Archivio
Rivoluzione Egiziana: istruzioni per l’uso
ASSOLUTAMENTE DA LEGGERE,
dal blogger Hossam el-Hamalawy, che da anni segue gli sciopero e la lotta di classe di Egitto.
Mentre parecchi in Egitto stanno piangendo la “morte della rivoluzione” ed il conseguente “colpo di stato militare”, è ora di sottolineare, o di ri-sottolineare, alcuni punti:

Foto di Hossam el-Hamalawy
1- Parlare di un colpo di stato militare nel giugno 2012 significa credere che, sin dal rovesciamento di Mubarak, l’Egitto abbia avuto un governo civile, il che è completamente ridicolo. Il colpo di stato è più o meno iniziato l’11 di febbraio 2011, quando i rivoluzionari sono riusciti a scalzare Mubarak, che venne rimpiazzato dai suoi generali.
2- Fin dall’inizio la giunta militare sta utilizzando tutte le sue armi costituzionali, legali e politiche per influenzare il processo [rivoluzionario], e non hanno esitato ad utilizzare i proiettili ogni qual volta che il loro “soft power” non falliva nell’intento.
3- Tra i vari attori politici, la giunta militare è quella che più di tutti vuole il “passaggio del potere” ad un governo civile. Durante la scorsa settimana i veicoli da trasporto truppe ed i camion militari erano in giro per le strade per distribuire comunicati ed per incoraggiare la gente ad andare a votare al secondo turno. Messaggi simili, sia indiretti che espliciti, sono trasmessi in continuazione dalle tv pubbliche. La giunta vuole “mollare” , tornare alle caserme con le garanzie legali, politiche e costituzionali che non verrà toccata la loro posizione, i privilegi, il potere decisionale ed il controllo sull’economia. In breve: sognano il vecchio “modello turco”.
4- Una rivoluzione non si fa in 18 giorni o 18 mesi. Se siamo tutti d’accordo che questa è una guerra con il regime che durerà per diversi anni, allora perché tutti sono improvvisamente preda al panico e stanno dicendo che è finita? Qualcuno credeva che la rivoluzione fosse una curva lineare di vittorie? Sicuramente stiamo attraversando un periodo catastrofico in cui la controrivoluzione è all’attacco, ma non dobbiamo credere che la rivoluzione sia finita. Quante volte nell’ultimo anno e mezzo è stato detto ed è stato scritto “È finita! La rivoluzione è sconfitta”, solo per poi essere sorpresi da una ripresa delle proteste di piazza, delle occupazioni e degli scioperi che hanno costretto la giunta a fare dei passi indietro?

Foto di Hossam el-Hamalawy
5- Questa rivoluzione ancora non ha una leadership semplicemente perchè nessuno dei gruppi politici esistenti ha un radicamento territoriale sufficiente per dirigerla. Per questo qualsiasi accordo politico tra lo SCAF [letteralmente: consiglio supremo delle forze armate, la giunta militare NdT] ed una qualsiasi forza politica con lo scopo di attenuare le proteste e gli scioperi è inutile.
6- Gli scioperi, che incarnano l’unica speranza per rovesciare il regime, non seguono mai in un percorso lineare verso l’alto. Proprio come le proteste di piazza, gli scioperi hanno flussi e riflussi. Eppure, rimane un fatto: l’ondata di scioperi è entrata nel suo sesto anno consecutivo, senza la prospettiva di una loro fine, semplicemente perché le ragioni oggettive e strutturali del suo scoppio sono ancora lì, e nessun candidato presidenziale, né un profeta può risolvere questi problemi finché il regime neoliberista rimane al suo posto.
7- Gli scioperi, anche se non sotto una leadership unificata, hanno visto ripetuti scontri diretti con l’esercito, cori contro la giunta militare, così come degli attriti con i parlamentari della Fratellanza Musulmana o dei salafiti che nelle loro zone hanno cercato di attenuare le mobilitazioni, oppure non si sono preoccupati di intervenire in sostegno dei lavoratori.
