A Angelo Basone … che la terra ti sia lieve come soffio
E’ morto ieri il compagno Angelo Basone, comunista, rivoluzionario, ha lavorato come operaio alla Fiat alle Presse di Mirafiori,
eletto delegato dai lavoratori, ha aderito e partecipato alle Brigate Rosse. Arrestato è stato prigioniero politico per molti anni.nelle carceri speciali.
Era immigrato da ragazzo a Torino, come decine di migliaia di altri ragazzi del sud, dalla Sicilia per fornire forza lavoro a basso costo e docile nelle fabbriche capitaliste. Così credevano padroni e preti, ma così non è stato. Angelo, come migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia di lavoratori come lui hanno costruito un percorso rivoluzionario che, per la prima volta dal secondo dopoguerra, ha posto all’ordine del giorno la costruzione di una società comunista. E ciò ha fatto paura ai padroni. Talmente paura che lo Stato ha dovuto usare la tortura, le carceri speciali, i tribunali speciali e secoli di galera per fermarlo.
Uscito di carcere, Angelo era andato a vivere a Firenze.
CIAO ANGELO,
SANGUE NOSTRO…
Giuliano Ferrara, ai tempi giovane dirigente del PCI torinese, ci provò a farlo rientrare nei (SUOI) ranghi…invano
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l’ho conosciuto, compagno retto e determinato, nel carcere di Cuneo….Un abbraccio e che la terra gli sia davvero lieve…..
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Ferrara, nella sua qualità di “commissario” della federazione torinese del pci, cercò pure di farlo dimettere da delegato Fiat in quanto “sospetto brigatista”, ma non ci riuscì: gli operai a quel tempo stavano con Angelo, non certo con Ferrara.
Un ultimo abbraccio Angelo
Salvatore
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Io non lo conoscevo ma… ammiro chi non si fa omologare e pensa con la sua testa. Anche idee dissimili dalle mie.
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Sono un collega di lavoro di Angelo .Lo conoscevo solo da 5 anni , una persona può condividere o no quello che ha fatto .Personalmente l’ho conosciuto da anziano, molto provato dalle vicessitudini della vita, ma lo ricordero per sempre come un leone.
Ciao Angelo……. da parte di tutti i tuoi colleghi Toscani che la pensano come tè.
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Mi scuso se approfitto dello spazio su Angelo (al quale va un caro pensiero) per delle informazioni su un’altra compagna, anch’essa deceduta: Caterina Picasso, affittuaria dell’appartamento in cui soggiornò Riccardo Dura (Genova 1980). Aveva 73 anni quando fu arrestata e 89 quando morì in un ospizio. Condannata a 5 anni e 8 mesi non ha mai spifferato nulla e con la saggezza contadina di chi ha fatto solo le elementari commentò dopo la sentenza di primo grado: “Non ho bisogno di fare grandi discorsi per decidere da che parte stare.Ero brigatista prima ancora di entrare nell’ organizzazione; ho la seconda elementare, quindi i difficili ragionamenti politici non li so fare, ma capire da che parte stare l’ ho sempre saputo”.
Grazie per l’eventuale aiuto informativo su questa compagna.
Carlo
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cavolo che bello questo ricordo,grazie Carlo..: se dovessi avere del materiale in più mandamelo che facciamo una bella pagina su di lei!
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Sì, sui giornali la raffiguravano come la nonnina delle Br. C’erano foto di lei che salutava col pugno chiuso.
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“La polizia decise il controllo il 2 ottobre, 3 pantere si avvicinarono al casamento grigio con le persiane azzurre al numero 11 di via Zella. I poliziotti si erano schierati a ventaglio e uno bussò alla porta dell’appartamento d’angolo al piano terra di una palazzina imbiancata di calce. La porta si era appena aperta, trattenuta da una catenella: dentro una signora co i capelli bianchi tenuti a crocchia. “Chi siete cosa volete ?” “Scusi signora ho sbagliato” il poliziotto le aveva voltato le spalle. “Eppure è qui” Bussarono di nuovo e quando la porta s aprì entrarono. L’appartamento due stanze e servizi senza riscaldamento era lindo, ordinato, arredamento sobrio. Ma ordinati nel salotto armi, esplosivi e documenti in originale: la storia del partito armato dai tempi remoti. “Ma lei signora chi è ?” “Mi chiamo Picasso Caterina e sono nata a Bargagli nel 1907”. La portarono in questura e lei si dichiarà “prigioniera politica” In quella casa ci aveva abitato Riccardo Dura che l’aveva affittata anni prima col nome di Sergio Parigi. “Riccardo è sempre stato il più gentile con me. Mi portaav le scatole di cioccolatini e tutte le volte che entrava e usciva di casa mi dava un bacino e diceva che ero la sua nonnina. Questi sono i miei ragazzi gli voglio bene e non immaginate quanto”. Erano loro le bierre a tenerle compagnia insieme a 7 gatti. Condannata a 3 anni in carcere si faceva regalare dalle altre detenute scampoli di stoffa rossa con cui confezionava bandiere che appendeva fuori dalle sbarre. Gli ultimi anni li aveva passati in un ricovero per anziani” (da “Qui Brigate rosse di Vincenzo Tessandori, ed. Baldini & castoldi, pag. 339)
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