifestazioni a riguardo sono state caratterizzate da una determinazione e da una conflittualità di piazza dando vita a violenti scontri e una dura repressione. All’aumento dei prezzi relativi ai trasporti pubblici, si è unito lo spreco di denaro pubblico da parte del governo per la preparazione della Confederation Cup, preludio di calcio 2014 e dell’asse inarrestabile dei cosiddetti Brics (Brasile, India, Cina, Sud Africa), il cui evento ha portato allo sfratto di migliaia di brasiliani, lo sventramento di aree intere della città, e una speculazione senza confini.

Se le prime partite della Confederation Cup sono state accolte da manifestazioni di alcune centinaia di persone, violentemente represse, ieri a Rio de Janeiro circa 100mila persone sono scese in strada e in 20mila hanno preso d’assalto il parlamento dello Stato di Rio. Un assalto a cui la polizia in assetto antisommossa ha risposto in maniera violenta, senza tuttavia riuscire a respingere i manifestanti che hanno respinto per ore le cariche: uomini della polizia militare, arrivati a bordo di veicoli blindati, hanno sparato infatti lacrimogeni e proiettili, non solo di gomma ma anche reali, effettuando inoltre numerosi arresti e provocando numerosi feriti.
Manifestazioni si sono tenute anche in altre grandi città brasiliane. A Brasilia centinaia di giovani hanno preso di mira il palazzo del governo dando il via a una spettacolare occupazione, salendo sul tetto, al grido di “il parlamento è nostro”. Giornata analoga anche a Sao Paulo, dove nella notte hanno assediato il palazzo del governo dopo una manifestazione imponente che ha attraversato le vie della città che giovedì scorso è stata teatro di duri scontri con la polizia militare.

Scontri anche a Belo Horizonte, dove si è giocata la partita di calcio Nigeria-Tahiti, valida per la Confederations Cup. Anche qui la polizia ha fatto un uso spropositato di lacrimogeni e pallottole di gomma verso i manifestanti determinati ad avvicinarsi allo stadio ‘Mineirao’.
A Rio, dove anche due giorni fa si sono registrati incidenti nella zona attigua allo stadio Maracanà prima dell’inizio della partita Italia-Messico.

Mentre le proteste continuano a diffondersi a macchia d’olio in tutto il Paese, sembra farsi strada il protagonismo delle migliaia di giovani e giovanissimi di tutte le stratificazioni sociali che stanno scendendo in strada in maniera sempre più decisa e determinata.Frutto anche di una politica, a partire da quella di Lula, e di una crisi intrinseca ai partiti di sinistra che si è sempre proposta (in malo modo) di accogliere quelle istanze sociali, senza riuscirvi. Emblematico a riguardo è il silenzio del Partito do Trabalhadores che ora rimane ammutolito di fronte alle rivolte che stanno scoppiando in diverse città brasiliane, mentre nell’aria si respira un senso di incapacità gestionale, da parte del governo, della situazione in atto. Non da meno, diventa rilevante la gestione estremamente tecnocratica dell’amministrazione del paese, come quella portata avanti da Dilma negli ultimi anni, che tronfia di aver formato una classe media (la stessa di cui i burocrati corrotti si vantavano) ora sembra esplodere nelle piazze con una componente giovanile che è stufa di aspettare un cambiamento sempre più lento al prezzo di una trasformazione metropolitana che la crescita impone alle grandi città.

Il video dell’assalto all’Assemblea legislativa dello Stato di Rio De Janeiro

Un racconto della “morte in diretta” di ieri a Taksim … e le armi chimiche

16 giugno 2013 4 commenti

La giornata, oggi, in cui Erdogan ha mostrato bicipiti e sorriso, ed ha riempito della sua gente una delle piazze di Istanbul.
Una delle piazze della città, già: mentre tutto il resto della grande megalopoli euroasiatica cercava di raggiungere Piazza Taksim, che da ieri sera è diventata un desolante deserto blindato.

Blindato e protetto da uno schieramento di forze di sicurezza impressionante, che è continuamente (tuttora) sotto attacca di decine di migliaia di persone che vogliono riappropriarsi di quel parco e della libertà di gestire quella piccola società liberata che sotto quelle fronde era nata e si stava fortificando.
Una giornata quella di ieri che sembra ancora non avvicinarsi alla fine: non ad Istanbul, non ad Adana, Ankara, Bursa e tutte le altre città che dal primo momento sono scese in piazza con GeziPark senza mai fare un passo indietro.

Ieri è stata la giornata della “chimica”: dell’uso e dell’abuso mostruoso di agenti chimici lanciati contro i manifestanti.
Non solo lacrimogeni, perché facevano sanguinare bocca e naso (GUARDA)
Non solo idranti, perchè dei barili blu venivano aggiunti all’ultimo minuto: avevano la capacità di colorare l’acqua di rosso e non solo. (LEGGI)
L’effetto è ustionante, come si può vedere dalle immagini dei feriti.

qui delle info sul prodotto : http://www.jenixbibergazi.com, è un aggiunta di peperoncino chimico nei TOMA

Vi lascio un racconto che mi è stato appena spedito da quelle strade in lotta, Luca era indeciso se intitolarlo “la notte dei lunghi coltelli”, questo fa capire chi è il nemico che si ha davanti, da venti giorni, nelle strade di Turchia.

La morte in diretta

Un’alba senza il fuoco della resistenza
Dà vita a un giorno morto, privo della sua stessa essenza.
Alessandro Lesa

E dire che nel pomeriggio era stata una bellissima giornata. L’unico attacco era stato quello portato dai moscerini che, dopo aver svernato negli alberi, al richiamo di un prematuro acquazzone estivo erano riusciti baldanzosi dalle loro larve. Se avessi saputo interpretare i segni del destino l’avrei capito subito che questa era una metafora di quello che sarebbe successo dopo. Ma mi manca la pratica divinatoria; sebbene viva in Turchia da tempo, ho ancora difficoltà a leggere i fondi di caffè; e l’ultima zingara che mi ha fatto i Tarocchi mi aveva promesso grandi avventure e mi sono sposato.

Lo sgombero del Gezi Park

L’acquazzone, dunque, io non l’avevo previsto. Che i blindati annaffiassero la piazza come un campo da coltivare, io non l’avevo capito. Che la pioggia fosse arrivata da terra, e non dal cielo, io non me lo sarei mai immaginato. Che l’attacco, quello vero, scoppiasse sul far della sera al dolce canto del muezzin, io… nemmeno in un incubo l’avrei potuto sognare. Non chiamatemi né Cassandro né Do Nascimiento. No. Chiamatemi testimone poiché questa è l’unica cosa che so fare, forse.

Comunque. Nel pomeriggio, insieme a dei compatrioti, chiamiamoli con fantasia Gianluca e Michele c’eravamo dati appuntamento a Taksim per un’allegra scampagnata al parco di Gezi. Ora, con questi valorosi çapulcu (“straccioni”), di diverse vedute politiche, eravamo tutti d’accordo a farci un giretto. Già, Erdogan connecting people. In Italia noi non saremmo mai (e poi mai) potuti andare d’accordo: qui sì. Poi al trio si era aggiunta Monica, e avevamo pareggiato lo schieramento politico.

Dicevo. Gezi Park era come al solito in festa. C’era chi suonava il saz, chi il piffero, chi la chitarra; il piano di “Bella Ciao”, invece, era stranamente silenzioso, come se anche lui aspettasse qualcosa.

Arresti di massa a Smirne

La libreria open-air era sempre attiva; e avevano coperto, con un telo, gli scaffali per impedire alle gocce che cadevano dai rami bagnati di ricongiungersi con la carta dei libri. Poi c’era chi ballava, chi pregava e chi arringava: “L’impegno per la democrazia andrà avanti!” E quasi tutti i manifestanti erano convinti che l’offerta di pace effettuata da Erdogan, tramite un referendum, non fosse né la nuova Magna Charta né tantomeno la nuova Tanzimat – c’è un giornalista che se la vuole rivendere? Era stato organizzato persino un piccolo kindergarten in cui le mamme (improvvisate e non) tenevano a bada le grida, già di protesta, degli infanti. C’erano molte donne e bambini nel parco. E la sera i poliziotti avrebbero preso di mira anche loro.

Nel completare il giro della piazza, dopo esserci rinfrescati con ayran corretto con grappa, abbiamo cominciato a vedere una grande massa di poliziotti cominciare a raggiungere gli altri rappresentanti delle forze dell’ordine presso l’entrata d’AKM, e cioè il vecchio teatro che dà sulla piazza. Ed io lì ho buttato my two cents: “Poiché l’ultimatum dello sgombero è scaduto da ventiquattr’ore e non è successo nulla, proveranno a sgomberare tutto con la manifestazione AKP di domani (oggi ndr), oggi solo violenza psicologica”. Ma come vi ho detto come indovino sono negato. Dovevo guardare bene tutti i venditori ambulanti che facevano fagotto e andavano via. Solo ora capisco che non ho creduto al valore di quel dettaglio. Che non era un

Il ponte sul Bosforo, ieri notte

dettaglio. E poi, infatti, sappiamo com’è andata a finire.