8- La stessa opposizione islamista è piena di contraddizioni e spaccature interne. Lo spettacolo penoso dato in parlamento (ora disciolto), la collaborazione con la giunta nell’anno passato, e l’incapacità di ottenere un qualsiasi vantaggio nazionale concreto per il popolo durante la breve e defunta legislatura può solo significare che potrebbe potenzialmente aumentare la disillusione tra i poveri ed i giovani.
9- Ci sono buone ragioni per aspettarsi alcuni mesi difficili davanti a noi. L’apparato del (formalmente) disciolto Partito Nazionale Democratico [il partito di Mubarak, n.d.t.] in queste elezioni aveva fortemente sostenuto Shafiq, e i membri del partito si sono sentiti a loro agio ad uscire allo scoperto dopo essere scomparsi per un anno dagli occhi dell’opinione pubblica. I capi della sicurezza di Mubarak sono stati tutti assolti, e ogni giorno ci sono notizie di agenti di polizia e caporali prosciolti da ogni accusa relativa all’omicidio di manifestanti. Anche se la legge di emergenza è stata revocata ufficialmente due settimane fa, il ministro della Giustizia ha concesso alla polizia militare ed ai funzionari dell’intelligence il potere di arrestare i civili . Senza un parlamento o di una costituzione in vigore, l’elezione di Shafiq come presidente porterà a dei severi provvedimenti contro gli attivisti democratici, i gruppi di opposizione, ed i rivoluzionari, con il pieno appoggio della SCAF.
10- La prossima ondata di repressione non la farà finita con la rivoluzione. Ancora una volta, ci vorranno diversi anni per permettere alla polvere di depositarsi. Il campo rivoluzionario non dispone degli strumenti essenziali per contrattaccare, in altre parole, non dispone di un’organizzazione nazionale dei settori più avanzati dei lavoratori e dei movimenti giovanili e di un fronte coerente e unito che coordini i diversi gruppi rivoluzionari nella capitale e nelle province. E in questi tempi difficili, quando la controrivoluzione va a tutta forza, la necessità di una tale organizzazione diventa sempre più urgente.
* Hossam El-Hamalawy è un giornalista indipendente ed attivista egiziano. Attivo fin dai tempi della dittatura è un membro di spicco dei Socialisti Rivoluzionari. Il suo blog è uno dei più seguiti in patria ed all’estero http://www.arabawy.org/ .
Titolo originale in inglese “The troubled revolutionary path in Egypt. A return to the basic”
Fonte: http://www.jadaliyya.com/pages/index/6012/the-troubled-revolutionary-path-in-egypt_a-return-
Traduzione a cura di Emanuele Calitri
International Tahrir

Il muro di Mohammed Mahmoud, foto di Hossam el-Hamalawy
Roma sta con Tahrir: azione davanti all’ambasciata egiziana
Azione davanti all’ambasciata egiziana di via Salaria a Roma in solidarietà con la rivoluzione egiziana e per chiedere la libertà di tutte le prigioniere e prigionieri politici arrestati dall’esercito.
A poco meno di un anno dall’inizio della rivoluzione egiziana che ha portato alla caduta del regime dittatoriale di Mubarak, l’apparato dominante continua a schiacciare la popolazione e le piazze del Cairo e di tutto l’Egitto che continuano ad essere attraversate da centinaia di migliaia di uomini e donne che resistono alla brutale repressione da parte dell’esercito. Da gennaio ad oggi più di 12.000 persone sono state processate di fronte alla corte militare e quasi 5.000 sono ancora in stato di detenzione.
Più di 1.000 i morti solo nei primi giorni della rivoluzione e centinaia di altri in questi ultimi mesi. Non sono e non vogliamo che siano solo numeri, ma persone, uomini donne e anche bambini che lottano in strada ognuno per mille buoni motivi.
Si anche i bambini ci sono, e sono molti, tra i giovani che riempiono le strade e animano le lotte.
L’ultimo, Islam Abdel Hafeez di soli 11 anni, è stato ucciso ieri con un colpo di arma da fuoco che lo ha colpito al cuore, mentre molti altri minori restano rinchiusi nelle carceri in condizioni disumane, costretti a subire ogni tipo di violenza.
