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Egitto: i rivoluzionari devono resistere a Morsi, ma anche opporsi al vecchio regime di Mubarak

30 novembre 2012 2 commenti

I provvedimenti di Morsi sono un segno di debolezza. I poteri del vecchio regime sono ancora in pista e potrebbero approfittare della situazione. La sinistra non deve cadere nella trappola dell’alleanza con i nemici della rivoluzione.

Di Tamer Wagih *

Il 12 agosto, il presidente Mohamed Morsi ha emanato un decreto costituzionale attraverso il quale ha messo fine potere del Consiglio Supremo delle forze armate (SCAF).

Tre mesi più tardi, il 22 novembre, ha promulgato un secondo inatteso decreto costituzionale per un nuovo processo ai vertici del regime di Mubarak accusati di aver ucciso manifestanti e rendendo immune l’Assemblea Costituente e il Consiglio della Shura, così come le sue decisioni, dal potere giudiziario. La dichiarazione costituzionale gli consente inoltre di destituire il procuratore generale e, se ritiene che il paese sia in pericolo, di mettere in atto qualsiasi provvedimento esecutivo.

La prima dichiarazione costituzionale ha incontrato un’opposizione minima, ma la seconda è stata contrastata da un ampio spettro di forze, dalla sinistra rivoluzionaria fino ai feloul (espresione peggiorativa per indicare gli esponenti del vecchio regime di Mubarak) come il capo del sindacato dei giudici, Ahmed al-Zend, e l’avvocato Mortada Mansour .

Infatti, il contenuto di ciascuna delle due dichiarazioni costituzionali può in parte spiegare la differenza nelle reazioni, ma i tempi e gli sviluppi del conflitto politico in corso sono altrettanto importanti per capire perché si sono avute reazioni diverse.

Nei paragrafi che seguono, presenterò alcune analisi sulla natura delle recenti decisioni di Morsi e sul loro contesto storico.

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Morsi ha facilmente messo in crisi lo SCAF, apparentemente molto potente. La facilità con cui è stato congedato lo SCAF era inspiegabile, soprattutto il fatto che l’istituzione militare sembrava accettare senza resistenza l’estromissione del feldmaresciallo Hussein Tantawi e del capo di Stato maggiore Sami Anan.

Era chiaro che la rabbia contro la SCAF montava dentro l’istituzione militare nel corso dell’ultimo anno e mezzo che ha preceduto la dichiarazione costituzionale del 12 agosto.

L’esercito ha dovuto affrontare faccia a faccia a più riprese le masse arrabbiate, facendo sentire in pericolo i leader al di fuori dello SCAF. Il coinvolgimento diretto dell’esercito nella politica e l’impegno nella vita pubblica ha aperto la porta alla politicizzazione dell’esercito, e forse anche a spaccature interne. Inoltre, questo impegno in politica ha sollevato la possibilità di ribellione dei giovani ufficiali che non vogliono impegnarsi in scontri di questo tipo.

Inoltre, nei suoi ultimi giorni al potere, lo SCAF si stava trasformando in un gruppo di interesse ristretto che cercava di proteggere i suoi membri da ogni responsabilità, dalle richieste di giustizia – dopo che erano stati implicati nell’uccisione di manifestanti – e di conservare il loro potere e la ricchezza.

Nel giro di pochi mesi, lo SCAF si era trasformato da guardiano della rivoluzione in una banda centrata su se stessa per salvaguardare i propri vantaggi. Il suo ultimo decreto costituzionale, emesso il 17 giugno 2012, dichiarava disperatamente che lo SCAF continuava a governare “con la sua composizione attuale.”

Tale trasformazione ha certamente creato una disparità tra gli interessi dei militari in quanto istituzione e quelli dei generali dello SCAF, causando la formazione di un gruppo di leader militari non cooptati nello SCAF che cercavano di tenere l’esercito fuori dal caos politico, il tutto mantenendo i propri interessi economici e lo status privilegiato – proteggendosi da qualsiasi responsabilità politica.