Dopo il terzo giro della piazza – non sia mai anche noi non si partecipi attivamente alla candidatura di Istanbul per le prossime Olimpiadi 2020 – abbiamo deciso di scendere lungo la via principale di Taksim, Istiklal Caddesi, in cerca di qualcosa da metterci sotto i denti. Meritato kebab. Ma manco il tempo di addentare la carne che, nello spazio acustico, è cominciato un lungo lamento divino. La chiamata alla preghiera. Ed è anche in nome di una religione, almeno secondo Erdoğan, che è iniziato l’attacco. E le sirene della polizia si sono unite al canto in maniera blasfema. In nome di un signore; non in nome del Signore.

Noi non ci abbiamo pensato due volte. E al posto di battere in una saggia ritirata abbiamo deciso incoscientemente di essere testimoni. Ma il nostro gruppo, nella calca di una massa di persone che affolla il sabato sera, si è diviso; non si poteva scegliere giorno migliore per fare una strage. Gianluca Michele e Monica sono rimasti sulla via principale dove già si vedeva formarsi il cordone di polizia; ed io sono svicolato per una via laterale per cercare di raggiungere la piazza. E ci sono riuscito. Mi sono acquattato insieme a giornalisti, attivisti e curiosi davanti all’albergo Marmara. Ma è stato un attimo. Dei poliziotti prima sono avanzati contro di noi e poi, d’improvviso, si sono ritirati lasciando andare avanti a loro delle grosse ombre. Il cielo, intanto, era coperto dai

Anche Ippocrate viene arrestato se cura i manifestanti…

fumi dei lacrimogeni e non si riusciva a vedere bene cos’erano. Molti di noi se ne sono accorti solo poco prima dell’impatto. Erano dei Toma, dei bulldozer. Con degli idranti caricati con acqua e una “sostanza nociva”, i Toma avanzavano senza fermarsi. E allora tutti siamo scappati verso l’unica possibile via di uscita a lato della banca Garanti. Nel fuggi fuggi ho scoperto, poi, che qualcuno c’era rimasto sotto.

Mentre fuggivo e tentavo di superare la barricata della piazza di Taksim, gli altri in fuga dicevano che avevano visto bulldozer, caterpillar e ruspe avvicinarsi al parco di Gezi; io, in quel momento, non ho potuto far altro che sperare e pregare che le donne e i bambini se ne fossero andati. Poi, con il telefono, ho provato a mettere in contatto gli altri e mi sono sorpreso a pensare come mai il telefono funzionasse. Era strano. Di solito c’era la schermatura. Ma forse loro volevano proprio questo. Volevano che noi raccontassimo la morte in diretta. E devo dire che ci sono riusciti. Michele e Gianluca, sebbene innaffiati e gasati anche loro, stavano bene; ma di Monica avevano perso le tracce.

Mentre camminavo ormai fuori pericolo vicino a Besiktas, ho visto scorrere sul telefonino le immagini di bambini gasati, di donne picchiate e di uomini che ancora resistevano nel parco. Bulldozer, Caterpillar, gas asfissianti, lacrimogeni, polizia a go-go… contro mani nude. Questo è stato. Del resto sono dei marginali. E dovevano essere emarginati. Ma come sans culottes i çapulcu, “gli straccioni”, continueranno la loro lotta radicale e non si arrenderanno. Mai.

Mentre correvano le voci che Starbucks, ancora una volta, aveva chiuso le sue ignominiose porte; c’erano pure le voci che Divan Otel le avesse aperte. Ho scoperto poi che alcuni dei manifestanti si erano rifugiati lì. Inseguiti dalla polizia fin dentro le camere. È da questo hotel che sono giunte le immagini strazianti dei bambini intossicati che si stringono nel grembo delle madri. Immagini che non so se siano giunte in Italia. Dove, ultimamente, mi ricordo di un bellissimo servizio di Floris su una Turchia che non esiste. Cazzo, Floris, ma da chi sei andato? È forse la Bonino che ti ha passato i contatti?

Il Divan Otel, che aveva offerto rifugio a feriti e bambini

Poi è arrivato un messaggio di Monica, stava bene. Ed è passata così la notte dei lunghi coltelli. E l’alba di un nuovo giorno (non) è arrivata. Oggi il giornale Sabah titola “Buongiorno Gezi” e sottotitola “polizia non fa spargimento di sangue”. Bugiardi. La verità è una menzogna. Buttano altra acqua sul fuoco. Non gli andava bene che la laicità del paese stesse nelle mani dell’esercito è l’hanno soppresso, ma nel farlo non hanno eliminato lo stato di polizia. Ops. Chiamatelo: passaggio di consegne. Ma sono negato per l’analisi. Io sono solo un testimone. Un testimone di questa resistenza.

Oggi camminare a Taksim è considerato “atto di terrorismo”. Ma se è vero che una volta tutte le strade portavano a Roma, oggi portano a Taksim. Chi è il terrorista?

di Luca Tincalla
su twitter: @lucatincalla

Qui il racconto della nottata (mio) e le foto degli idranti rossi e dei loro effetti: LEGGI
Quando basta respirare per il sangue: LEGGI
ALTRE LETTURE:
La giornata dell’11 giugno: mattina /pomeriggio / sera
Racconto per immagini
Gli altri post di questi giorni:
Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Piazza Taksim: perché ci basta respirare per sanguinare? ce lo spiegate?

16 giugno 2013 22 commenti

Cosa stanno tirando sui manifestanti di piazza Taksim? Perché basta respirare per avere una mascherina piena di sangue? Cosa c'è in quei lacrimogeni? Di cosa state bombardando chi protesta da venti giorni?

Cosa stanno tirando sui manifestanti di piazza Taksim? Perché basta respirare per avere una mascherina piena di sangue? Cosa c’è in quei lacrimogeni? Di cosa state bombardando chi protesta da venti giorni?

Questa la situazione alle due di notte: da più di sei ore non c’è stato un secondo di tregua

Qui il racconto della nottata e le foto degli idranti rossi e dei loro effetti: LEGGI

ALTRE LETTURE:
La giornata dell’11 giugno: mattina /pomeriggio / sera
Racconto per immagini
Gli altri post di questi giorni:
Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
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Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
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Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

L’ennesimo attacco notturno sul Gezi Park, e la lunga notte in tutta la Turchia: RESISTANBUL

16 giugno 2013 8 commenti

Adana, non solo Istanbul, con GeziPark

L’ultimatum di questo pomeriggio è stato effettivo, le parole di Erdogan non sono state smentite dai fatti,
nessun albero nè pianoforte, nè corteo di mamme a sostegno dei propri figli in lotta è riuscita a bloccare la furia inguardabile della polizia turca e di tutti i mezzi a sua disposizione.
La carrellata di immagini che da qualche ora (mentre scrivo è quasi l’una di notte) lascia senza fiato: la piazza e il parco sgomberati con violenza e così ogni rifugio trovato dai manifestanti, come il Divan Hotel, l’ospedale tedesco, l’Hilton, il Ceylan Hotel, Il Marmara e altri alberghi della zona principale degli scontri, intorno a Taksim.
Tutti i feriti che si erano rifugiati, così come tutto il personale paramedico che da giorni si da il cambio in piazza e negli ambulatori da campo sorti in diversi luoghi e spazzati via in queste ore, sono in una situazione drammatica, intrappolati all’interno delle hall di alcuni alberghi, dove da ore tirano gas lacrimogeni e urticanti anche all’interno, come si può vedere dalle immagini.
Gli idranti nel frattempo hanno cambiato colore: ora son comparse coloratissime strisce rosse d’acqua a tagliare le cariche e i cortei.
La reazione della pelle è sconcertante.

Mentre scrivo ci sono decine di migliaia di persone che stanno provando ad avvicinarsi alla zona: il ponte sul Bosforo, che separa i due continenti è un fiume impressionante e fitto di persone che non sembrano muovere un passo indietro davanti allo schieramento di polizia; stessa scena sull’autostrada E-5 e in tutti i quartieri della città, con barricate in ogni dove.

L’ingresso del Divan Hotel (REUTERS/Yannis Behrakis)

Poi Adana, Bursa, Eskişehir, Ankara (che porta in piazza numeri da lasciar senza fiato), Çanakkale, Edirne, Izmir: non c’è punto del paese che non si sta inondando di persone, di rumore, di resistenza, di lotta e di una determinazione che supererà anche questa lunga notte.
Che a vedere da come hanno deciso di iniziarla, vorrebbero fosse l’ultima di Taksim, e di Gezi Park, che ha messo radici in ogni dove e non sarà facile estirparle.

[LE IMMAGINI CI RACCONTANO CHIARAMENTE CHE BASTA RESPIRARE PER UN PO’ QUEI GAS PER SANGUINARE —- Guarda QUI  gli effetti dei lacrimogeni——- COSA STANNO TIRANDO?
COSA C’E’ NEI LACRIMOGENI? COS’E’ IL ROSSO COMPARSO NELL’ACQUA SPARATA DAGLI IDRANTI? ]

Aggiornamenti
1.10 : il mastodontico corteo sul ponte che attraversa il Bosforo è stato appena attaccato con lacrimogeni.
1.20: sono già due i giornalisti turchi che parlano di sostegno della “gendarmeria” alla polizia che utilizza idranti.

VI ALLEGO IL COMUNICATO DA POCO USCITO SUL SITO Taksimdayanisma
Taksim Solidarity generated this announcement through meetings and forums that took long hours till the early morning.

Our resistance that started in order to prevent the demolition of Gezi Park and save its trees has spread to Istanbul and to the entire country with the anger of thousands of citizens accumulated over the 11 years of AKP rule. Hundreds of people completed the 18th day of the resistance.

