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Abbattiamo le carceri, a partire da quelle per minori! 14 aprile TUTT@ A CASAL DEL MARMO
Un’iniziativa importantissima, bella, che mi rende felice.
Perché anche chi si occupa di carcere, chi si adopera per organizzare iniziative fuori le maledette mura che privano della libertà donne e uomini, spesso ci si dimentica delle carceri minorili,
come degli altri centri di privazione di libertà che possono essere i CIE, gli ospedali psichiatrici giudiziari e certi tipi di “case di cura”.
Istituzioni totali, già: quelle che ci abituano a pensare “sempre esistite”, quando non è così,
quelle che nell’immaginario che ci costruiscono davanti e dentro dalla nascita sembrano immutabili ed eterne, ma che in realtà hanno una storia breve, che possiamo collegare alla proprietà privata dei mezzi di produzione, e alla successiva necessità di mostrificare, denigrare e quindi internare alcune figure sociali davanti ad un cambiamento della struttura economica della società.
Ora viviamo nella società della “sicurezza”, del panpenalismo che tutto fagocita, soprattutto la capacità di molti di comprendere i meccanismi dell’abolizionismo, quelli capaci di minare il dispositivo dell’internamento, del controllo, quindi del concetto di “sicurezza” e “rieducazione”.
Penso sempre all’isolotto di Santo Stefano, primo vero carcere d’Italia costruito dai Borboni nel lontano 1796 e in funzione fino al vicinissimo 1965. Ci penso perchè scesi alla Marinella, da barchini traballanti, appena iniziata la salita verso l’ergastulum, i detenuti si trovavano davanti questa scritta scolpita su roccia:
“Fintanto che la santa giustizia tiene tanti mostri di scelleratezza in catene sta salda la tua proprietà, rimane protetta la tua casa”
… erano avanti, il mito della sicurezza, effimero carceriere del presente, si faceva largo, tra i rumori di catene e cancelli e il canto dei gabbiani che osservavano liberi.
La situazione delle carceri abruzzesi e l’evacuazione di quello di L’Aquila
di Paolo Persichetti , Liberazione 8 aprile 2009
«Dopo aver effettuato un’approfondita verifica, possiamo affermare che le carceri delle zone interessate dal terremoto hanno complessivamente tenuto», è stato questo il messaggio rassicurante reso noto subito dopo il sisma dal ministro della Giustizia Alfano. Ma quella tipica precauzione semantica che si cela dietro l’avverbio complessivamente accende più di un dubbio. Infatti accanto alle case crollate col passar delle ore sono emerse anche le prime crepe nella versione ufficiale diffusa dal ministero di via Arenula.
Se è vero che la gran parte degli istituti penitenziari abruzzesi non hanno subito danni alle strutture, molto diverso invece è stato l’impatto delle scosse sulle carceri aquilane. L’istituto penale minorile è stato evacuato. I tredici ragazzi presenti sul posto sono stati trasferiti in altre sedi. Sei di loro nel carcere minorile romano di Casal del Marmo, gli altri sette nei minorili di Potenza, Bari e Firenze. È quanto reso noto dall’ufficio del Garante dei detenuti del Lazio.
Nonostante il tentativo di minimizzare la situazione, importanti sarebbero i danni inferti dal sisma alla casa di reclusione di L’Aquila. Un istituto penitenziario particolarmente sensibile perché ospita un’intera sezione di massima sicurezza, dove sono rinchiusi i detenuti sottoposti al regime del 41 bis (massime restrizioni e isolamento) e un’area riservata, cioè un regime detentivo ancora più aspro e nel quale l’isolamento, anche sensoriale, è praticamente assoluto. Non a caso poche ore dopo il sisma, il capo del Dap Franco Ionta ha inviato sul posto il direttore del Gruppo operativo mobile (il reparto speciale della polizia penitenziaria che gestisce i reparti di massima sicurezza), generale Alfonso Mattiello. Lo stesso Ionta è arrivato a L’Aquila nella serata di lunedì. In un comunicato ufficiale, emesso ieri, si dice che nella caserma del carcere sono state rilevate «solo lievi lesioni»; ma la versione che viene dall’interno dell’istituto aquilano è un po’ diversa. Secondo la testimonianza rilasciata a Irene Testa, segretaria dell’associazione “Il detenuto ignoto”, da un agente di servizio la notte del terremoto, l’edificio sarebbe inagibile, parte degli appartamenti della polizia penitenziaria sarebbero crollati mentre nel resto della struttura e nelle celle vi sarebbero danni «non rilevanti». Nel frattempo sei detenuti, di cui quattro in regime di 41 bis, più un ex collaboratore di giustizia e un “comune”, tutti bisognosi di cure cliniche, sono stati trasferiti, alcuni a Roma. Il crollo dell’ospedale aquilano non permetteva più di fornire loro l’assistenza medica adeguata. Altre tre traduzioni sarebbero in attesa. Sembra invece che il protocollo d’emergenza previsto in questi casi abbia funzionato bene. Almeno è quanto rivelano
fonti dell’amministrazione penitenziaria. Dopo la scossa anche i detenuti della massima sicurezza sarebbero stati raccolti per gruppi e portati nei cortili del passeggio, dove forniti di coperte hanno trascorso la notte. Anche a Sulmona è stato seguito un protocollo analogo. Solo un detenuto è stato colto da malore a causa di una crisi d’ansia. Nelle situazioni d’emergenza (terremoti, incendi, alluvioni) ogni carcere segue un suo specifico protocollo dettato dalle caratteristiche dell’istituto: tipologia architettonica e requisiti di sicurezza.
Ma intanto la terra continua a tremare per questo c’è chi chiede l’evacuazione completa dell’istituto di pena.
UN’AGENZIA DI QUESTA MATTINA RACCONTA LE TRADUZIONI NOTTURNI. TUTTO IL CARCERE DI L’AQUILA E’ STATO EVACUATO
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