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Gli interessi di Morsi erano in accordo con quelli dei leader militari scontenti, ed il decreto del 12 agosto è stato un accordo tra loro. Questo accordo è stato ben accolto dagli Stati Uniti, che vi ha visto il modo migliore per uscire dall’impasse politica egiziano.

Questo accordo è stato inoltre accolto con favore dalla maggior parte delle istituzioni sovrane dello Stato – le forze di polizia ed i servizi segreti civili e militari – in quanto non ha comportato l’eliminazione della corruzione o la limitazione dei loro poteri. Piuttosto l’affare era lo scambio di favori reciproci, impedendo agli altri di indebolire Morsi mentre venivano assicurati i loro posti di potere. L’accordo ha rimosso i vertici che si opponevano ai Fratelli Musulmani e li ha sostituiti con altri più disposti a collaborare. Morsi ha fatto questo insieme ai militari, i capi dei vari servizi segreti, il Ministero dell’informazione, i quotidiani statali, l’ufficio presidenziale, il governo ed i governatori a livello nazionale.

L’unica istituzione che ha sfidato l’accordo di Morsi era la magistratura. L’indipendenza che essa gode in uno Stato capitalista ha permesso ai nemici della Fratellanza di mantenere le loro posizioni.

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Morsi è stato al potere per cinque mesi, ma anche questo breve periodo è stato abbastanza a lungo per rivelare la natura della Fratellanza e peggiorare una crisi già esistente.

La Fratellanza non è un partito rivoluzionario che spinge il popolo a lottare per raggiungere i propri interessi, e non è un gruppo riformista radicale e nemmeno un gruppo riformista tradizionale.

I gruppi riformisti radicali possono ostacolare i movimenti rivoluzionari nel raggiungere il loro fine logico – sradicare il regime – ma almeno lottano per introdurre importanti cambiamenti alle istituzioni al potere ed utilizzano a tal fine la mobilitazione popolare.

I riformisti tradizionali sono più cauti dei riformisti radicali e più propensi a negoziare con il vecchio regime al fine di raggiungere un compromesso. Ma poiché l’egemonia dei riformisti tradizionali si basa sul sostegno di settori progressisti delle masse – come i lavoratori organizzati – spesso svolgono un ruolo progressista per mantenere la loro base popolare.

La Fratellanza non si adatta a nessuna delle due categorie di riformisti. Per quanto strano possa sembrare, la Fratellanza è un potere riformista conservatore.

306400_2631774604409_1556722979_2619228_21052157_nLa sua base popolare è più conservatrice e reazionaria di quella dei riformisti tradizionali.

La Fratellanza è più popolare tra i settori più conservatori della classe medio-bassa, piuttosto che la classe operaia o dei giovani membri della classe media più radicale e della classe medio-bassa.

Sì, è vero che il nucleo della leadership organizzativa del gruppo è composto da persone della moderna classe medio-alta (ricchi professionisti, alcuni dei quali sono diventati uomini d’affari). Tuttavia, la base del gruppo è radicata nelle aree più arretrate, dove si mescola la rabbia contro la modernizzazione con le tendenze conservatrici che cercano di introdurre un cambiamento etico.

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Morsi è la sintesi di questa mentalità.

Ha stabilito il suo potere attraverso la riconciliazione con il vecchio stato, trascurando la necessità di eliminare la corruzione dalle istituzioni. Infatti ha concesso a polizia ed esercito una libertà di azione tale da renderli relativamente indipendenti. Fintanto che non si oppongono al potere presidenziale possono operare senza incontrare resistenza.

Morsi ha preso a fatica qualsiasi azione decisiva per soddisfare le richieste della rivoluzione. È tutto chiacchiere e non ha fatto nulla per questioni come la richiesta di giustizia per l’omicidio dei manifestanti antigovernativi, l’eliminazione della corruzione o la modifica delle strutture salariali o delle politiche pubbliche

Gli ultimi cinque mesi hanno dimostrato che Morsi non ha sostanzialmente cambiato nulla. L’esercito ha miseramente fallito nel Sinai, la decisione di respingere il procuratore generale ha causato un’enorme controversia, gli scioperi sono in aumento e l’esercito e la polizia stanno combattendo per le strade.