L’acqua degli idranti oggi era rossa e lasciava tutto ciò…

We witness a resistance, the most expansive struggle to claim our rights in the history of our country, which has been exposed to intense police violence since day one. We are going through a period in which the rights of people, including right to life, are trodden. However, this cruelty have united the crowds instead of disintegrating them, has strengthened the solidarity of the people who get to know each other through this struggle. Under heavy gas bombardment, which suffocated every living being, more and more people filled the streets and turned this resistance into a major social movement.

The government’s fist reaction towards the crystal clear and righteous demands, which have been voiced since the very first day of the resistance was to ignore them entirely. Then, they attempted to divide the resistance, provoke people and damage the legitimacy of the movement. In both national and international public opinion, the government has failed in these attempts. At the end of the day, it was the legitimacy of the government, not the resistance, that eroded. Therefore, with the pressure of our righteous resistance, the AKP government was pushed to address the solidarity and start a dialogue. Nonetheless, this is just the beginning, our struggle continues.

During the first 18 days of the resistance four citizens lost their lives due to police violence: Ethem Sarısülük, Mehmet Ayvalıtaş, Abdullah Cömert and Mustafa Sarı. Many were wounded, lost their eyes, vision, and even limbs. We feel the pain of those who were killed and remember that they were killed in pursuit of their most basic democratic rights. We repeat that no serious legal action has yet been taken against those who perpetrated and oversaw the actions that lead to the killing of our friends, and we restate that we will make sure those who are responsible for the violence are brought to justice. Furthermore, many people are still in custody due to the arbitrary policies of the security forces concerning custody durations. On behalf of the people resisting in Gezi Park and Taksim Solidarity, we call for the release of those who were taken into custody because of their involvement in the uprisings across the country.

In questi quasi 20 giorni di lacrimogeni in piazza Taksim son stati contati: 8 cani, 63 gatti e più di mille uccelli morti.

During this time we have seen that we were able to unite, converse, create commons, and struggle together despite the violence inflicted upon us. What was considered to be the weakness of pluralist democracy allowed us to stand tall in resistance against majoritarianism. Against the government’s power, which is dependent on capital and ecological destruction, hundreds of thousands gathered in Gezi Park to defend the trees and thus defended their own lives and freedoms. The Gezi Park Resistance as a space of freedom has shown great resolve in keeping a peaceful conduct against police violence.

As people resisting in Gezi Park and Taksim Solidarity the most important thing we have learned so far is that the resistance cannot be contained within time or space, and that it will continue in every aspect of life, in every part of the city and the country, in every square meter and every moment.

Molti i bimbi nel Divan Hotel, intrappolati e gasati

On the 18th day of our resistance, on Saturday June 15th, we will continue our occupation for the park and all the living creatures within it, our trees, our life spaces, our private lives, our freedoms, and our future. We will pursue this struggle until our demands are met.

This resistance will be the reflection of the collective will of Taksim Solidarity and a symbol of our comprehensive struggle. From this day forward, we will continue to fight against all kinds of injustice and suffering in our country with the dynamism and strength generated by our struggle which has spread across the country and perhaps the world. We are stronger, more organized and more hopeful than we were 18 days ago.

THIS IS JUST THE BEGINNING, RESISTANCE WILL CONTINUE!

Per la diretta seguite sempre questo link:  http://gezipark.nadir.org

I segni dell’idrante “rosso”

che è costantemente aggiornato in diverse lingue.

ALTRE LETTURE da questo blog:
La giornata dell’11 giugno: mattina /pomeriggio / sera
Racconto per immagini
Gli altri post di questi giorni:

Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

L’idrante rosso, da oggi nelle piazze turche

Verso e oltre il processo per i fatti del 15 ottobre, “Nè spettatori, nè vittime”: fate girare

15 giugno 2013 1 commento

Vi giro e vi chiedo di spammare questo comunicato.
Perché quella è stata per tutti noi una giornata importante, che ha segnato chi ne ha fatto parte volente o nolente:
una giornata che ha sicuramente mutato equilibri e affinità, che ha fatto male al cuore e allo stesso tempo è stata una boccata d’ossigeno.
Una giornata che non è finita, perché ce la vogliono far pagare cara.
Qui il comunicato della Rete Evasioni: spammate!

Foto di Valentina Perniciaro

Foto di Valentina Perniciaro

Tra lunedì 20 e mercoledì 22 maggio si è svolta all’università La Sapienza di Roma una tre giorni di dibattiti e discussioni, che si è poi conclusa, la settimana successiva, con una serata musicale a sostegno degli imputati e delle imputate per i “fatti del 15 ottobre” 2011.

Le discussioni hanno visto la partecipazione di diversi gruppi e collettivi, di ragazzi e ragazze, compagni e compagne di Roma e di altre parti d’Italia.

I collettivi autorganizzati di Scienze Politiche e Giurisprudenza, la Fucina 62 e la Rete Evasioni, hanno proposto dibattiti intorno a temi quali il carcere, le pratiche di piazza e l’organizzazione del controllo
poliziesco e statale nel suo assetto attuale. È stato un momento importante per parlare a distanza di tempo del 15 ottobre, sia rispetto alla repressione che ne è seguita, sia per scambiarsi sensazioni e riflessioni che quella giornata ancora suscita in molti di noi; si è avuto inoltre modo di misurare complessivamente l’inasprimento della repressione nei confronti dei movimenti di lotta.

Un’opportunità per discutere, incontrarsi e per organizzare quella solidarietà che, per chi lotta quotidianamente contro questo sistema, diviene ormai una tappa fondamentale e una pratica da assumere
collettivamente.

È stata anche l’occasione per ribadire la necessità di supportare la “cassa di solidarietà 15 ottobre”, indispensabile per affrontare le prossime scadenze processuali e le spese di chi è ancora detenuto.

EVASIONE!

EVASIONE!

Il prossimo 27 giugno si terrà presso il tribunale di Roma, a Piazzale Clodio, la prima udienza del processo del terzo troncone di indagini a carico di 18 persone accusate, tra le altre cose, di “devastazione e saccheggio”. Invitiamo tutti e tutte a partecipare numerosi, per far sentire le nostre voci e ribadire ancora una volta in modo determinato la nostra solidarietà e complicità.

Sentiamo forte l’esigenza di continuare, e possibilmente allargare, questo percorso: organizzare una rete solidale che sia in grado di affrontare al meglio, su un piano materiale e politico, i prossimi passaggi che riguardano il processo del 15 Ottobre e non solo.

L’accanimento poliziesco e giudiziario che nell’ultimo periodo si è scagliato contro ogni forma di conflitto non deve passare. Esige invece una risposta all’altezza della situazione.

Lanciamo un appello generale, rivolto a coloro che come noi ritengono necessario tenere alta l’attenzione rispetto alla questione della repressione, per dare inizio a un percorso determinato che sia in grado
di rilanciare in modo efficace la solidarietà e la complicità nelle lotte. Invitiamo tutti e tutte a partecipare all’assemblea che si terrà dopo il presidio, il 27 giugno all’università La Sapienza alle 17,00.

Sarà un momento di confronto per aggiornarci rispetto il processo per il 15 Ottobre e decidere insieme quali iniziative intraprendere nei prossimi mesi.

Tutte libere, tutti liberi!
Complici e Solidali a Roma

ulteriori info e aggiornamento sul sito della ReteEvasioni
sul 15 ottobre un po’ di link:
Su quelle giornate e la repressione che ne è seguita:
Delazione e rimozione della propria storia
Gli scontri, i Cobas e la violenza dei non-violenti
Il comunicato su Giovanni Caputi
Pin va al 15 ottobre
Ecco la prima condanna
Cobas contro Cobas
Un commento di Oreste Scalzone
Presidio a Regina Coeli
Infoaut risponde al comunicato dei Cobas
I “terroristi urbani”

Turchia: un’altra lunga notte e un lungo articolo da leggere

14 giugno 2013 1 commento

Niente, dopo giornate in diretta costante con Taksim, Gezi Radio e quant’altro son crollata.
Oggi facciamo al contrario eh, vi metto un po’ di articoli e cose trovate altrove.

Ankara, Kennedy Caddesi questa notte

In primis qualche notizia sulla nottata, l’ennesima lunghissima nottata in cui si era previsto l’attacco finale di Erdogan, che per ore ha fatto schierare pullman di poliziotti e reparti speciali nelle vicinanze di Taksim, per la resa dei conti finale, post ultimatum

La richiesta, comica e così vicina alle tante ascoltate anche nelle nostre piazze (e montagne), chiedeva ai “veri ecologisti” di lasciare la piazza, permettendo al governo di muover mano dura contro chi rimaneva in piazza, che a quel punto sarebbero stati solo i “veri terroristi”.
Ma non sta andando così bene al primo ministro, sultano turco: la piazza ieri sera era più gremita che mai,
un lungo concerto al pianoforte ha accompagnato ore di percorsi collettivi, assemblee, balli, un po’ di relax, dirette video e radio con il resto del mondo, in ogni lingua, verso ogni dove.

