Archivio
Gilberto Caldarozzi denuncia baruda.net per diffamazione
Nell’aprile del 2013 fui convocata in via Genova, negli uffici Digos,
dove ebbi un colloquio volto a stabilire se questo sito, dal nome Polvere da sparo, era riconducibile alla mia persona in quanto era stata presentata una denuncia per un post pubblicato. Certamente. E’ registrato con il mio nome e cognome, così come è presente il link alla mia pagina personale di diversi social network, dove è ben visibile e chiara la mia identità.
Da alcuni accenni si poteva capire che il denunciante era qualcuno di importante, nei vertici della Polizia, “offeso” per quel che era stato scritto sulla mia pagina e che c’era Genova di mezzo. Ma poi fu solo silenzio, fino a poco fa …
CONTESTAZIONE DL FATTO DI REATO
PERNICIARO
del delitto p. e p. degli art. 595 c.p. comma 3, perché in qualità di registrataria del dominio “baruda.net” consentiva la pubblicazione di scritti offendendo la reputazione del denunciante Gilberto Caldarozzi, con messaggi del seguente tenore: “Gilberto Caldarozzi, “illustre” assistito del neo ministro della giustizia, noto torturatore (ah NO! scusate: non è un torturatore eh! Solamente uno che ha assistito a tutto il pestaggio della Diaz, ai denti saltati, alle ossa spaccate a bastonate e calci e poi ha pensato bene di far tutto quel che era in suo potere per occultare i fatti. Non un torturatore quindi, fate voi)”
Commesso in data antecedente e prossima al 19/07/2012PARTI OFFESE
CALDAROZZI Gilberto, nato a Roma il 20/03/1957
Vi lascio intanto il link dell articoli presenti all’interno della denuncia: QUI
Seguiranno aggiornamenti …
Verso il ritorno …
Le dita di una sola mano;
abbiamo iniziato a scalare quelle io e Nilo, poi sarà di nuovo casa, dopo più di nove mesi.
Sarà di nuovo noi, sarà di nuovo letto, profumo di lenzuola, coccole e moka sul fuoco,
sarà doccia di casa, telefono che squilla, postino odioso, bar di vecchi bestemmiatori misogeni, sarà due figli sotto uno stesso tetto, sarà noi quattro, che non sappiamo nemmeno che cosa vuol dire.
Sarà tutto nuovo, sarà una vita nuova che mai purtroppo tornerà sui precedenti binari che non avevan mai meta,
ma sarà comunque la nostra di vita, finalmente lontana dai meandri di un ospedale, anche se non per sempre, anche se magari non per molto.
Ti porto a casa figlio mio, chicco di grano,
ti porto a casa come fosse la prima volta perché l’altra la voglio scordare (maledetti voi tutti),
ti porto tra mura che saran solo tue, che saran lontane da tutte quelle storie di dolore e resistenza che per sempre ormai vivranno con noi.
Ti porto tra colori e profumi di quel che si mette a tavola, ti porto dove c’è la musica, dove il buongiorno è un “tolassssione” squillante di tuo fratello e un’esplosione di sole che esce dal suo sguardo appena sveglio, ti porto tra la nostra gente, ti porto tra quelli che saranno i volti che piano piano diventeranno casa. Ti porto nel nostro mondo sconclusionato e sognatore, che forse una rivoluzione come la tua non l’aveva manco mai immaginata. Che pensiamo di volar alti, ma non ti pensare sa!
Una quotidianità ormai rimossa diventerà finalmente tua e nostra, di noi quattro che mai siam stati insieme.
Ti porto a casa, ti porto a casa tra pochi giorni, che iniziamo a scalare le dita di una mano sola,
ti porto a casa con il tuo autotreno di materiali, presidi, ausili, volti nuovi e tanti camici che poi saran corpi fluttuanti per casa: una nuova grande rumorosa famiglia che girerà intorno a te, per te, per costruire insieme una strada che per te sia percorribile.
Ti porto a casa e quindi nel mondo, piano piano,
un passetto di formica alla volta e sarà gioia e tanto dolore: perchè il mondo è cattivo per quelli belli e forti, quindi chissà quanto sarà cattivo per te, più silenzioso e delicato di un ciclamino sotto burrasca, per noi che scopriremo tutto dall’inizio, come non avessimo vissuto prima un sol secondo.