Tra le migliaia di persone arrestate, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, c’è anche Alaa Abd El Fattah, blogger e attivista, una delle voci della rivoluzione, accusato di aver criticato lo strapotere dell’esercito.
Vogliamo Alaa libero, così come vogliamo libere tutte le persone rinchiuse e torturate nelle carceri per aver desiderato e lottato per una rivoluzione appena iniziata.
La libertà non si arresta
La rivoluzione continua
Solidarietà a Piazza Tahrir e a tutta la popolazione in lotta.
Dal sito Freepalestine.noblogs.org
Quattro chiacchiere con Hossam el-Hamalawy, con l’Egitto nel cuore
Hossam El-Hamalawi non ha iniziato la sua attività di blogger nelle giornata di piazza Tahrir, così come la sua militanza nel movimento socialista rivoluzionario in Egitto. Ed è proprio quello che è venuto a raccontarci in una splendida serata al CSOA Ex Snia di Roma, il 4 ottobre.
Se avesse avuto davanti una platea di persone che non sapevano nemmeno dove collocare l’Egitto geograficamente, è cosa certa che tutti si sarebbero alzati con una consapevolezza profonda di quel che sono i mutamenti che sta vivendo quell’enorme paese, immenso nella sua storia e nel suo territorio.
Una rivoluzione appena iniziata, certamente non terminata con la caduta di Hosni Mubarak.
La prima cosa che ha voluto sottolineare, con quella durezza e chiarezza che caratterizzano il suo modo di parlare, è stato proprio il grande superficiale errore di denominare le rivolte della primavera araba come le “rivoluzioni dei social network”. Erano ironici ma anche furiosi i suoi occhi mentre sciorinava le definizioni multimediali che sono state affibbiate al movimento egiziano che ha portato milioni di persone in piazza, fino alla caduta di Hosni Mubarak, ma non del suo regime.
E’ venuto a raccontarci una rivoluzione che non è nata il 25 gennaio 2011, che non è stata un evento su Facebook, che non è stata trascinata dietro dalle rivolte tunisine e la caduta di Ben Ali: è stato lì, con un timbro di voce forte e orgoglioso, a spiegarci la lunga strada della rivoluzione egiziana, gli anni e le lotte che hanno portato a quell’improvvisa e per tutti inaspettata folla rabbiosa, che ha sfidato tutto e tutti per ottenere almeno il primo pezzo delle propria libertà.
Il lavoro di Hossam, sul suo blog, si concentra soprattutto sulle lotte e gli scioperi dei lavoratori egiziani: dal Delta del Nilo dove le industrie tessili impiegano decine di migliaia di operai e operaie, al Sinai del Canale di Suez, dei gasdotti, dei grandi porti.
I primi scioperi degli anni 90 e l’ondata di repressione che ha caratterizzato quel decennio: sparizioni , carcere, tortura sono sempre stati all’ordine del giorno per chiunque provava solo a reclamare qualche pound in più sul proprio salario.
L’enorme macchina di controllo e sicurezza di Hosni Mubarak e dei suoi scagnozzi non permetteva nemmeno di sussurrare il suo nome, nemmeno in aperto deserto.
Poi l’anno della svolta, il 2000, quando anche grazie al fervore della seconda intifada palestinese, il panorama nei posti di lavoro e dentro le facoltà universitarie è iniziato a cambiare, anche se ancora nessuno aveva il coraggio di uscire per la strada, di manifestare nelle piazza, di cantare slogan contro il potere, il regime, gli abusi, la mancanza totale di libertà, i salari da fame.
Tahrir inizia ad esser “presa” da piccoli gruppi di manifestanti a partire dal 2003, con l’invasione statunitense dell’Iraq e la nascita del movimento Kifaya (“basta” in arabo), che poi verrà definitivamente sventrato, nell’estate del 2006, dal regime.