Poi l’incontro con Erdogan durante la notte: con una delegazione della “piattaforma Taksim” e di altre anime della piazza: non è certo andata come voleva Tayyip, che sperava di veder velocemete la piazza svuotarsi visto l’avanzare della proposta del referendum sul destino di Gezi Park e sul progetto che era stato fatto di ricostruzione delle caserme ottomane, dell’antica moschea e ovviamente della nuova zona commerciale. Un po’ una presa in giro, così è stata vissuta dalla piazza la proposta di Referendum, che infatti è stata largamente rifiutata.
La nottata è comunque passata abbastanza tranquilla in quel di Istanbul, al contrario di Ankara, dove le proteste continuano ad allargarsi con sempre più determinazione e la mano della repressione si muove più tranquilla, essendo più distante dalla stampa mondiale e dagli occhi di noi tutti: da mezzanotte e trenta sono iniziate le pesanti cariche, con TOMA e celere che ha usato migliaia di lacrimogeni e granate assordanti.
Cinque le persone che risultano in stato di arresto.

Cinque anche i morti fino ad ora, senza contare tutti coloro che sono in fin di vita o in coma celebrale per i colpi subiti soprattutto da pallottole di gomma e candelotti lacrimogeni.
Vi lascio qui con un’analisi comparsa su Jadaliyya e tradotta dalla redazione di Infoaut (grazie!)

Occupy Gezi: i limiti del successo neoliberale della Turchia

4 giugno 2013, di Cihan Tugal , tratto da Jadaliyya e tradotto dalla redazione di Infoaut

🙂

Esistono due aspetti significativi, eppure spesso dimenticati, rispetto a che cosa ha iniziato e reso popolare le proteste rivoluzionarie in piazza Taksim a Istanbul. Le proteste sono cominciate come risposta al progetto del partito neoliberale al governo di trasformazione o rinnovo urbano; tuttavia, le questioni urbane sono presto passate in secondo piano quando le proteste sono diventate di massa. Comprendere questi due aspetti della mobilitazione aiuta molto a fare luce su che cosa sta avvenendo in Turchia e perché.

Ciò che il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) chiama in malafede “trasformazione urbana” è la demolizione di luoghi pubblici, aree verdi e siti storici, così come lo sgombero di popolazioni povere, per ricostruire la città coerentemente con l’immagine di capitale. Tutti questi spazi (e persone) indesiderati dovrebbero essere rimpiazzati da centri commerciali, grattacieli, uffici e patinati remake di edifici storici. La resistenza a questo progetto è andata sviluppandosi per un po’, prevalentemente fuori dalla vista dei media nazionali e internazionali. Solo in parte sono da accusare la mancanza di interesse da parte dei media o l’ostilità del mainstream per non aver dato copertura a queste resistenze del passato. Il partito al governo, con un apparato [di informazione] abilmente modellato e reso egemone, è stato piuttosto discreto nel dividere e marginalizzare le proteste. Ad esempio, quando gruppi di occupanti venivano sgomberati si provvedeva a pagare alcuni di loro in maniera selettiva: i proprietari di case (piuttosto che gli affittuari), le famiglie con più “agganci”, le persone inclini alla politica del quartiere venivano compensate profumatamente, dissolvendo la capacità di resistere. Quando il denaro non aiutava il nuovo regime piantava i semi della divisione etnica e settaria. Quando tutte le altre fallivano, gli occupanti sperimentavano la pesante repressione da parte della polizia. Solamente un quartiere nella gigante area metropolitana di Istanbul è riuscito ad opporsi a tutte queste pressioni e resistere in maniera coerente al progetto. Ma queste eccezioni confermano la regola: anche se si tratta di un progetto che riguarda milioni di persone, alla trasformazione urbana hanno fatto resistenza solamente in pochi, invece di resistere a livello dell’intera città (per non parlare del paese intero, dove è stata implementata [la protesta] con meno severità, ma comprensibilmente, distruggendo la vivibilità e la salute sia urbana che rurale – nonostante la dicitura “urbana”).

Idranti a go go

Le proteste dentro e intorno a Taksim sembrano avere unito le trame di resistenze altrimenti isolate. Quando intellettuali e artisti si sono mobilitati recentemente contro la demolizione di un caffè prima, e poi di un teatro storico a Istiklal Caddesi, sembrava che stessero combattendo una battaglia elitaria e di retroguardia, concentrandosi su luoghi che erano di poco interesse per le classi popolari. Ogni battaglia sarebbe rimasta marginalizzata in gruppi di elite o angoli di occupazioni della città, se la polizia non avesse brutalmente attaccato alcune decine di manifestanti che volevano proteggere l’ultima area verde (Gezi Park) nella principale piazza per lo svago di Istanbul, piazza Taksim. La volontà di salvare questo parco dal progetto di costruire un centro commerciale è ciò che ha dato inizio ad Occupy Gezi.

Diffusione ed espansione del programma di lotta
All’inizio sono accorsi in migliaia a portare solidarietà alle persone attaccate in piazza. Come risultato la brutalità poliziesca è diventato un tema prioritario nell’agenda politica, anche se durante la prima giornata della mobilitazione è rimasto centrale il dibattito sulla trasformazione urbana. In un paio di giorni però le tematiche legate alla brutalità poliziesca, il crescente autoritarismo dell’AKP e la costante mancanza di democrazia in Turchia hanno reso marginali le questioni urbane. Molti tweet e l’informazione che circolava in rete hanno sottolineato il fatto che le proteste “non riguardano qualche albero, riguardano la democrazia”. Questa è stata un’opposizione retorica molto rozza e sostanzialmente controproducente. Il significato di quel pugno di alberi è che ci si è spinti, temporaneamente, fuori dalla logica economica in un paese dove tutto poteva essere venduto e comprato liberamente. Nonostante questo si vedono ancora striscioni che insistono nel mettere l’enfasi sugli alberi, non solo come simbolo della natura ma anche come simbolo della rivolta popolare e democratica. Questo rispetta lo spirito iniziale delle proteste. Occupy Gezi è iniziato come una rivolta di persone che rifiutano di concentrare la propria vita tutto il tempo sul denaro; cosa che li porta ad affrontare governo e forze di polizia, che spazzano via ogni cosa nel segno del mercato. Gli alberi sono simbolo di unità fra gli occupanti presi di mira, gli studenti con misere prospettive di impiego, i lavoratori in sciopero e gli impiegati pubblici, gli intellettuali e la natura. Ma dovremmo comprendere che ci sono anche forti dinamiche che decentrano il focus riportandolo sulla trasformazione urbana.

Il contesto della repressione intensificata

Proiettili di gomma che cercano di colpire occhi e teste…

Alcuni elementi interni al governo hanno elaborato un piano molto rischioso negli ultimi mesi. Il governo ha preparato la Turchia ad una guerra regionale, e in questi tempi cruciali ha bisogno di un paese unificato senza un’opposizione minacciosa. E’ la ragione per cui dopo un decennio di emarginazione costante è arrivato ai curdi. I governanti turchi (piuttosto logicamente, pare) hanno visto i curdi come l’unica forza che potrebbe fermare il governo nel suo cammino. Con i curdi dalla propria parte, secondo questo piano, il governo potrà dividere, emarginare, e reprimere il resto della popolazione – molto meno organizzata rispetto ai curdi. Il processo di pace coi curdi ha anche dato al governo la possibilità di riconquistare molti liberali, che erano rimasti delusi dal 2010. Con un blocco egemone rinnovato, gli elementi del nuovo regime sentivano che avrebbero potuto facilmente mettere a tacere chiunque. Così il partito al governo ha incrementato la brutalità poliziesca e altri provvedimenti conservatori (come norme più severe in materia di alcol). Le persone non comprese in questo rinnovato blocco di potere – che siano di bassa, media o alta estrazione sociale, laici o aleviti, uomini o donne, nazionalisti di destra o socialisti – si sono sentite minacciate. Quando Occupy Gezi è diventata una protesta contro la polizia, centinaia di migliaia di individui si sono uniti esprimendo la propria frustrazione contro il crescente autoritarismo.

Ciò naturalmente porta in scena anche molte persone che hanno beneficiato delle trasformazioni urbane. Alcune di queste persone non avevano avuto alcun problema né con la brutalità poliziesca né con l’autoritarismo prima che venissero esercitati contro i lavoratori, i curdi, i socialisti o gli aleviti. Alcuni di loro intonano slogan estremisti nazionalisti per tutta Istanbul e la Turchia. Va sottolineato che questi gruppi sono gruppi sovrapposti: non c’è necessaria unità tra queste fazioni, sebbene quasi tutti le chiamino in breve “ulusalcı” (estremisti nazionalisti). Nonostante la propaganda del governo, essi costituiscono la minoranza attorno a Piazza Taksim, ma sono certamente la maggioranza nelle parti più agiate della città. Ci sono tra di loro nazionalisti meglio organizzati che vogliono dirottare le proteste. Eppure molte di queste masse sconnesse non comprendono nemmeno le proteste e le problematiche che le hanno avviate. Vi prendono parte principalmente come un modo di difendere i loro stessi interessi e stili di vita. Queste persone non definiscono il movimento di Gezi, ma hanno già confuso le acque. Occupy Gezi è diventata molto più forte in parte grazie alla loro partecipazione, ma il suo messaggio nazionale ed internazionale rischia ora di essere meno chiaro.