Nel frattempo, l’opposizione a Morsi e alla Fratellanza è cresciuta, mentre i segnali di stabilità sono pochi.

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Questo era il contesto in cui Morsi ha preso le sue decisioni. Potrebbe essere stato incoraggiato a pubblicare la nuova dichiarazione costituzionale dal suo successo nel creare la tregua tra Israele ed Hamas, ma le divisioni ed i conflitti in Egitto sono stati le prime cause per questo gruppo di provvedimenti.

Quella di Morsi è una mentalità tipica della Fratellanza che è incapace di concepire dei confronti sinceri per raggiungere le richieste della rivoluzione e per convincere il popolo. La sua mente gli dice che il miglior modo per occuparsi del periodo di transizione egiziano sia di monopolizzare il processo politico.

Credo che Morsi sia convinto che per scrivere la costituzione non ha importanza il contenuto, e che regolare l’ordinamento giuridico dell’Egitto sia la sola soluzione all’impasse della transizione. Secondo questa logica la stabilità è l’unico modo per attrarre investimenti, e la promulgazione della costituzione è la strada per la stabilità.LA BELLEZZA E' PER LA STRADA!

Così in questo “passaggio critico” ha deciso di calmare le strade ordinando il nuovo processo contro Mubarak ed altri assassini di manifestanti antigovernativi, e concentrandosi interamente sul completamento della costituzione proteggendo l’Assemblea Costituente dallo scioglimento e le sue decisioni dalle sfide del sistema giudiziario.

Queste decisioni dittatoriali provengono da un sentimento di debolezza e dal desiderio di conservare il potere, piuttosto che dalla sicurezza data dal suo rafforzamento.

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Le decisioni di Morsi costituiscono un colpo di stato politico “soft”, ma anche un grosso rischio visto che sullo sfondo i conflitti si acuiscono: i militari resteranno in silenzio? Nel lungo periodo la polizia sosterrà la sua decisione?

Queste istituzioni non sono leali con nessuno, specialmente con un presidente che proviene dalla Fratellanza Musulmana. Per cui la risposta a queste domande dipende dagli esiti dei conflitti in corso e da quelli che probabilmente ci saranno in futuro.

Se i poteri che si oppongono a Morsi riescono a mobilitargli contro la gente su larga scala, ed anche se ci riescono solo parzialmente, ed al contempo la condizione politica continua a deteriorarsi e ad accrescersi le divisioni, la classe dominante del vecchio regime di Mubarak propenderà per un golpe, indipendentemente dalle forme legali che assumerà.

Non è nell’interesse del movimento rivoluzionario che Morsi venga abbattuto con un golpe, visto che ne conseguirebbe una dittatura anche peggiore con l’obiettivo principe di eliminare tutta l’opposizione “per salvare il paese da un pericolo imminente”.

Ma non è nei suoi interessi nemmeno assistere a Morsi che schiaccia l’opposizione e rende più saldo il suo controllo. Sarebbe come se un debole uomo divenisse dittatore vincendo una scommessa, più o meno ciò che successe con l’ex presidente Anwar Sadat.

Personalmente escludo la possibilità che avvenga la seconda ipotesi, credo sia abbastanza difficile che Morsi e la Fratellanza si assicurino definitivamente il potere. Ma è ancora tutto da vedere.

Il vero problema è nella struttura dell’opposizione. A causa dell’assenza di un rilevante blocco rivoluzionario coerente, l’opposizione è un guazzabuglio di forze che appartenevano al precedente regime corrotto ed altri forze centriste-liberali-riformiste-populiste – che approssimativamente possiamo definire “forze civili”.

Purtroppo, visto che queste forze civili non sono rivoluzionarie e possiedono indistinguibili caratteristiche centriste tendono a riconciliarsi, ed anche ad allearsi, con i sostenitori del precedente regime nella battaglia contro Morsi, credendo che sia lui il loro nemico numero uno.