Speriamo di aver spalle abbastanza larghe per poter proteggere il tuo sguardo dolce e curioso… speriamo di aver la forza per comprendere questa vita dove tutti torniam neonati per ricominciare a conoscer la vita.
Ma intanto benvenuto stella mia,
benvenuto tra noi, nel tuo mondo tutto da scoprire,
tra tutti quelli che da mesi e mesi ti stanno aspettando.
A partire dalla prossima settimana proverò anche a riaprire questo blog.
Anche queste pagine saranno totalmente diverse da prima, come ogni mio respiro d’altronde, ma non posso negare che ne ho nostalgia.
Ho nostalgia delle parole, ho nostalgie delle scintille rivoltose, ho nostalgia del vento sulle montagne,
ho nostalgia di tanto…
a tra poco
Alle mamme, tutte. E ad Alda Merini, inevitabilmente
Oggi un’altra giornata da buttare: di quelle in cui il posto di lavoro, quello che dovrebbe permetterti un po’ di serenità, ha trasmesso solo abusi, prepotenze, umiliazioni…giornate in cui t’è quasi più simpatico il padrone dei sindacati, giornate di trattenute impazzite e aliquote alle stelle, senza ragione. Ma tanto, che je frega a loro!
E allora un attimo di stacco,
e allora l’inchiostro usiamolo per altro oggi: nè informazione, nè controinformazione.
Ma un po’ di calore, uno scambio tra donne, tra madri…
Righe che dedico non a mio figlio ma a me…righe che dedico non ai figli di Palestina, Siria e quant’altro, ma alle loro mamme.
Alle mamme di Bosra, che ora invece di insegnare come si essicca il grano sul basalto, devono insegnare ai propri figli a strisciare sotto le finestre, per evitare cecchini…alle mamme d’Egitto, che pensavano di avercela fatta, di aver contribuito spalla a spalla ai loro figli, a liberare il loro futuro almeno dalla tirannia..
A me, che l’anno scorso proprio oggi venivo dilaniata, disgregata, uccisa dall’incontro improvviso con un cariotipo impazzito.
Ai nostri figli quindi,
quelli belli come il sole, quelli che ci insegnano sempre a sorridere,
ma anche quelli su cui non smetteremo mai di piangere, quelli volati via nello strazio, o quelli mai conosciuti
E allora, donne, sorelle, mamme…facciamoci forza tra noi, stringiamo questi pugni: insegnamo ai nostri figli a non esser schiavi, almeno quello dobbiamo riuscire a farlo.
Insegnamogli il sorriso, impariamolo da loro, “riempiamo di frutti maturi l’aria dei tempi nuovi”.
Vi lascio con Alda Merini, la sua madonna e il suo cristo bello…che m’han lasciato un solco profondissimo…
ma pieno di voglia di riso e di pianto.
EPPURE DORMIVA, TUTTA LA SUA VITA, TUTTA LA SUA ADOLESCENZA FU UN’ATTESA SPASMODICA
PRIMA CHE VENISSE AD ABITARLA IL FIGLIO UNIGENITO.
E QUAND’EBBE GENERATO IL FIGLIO IMPARO’ GRADATAMENTE A MORIRE,
COME IL SEME CHE SI SECCA.
E ASPETTAVA COME TUTTE LE MADRI DI NON PIANGERE E DI NON SORRIDERE PIU’,
SAPENDO CHE QUEL PIANTO E QUEL RISO SPETTAVANO SOLTANTO
ALL’INFANZIA E ALLA GIOVINEZZA DI CRISTO.
Un po’ di assenza …
Senza il mio computer è difficile seguire il mondo.
Saranno giorni un po’ bui nelle pagine di questo blog…un po’ di vacanza sia per me (finalmente) che per il mio Mac.
Lui è in beauty farm e tornerà più giovane e scattante, io tra le braccia calde di un amore e di un piccolo esserino davanti al mare. Ci vuole proprio, cazzarola!
Quindi scusate l’assenza già da un po’ e che proseguirà ancora per giorni…tranne qualche apparizione che tenterò, senza nemmeno troppi sforzi.
😉
Il mio cuore ieri notte è stato a Gaza.
Dove sono rientrati i tank israeliani.
Il mio cuore è stretto col filo spinato ad ogni combattente su quella e qualunque altra terra…
Il mio cuore, come sempre, è dietro le sbarre di una cella e dentro le radici di tutti gli ulivi di Palestina.