Valigette rivoluzionarie

Gli Ostacoli
Le persone che hanno iniziato le proteste (e che ora controllano Taksim) sono ben consce di questi pericoli, dato che alcune di loro sono attivisti con anni di esperienza. Le dichiarazioni pubbliche che rilasciano si concentrano direttamente sulle trasformazioni urbane, la brutalità poliziesca, l’autoritarismo, sebbene queste dichiarazioni si perdano nel magma delle enormi proteste in tutto il paese. Questi esperti attivisti si trovano ad affrontare due ostacoli.
In primo luogo ci sono le questioni strutturali e le riuscite mosse politiche egemoniche che fin qui hanno diviso le proteste contro le trasformazioni urbane. E’ tuttora molto difficile, per ragioni che spero di analizzare altrove, costruire un blocco coerente contro le trasformazioni urbane con una visione alternativa di sviluppo, urbanizzazione e natura. La classe, la cultura, la posizione e molto altro isolano le une dalle altre le persone che subiscono le trasformazioni urbane. A differenza del partito al governo e dei suoi tecnici, che hanno una panoramica di come sia connesso il subire tali trasformazioni, [le persone] si conoscono reciprocamente ben poco. Non è facile sorreggere e divulgare Occupy Gezi allo stesso tempo se essa si limita ad integrare le questioni urbane.

In secondo luogo, e forse problematica altrettanto importante, c’è il processo di pace della Turchia con i curdi. Il governo ed i suoi alleati liberali diffondono la propaganda che le attuali manifestazioni siano contro il processo di pace. In realtà, non è difficile credere che parte delle sconnesse masse turche precedentemente delineate siano state parzialmente motivate da un’opposizione alla pace con i curdi (oltre a svariate altre cose, incluse le norme sull’alcool). Tuttavia, i gruppi che ancora controllano Taksim hanno difeso la pace per decenni, mentre lo stato turco (incluso il nuovo regime) combatteva le proprie sanguinose battaglie contro i curdi. In questo contesto, disonestà sarebbe una parola leggera per gli ideologhi liberali del nuovo regime che accusano le proteste di fomentare la guerra.

oooops!

Eppure, anche se vi sono molti attivisti curdi oggi a Taksim (assieme a centinaia di altri mobilitati altrove in supporto delle proteste), molti curdi non si sono uniti alle proteste, temendo che alla fine queste facciano deragliare il processo di pace. Nessuno può biasimarli, come curdi per lungo tempo hanno pagato un prezzo salato. Uno dei compiti più difficili di Occupy Gezi sarà di trovare un modo di attrarre i curdi senza alienarsi la schiacciante maggioranza delle persone non di sinistra, le quali hanno dato al movimento una parte della propria forza vitale. Questo è un movimento multi-classista e trans-ideologico contro l’autoritarismo e la mercatizzazione. Il movimento non ha ragione di escludere alcune fazioni di fascia medio-alta e di elite (che in maniera diseguale beneficiano e subiscono la mercatizzazione e l’autoritarismo), ma queste ultime potrebbero decisamente tirarsi fuori se intervenissero i curdi (il che è una piccola probabilità da cui iniziare).

Occupy Gezi si situa in una posizione privilegiata quando si confrontano queste problematiche. Da un lato, a differenza di Occupy Wall Street e movimenti simili in tutto l’Occidente, molti degli attivisti non rifiutano le forme tradizionali dell’organizzazione e della pianificazione politica (nonostante tali sentimenti siano diffusi tra alcuni dei giovani manifestanti più in vista di Taksim). Tale astensionismo dalla politica formale è costato caro ai movimenti occidentali dell’ultimo biennio. Dall’altro lato, a differenza dei manifestanti arabi, gli attivisti turchi e curdi hanno vissuto e respirato sotto una semi-democrazia, così hanno parecchia esperienza poltica quotidiana alle spalle. In breve, “la rivoluzione senza leader” non è arrivata in Turchia. Tuttavia lo svantaggio di Occupy Gezi è quello di fronteggiare un regime neoliberista molto più egemonico rispetto ai regimi occidentali ed arabi. I conservatori turchi sono stati molto più efficienti nel costruire una base popolare ed un’intellighenzia liberal-conservatrice militante (ma pragmatica) in raffronto alle loro vuote e fanatiche controparti in occidente, per non parlare delle loro inesperte controparti nel mondo arabo. Questo consenso è multidimensionale, ed integra compromessi ed articolazioni a livelli ideologici, religiosi, politici ed economici. La smobilitazione e la contro-mobilitazione che l’egemonia neoliberista potrebbe generare non possono essere prese alla leggera.
Se gli attivisti turchi e curdi troveranno modalità innovative di superare questi ostacoli, la Turchia avrà il potenziale di aggiungere una nuova torsione all’onda globale di rivolta post-2011.

ALTRE LETTURE:
La giornata dell’11 giugno: mattina /pomeriggio / sera
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Tutti i link sulla rivolta turca:
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La brutalità della polizia, per immagini  / Respiri lacrimogeni? sanguini!
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I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazzaL’ennesimo attacco notturno: 15 giugno

11 giugno ’13: la giornata della grande resistenza ad Istanbul, per immagini

12 giugno 2013 3 commenti

Non sono nemmeno le 7 di mattina quando la polizia si schiera tutta intorno a piazza Taksim con l’intenzione di “pulirla” dai manifestanti e riprendere il parco.

L’attacco è partito immediatamente con una violenza indescrivibile, soprattutto per l’uso massiccio di gas lacrimogeni ed idranti ad una mostruosa pressione

Ma a casa non si torna, si arretra e si riavanza per tutta la mattinata, senza paura e con una determinazione che fa tremare i TOMA

Centro!

Più prosegue la giornata più avanza pesantissimo il Taksim Gas Festival, a tutto tondo

Già, proprio a tutto tondo…

Ma più di una volta la polizia non è riuscita che ad avvicinarsi alla scalinata per poi dover riarretrare. Malgrado gas lacrimogeni, urticanti, granate assordanti, idranti e pallottole di gomma: SI RIMANE COME UN MURO!

Pirotecnia, rivoluzione

Fuoco e fiamme, mica solo lacrimogeni e manganelli!

Centinaia di arresti indiscriminati in tutta la città

una cinquantina di avvocati, del tribunale di Caglayan (il più importante della città), intenti a difendere i manifestanti vengono portati via dalla polizia

Catapulta autogestita

La rivoluzione, di certo non ha età, ed è molto donna!

Dopo le cariche mattutine, quelle al concentramento delle 12, anche la manifestazione delle 19 è stata immediatamente attaccata, con scontri violentissimi che si son protratti praticamente tutta la notte, ad Istanbul come nelle altre grandi città turche.

L’hotel Divan, tra i più lussuosi della zona, offre rifugio ai feriti e permette la nascita di un’infermeria da campo, evitando l’ingresso delle forze dell’ordine. Applausi

Questa è scattata alle 2.38 di notte: insomma, A CASA NON SI TORNA

BUONA LOTTA, VISTO CHE AL RISVEGLIO IL PARCO ERA ANCORA NELLE VOSTRE MANI.
E’ LA SECONDA SETTIMANA CHE NON FATE UN PASSO INDIETRO: PRONTI A DIFENDERVI DA QUALUNQUE ARMAMENTO LA REPRESSIONE TURCA VI MUOVE CONTRO.
CON VOI, SU OGNI BARRICATA, IN OGNI SASSO LANCIATO, IN OGNI BACIO RUBATO.

La giornata di ieri: mattina /pomeriggio / sera
Gli altri post di questi giorni:
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Taksim – NoTav: una faccia, una piazza
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Le richieste della piazzaL’ennesimo attacco notturno: 15 giugno

Gezi Park: l’attacco finale della polizia? RESISTANBUL #geziparki

11 giugno 2013 5 commenti

Arrivano da ogni dove, per circondare i manifestanti

Non son nemmeno le venti, nemmeno un’ora è passata dalle 19, scelte per il concentramento serale di questa giornata eterna, iniziata alle sette di mattina con il violentissimo tentativo di sgombero di piazza e parco da parte degli agenti antisommossa e dei reparti speciali turchi.
Una giornata campale, caratterizzata da una resistenza senza precedenti che ha tenuto la piazza e ha saputo ricacciare indietro ripetutamente la polizia, a Taksim come altrove, erigendo barricate li dove venivano abbattute dai TOMA ( i blindati turchi), difendendo passo passo ogni pezzetto conquistato in queste giornate.

Ma eccoci, e a guardarla sembra la resa dei conti.
GeziRadio, la radio dagli alberi, che seguiamo costantemente non ha fatto in tempo a ricominciare a trasmettere che eccola nel delirio più totale e di nuovo raggiungibile da poco (COMPLIMENTI!) : le cariche sembrano esser più pesanti di stamattina, se una cosa simile è immaginabile.
Ormai la piazza è un’enorme fitta nuvola tossica, da dove giungono le continue esplosioni delle granate assordanti.
Intanto dagli altri quartieri, che già si stavano recando verso la zona di Taksim, iniziano a muoversi cortei di ogni genere e tipo, dalle maschere antigas alle padelle: l’assedio della polizia inizia ad esser sotto assedio ancora una volta.
RESISTANBUL!!!!

AGGIORNAMENTI ORE 21.45:
Le immagini tolgono il fiato, la piazza è ormai una tonnara affumicata e le prime tende iniziano ad essere spazzate via dai reparti che avanzano, protetti da questa incredibile nuvola di armamento chimico che sembra muoversi con loro.
Intanto non è ovviamente Istanbul la sola piazza calda di queste lunghissima serata: Ankara, Bursa, Izmir, Edirne, in ogni dove ci sono migliaia e migliaia di persone in piazza, pronte a marciare anche al buio come a Bursa, dove l’amministrazione locale ha deciso anche di tagliare completamete l’illuminazione pubblica. Cosa che non fa desistere proprio nessuno.