Ritengo che questa attitudine avrà ripercussioni catastrofiche per il futuro della rivoluzione. Permetterà ai feloul di essere riprodotti come agenti accettabili nello scenario politico, e ci sarà la possibilità di un ritorno del regime di Mubarak, stavolta in forma peggiore.

I paragoni con la sollevazione del 25 gennaio non tengono: allora milioni di persone scesero in strada per la rivolta contro il regime e c’era un’alleanza tra le forze rivoluzionarie e quelle riformiste conservatrici che con esitazione vi si opponevano. Oggi invece ci troviamo davanti ad un’alleanza nascente con le peggiori e più estreme forze di destra, e siamo fuori dal contesto di una rivoluzione.

La missione dei rivoluzionari è dura ma inevitabile: dovrebbero dare battaglia alla dittatura confusa e non rivoluzionaria della Fratellanza senza cadere nella trappola dell’alleanza con gli altri nemici della rivoluzione.

La vera speranza è una terza alternativa rivoluzionaria che non recluti i rimasugli del regime di Mubarak nella lotta contro la Fratellanza.

* Tamer Wagih è un’opinionista dell’Egypt Indipendent.

Traduzione di Emanuele Calitri
Pubblicato su International Tahrir

Link originale: http://www.egyptindependent.com/opinion/revolutionaries-must-resist-morsy-also-feloul

Altri articoli di Tamer Wagih http://www.egyptindependent.com/staff/tamer-wagih

Rivoluzione Egiziana: istruzioni per l’uso

17 giugno 2012 1 commento

ASSOLUTAMENTE DA LEGGERE,
dal blogger Hossam el-Hamalawy, che da anni segue gli sciopero e la lotta di classe di Egitto.

Mentre parecchi in Egitto stanno piangendo la “morte della rivoluzione” ed il conseguente “colpo di stato militare”, è ora di sottolineare, o di ri-sottolineare, alcuni punti:

Foto di Hossam el-Hamalawy

1- Parlare di un colpo di stato militare nel giugno 2012 significa credere che, sin dal rovesciamento di Mubarak, l’Egitto abbia avuto un governo civile, il che è completamente ridicolo. Il colpo di stato è più o meno iniziato l’11 di febbraio 2011, quando i rivoluzionari sono riusciti a scalzare Mubarak, che venne rimpiazzato dai suoi generali.

2- Fin dall’inizio la giunta militare sta utilizzando tutte le sue armi costituzionali, legali e politiche per influenzare il processo [rivoluzionario], e non hanno esitato ad utilizzare i proiettili ogni qual volta che il loro “soft power” non falliva nell’intento.

3- Tra i vari attori politici, la giunta militare è quella che più di tutti vuole il “passaggio del potere” ad un governo civile. Durante la scorsa settimana i veicoli da trasporto truppe ed i camion militari erano in giro per le strade per distribuire comunicati ed per incoraggiare la gente ad andare a votare al secondo turno. Messaggi simili, sia indiretti che espliciti, sono trasmessi in continuazione dalle tv pubbliche. La giunta vuole “mollare” , tornare alle caserme con le garanzie legali, politiche e costituzionali che non verrà toccata la loro posizione, i privilegi, il potere decisionale ed il controllo sull’economia. In breve: sognano il vecchio “modello turco”.

4- Una rivoluzione non si fa in 18 giorni o 18 mesi. Se siamo tutti d’accordo che questa è una guerra con il regime che durerà per diversi anni, allora perché tutti sono improvvisamente preda al panico e stanno dicendo che è finita? Qualcuno credeva che la rivoluzione fosse una curva lineare di vittorie? Sicuramente stiamo attraversando un periodo catastrofico in cui la controrivoluzione è all’attacco, ma non dobbiamo credere che la rivoluzione sia finita. Quante volte nell’ultimo anno e mezzo è stato detto ed è stato scritto “È finita! La rivoluzione è sconfitta”, solo per poi essere sorpresi da una ripresa delle proteste di piazza, delle occupazioni e degli scioperi che hanno costretto la giunta a fare dei passi indietro?