LIBERTA’ PER TUTT@
LIBERTA’ PER LA PALESTINA E PER IL SUO POPOLO IN LOTTA
Pedagogia carceraria…
Sarà colpa della maternità, ma certe cose che sarebbero sfuggite al mio sguardo, ora ci si impigliano.
Ecco come ci abituano a questo bel mondo, ecco come ci chiedono di far le madri.
Da un sito per neo-aspiranti-future mamme ecco una bel consiglio su come educare e far giocare i nostri figli,
per garantirci un futuro di silenzio, controllo, coercizione, gestione dei corpi e delle persone:
Una volta si chiamavano box oppure recinti, ma se volessimo usare una parola più forte ma assai efficace diremmo che sono piccole prigioni. In inglese, tuttavia, suona meno crudo: jail, così le chiamano su Amazon, dove sono veri e propri bestseller. A differenza del box sono più spaziosi, si possono spostare facilmente in qualunque parte della casa e anche in giardino e possono ospitare più bambini insieme, anche quando sono un po’ troppo cresciuti per stare dentro un classico box. Nonostante all’apparenza siano piuttosto brutti, specialmente per l’idea di reclusione che portano con sé, risultano molto comodi per tenere sotto controllo i bambini quando si è all’aperto o per evitare che gattonino qua e là per casa rischiando di farsi male mentre noi siamo impegnate a cucinare o riordinare o lavorare al pc. I bambini mantengono, comunque, una certa libertà d’azione perché lo spazio è abbastanza esteso. Quello in foto si può acquistare online a circa 60 dollari, è smontabile e richiudibile per non occupare spazio inutile quando non si usa e si può rimontare modificando spazi e forma secondo quanti bambini dovrà ospitare. Vi convince?
Altra fuga per un po’ di giorni…
Proverò a prender confidenza con il freddo dell’Europa continentale.
Solo a scriverlo mi sento a disagio, ma sicuramente i tetti di Paris e la sua luce obliqua mi faranno pentire di tanti anni di indifferenza.
E’ che son legata ad altri colori, ad altri odori…il mio corpo non sentirà alcuna attrazione per quella terra: il mio cuore e la mia testa sicuramente scopriranno invece un mondo affascinante, curioso, reattivo, interessante. Cose lontane anni luce dalle strade di questa stupida e ormai insostenibile Italia.
Quindi so che ti amerò, struggente Parigi … di quegli amori scontati e duratori, con poche scosse passionali e una riverenza incantata.
Ti amerò, senza che il mio corpo potrà mai innamorarsi di te: ma bando alle troppe inutili ciance, vengo a conoscere il tuo abbraccio!
Fine Ramadan a Via Mattia Battistini, nel medioevo romano
Non sono nemmeno le nove di mattina: grigia domenica di settembre. Attraverso un po’ di periferia per raggiungere la fermata della metropolitana di Battistini.
L’attesa è più lunga del previsto, ma meno fastidiosa di quanto potevo credere: ferma con le 4 frecce ad un angolo ancora non trafficato, mi viene naturale dar le spalle alla ridicola pattuglia dell’esercito appostata sul marciapiede.
Lo spettacolo che si apre al mio sguardo nell’evitare le mimetiche è inaspettatamente straordinario: sono in tanti a dirigersi verso la Metropolitana.
E sono splendidi…mi basta far due conti rapidamente per capire che è il giorno dell’ ‘Aid, la fine del Ramadan.
Roma, in una delle sue tristi e involgarite periferie, stamattina sembra una metropoli europea con tutti i crismi. Ad attraversare la strada sono centinaia di sfumature: turbanti e vesti bianche per gli uomini, colori e strati di stoffe per le donne. Ognuno ha per mano i propri figli e lo sguardo è da giorno di festa.
Le bimbe hanno i ciucci colorati ai capelli, i maschietti si atteggiano a grandi e attraversano accanto ai loro candidi papà
Non so quanto tempo sono stata a guardarli, ma ero felicemente compiaciuta della mia città che mi trasmette solo fastidi e vergogna.
Poi giro la testa: non ci posso credere!
La maggiorparte di loro è davanti alla camionetta dei nostri valorosi soldati: fermati.
La mia reazione è immediate: scendo dalla macchina e mi vado ad impicciare.
Con quel poco di arabo che ancora ricordo provo a capire la situazione, poi vado dal primo soldato e gli chiedo se ci sono problemi, spacciandomi per una mediatrice culturale.
