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Dal carcere di Rebibbia, per Radio Onda Rossa

30 dicembre 2010 1 commento

REBIBBIA, 29 Dicembre 2010

Cari compagni/e di Radio Onda Rossa,
vi scriviamo dal “tepore” natalizio delle nostre celle. Rendendo grazie all’amministrazione penitenziaria ed a tutti quei benpensanti cristiani, anche questo Natale ci è stato fatto dono del loro alberello e dell’immancabile presepe, ricordandoci che la “grazia” del buon Dio e la gloria della nascita di Cristo coinvolge tutti, persino noi carcerati.
Ovviamente solo se da buoni cristiani ci si incammina sulla via del “PENTIMENTO” e della “redenzione”. Il messaggio “sotto-traccia” è sempre quello: cercare di convincerci della bontà dell’Istituzione, la millenaria trinità: LAVORO-FAMIGLIA-CONSUMO/ISMO, i quali, ragionandoci bene sono proprio le “necessità” che, per poter colmare, ci hanno indirizzato verso la strada dell’illegalità (il capitalismo ossessivo necessita di una dose sempre maggiore di fondi al fine di rimpinzare il cosiddetto benessere familiare, di sempre nuove ed inutili “necessità”). Ci troviamo ad osservare quel presepe e quell’albero scintillanti di luci, simulacri di un benessere di plastica, ma voltandoci verso la cruda realtà delle cose, quotidianamente ci vengono negati perfino i diritti fondamentali dell’uomo e dato che “alla sorte non manca ironia” sono proprio quelle luci che scintillano nella grotta del presepe ad essere invece negate a noi detenuti, insieme “ovviamente” ai rudimenti dell’igiene, l’acqua calda e lo spazio vitale (siamo in SEI in un buco di cella… tipo mucche da macello, no?); senza poi tener conto di privazioni ben più gravi: l’assistenza medica, psicologica e culturale insufficienti, ma che dovrebbero essere, almeno sulla carta, basilari al fine del reinserimento sociale così tanto decantato dalle leggi “svuota-carceri”, utili esclusivamente all’imbonimento dell’opinione pubblica…

OVVIAMENTE LA REALTA’ E’ BEN DIVERSA!!!

Da qui non si esce e fin troppo spesso si muore e, se si è così fortunati da giungere fino al fine pena illesi, ci sono poche o nulle possibilità di migliorare il nostro futuro, se non quella di incontrarci nuovamente ospiti dei tanti “Hotel Millesbarre” che il nostro “Belpaese” ci offre… in fondo la maggior parte di noi è considerata feccia, e per molti va bene così: QUALCUNO IN GALERA DEVE PURE ANDARCI per conservare la pia illusione che nessuno rubi più!…
Ci viene spontaneo far sapere che anche noi siamo a fianco di tutti/e gli studenti ed i lavoratori (o aspiranti tali!) che si stanno battendo per un futuro migliore e che vengono anch’essi criminalizzati in ogni modo. “Se non fossimo rinchiusi saremmo TUTTI AL VOSTRO FIANCO!”.

SOLIDARIETA’ A COLORO CHE NONOSTANTE TUTTO NON SMETTONO DI SOGNARE, LOTTARE E CREDERE IN UN FUTURO MIGLIORE… “CON OGNI MEZZO NECESSARIO”
SOLIDARIETA’ CON TUTTI/E I DENUNCIATI DEL 14 DICEMBRE
SOLIDARIETA’ PER MARIO MILIUCCI
LIBERTA’ PER TUTTI/E I PRIGIONIERI FUORI E DENTRO I CARCERI!

PS: MANNATECE SCARCERANDA!

Seguono firme

“… Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane. Ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame!” Fabrizio De Andrè

Che si sia d’accordo o meno, che si abbia o meno il “coraggio” e la forza di presentarlo, vi prego di far conoscere questo modulo e l’indirizzo al quale inviarlo. Serve per veder riconosciuti i propri diritti di essere umano e per denunciare le sempre peggiori situazioni abitative/igieniche/sanitarie ecc., ed ultimo, ma non per importanza, per avere anche qualche somma di denaro come rimborso… potrebbe aiutare qualcuno, no?

Saluti

Al difensore civico delle persone private della libertà
c/o Antigone
Via Principe Eugenio, 31 – 00185 – Roma

Il sottoscritto ___________________________ nato a ______________________ il _________ attualmente detenuto presso la Casa di reclusione di _______________ intende presentare ricorso alla CEDU per il risarcimento della detenzione disumana espiata in riferimento al sovraffollamento (e/o mancanza di servizi sanitari/riscaldamento/ rispetto dei diritti fondamentali, ecc.) nelle celle.

Vorrei ricevere l’atto di Procura per la nomina del legale che Voi mettete a disposizione allo scopo di seguire la pratica alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

COGNOME-NOME-INDIRIZZO

Ringrazio per l’attenzione

FIRMA

E DOMANI, COME OGNI ANNO, APPUNTAMENTO AL CARCERE DI REBIBBIA con RADIO ONDA ROSSA.
PERCHE’ DI CARCERE NON SI MUOIA, MA NEMMENO SI VIVA

CARCERE: una ricerca sulla relazione tra suicidi e sovraffollamento

16 dicembre 2010 Lascia un commento

OSSERVATORIO PERMANENTE SULLE MORTI IN CARCERE
Radicali Italiani, Associazione “Il Detenuto Ignoto”, Associazione “Antigone”, Associazione A “Buon Diritto”, Redazione “Radiocarcere”, Redazione “Ristretti Orizzonti”

Esiste una relazione tra sovraffollamento delle carceri e frequenza dei suicidi

I suicidi in carcere fanno registrare un calo rispetto al 2009 (63 casi contro 72), ma rimangono superiori alla media del decennio (57 casi l’anno). Sono i giovani a togliersi la vita con maggiore frequenza: 17 dei detenuti suicidi avevano meno di 30 anni, 21 tra i 30 e i 40 anni, 15 tra i 40 e i 50 anni, 7 tra i 50 e i 60 anni e 2 oltre i 60 anni. Gli stranieri suicidi sono 15 (24%), mentre i detenuti stranieri sono il 36% della popolazione detenuta. Riguardo al metodo utilizzato per i suicidi, l’impiccagione è al primo posto (53 casi), mentre 7 detenuti si sono uccisi asfissiandosi con il gas, 2 avvelenandosi con i farmaci, 1 tagliandosi le vene.