Ma è proprio nel dicembre 2006, ci racconta Hossam, che gli scioperi di Mahalla portano per le strade 27.000 operai a braccia incrociate, e 3000 donne: proprio loro sono state a trascinare le industrie tessili nei quattro storici giorni di sciopero. Sono state loro ad entrare per prime in sciopero, le operaie, e a trascinare per il bavero i loro uomini, padri mariti e figli verso un nuovo livello di scontro.
Da Mahalla al-Kubra è un attimo, e tutte le fabbriche del Delta del Nilo incrociano le braccia, fino ad arrivare ad Alessandria e al Sinai: per la prima volta il regime trema, le basi di piazza Tahrir iniziano a costruirsi, la gente inizia a trovare il coraggio non solo di nominare il rais, ma di inventare e cantare slogan contro di lui.
Insomma, Hossam non lascia spazio a fraintendimenti su questo: la rivoluzione di piazza Tahrir di gennaio nasce molti anni prima, negli scioperi sempre più consistenti e nelle richieste della classe operaia, nasce a Suez, nasce nelle zone dei campi di cotone, nasce nell’indotto del Canale da Port Said al Mar Rosso, nelle richieste tutte politiche di chi scende in piazza sfidando le forze di sicurezza, il loro piombo e le loro retate.
Poi, il 25 gennaio.
L’inaspettato. Per tutti. Nessun egiziano, e questo me l’hanno raccontato tutti per le strade di quella città e di quei villaggi, si sarebbe mai aspettato quel che è accaduto: nessuno immaginava di arrivare in quella piazza in decine di cortei spontanei che si spostavano da ogni quartiere. Nessuno avrebbe mai pensato che quel giorno tutti, di ogni strato sociale d’Egitto, stavano riempiendo le strade urlando una sola cosa: IL POPOLO VUOLE LA CADUTA DEL REGIME.
La Fratellanza Musulmana, che non aveva aderito immediatamente alle mobilitazioni s’è vista costretta a farlo perché tutti i suoi giovani erano in piazza.
I copti, malgrado il terrore iniziale ( per decenni il regime li ha convinti che la loro sopravvivenza dipendeva dalle forze di sicurezza di Mubarak) hanno iniziato a scendere in piazza: nessuno è rimasto a casa.
E non li hanno fermati i cecchini sui tetti, non li hanno fermati la baltagheyya e la battaglia dei cammelli: nessuno ha potuto fermare quella marea umana che avanzava verso l’inizio di un nuovo Egitto, faccia alta e mani vuote.
Hossam ci ha raccontato di Tahrir ma anche di come nulla sarebbe cambiato se non fossero state tutte le altre città a rivoltarsi, in alcune zone anche con livelli di scontro estremamente pesanti, come a Suez: non è stata piazza Tahrir a far cadere il regime, ma gli scioperi di massa che dopo pochi giorni dalle prime mobilitazioni hanno inchiodato il paese tutto.
Ha sottolineato però, che la controrivoluzione sta avanzando: c’ha raccontato come il Consiglio Supremo delle Forze Armate sta reprimendo le mobilitazioni e tentando di eliminare la possibilità di scioperare per i lavoratori, c’ha raccontato con nomi e cognomi come ancora gran parte dell’apparato di regime sia al suo posto, seduto comodamente sulla sua poltrona, c’ha raccontato di quanto ancora deve avanzare questa rivoluzione e del grande circo che saranno le elezioni del prossimo novembre. I socialisti e tutti i gruppi della sinistra rivoluzionaria le boicotteranno.
Difficile raccontare tutto quello che è uscito dalla bella chiacchierata di ieri sera.
Quando gli è stato chiesto della partecipazione femminile c’ha detto: “ma come, se v’ho detto che son state le donne a prender i lavoratori per il collo e a farli scioperare urlando che eran dei codardi!”. Con tono molto critico ha detto di come sia sterile la lotta di alcuni movimenti femministi della borghesia egiziana che si stanno mobilitando solamente per le quote rosa e per la possibilità di muoversi con il passaporto senza il lasciapassare di un uomo della propria famiglia. Importantissime istanze -ovviamente- ma, dice Hossam, ora dobbiamo preoccuparci delle priorità delle donne egiziane, delle lavoratrici, delle donne dei villaggi e dei piccoli centri che non sanno neanche cosa sia un passaporto. Per Hossam, e mi trova d’accordo, il processo di liberazione femminile in Egitto -essenziale e prioritario per il cambiamento del paese- non passa certo per le quote rose, ma casa per casa nella quotidianeità di ogni donna, ogni ragazza, ogni bambina.
