Home > ANNI '70 / MEMORIA, CARCERE, Lotta Armata > RENDERE L’INDISCIPLINA UN VETTORE DI LEGAME SOCIALE, una storia degli anni ’70

RENDERE L’INDISCIPLINA UN VETTORE DI LEGAME SOCIALE, una storia degli anni ’70


1969_carceririvolta

Quando partì la protesta, iniziammo subito a battere sulle sbarre con le gavette, partecipando al concerto che si era scatenato in sezione, condito di slogan e urla dalle finestre. Il rumore era assordante. La collera sembrava moltiplicare per mille. Le voci scavalcavano i recinti del carcere. Proprio questo era il punto. Bucare le mura. Giungere alle orecchie della gente libera. Rendere l’indisciplina un vettore di legame sociale.
Ma proprio questo si doveva impedire. Le guardie si presentarono in assetto antisommossa, decise a entrare e a sedare la “rivolta” con un ulteriore e più consistente pestaggio. Noi tre ci barricammo dentro, incastrando davanti alla porta tutte le suppellettili di cui disponevamo. Quando arrivarono, divelsero il cancello con dei palanchini, e usarono prima i lacrimogeni e poi gli idranti per spingerci agli angoli e fare irruzione senza problemi. Ci massacrarono di botte e, non ancora soddisfatti, ci trasferirono in un reparto disabilitato della sezione, dove ci spogliarono nudi, legandoci ai letti di contenzione in tre celle diverse.
Era la fine di febbraio. Sopra i nostri corpi avevano lasciato soltanto una schifosa coperta infeltrita. Tremavamo di freddo, con gli arti immobilizzati da strette fasciature che si raccoglievano in una specie di nodo scorsoio, chiamato in gergo “la fiorentina”, pensato per impedire anche qualsiasi movimento del collo. Restammo così per due giorni. Non portarono cibo. Non portarono acqua. Non vennero nemmeno a controllare se eravamo vivi o morti. Ci avevano legati talmente stretti da bloccare quasi la circolazione del sangue.  L’unico sollievo era pisciarsi addosso, per sentire un po’ di caldo, prima che l’urina defluisse dal buco ricavato nel tavolaccio, andando a finire nel bugliolo sistemato sotto il letto di contenzione.
Sono stato fortunato a subire queste cose da giovane.
Si hanno riserve di energia insospettabili. E l’odio zampilla pulito, robusto, capace di durare per anni.
Quando vennero a slegarci, ci trovarono viola, semi-assiderati e inetti a qualsiasi movimento. Fu una sorpresa essere trascinati nei cortile per venire mostrati ai detenuti, che si erano rifiutati di rientrare nelle celle dopo l’ora d’aria per chiedere la nostra liberazione dai letti di contenzione.
Zoppicavamo e facevamo schifo, ma era bello guardare negli occhi gli altri prigionieri.
La dignità è una cosa strana. 

PASQUALE ABATANGELO “Correvo pensando ad Anna”

Questo testo racconta una delle tante giornate, tutte molto simili, nel carcere delle Murate di Firenze, nel 1970 o comunque appena prima quella grande stagionie di lotte, rivolte, distruzioni di intere carceri, che sovvertirono l’ordinamento penitenziario e i rapporti di forza al suo interno, strappando condizioni di vita decisamente diverse da quelle che esistevano precedentemente all’arrivo di quella generazione di giovani che alzò la testa per tutti. Malgrado quello che costò.
Una pagina di tortura, che altra parola non c’è per definire quel che avete appena letto, su giovani rapinatori, su ragazzi di strada.
Anche la tortura cambiò in quegli anni, seguì l’evoluzione del movimento rivoluzionario, il suo organizzarsi e crescere, la sua forza dirompente che andava sventrata.
La tortura alla fine di quel decennio si strutturò con un apposito apparato centrale (guidato da un funzionario del ministero dell’interno, Nicola Ciocia) intento a metter fine per sempre alle organizzazioni rivoluzionarie armate, che come potete leggere da questo testo di Pasquale Abatangelo era un meccanismo quotidiano che dimostrava il potere assoluto dei carcerieri sui carcerati, sul loro corpo, sulla loro psiche. I carcerieri, i secondini, i portachiavi …  che all’epoca se non chiamavi “Superiore” erano manganellate sui denti e isolamento. bihihihgoiugo8g8o6tgo8

 

Sul carcere in quegli anni:
A mamma Clara
La rivolta delle Murate e l’uccisione di Giancarlo
Le torture su Buonoconto

Per informazioni sulle tecniche di tortura usate contro i militanti della lotta armata, leggi:
* Ecco come mi torturò De Tormentis
* Il pene della Repubblica
* Le torture su Sandro Padula
– La tortura sulle donne, quel pizzico in più di sadismo a sfondo sessuale:
* Le torture su Paola Maturi e Emanuela Frascella
* Cercando Dozier in vagina
* Chi è Oscar Fioriolli

Sull’ergastolo leggi:
L’ergastolo e le farfalle
Un fiore ai 47 corpi
Aboliamo l’ergastolo
Gli stati modificati della/nella reclusione
Il cantore della prigionia
Piccoli passi nel carcere di Santo Stefano, contro l’ergastolo
La lettera scarlatta e la libertà condizionale
Perpetuitè

  1. Al momento, non c'è nessun commento.
  1. No trackbacks yet.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: