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Posts Tagged ‘Luigi Calabresi’

Piazza Fontana, 40 anni dopo

12 dicembre 2009 Lascia un commento

Uno pensa a certe cose e riflette sul “da quando sono nata che…”
e invece no, era molto prima. Molto prima, non tantissimo, scoppiavano le bombe nelle piazze, scoppiavano le bombe sui treni, scoppiavano le bombe nelle banche, pochi giorni prima di Natale.
La prima fu proprio lei, dentro la Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano, precisamente 40 anni fa, tra qualche ora. 
E allora penso al processo mentale di bambina, di giovane adolescente e di giovane donna poi che ho fatto per arrivare a capire quelle parole che mia madre mi ripeteva come fossero intoccabili: QUELLA ERA UNA BOMBA DI STATO, L’HANNO MESSA I FASCISTI, L’HANNO PAGATA I PADRONI.
?
Erano realmente intoccabili.
Cavolo: il percorso di comprensione della cosa è stato rapido. Dentro la mia testa rapidissimo, nella mia coscienza di comunista, di rivoluzionaria, di libertaria è entrato riga dopo riga, parola dopo parola, in un viaggio di conoscenza che m’ha portato a capire dove sono nata, dove stavo crescendo!
Il paese nato dalla Resistenza e dalla retorica incessante su di essa, che poi ha creato le leggi speciali, le carceri speciali, le strategie per eliminare qualunque diritto o rivendicazione proveniente dalla classe operaia, dal proletariato, dal meridione, dalle donne, dagli studenti. Quel paese faceva morire per strada, per lo scoppio di una bomba, e poi invocava carcere a vita per chi lottava, pochi anni dopo.
Crescevo in un paese che non ha mai voluto dire una verità che noi compagni abbiamo sempre saputo: la contro-inchiesta partita immediatamente dopo ha portato alla luce molto, già a caldo,  sul libro “La Strage di Stato”..
ma la verità s’è vista cadere dalla finestra della questura di Milano appena tre giorni dopo.
La verità è stata chiara: s’è sfracellata come corpo morto al suolo.

Non mi va, in quest’anniversario di pubblicare materiali, di ribattere e scannerizzare testi o volantini, manifesti o tazebao. 
Brucia ancora, come quel giorno, dentro di me: la rabbia e la consapevolezza di chi sono i colpevoli, di chi sono i mandanti e di chi siamo noi.

Il coraggio dell’amnistia

16 Maggio 2009 1 commento

Oggi il nuovo quotidiano L’Altro, ha aperto con un editoriale di Sansonetti decisamente importante, che riporterò qui sotto.
In questi giorni proverò a mettere un po’ di materiale sull’amnistia: perchè è una battaglia che dovremmo sentire nel sangue.
Per allontanare “dar catenaccio” chi ancora è costretto dentro un carcere…

IL CORAGGIO DELL’AMNISTIA di Piero Sansonetti (editoriale del quotidiano L’Altro di sabato 16 maggio 2009)

Giampiero Mughini ha raccontato ieri al Corriere della Sera (articolo di Aldo Cazzullo) i suoi ricordi e le sue riflessioni sull’uccisione del commissario Luigi Calabresi (anno 1972), Mughini all’epoca era vicino al gruppo dirigente di Lotta Continua, e quindi basa la sua ricostruzione (ipotetica) dei fatti su elementi di conoscenza personale (di abitudini, idee, rapporti, modi di comportarsi di quel periodo). amnistiaMughini avanza l’ipotesi che Sofri non sia colpevole diretto, ma che sapesse. E che conosca i nomi di chi uccise Calabresi. Tesi che già in passato aveva sostenuto. Personalmente questa ricostruzione non mi convince. Penso che Sofri sia innocente. E constato che, in ogni caso, contro di lui non sono state raccolte prove, e i processi che si sono conclusi con la sua condanna erano processi indiziari, tutti fondati sulle dichiarazioni di un pentito (non verificate e non verificabili) il quale in cambio della condanna di Adriano Sofri ha ottenuto per se la libertà dopo pochissimi mesi di prigione (pur essendo stato condannato come autore materiale dell’uccisione).

Sono assolutamente convinto del principio secondo il quale in mancanza di prove non si può condannare. E credo che un certo numero dei processi che si sono svolti negli anni ’80 (e in parte ’90) contro gli imputati di lotta armata o di reati politici, siano stati processi “zoppi”, poco convincenti, senza garanzie. Influenzati dal clima politico dell’epoca e condizionati da una legislazione speciale, basata sull’esaltazione del pentitismo, che non dava garanzie né di verità né di equanimità. Che le cose stiano così è abbastanza evidente. E ce ne accorgiamo ogni volta che le nostre autorità chiedono l’estradizione di qualcuno che fu condannato in quegli anni, con quei processi, e non la ottengono (recentissimo caso Battisti), Come mai non l’ottengono? Perché la Francia, il Brasile, il Canada, la Gran Bretagna, la Svezia, la Spagna eccetera eccetera sono paesi filo terroristi? Non mi pare una spiegazione ragionevole. Non la ottengono perché i processi sono considerati non affidabili. Tutto qui. Vedete bene che il problema esiste, e va affrontato seriamente. In che modo? Riprendendo la riflessione su quegli anni di fuoco, nei quali la lotta politica, in Italia, convisse con la lotta armata; e trovando il modo dì uscire definitivamente da quel clima e da quella storia. C’è un solo modo di uscire da quel clima e da quella storia.

Tano... e le carceri in rivolta nel 1972

Tano... Rebibbia femminile in rivolta nel 1972

Chiudendone tetti gli strascichi giudiziari e penali. Cioè con l’amnistia. Solo l’amnistia può relegare finalmente nel passato gli anni di piombo e di conseguenza permettere l’apertura di una discussione e di una riflessione seria. Quali sono gli argomenti contro l’amnistia?
In genere se ne sentono tre.

Il primo è il cosiddetto “diritto dei parenti delle vittime”.

Il secondo è la certezza della pena e il rischio che gente che ha seminato il male non paghi per il male, la faccia franca.
Il terzo è la paura che l’amnistia ci impedisca di scoprire cosa davvero è successo in quegli anni, cosa c’era dietro i delitti,

Il primo argomento mi sembra che non riguardi il diritto. Riguarda semmai la politica. I parenti delle vittime non hanno il diritto dì influire sulle pene dei colpevoli (o, talvolta, dei sospetti). Hanno il diritto ad essere risarciti, aiutati, assistiti. E spesso questo diritto non viene loro riconosciuto dallo Stato, ma l’amnistia non c’entra niente.

Il secondo argomento è sbagliato. Per un motivo molto semplice: la lotta armata degli anni settanta è l’unico capitolo della storia del delitto italiano che ha prodotto un numero altissimo di condanne e di pene. I ragazzi che furono coinvolti nella lotta armata, nella loro quasi totalità hanno pagato con anni e anni di galera. Non esistono altri “rami” del delitto dei quali si possa dire altrettanto. potereoperaio_balestriniQualcuno ha pagato per le stragi di Stato? Qualcuno per la corruzione politica? Qualcuno per le responsabilità dell’ecatombe sul lavoro? Ho fatto solo tre esempi, ì più clamorosi» ma potrei continuare. E allora è curioso che si chieda la cer-tezza della pena per gli unici che la pena l’hanno scontata. Giusto?

Il terzo argomento è il più controverso. E’ la famosa questione del complotto. Qual è il problema? Una parte dell’opinione pubblica italiana (specialmente di sinistra) si era convinta, negli anni scorsi, che il fenomeno della lotta armata fosse troppo grande e vasto e potente per potere essere il semplice prodotto dell’impegno diretto e un po’ delirante di alcune migliaia di giovani. E che allora dovesse essere il risultato di un complotto nazionale o internazionale. Devo dire che per molti anni anche io mi ero convinto di qualcosa del genere. Avevo sospettato che il rapimento e l’uccisione di Moro fosse una losca congiura del potere. Però poi, di fronte alla realtà, bisogna arrendersi. I colpevoli sono stati tutti arrestati, sono state raccolte tonnellate di testimonianze, prove, documenti. Sono passati 30 anni. È chiaro che non ci fu complotto. Semplicemente avevamo sottovalutato la forza della rivolta armata. E allora perché negare l’amnistia con la scusa della ricerca della verità? È chiaro che le cose stanno in modo molto diverso. La verità che ancora non conosciamo, che vorremmo conoscere, è quella sulle stragi di Stato (da piazza Fontana 1969 fino alla Stazione di Bologna 1980). Cioè su quella parte di lotta armata (di controguerriglia) che fu organizzata direttamente dalle istituzioni e dal potere e che, tra l’altro, ebbe un peso forte nella nascita – per reazione – delle brigate rosse e delle altre formazioni eversive di sinistra. Nessuno è in prigione per quelle stragi (tranne alcuni estremisti d destra per la strage di Bologna, ma moltissimi esperti ritengono che essi siano innocenti). Con questi misteri l’amnistia non c’entra niente. E probabilmente se ci si decidesse a vararla potrebbe essere un aiuto per riaprire la discussione e la ricerca su quel buco nero della storia italiana.