Foto di Hossam el-Hamalawy

5- Questa rivoluzione ancora non ha una leadership semplicemente perchè nessuno dei gruppi politici esistenti ha un radicamento territoriale sufficiente per dirigerla. Per questo qualsiasi accordo politico tra lo SCAF [letteralmente: consiglio supremo delle forze armate, la giunta militare NdT] ed una qualsiasi forza politica con lo scopo di attenuare le proteste e gli scioperi è inutile.

6- Gli scioperi, che incarnano l’unica speranza per rovesciare il regime, non seguono mai in un percorso lineare verso l’alto. Proprio come le proteste di piazza, gli scioperi hanno flussi e riflussi. Eppure, rimane un fatto: l’ondata di scioperi è entrata nel suo sesto anno consecutivo, senza la prospettiva di una loro fine, semplicemente perché le ragioni oggettive e strutturali del suo scoppio sono ancora lì, e nessun candidato presidenziale, né un profeta può risolvere questi problemi finché il regime neoliberista rimane al suo posto.

7- Gli scioperi, anche se non sotto una leadership unificata, hanno visto ripetuti scontri diretti con l’esercito, cori contro la giunta militare, così come degli attriti con i parlamentari della Fratellanza Musulmana o dei salafiti che nelle loro zone hanno cercato di attenuare le mobilitazioni, oppure non si sono preoccupati di intervenire in sostegno dei lavoratori.

8- La stessa opposizione islamista è piena di contraddizioni e spaccature interne. Lo spettacolo penoso dato in parlamento (ora disciolto), la collaborazione con la giunta nell’anno passato, e l’incapacità di ottenere un qualsiasi vantaggio nazionale concreto per il popolo durante la breve e defunta legislatura può solo significare che potrebbe potenzialmente aumentare la disillusione tra i poveri ed i giovani.

9- Ci sono buone ragioni per aspettarsi alcuni mesi difficili davanti a noi. L’apparato del (formalmente) disciolto Partito Nazionale Democratico [il partito di Mubarak, n.d.t.] in queste elezioni aveva fortemente sostenuto Shafiq, e i membri del partito si sono sentiti a loro agio ad uscire allo scoperto dopo essere scomparsi per un anno dagli occhi dell’opinione pubblica. I capi della sicurezza di Mubarak sono stati tutti assolti, e ogni giorno ci sono notizie di agenti di polizia e caporali prosciolti da ogni accusa relativa all’omicidio di manifestanti. Anche se la legge di emergenza è stata revocata ufficialmente due settimane fa, il ministro della Giustizia ha concesso alla polizia militare ed ai funzionari dell’intelligence il potere di arrestare i civili . Senza un parlamento o di una costituzione in vigore, l’elezione di Shafiq come presidente porterà a dei severi provvedimenti contro gli attivisti democratici, i gruppi di opposizione, ed i rivoluzionari, con il pieno appoggio della SCAF.

10- La prossima ondata di repressione non la farà finita con la rivoluzione. Ancora una volta, ci vorranno diversi anni per permettere alla polvere di depositarsi. Il campo rivoluzionario non dispone degli strumenti essenziali per contrattaccare, in altre parole, non dispone di un’organizzazione nazionale dei settori più avanzati dei lavoratori e dei movimenti giovanili e di un fronte coerente e unito che coordini i diversi gruppi rivoluzionari nella capitale e nelle province. E in questi tempi difficili, quando la controrivoluzione va a tutta forza, la necessità di una tale organizzazione diventa sempre più urgente.

* Hossam El-Hamalawy è un giornalista indipendente ed attivista egiziano. Attivo fin dai tempi della dittatura è un membro di spicco dei Socialisti Rivoluzionari. Il suo blog è uno dei più seguiti in patria ed all’estero http://www.arabawy.org/ .

Titolo originale in inglese “The troubled revolutionary path in Egypt. A return to the basic”

Fonte: http://www.jadaliyya.com/pages/index/6012/the-troubled-revolutionary-path-in-egypt_a-return-

Traduzione a cura di Emanuele Calitri
International Tahrir 

Il muro di Mohammed Mahmoud, foto di Hossam el-arabawy

Il muro di Mohammed Mahmoud, foto di Hossam el-Hamalawy