Il tipo si innervosisce immediatamente, non capisce perchè mi sto intrufolando nella sua “missione” e mi guarda con sguardo che tenta di intimorire.
Mi innervosisco prima io e cerco, povera stupida, di spiegargli che oggi per loro è Natale. Che stanno andando a festeggiare la fine del digiuno, che l’unico pericolo che c’è è per il loro colesterolo che schizzerà alle stelle in qualche secondo dopo una luna di restrizioni alimentari. Un giorno di festa: il più bello.
“Hai presente il Natale? A te non ti mandano in licenza per festeggiare con la tua famiglia? Loro oggi stanno andando a mangiare tutti insieme, col vestito buono e la pelle appena lavata. Qual è il problema?”
La risposta è da barzelletta : “Ah, mica lo sapevo! Ma a lei signorì je pare normale che vanno tutti in giro mascherati?”
Rimango un secondo in silenzio: lo guardo dal basso all’altro (dall’anfibio lucido al berretto sbilenco) e dall’alto al basso (berretto – anfibio).
Ma come fa uno in mimetica, con 4 kg di fucile in spalla, al centro di un incrocio di una città che non vede guerre da diversi lustri … si io mi chiedo come può non capire che è lui il mascherato?
E son fatta così, apro bocca e gli do fiato:
“Scusa ma secondo me sei più mascherato tu!”
Mi guarda con odio.
Capisce pure che è meglio che la finiamo qui…e con gesto da pizzardone lascia i festosi migranti tornare per la loro strada … e anche la fastidiosa fanciulla che non si faceva gli affari suoi.
Loro sono i soli a rimanere lì, ostentando loro ridicoli costumi da Carnevale
عيــــــد مبـــــارك
Israele e la guerra mediatica
I Bloggers si arruolano per la guerra mediatica
Sono all’incirca un migliaio gli ebrei, sia residenti in Israele sia residenti all’estero e di lingua straniera, che hanno aderito come volontari alla chiamata dell’Esercito dei Bloggers creato dal Ministero per l’Integrazione e dal Ministero degli Esteri israeliani con l’obiettivo di inondare la rete di blogs che diffondano opinioni filo-Israele.
Arye Sharuz-Shalicar, trentunenne i cui genitori emigrarono dall’Iran in Germania, è un vero e proprio genio delle pubbliche relazioni. Parla il persiano, il tedesco, il francese e lo spagnolo e se la cava piuttosto bene anche con il russo, il turco, l’arabo e l’italiano.
Sharuz-Shalicar è uno dei soldati in prima linea nel nuovo esercito di bloggers che il Ministero per l’Integrazione, in collaborazione con il Dipartimento di Pubbliche Relazioni del Ministero degli Esteri, ha deciso di istituire subito dopo la conclusione dell’Operazione Piombo Fuso nella Striscia di Gaza.
Il Ministero per l’Integrazione sta reclutando volontari sia tra gli ebrei recentemente immigrati in Israele sia tra quelli che vivono all’estero, che abbiano la possibilità di accedere ad un computer e che parlino almeno una lingua straniera; a questi volontari viene richiesto di dare un contributo per migliorare le relazioni pubbliche di Israele su Internet. Questa campagna è stata ufficialmente lanciata la scorsa settimana.
Nel mirino di questo particolare esercito ci saranno i blogs considerati problematici, commenti e repliche, social networks e sondaggi d’opinione online, i video su Youtube e molto altro.
Il ministro si è detto davvero meravigliato di fronte all’enorme adesione suscitata da questa iniziativa. Più di mille candidati hanno inviato una richiesta di partecipazione, 350 di loro parlano russo, 250 inglese, 150 spagnolo, 100 francese e 50 tedesco.Ma non sono solo queste le lingue padroneggiate dai volontari, che conoscono anche: portoghese, svedese, olandese, italiano, rumeno, ungherese, polacco, greco, bulgaro e danese. Ed hanno offerto il loro aiuto anche ebrei con padronanza del persiano, del turco e dell’arabo. Il ministro ha perfino ricevuto una candidatura da un volontario con conoscenze di cinese.
Il 60% dei candidati è rappresentato da ebrei residenti in Israele, alcuni da molto tempo, altri trasferitisi solo di recente. Nel restante 40% troviamo ebrei che vivono nella Diaspora, israeliani che vivono all’estero e perfino non ebrei che sostengono Israele e che desiderano darsi da fare.
Il Ministero per l’Integrazione ha condiviso tutti i dettagli delle candidature con il Ministero degli Esteri, che ha inviato loro via mail tutte le istruzioni necessarie, compresi alcuni video che potrebbero essere d’aiuto per questa attività.
Il Ministero per l’Integrazione avrà, perciò, la responsabilità del reclutamento, mentre il Ministero degli Esteri quella della gestione dei volontari online. Ogni volta che il Ministero identificherà segnali di tendenze anti-israeliane in un blog in lingua straniera, in un sito di informazione o in qualunque altro tipo di sito web, lo segnalerà immediatamente ai volontari in modo che possano inondarlo di opinioni filo israeliane.
Il Direttore Generale del Ministero per l’Integrazione Erez Halfon ha commentato, “Questa è una straordinaria opportunità per i nuovi ebrei immigrati in Israele, che hanno sempre rappresentato un nucleo sionista molto forte, per sentirsi davvero parte attiva nel dare un contributo al miglioramento dell’immagine di Israele nel mondo. Gli ebrei immigrati di lingua straniera rappresentano una vera e propria risorsa ed è importante che la si utilizzi al meglio. Dal nostro punto di vista è stato come se un’emergenza avesse fatto sentire il suo richiamo e devo dire che sono davvero eccitato di fronte ad una risposta di simili proporzioni”.
Noam Katz, direttore del Dipartimento di Pubbliche Relazioni del Ministero degli Esteri, ha detto, “Stiamo ora riflettendo su come poter utilizzare questi volontari, non solo durante situazioni di conflitto, ma anche in periodi di tregua e regolarità.”
DA: YnetNews.com
” pe’ carità, chiudi le porte”
O lima sorda, m’hai limato er core
a poco a poco consumato l’hai.
Vedi? ‘Sta faccia nun cià più colore
queste so’ tutte pene che me dai.
Pietro, pe’ carità chiudi le porte
e in cielo nun fa entrà chi fa la spia
chi fa la spia è condannato a morte.
Pietro! Pe’ carità chiudi le porte.
Palomba, che per l’aria vai a volare
ferma che vojo ditte du’ parole:
vojo cavà ‘na penna alle tue ale,
vojo scrive ‘na lettra a lo mio amore.
Tutta de sangue la voglio stampare,
pe’ sigillo ce metto lo mio core
e finita de scrive e sigillare,
palomba, portacella allo mio amore
E se la troverai a riposare,
o palomba, riposate tu pure.
Oggi ho bisogno di stornelli, di canzoni di malavita, di voci che cantano delitti e infamia, carcere e solitudine,che cantano la mia Roma.
E’ una giornata strana. Di quelle in cui senti che è cambiato tutto,
Di quelle in cui si gira pagina, si alzano muri, si cambia strada.
Ancora una volta, ancora una volta….”io ricomincio da capo”.
Meno male che c’è Obama a consolarci…eheheh. Meno male che vivo nel più caldo degli abbracci.
BUONGIORNO: E’ morto Joerg Haider
EDDAI…OGNI TANTO UN BUONGIORNO COME SI DEVE
Da Repubblica:
“Ha perso la vita in un incidente d’auto Joerg Haider, rifondatore dell’estrema destra austriaca della quale era tornato leader di recente.
Haider, 58 anni, all’alba stava guidando la sua auto nella parte sud di Klagenfurt, capitale del Land della Carinzia di cui era governatore, allorché ha compiuto un’improvvisa sterzata andando a cozzare contro un altro veicolo; quindi ha perso il controllo ed è uscito violentemente dalla carreggiata, dopo essersi ribaltato diverse volte. Nell’incidente ha riportato lesioni gravissime alla testa e al torace. Poco dopo il decesso.”
Una boccata d’aria per tutti i libertari, i migranti, i comunisti, gli omosessuali, le lesbiche, gli antifascisti.
Una merda di meno a cui dover pensare.
Ladri poco scaltri.
Un ladro rimasto incastrato con il piede nella finestra dell’appartamento dove stava entrando!
NON SEMPRE SI SCEGLIE IL LAVORO GIUSTO:
LUI,DOVEVA FARE IL POLIZIOTTO!