Proverò ancora a dar notizie su Istanbul, dove ormai le tende sono in fiamme anche a causa dei candelotti lacrimogeni, e dove più di diecimila persone si stanno muovendo in corteo per cercare di raggiungere la piazza dove si combatte.
NON UN PASSO INDIETRO!

Il post di questa mattina QUI
e gli aggiornamenti pomeridiani QUI
I post dei giorni precedenti e i comunicati della piazza:
Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini
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I primi morti / Che poi son 3
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Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
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Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Cariche e scontri a Taksim: la giornata prosegue in guerriglia

11 giugno 2013 8 commenti

Anche i giornalisti vengono trattati molto bene

Molotov vs TOMA

Dopo le prime righe mattutine (QUI) , la situazione è ulteriormente degenerata.
Per le 13 era stata convocata una grande manifestazione, in attesa che da tutta la città i manifestanti riuscissero a raggiungere Taksim e i quartieri intorno, malgrado il blocco della metropolitana e di tutti i mezzi di superficie.
Già da poco prima di mezzogiorno le autorità e le forze di sicurezza avevano fatto capire le loro intenzioni, come ad esempio facendo circolare dentro il palazzo di giustizia (Çaglayan) che “I cittadini che non hanno nulla a che fare con gli eventi, si allontanino o verranno arrestati”, tanto che poco dopo anche alcuni avvocati sono stati tratti in arresto e risultano ancora in stato di fermo.
Hanno provato a portare i fermati nella vicina stazione di polizia a Vatan ma quello che si son trovati davanti li ha costretti a cambiare rapidamente idea: migliaia di persone li stavano aspettando ed hanno iniziato ad avanzare senza paura verso di loro…. che via, son tornati da dove venivano.

Barricate si erigono qua e la a vista d’occhio e malgrado vengano abbattute dalle decine e decine di TOMA che carosellano per la zona, continuano a sbucare e bloccare l’avanzata.
Alcune immagini raccontano con chiarezza quasi comica quante volte la polizia è stata costretta ad arretrare gambe in spalla perché completamente circondata da tutti i lati.

L’appello degli ultimi minuti è rivolto ad infermieri e medici, di raggiungere l’infermeria da campa costruita a Gezi Park, dove il numero di feriti e intossicati dall’attacco chimico che Erdogan muove contro chi manifesta aumenta costantemente.

🙂

Il prossimo appuntamento cittadino unitario, anche se non esiste inizio e fine di manifestazione da dodici lunghi giorni e notti, è per le 19, sempre a Taksim, dove con cautela si ricomincia a prender posto,
visto con quanta determinazione si son cacciati via i soldatini di Tayyep.

A dopo.

I post dei giorni precedenti e i comunicati della piazza:
Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
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Sempre questo pomeriggio, Taksim

La polizia entra a Taksim: le prime notizie della mattinata

11 giugno 2013 4 commenti

QUI GLI AGGIORNAMENTI POMERIDIANI: LEGGI

Eccoli.
Da questa mattina, poco dopo che la luce dal sole ha iniziato ad illuminare l’immensa città dei due continenti,
agenti antisommossa, TOMA, onde tossiche, idranti, manganelli e armi da fuoco hanno iniziato ad avanzare per ripulire il Gezi Park, che da più di una settimana sempra una piccolo stato a parte, liberato e resistente.

A Tarlabaşı, un TOMA in fiamme

“Fuori la polizia”, “Taksim è ovunque, la resistenza è ovunque”, “Governo: dimissioni”
chi sta resistendo in piazza dimostra tutta la sua determinazione, quella che in questi giorni abbiamo imparato non solo per le strade di Istanbul, ma in quelle di tutte le grandi e meno città turche: malgrado le folli e provocatorie dichiarazioni di Tayyep Erdogan, quello che sembra palese è che c’è una generazione che non vuole tornare a casa,
ma continuare a masticare i marciapiedi, marciando verso una libertà totalmente diversa.
La nottata nella sola città di Ankara è trascorsa con ore ed ore di scontri.
Rimanendo focalizzati su Istanbul: a Tarlabaşı ad Harbiye, a Istiklal Caddesi,  la battaglia è pesantissima e la resistenza di piazza sta rilanciando al mittente migliaia di lacrimogeni e gas urticanti, oltre ad aver formato una catena umana (gestita dalla “Taksim Dayanismasi) che cerca di rendere fruibile a chi vuole la fermata metropolitana, invasa dal fumo, ma poi chiusa dal governo: la polizia da ore cerca anche di bloccare tutti gli autobus che dalle altre zone della città raggiungono Taksim e quell’area.
L’intenzione è isolare i manifestanti, con la stupida illusione che questo sia possibile blindando una zona della città e rendendola totalmente inadatta alla respirazione e alla sopravvivenza: non sarà così che fermeranno questa rivolta.

Son loro ad essere circondati.
Da qualche minuto a questa parte si è passati massicciamente all’uso di pallottole di gomma: dalla parte opposta oltre alla miriadi di sassi in volo e di candelotti boomerang, un largo uso di fuochi d’artificio aiuta a tener TOMA e celere minimamente distanti. Poveri alberi di Taksim, completamente gasati.

E non ce fate incazzà eh, che non ve conviene!

Non è una rivolta che si chiuderà con questi dodici giorni di autodeterminazione, resistenza e libertà:
una volta scesi in strada, una volta capito quanto forti si può essere, A CASA NON SI TORNA.

[Qui un link, in inglese,  che racconta le violenze a sfondo sessuale che la polizia commette sui fermati: LEGGI ]

I post dei giorni precedenti e i comunicati della piazza:
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Turchia / NoTav: “Una faccia, una piazza”. Taksim scrive al movimento NoTav

9 giugno 2013 11 commenti

Avevamo già precedentemente pubblicato la prima lettera del movimento di Piazza Taksim al movimento NoTav e la successiva risposta. QUI:  Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Il rapporto epistolare continua, e son felice di pubblicarlo.

Cari compagni No TAV,
fratelli di lotta;
la Resistenza in Val di Susa, come la Resistenza per Gezi park, e’ una resistenza contro un sistema di interessi e poteri; un sistema di valori che vorrebbe toglierci cio’ che e’ nostro – lo spazio, la valle, il parco, e la possibilita’ di viverci – in nome di un “progresso” che, nei fatti, vuol dire solo il profitto dei pochi che ci investono. Questo profitto e’ una forma di oppressione del quale la polizia, i lacrimogeni, la censura mediatica, i tribunali, le accuse di vandalismo sono soltanto l’espressione piu’ esterna.La vostra solidarieta’ ci onora. Non soltanto per il prezzo che continuate a pagare con la vostra resistenza ma soprattutto per quello che voi, come ora noi, avete imparato dalla resistenza: la riappropriazione di cio’ che ci appartiene, il coraggio di restare, l’occupazione, l’autorganizzazione, la fiducia gli uni negli altri. In questi giorni a Gezi abbiamo imparato a lottare insieme nonostante le nostre molte differenze interne: contro i lacrimogeni, si’ ma anche contro la pioggia che ci allagava le tende. Insieme si vince una piazza, insieme si montano le barricate; e insieme si distribuiscono le coperte, si organizza il cibo, si smaltisce la spazzatura, si monta una radio, ci si reinventa una nuova quotidianita’. Come avete fatto voi in questi anni di occupazione in valle.Mentre i nostri compagni ad Ankara, Antakia, Adana, Izmir vengono attaccati in queste ore ancora una volta da quei poteri forti che noi di Istanbul abbiamo lasciato al di la’ delle barricate appena una settimana fa, noi in questa piazza che ora e’ nostra stiamo imparando a restare uniti e ad avere fiducia nella lotta che ci ha fatti incontrare. Non sappiamo quanto riusciremo a restare qui, non sappiamo ancora che ne sara’ della nostra resistenza dopo questi pochi giorni. Ma abbiamo imparato a lottare insieme. E che da qui si puo’ soltanto imparare ancora di piu’. E siamo sicuri che in questo vi siamo fratelli, nonostante la nostra distanza geografica.
La vostra resistenza e’ la nostra resistenza e questo e’ soltanto l’inizio – la lotta continua!
Müştereklerimiz

http://mustereklerimiz.org/val-di-susa-direnisi/

Tutti i link sulla rivolta turca:
Taksim – NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini  / Respiri lacrimogeni? sanguini!
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazzaL’ennesimo attacco notturno: 15 giugno

Turchia: la brutalità della polizia per immagini. Com’è che si dice? A.C.A.B.

5 giugno 2013 14 commenti

Lanciati dritto per dritto, per far male

Come potete vedere da quest’agghiacciante immagine. Tirati dritti in faccia, possibilmente a far saltare l’occhio

La voglia di ammazzare sembra essere tanta nella polizia turca

Neanche dentro casa c’è via di scampo

Chi finisce nelle loro mani viene pestato con spranghe e bastoni, oltre che con l’aiuto di squadracce

Per finire come questa ragazza, con ossa rotte e lividi ovunque

o la schiena di questo ragazzo

Malgrado questo non mi sembra che nessuno abbia intenzione di tornare in casa. La battaglia di Taksim si allarga a vista d’occhio, malgrado la pesante repressione, che mette mano ad ogni tipo di armamento contro chi manifesta. RESISTANBUL! TURCHIA RESISTE E LOTTA

1.2.1.3.