Si è parlato ovviamente di Siria, dell’infinita solidarietà verso chi si sta ribellando al regime di Bashar al-Assad e del partito Baath, sopportando una repressione che non s’era ancora vista in questa stagione di rivolte mediorientali e nordafricane. Spazzato via in quattro chiare parole qualunque discorso su deliri complottistici e ingerenze occidentali o sioniste in Siria, il caro Hossam el-Hamalawy ha conquistato la mia più profonda stima.
Saremmo stati per ore a parlare e fargli domande, ma la stanchezza di queste giornate italiane a raccontare la sua esperienza era più che leggibile nel suo sguardo:un ragazzo che a trent’anni ha conosciuto la tortura e il carcere, che ha passato la sua vita a seguire sciopero per sciopero i lavoratori in lotta,
un giovane rivoluzionario che c’ha dato un po’ di grandi piccole lezioni in poche ore insieme.
C’ha raccontato di una rivoluzione reale, che sta passando sul corpo delle donne, dei lavoratori, degli studenti d’Egitto; una rivoluzione che non vuole fermarsi nè farsi ingannare, che sa riconoscere i suoi nemici, che cerca la solidarietà di ogni pezzetto di mondo e che ha l’orgoglio di voler ispirare il mondo che la circonda.
Grazie ad Hossam, alle sue parole chiare, al suo immenso lavoro, al suo essere per la strada giorno dopo giorno.
Fino alla vittoria.
APPENA SARA’ POSSIBILE LINKERO’ L’AUDIO DELLA SERATA.
QUI IL BLOG DI HOSSAM: 3ARABAWY
Incontro con Hossam El Hamalawy a Roma
CON MOLTA GIOIA SONO FELICE DI PUBBLICIZZARE QUI UN’INIZIATIVA A CUI PARTECIPERO’ DOMANI,
ALL’EX SNIA di ROMA, IN COMPAGNIA DEL CARO HOSSAM EL HAMALAWY,
COMPAGNO DI PIAZZA TAHRIR, CHE ATTRAVERSO IL SUO BLOG MI/CI HA PERMESSO DI STARE ACCANTO A QUELLA RIVOLUZIONE ANCHE UNA VOLTA TORNATA A CASA…
Grazie ad Hossam, di cui consiglio a tutt@ il Blog, Grazie a tutta Tahrir,
che possa crescere, giorno dopo giorno.
Martedì 4 ottobre 2011 – ore 19:00
C.S.O.A. EX SNIA – Roma
Dieci, cento, mille Tahrir.
Che fare della rivoluzione egiziana?
Incontro con Hossam El Hamalawy
(giornalista, blogger, attivista)
e presentazione del libro
I Diari della rivoluzione, Fandango Libri, 2011
I Diari della rivoluzione raccoglie le voci e i ricordi di blogger, attivisti e giornalisti, per un racconto in presa diretta di quella che passerà alla storia come la prima rivoluzione promossa, supportata e diffusa dalla rete. Questo libro ricostruisce “i 18 giorni che hanno sconvolto l’Egitto”, rivissuti attraverso la penna di alcuni dei giovani protagonisti. I loro diari si concludono l’11 febbraio 2011, quando l’83enne presidente Hosni Mubarak è stato costretto a lasciare la presidenza, dopo quasi 30 anni al potere.
C.S.O.A. EX SNIA
via Prenestina 173 – Roma
http://www.exsnia.it
contatti@exsnia.it
L’esercito sgombera piazza Tahrir!