Scrivo per mostrare la mia esistenza
“A 7 anni smisi di giocare e ricordo bene come e perché: in una notte d’estate, quando si usava dormire sui tetti a terrazza delle case, fui improvvisamente svegliato da mia madre e mi trovai a correre con centinaia di contadini in mezzo ai boschi, inseguito dalle pallottole. Non capivo niente, ma dopo un’intera notte di disorientamento e di fughe arrivai con alcuni parenti in un villaggio sconosciuto, abitato da molti bambini. Chiesi ingenuamente: “Dove sono?” Sentii per la prima volta la parola “Libano”.
Quella notte ho messo fine all mia infanzia. Non chiedevo più nulla, ero diventato improvvisamente adulto. In Libano ho imparato –mai lo dimenticherò- che cosa significa la parola ‘patria’: là, infatti, per la prima volta e senza nessuna precedente preparazione, mi trovai a fare la coda allo scopo di ottenere il mio primo pasto all’UNRWA. Il pasto principale consisteva in una razione di formaggio giallo. Là ho imparato parole nuove che hanno aperto davanti a me una finestra su un mondo nuovo: guerra, notizie dalla patria, profughi, esercito, confini, TERRA.
Ho cominciato a studiare , a capire e a conoscere la nuova situazione che mi aveva privato dell’infanzia.
Dopo più di un anno mi dissero che saremmo tornati. Ricordo che quella notte non chiusi occhio dalla felicità. Tornare a casa significava per me la fine del formaggio giallo, la fine della provocazione continua dei ragazzi libanesi che mi insultavano con l’epiteto umiliante di “profugo”.
Il viaggio del ritorno avvenne di notte: strisciavamo pancia a terra io, mio zio e la guida. Dopo tanta fatica mi trovai in un certo villaggio. Che delusione! Non era il mio; casa mia non c’era e non c’erano nemmeno i miei compagni. Continuavo a chiedere: “Quando torniamo a casa?” Le risposte erano tante, nessuna convincente. Non capivo nulla. Non capivo come avesse potuto essere distrutto un villaggio intero. Non capivo come fosse accaduto che l’intero mio mondo fosse sparito, né chi fossero quelli che lo avevano annientato.
Nel nuovo villaggio, Deir al-Asad, frequentai la seconda elementare. Il direttore era molto gentile. Ogni volta che l’ispettore veniva a controllare, ricordo, lui mi chiamava e mi nascondeva in uno sgabuzzino o in un armadio perché le autorità mi consideravano un “infiltrato”. Aggiunsi così una nuova parola al mio vocabolario esistenziale. Anche a casa, ogni tanto, mi dovevano nascondere. Mi era proibito di vivere nel mio proprio paese e per ottenere la carta d’identità israeliana mi imparai a dire che ero vissuto con le tribù beduine del nord del paese, e non in Libano.”
“IL LUOGO NON E’ SEMPLICEMENTE UNO SPAZIO, E’ UNO STATO MENTALE; NE’ GLI ALBERI SONO SOLAMENTE ALBERI, MA COSTOLE DELL’INFANZIA.”
“Vuoi andare in Grecia. Chiedi all’autorità competenti del tuo paese di avere un passaporto e scopri che non sei cittadino, perché tuo padre o uno dei tuoi parenti era scappato portandoti con sé durante la guerra della Palestina. Eri un bambino, allora. Scopri che chiunque sia scappato dalla guerra in quel periodo poi, ritornano di nascosto, ha perso il diritto alla cittadinanza. Rinunci al passaporto e chiedi un “Laissez Passer”. Scopri che non sei residente nel tuo paese e quindi non puoi avere un certificato di residenza. Pensi che sia uno scherzo e ne parli al tuo amico avvocato: “Eccomi qui: non sono cittadino e non sono residente. Allora, dove e chi sono?” Sorprendentemente vieni a sapere che la legge è dalla loro parte, e tu devi dimostrare che esisti. Ti rivolgi al Ministero degli interni: “Sono o non sono?”
Dammi un filosofo e gli proverò che esisto. Capisci che filosoficamente esisti ma legalmente no.”
–SCRIVO PER MOSTRARE LA MIA ESISTENZA, PER VIVERE, PER ESSERE PRESENTE–
Ancora un saluto a Mahmoud Darwish, grande poeta della terra e dell’ulivo.
La Palestina ti piange.
Iniziano i Giochi
08/08/08 ore 8.08
INIZIANO I GIOCHI OLIMPICI A PECHINO!
MAI VISTA UNA COSA DEL GENERE! 2800 PERCUSSIONISTI SINCRONIZZATI
GRANDE CINA. MAMMA MIA CHE SPETTACOLO!
Commenti recenti