Tutti i link sulla rivolta turca:
Taksim – NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini  / Respiri lacrimogeni? sanguini!
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazzaL’ennesimo attacco notturno: 15 giugno

Turchia: le ultime parole di Abdullah.. e la lotta prosegue

5 giugno 2013 11 commenti

“Ho dormito solo 5 ore in 3 giorni, ho respirato troppo gas al peperoncino, ho rischiato di morire 3 volte e tu sai cosa dice la gente? Stai tranquillo ragazzo, sei tu che vuoi salvare il tuo paese? Sì, anche se non

Abdullah Comert

dovessimo riuscirci morirei per questo ( sono così stanco che ho bevuto 7 bevande energetiche, ho preso 9 antidolorifici in 3 giorni, ho perso del tutto la mia voce ma anche stamattina mi sono alzato alle 6 del mattino. Per la rivoluzione!
P.S.: Cari vicini, per favore lasciate le porte dei vostri palazzi aperte”
Le ultime parole di Abdullah Comert, ucciso a colpi di pistola ad Antakya.

Nel frattempo la nottata è andata abbastanza tranquilla ad Istanbul, a partire dalle 2 di notte, quando son terminati gli scontri sia a Beylikdüzü che in piazza Gazi,
mentre ad Antakya si è andati avanti fino alle 5 di mattina.
Attendiamo gli aggiornamenti della giornata.

Oggi è 5 giugno: l’anniversario di una morte che ancora pesa.
Mara Cagol veniva uccisa quasi 40 anni fa dentro la Cascina Spiotta, luogo dalla lunga storia e molto amato da Mara, che come nome di battesimo aveva Margherita.
Due pagine su questo blog in suo nome, leggetele:
A MARA
QUANDO PORTAI UN FIORE IN SPIOTTA

Tutti i link sulla rivolta turca:
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Dopo il comunicato di Taksim, la risposta solidale dei NoTav!

4 giugno 2013 9 commenti

Nel momento in cui l’altro ieri ho pubblicato la traduzione dell’appello dal Taksim Solidarity Platform, vi ho sottolineato la loro richiesta di farlo leggere al movimento NoTav,
che in Turchia conoscono bene e che è nel cuore di chi sta rivoltandosi oggi nelle piazze di tutto il paese.
Qui il link del comunicato turco (LEGGI) , e qui sotto la risposta NoTav!

Anche i dervisci…che ve credete!

Cari compagni,

stiamo seguendo con solidarietà la vostra lotta al Parco Gezi di Istanbul.

La Val Susa ha una lunga storia di sgomberi, attacchi, assalti vigliacchi all’alba, carcere, di bulldozer mandati a distruggere le nostre terre. Non sono riusciti a prevalere grazie alla resistenza della nostra gente.

La vostra lotta è la nostra lotta. È la lotta per il futuro, consapevoli di rappresentare un pericolo per l’ordine costituito che si accanisce per batterci con ogni mezzo necessario, che vuole cancellarci perché sa che con noi e dopo di noi saranno in dieci, cento, mille.

Ma noi e voi abbiamo anche un’altra consapevolezza: sappiamo di poter vincere questa battaglia, perché abbiamo il tempo, le ragioni, i sogni e la caparbietà dalla nostra parte. E questo non può essere sconfitto né dai lacrimogeni, né dai tribunali.

Dal movimento No Tav, la nostra solidarietà

“Sevgili yoldaşlar ve arkadaşlar,

Gezi Park’ta vermiş olduğunuz mücadeleyi dayanışma ile Val Susa’dan (Turin) takip etmekteyiz.

Val Susa’nın (Susa Vadisi) polis baskınları, şafak vakti yapılan korkakça saldırılar ve hapis cezaları ile dolu bir tarihi vardır;  Turin-Lyon adında işe yaramaz ve pahalı bir yüksek hızlı tren için bizim topraklarımızı yok etmek amacıyla gönderilen bir buldozere tanıklık etmiş bir tarih. Halkımızın direnişi bu planların başarıyla gerçekleştirilmesine izin vermedi.

Mücadeleniz mücadelemizdir. Ortak mücadelemiz ise gelecek mücadelesidir. Bu mümkün olan her türlü araçla bize saldıran kurulu düzen için bir tehlike arz ettiğimizin farkında olarak verdiğimiz mücadeledir. Bizleri ortadan kaldırmak istiyorlar çünkü bizden sonra bizim gibi onlarcası, yüzlercesi ve binlercesinin geleceğini biliyorlar.

Sizler de bizler de biliyoruz ki, bu kavgayı kazanabiliriz çünkü gaz bombası ya da mahkemelerce yenilemeyecek olan zaman, nedenler, hayaller ve inatçılık bizden yana.”

Tutti i link sulla rivolta turca:
I primi morti    / Che poi son 3
Le ultime parole prima di essere ucciso
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Turchia: 3 morti, numeri identificativi cancellati e scioperi in costruzione

4 giugno 2013 13 commenti

Quando ieri parlavamo, anche attraverso l’articolo di Vollo (leggetelo che è interessante: QUI) che la protesta stava dilagando per tutta la penisola anatolica non stavamo certo delirando.
Un’altra serata e nottata che non hanno visto un secondo di tregua in ogni angolo del paese, proprio come i comunicati dalle piazze ci raccontano e purtroppo anche gli obitori.
Il terzo morto di quest’insurrezione che va avanti da quasi una settimana aveva anche lui solo 22 anni, Abdullah Comert è morto dopo molte ore di battaglia con un proiettile in testa, di cui non si conosce la provenienza.
E’ stato colpito ad Antakya, nell’Hatay, regione del sud ovest del paese, a pochi passi dal confine siriano.
Il “continente” turco è tutto in strada, in ogni dove, tutti insieme.

Questa è l’autostrada, a Bursa, bloccata dai manifestanti ieri sera

Ieri la piazza, quella principale (tra Taksim e Besiktas) ha visto anche un fatto importante e splendido: un gruppo ben organizzato si è infilato in piazza, nemmeno così piccolo, per andare a cercare dei kurdi da pestare.
Intuita l’aria, si son formati diversi cordoni di persone, strette attorno alla componente kurda in piazza, che urlavano “uniti contro il fascismo” e che hanno fatto correre gambe all’aria quelle merde,
scese tipo baltagheyya e intenzionate a fare il morto con le loro mani.
Ma è dura quando l’insorgenza è così inarrestabile, quando migliaia di ragazzi sono intenti a passarsi sassi e tutto il trovabile per bloccare le strade ed alzare barricate sempre più alte.
Contro la violenza di Stato, per la libertà.

Manca poco per lo sciopero generale: dopo la chiusura per protesta delle principali università del paese e delle scuole (vedi Istanbul ed Ankara) sono molte le categorie che si stanno unendo alla protesta, con l’intenzione di costruire nelle prossime ore un immenso sciopero generale.
Come la vedo male Tayyep, la vedo proprio male!

Ankara continua a rimanere la città dove la repressione muove mano pesante più che altrove,
forse proprio per l’enorme componente kurda in mobilitazione. Le immagini della nottata mostrano una violenza senza precedenti e intenzionale: basta guardare i caschi della polizia, che avrebbero il numero identificativo e invece lo potete trovare coperto da una mano di vernice in ogni scatto.

Ankara e i poliziotti col numero identificativo cancellato

Link dei giorni precedenti e comunicati dalla piazza:
I primi morti
Le ultime parole prima della morte
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Istanbul: appuntamento oggi alle 19 per riprendere Taksim

3 giugno 2013 2 commenti

Proseguono gli scontri e prosegue il dilagare di insurrezione nel paese, in particolar modo ad Ankara, dove la repressione si sta muovendo in modo ancora più brutale che ad Istanbul.
I morti accertati sono due ad Istanbul, ma non si riesce ad aver conferma degli altri gravi feriti, soprattutto nelle altre città.
Vi metto qui la traduzione del comunicato da poco diffuso, che invita tutti in piazza alle 19, per riprendersi Taksim.
Lo potete trovare su questo sito, che vi consiglio di seguire: mustereklerimiz.org

L’ondata di resistenza partito dal Gezi Park di Taksim ha raggiunto i più disparati angoli del paese, nelle strade, nelle case, negli ospedali, dento le università.A Taksim, Besiktas, in Ankara, in Adana, ed Izmir, siamo ora in una nuova fase della nostra esperienza: una sollevazione popolare che la polizia sta ancora tentando di reprimere con la violenza. Il terrore dichiarato dallo Stato contro quest’insurrezione è ciò che sta causando tutta questa follia e violenza brutale. Per dimostrare il terrore di Stato, per esporre le richieste della nostra resistenza, per salutare questi sei giorni di battaglia, noi della Taksim Solidarity Platform invitiamo tutta la cittadinanza di Istanbul alle 7 di questo pomeriggio per gioire insieme ancora una volta e riprenderci la nostra piazza.
Taksim Solidarity Platform

Gli altri Link:
I primi morti
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Ciao Ethem, morto ammazzato nella rivolta in Turchia

3 giugno 2013 24 commenti

Etham Sarisuluk, ucciso ad Ankara

Aggiornamento ore 15.30: I morti confermati sono due, il secondo Mehmet Ayvalıtaş, 20enne, è stato travolto da un’auto. Era un attivista del Socialist Solidarity Platform.