E’ iniziato un martellamento su twitter intorno alla nostra mezzanotte, sempre più fitto. Dicevamo appena poche ore fa quanto forte fosse la pressione delle piazze egiziane che continuano a riempirsi sull’esercito, tanto apparentemente amato, ma che non può permettersi strappi fino all’arrivo delle elezioni. Ogni venerdì la gran massa delle persone si riversa nelle principali piazze di tutte le città; il Cairo è attraversata da fiumi di persone che bloccano tutta wast al-bilad, la downton che si affaccia sul Nilo. Oggi, in questo momento, non sembra stia andando proprio come è stato la scorsa settimana, quando anche io mi perdevo in quel fiume festoso e deciso.
L’esercito ha deciso di disperdere la piazza, la solita pacifica piazza, che questo venerdì, visto l’esplosione delle vicende nei paesi vicini, ha prolungato il suo orario, senza voler tornare a casa con il calare della notte. Oggi le richieste della piazza erano state più che chiare: meno potere all’esercito durante il periodo di transazione, dimissioni immediate dell’attuale primo ministro, liberazione di tutti i prigionieri politici… e all’una di notte locale non erano in molti ad aver ripreso la strada di casa, malgrado il coprifuoco. Cosa che a quanto pare, questa volta, non è andata giù all’esercito sornione che da settimane staziona nelle principali arterie della città e intorno alla piazza ormai simbolo del nuovo Egitto. Su twitter si legge di un lancio di lacrimogeni e di alcuni arresti, l’immediato sgombero di alcune tende che erano già spuntate nella piazza per la notte, il tentativo di tenere lontani giornalisti e reporter (molte immagini stanno già girando per la rete): la tensione sta salendo, quello che sta accadendo in questo momento non era avvenuto ancora. Si parla di due persone picchiate selvaggiamente all’altezza del Museo e, dall’altro lato della piazza, di inseguimenti ed arresti fino a piazza Talaat Harb, dove una parte della piazza si è ritirata… diversi testimoni parlano di “manganelli elettrici” usati contro i manifestanti
L’esercito non aveva mai mosso un dito contro il popolo di piazza Tahrir, staremo a vedere… (con il cuore per quelle strade).
Oggi a Mansura una grande manifestazione è stata dispersa con gas lacrimogeni e pallottole di gomma.
Alla luce di ciò l’Egitto ha chiaro davanti a sè che la sua rivoluzione è appena cominciata e che da oggi si deve voltare nuovamente pagina!
Ospiti
- 3.430.282 visitatori
ADOTTA IL LOGO CONTRO L’ERGASTOLO
Pagine
SI PARLA DI…
- ANNI '70 / MEMORIA (330)
- Lotta Armata (215)
- Estradizioni (31)
- Per i compagni uccisi… (84)
- Torture in Italia (45)
- Lotta Armata (215)
- articoli (105)
- ATTUALITA' (660)
- Lavoro e assassinii (125)
- Sul corpo delle donne (130)
- CARCERE (488)
- C.I.E. (112)
- Ergastolo (25)
- Morire in carcere (53)
- letteratura/citazioni (165)
- MIDDLE-EAST (463)
- Migranti e Mar Mediterraneo (215)
- Personale (728)
- BLOG (398)
- Fotografia (298)
- i "reportage" di Baruda (78)
- Pillole neurologiche (21)
- Ricette (8)
- RIVOLTE e RIVOLUZIONI (1.115)
- ACAB (75)
- antifà (81)
- Atene (119)
- Bahrain (19)
- Delta del Niger (4)
- Egitto Libero (92)
- francia (56)
- L'Italia e il movimento (465)
- NoTav (69)
- manifestazione (290)
- Primavere arabe (63)
- resistenza (93)
- Tunisia (11)
- Scuola (2)
- tortura (68)
- Uncategorized (85)
Quello che vi piace di più
- Torture nel bel paese
- Parigi: "la beautè est dans la rue". La xenofobia non ha terreno.
- Pillole nosocomiali : il pianto neurologico
- Chi sono!
- La BBC intervista la torturatrice di Abu Ghraib
- 65 anni fa, le Fosse Ardeatine
- Torture: la storia di Francesco Giordano, tra martellate e finte esecuzioni
- Chi è Oscar Fioriolli? Biografia di un torturatore
- "si chiudono i tuoi occhi col mio sonno"
- L'importanza delle parole e il loro utilizzo: "IRRIDUCIBILI"
EMISFERO TWITTER!
- @rivamesta Anvedilo 3 days ago
- È passato diverso tempo da questo video, e forse questo lo rende ancora più emozionante. Che ogni tanto ci dimentic… twitter.com/i/web/status/1… 5 days ago
- Oggi stanca. twitter.com/tetrabondi/sta… 1 week ago
- @chiaralessi @glamis @centochilometri Ahahahhahaha #taccio 2 weeks ago
- Vabbè ❤️ twitter.com/y_nardi/status… 3 weeks ago
- Le sedie per lo skatepark, gli avvocati dello sportello diritti, la manutenzione delle joelette kids e i progetti d… twitter.com/i/web/status/1… 3 weeks ago
- @LiaCeli @chiaralessi @ArchOlivetti @santa_slavina Questa è una Valentine ❤️ 1 month ago
- @chiaralessi @ArchOlivetti @santa_slavina Sembra più l’@OfficialASRoma la santa del giorno 🤣 1 month ago
- Il mondo di tutti e tutte! #fondazioneTetrabondi twitter.com/tetrabondi/sta… 1 month ago
- Sostenete la Fondazione Tetrabondi: un 2023 di grandi progetti, di sinergie che diventano cambiamento, di città che… twitter.com/i/web/status/1… 1 month ago
- La solitudine del caregiver, tra competenze e abbandoni… #disabilità twitter.com/tetrabondi/sta… 2 months ago
- @menphismaphia Non poteva essere altrimenti !! 2 months ago
- @centochilometri ❤️ 2 months ago
- Auguri Niloooooo, facci ancora volare con i tuoi salti ! twitter.com/tetrabondi/sta… 2 months ago
- Auguri a mio figlio Nilo, che oggi compie 13 anni e non sarebbe potuto nascere in un giorno diverso. twitter.com/DavidBowieGlam… 2 months ago
- Fermarsi solo alla felicità … twitter.com/chiaralessi/st… 2 months ago
- @chiaralessi Chi ha befane non muore mai! ❤️ 2 months ago
- @retro80_lover @tetrabondi Ma non te pensà eh! 3 months ago
- - sto morendo, ahi ahi ahi! Grazie buffoncello, delle risate che mi fai fare! twitter.com/tetrabondi/sta… 3 months ago
- @iLupetti_ @tetrabondi Che belle le copie vissute e sottolineate ❤️ 3 months ago
ultimi articoli
- Ognuno ride a modo suo, in libreria dal 17 maggio
- Quando il pornoattivismo incontrò il sorriso di Salvatore Ricciardi
- Da Minneapolis a San Ferdinando: Stato e padroni
- 40 anni fa, il 20 maggio 1980, arrestavano Salvatore Ricciardi
- L’esplosione di Porto Marghera non è un incidente!
- L’arresto di Nicola D’amore: operaio Fiat, brigatista.
- Le file all’alba per andare a lavoro: sfruttamento ai tempi del Covid
- Giorgiana Masi e quel 12 maggio
- Baruda.net bloccato su Fb: mi aiutate a capire perchè?
- Ben 350.000€ l’anno a vita: il salario del capo del Dap.
- Egitto: noto youtuber filma il suo arresto. Lo rivedremo mai?
- L’Egitto delle morti in carcere e delle continue sparizioni
- Ucciso nel carcere di Tora l’artista Shadi Habash, regista del video Balaha
- Il 1°Maggio al Forte Prenestino, nel 2020
- RENDERE L’INDISCIPLINA UN VETTORE DI LEGAME SOCIALE, una storia degli anni ’70
Archivi
L | M | M | G | V | S | D |
---|---|---|---|---|---|---|
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | ||
6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 |
13 | 14 | 15 | 16 | 17 | 18 | 19 |
20 | 21 | 22 | 23 | 24 | 25 | 26 |
27 | 28 | 29 | 30 | 31 |
Commenti recenti