Che fosse solo questione di attimi si era capito da poco dopo l’inizio degli scontri ad Istanbul.
L’incredibile resistenza popolare trovata in ogni dove dalla polizia turca, ha visto attacchi sempre più violenti e con tutti gli armamenti utilizzabili: ma per il piombo non s’è poi dovuto attendere così molto.
E mentre girano notizie non confermate di altri in pericolo di vita, compare il volto di Ethem completamente sanguinante e in morte celebrale dopo pochi istanti, ucciso ad Ankara
Cadi a terra ammazzato, nel giorno in cui Hikmet (tuo meraviglioso poeta) morì.

Abdullah Comert:  Che la terra ti sia lieve come brezza di mare

Link sulla rivolta di Istanbul:
3 morti e caschi della celere contraffatti
Le ultime parole prima di essere ucciso
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

Turchia: la protesta dilaga, di Michele Vollaro

3 giugno 2013 18 commenti

Ci vanno leggeri

Un articolo coraggioso, perché fare un sunto di queste ore è veramente complicato: quindi vi consiglio di leggerlo.
Conoscendo bene quei vicoli, Michele Vollaro ci fa un’analisi dei fatti e della compagine presente nelle strade.
(sottobraccio per rivolte qua e la per il Mediterraneo, questa ci tocca guardarla da lontano, Vollo!!)

Vi consiglio di leggere anche questo suo articolo : La rivoluzione del Pkk contro identitarismi etnici e mono-nazionali
e i suoi reportage da Haiti: QUI

Turchia: si estendono in tutto il paese le proteste contro Erdoğan

Per il terzo giorno consecutivo sono proseguite ieri in numerose città della Turchia le manifestazioni che, cominciate a Istanbul per salvare un parco al centro della città dalla costruzione di un ipermercato e di una moschea, hanno rapidamente assunto il carattere di una protesta a livello nazionale contro le politiche portate avanti dal primo ministro Recep Tayyip Erdogan nel suo decennio di governo.

Una protesta che è emersa all’inizio della settimana scorsa, quando una cinquantina di abitanti del quartiere di Taksim hanno cominciato a riunirsi sotto i 600 alberi del parco di Gezi per impedire alle ruspe di abbatterli e ha visto prima l’appoggio del deputato curdo del Partito della pace e la democrazia (BDP), Sırrı Süreyya Önder, eletto in quel distretto, e poi anche di altri parlamentari membri del kemalista Partito popolare repubblicano (CHP).

La partecipazione, soprattutto di giovani e abitanti del quartiere, ai presidi nel parco al centro di Istanbul è andata aumentando fino a venerdì, quando è iniziata una serie di tentativi di sgombero violento da parte delle forze dell’ordine. La violenza utilizzata per cacciare i manifestanti da Gezi e il silenzio in merito da parte della maggior parte dei principali media nazionali, assordante mentre su internet e sulle reti sociali le cariche della polizia diventavano il principale argomento di discussione e venivano condivise le prime immagini e i video dalla piazza, hanno spinto ancora più persone ad aggregarsi ad Istanbul ed altre hanno cominciato a scendere in strada anche nelle altre città, nella capitale , a Smirne, Antalya, Adana, Trebisonda, Diyarbakır.

Ieri nel primo pomeriggio il ministro dell’Interno, Muammer Güler, ha riferito che da venerdì fino a quel momento erano state più di 1700 le persone arrestate nel corso delle manifestazioni svoltesi in 90 diverse città del paese, mentre i feriti sarebbero 53 tra i protestanti e 26 tra le forze dell’ordine. Anche se la maggior parte degli arrestati dovrebbe essere stata liberata dopo un primo interrogatorio, il bilancio dei feriti comunicato ad alcune agenzie di stampa indipendenti turche da fonti mediche aveva raggiunto domenica mattina circa un migliaio di persone portate negli ospedali ad Istanbul e di almeno altre 500 ad Ankara. Decine sarebbero quelli in gravi condizioni.

Dopo gli scontri che hanno caratterizzato la giornata di sabato a Istanbul, soprattutto nei quartieri di Taksim e di occupygeziBeşiktaş, quando decine di migliaia di persone hanno affrontato i gas lacrimogeni ed i cannoni ad acqua della polizia opponendosi alle cariche fino ad ora tarda, i manifestanti sono scesi di nuovo per le strade domenica per pulirle dai rifiuti della notte precedente e partecipare festosamente alle iniziative previste nel parco di Gezi, riconquistato temporaneamente alle ruspe. Alcune cariche e tafferugli si sono registrati nei pressi dell’ufficio del primo ministro a Beşiktaş, ma gli scontri più gravi e violenti si sono registrati ieri soprattutto ad Ankara e Smirne, dove i manifestanti si sono scontrati per diverse ore con la polizia, che secondo alcune ricostruzioni avrebbe sparato oltre ai gas lacrimogeni ed ai proiettili di gomma anche pallottole vere.

Nonostante le dichiarazioni del presidente della Repubblica, Abdullah Gül, e del sindaco di Istanbul, Kadir Topbaş, entrambi colleghi di partito di Erdoğan, per alleggerire la tensione sostenendo che “abbiamo imparato la lezione”, il primo ministro ha reiterato ieri la propria volontà di voler andare avanti con il programma di ridisegno urbanistico della città respingendo le critiche di chi durante le proteste lo ha definito un “dittatore” per l’uso eccessivo della forza contro le manifestazioni.

Intervento della polizia turca contro un manifestante ad Izmir

Il suo controllo assoluto sul partito, che grazie ad una serie di riforme costituzionali si è lentamente esteso all’intero apparato statuale, la decapitazione attraverso il carcere con l’accusa di cospirazione o il prepensionamento dello stato maggiore dell’esercito che nel primo momento della sua avventura governativa si era opposto all’AKP, le forti pressione sui media che progressivamente si sono sempre più allineati alle posizioni del primo ministro, le recenti decisioni in politica estera in particolare rispetto agli eventi in corso in Siria ed infine tutta una lunga serie di misure volte a imporre un maggiore controllo dello Stato sulla vita dei cittadini, culminate con l’approvazione della legge per il divieto di vendita d’alcol durante la notte o il tentativo di vietare l’aborto e la pillola del giorno dopo, sono i motivi principali che hanno portato quella che sembrava essere destinata a rimanere una marginale protesta ambientalista ed anti-capitalista a forse la più importante sfida cui l’AKP si sia mai trovato a dover essere confrontato.

“La lotta per il parco di Gezi ha fatto scattare la rivolta giovanile di almeno due generazioni cresciute sotto i governi autoritari di Recep Tayyip Erdoğan e le imposizioni dell’AKP – si legge in un comunicato preparato dal Network per i beni comuni ‘Müştereklerimiz’, facente parte della piattaforma per la resistenza di Taksim – Sono i figli delle famiglie sfrattate da Tarlabaşı in nome della speculazione edilizia, sono gli operai licenziati in nome della privatizzazione, i precari schiacciati ogni giorno sotto la ruota del profitto”.

mustereklerimiz“Dal parco la resistenza ha travolto piazza Taksim, e da piazza Taksim via verso il resto del paese, finché Gezi è diventato per tutti noi lo spazio in cui tirar fuori tutta la rabbia contro chiunque voglia imporci come vivere nella nostra città – prosegue il comunicato – Le lotte a venire faranno tesoro di questa rabbia. Ma c’è molto di più. La resistenza per il parco di Gezi ha cambiato la stessa definizione di quel che chiamiamo spazio pubblico, perché la battaglia per il diritto a restare in piazza Taksim ha stracciato l’egemonia del vantaggio economico come regola morale”.

occupygezi2L’aspetto fondamentale di questa protesta è che per la prima volta nella storia recente della Turchia il primo ministro eletto per tre volte alla guida del governo, viene contestato e messo in difficoltà da un piazza composta da una pluralità di soggetti diversi: giovani della classe media, studenti, militanti dei più diversi partiti d’opposizione, venditori ambulanti, intellettuali, artisti, gruppi di tifosi, uniti dall’opposizione a quella che viene vissuta da una larga parte della popolazione turca come una sua deriva autoritaria. Alle manifestazioni partecipano persone che hanno votato l’AKP alle precedenti elezioni, affidandosi alle promesse di sviluppo economico e all’immagine islamica moderata di Erdoğan, ma anche militanti delle numerose organizzazioni della sinistra radicale così come simpatizzanti del nazionalismo kemalista laico e sostenitori del CHP. Ed è proprio la presenza in strada, discreta e senza bandiere di partito, di questi ultimi, che insieme all’esercito hanno dominato la politica turca dalla fondazione della repubblica, a suscitare gli interrogativi più interessanti su come potranno proseguire le mobilitazioni. Come ha scritto infatti lo storico turco Zihni Özdil, che insegna all’Università Erasmus di Rotterdam, nei Paesi Bassi, “se in precedenza i regimi laici al governo in Turchia prendevano di mira soprattutto il dissenso religioso, il governo dell’AKP ha utilizzato le stesse forme di repressione contro le critiche laiche”, ricordando poco più avanti che un suo amico impiegato presso l’Associazione per i diritti umani IHD, focalizzata sulla questione curda, ripetesse sempre “l’AKP è il CHP con il turbante”.