Ricerca sulla relazione tra sovraffollamento e suicidi (il dato sulle presenze è del 6 dicembre)

Esiste una relazione tra sovraffollamento delle carceri e frequenza dei suicidi: questo è il risultato di una elaborazione effettuata dall’Osservatorio permanente sulle morti in carcere a seguito dell’ultimo caso, che si è verificato la scorsa notte a Sollicciano.
Abbiamo preso in considerazione soltanto gli istituti di pena nei quali nel 2010 sono avvenuti almeno 2 suicidi, in quanto un singolo episodio può essere ricondotto a situazioni personalissime che poco hanno a che fare con le condizioni di vita di un determinato carcere. Se invece i suicidi si ripetono con una certa frequenza (fino al caso limite di Sulmona, con 11 suicidi in 5 anni), è difficilmente contestabile l’esistenza di un “fattore ambientale” nel verificarsi di queste tragedie.
Raggruppando le 9 carceri dove sono accaduto almeno 2 suicidi nel corso dell’anno vediamo che il tasso medio di sovraffollamento è del 176% (contro un dato nazionale del 154%) e la frequenza dei suicidi è di 1 caso ogni 415 detenuti, mentre la media nel sistema penitenziario italiano è di 1 su 1.090.
In sintesi estrema: in 9 carceri, dove l’affollamento medio è del 22% oltre la media nazionale, si è registrata una frequenza dei suicidi più che doppia rispetto al complesso della popolazione detenuta.
Nel 2010 il tasso suicidiario più elevato è quello del carcere di Catania Bicocca (1 suicidio ogni 117 detenuti), seguito da quelli di Siracusa e di Sulmona. Una conferma dell’esistenza di un “fattore ambientale” viene anche dall’analisi dei dati del quinquennio 2006-2010: la frequenza maggiore di suicidi si è registrata a Sulmona, al secondo posto Catania Bicocca, al terzo posto Lecce.

La ricerca nel dettaglio

176% – media sovraffollamento nelle 9 carceri considerate
154% – media sovraffollamento tra tutte le carceri italiane
1 ogni 415 detenuti: frequenza dei suicidi nelle 9 carceri considerate
1 ogni 1.090 detenuti: frequenza dei suicidi tra tutte le carceri italiane

1.      Catania “Bicocca”: 2 suicidi su 234 detenuti nel 2010 = 1 ogni 117 (sovraffollamento al 165%)
2.      Siracusa: 4 suicidi su 515 detenuti nel 2010 = 1 ogni 128 (sovraffollamento al 166%)
3.      Sulmona: 3 suicidi su 444 detenuti nel 2010 = 1 ogni 148 (sovraffollamento al 147%)
4.      Reggio Emilia: 2 suicidi su 314 detenuti nel 2010 = 1 ogni 157 (sovraffollamento al 188%)
5.      Padova Casa Reclusione: 3 suicidi su 848 detenuti nel 2010 = 1 ogni 282 (sovraffollamento al 193%)
6.      Firenze Sollicciano: 2 suicidi su 1.025 detenuti nel 2010 = 1 ogni 512 (sovraffollamento al 206%)
7.      Roma Rebibbia: 3 suicidi su 2.035 detenuti nel 2010 = 1 ogni 678 (sovraffollamento al 136%)
8.      Napoli Poggioreale: 3 suicidi su 2.684 detenuti nel 2010 = 1 ogni 894 (sovraffollamento al 159%)
9.      Lecce: 2 suicidi su 1.551 detenuti nel 2010 = 1 ogni 775 (sovraffollamento al 228%)

*Il carcere dove quest’anno sono avvenuti più suicidi è Siracusa (4). L’Istituto ha 309 posti, i detenuti presenti sono 515, per un tasso di sovraffollamento del 166%. La frequenza dei suicidi durante l’anno è stata di 1 ogni 128 detenuti presenti.
*A Sulmona nel 2010 sono avvenuti 3 suicidi (con 11 casi dal 2006 ad oggi l’istituto fa registrare il più alto tasso di suicidi in Italia nel quinquennio). Il carcere ha 300 posti, i detenuti sono 444, per un tasso di sovraffollamento del 147%. La frequenza dei suicidi durante l’anno è stata di 1 ogni 148 detenuti presenti.
*3 suicidi anche nella Casa di Reclusione di Padova, 439 posti e 848 detenuti, per un tasso di sovraffollamento del 193%. La frequenza dei suicidi durante l’anno è stata di 1 ogni 282 detenuti presenti.
*Anche a Poggioreale (Napoli) e a Rebibbia (Roma) si sono registrati 3 suicidi, ma su popolazioni detenute molto più numerose (rispettivamente 2.684 e 2.035, con frequenze di 1 suicidio ogni 894 e 678 presenti).
*Reggio Emilia (2 suicidi su 314 detenuti) è al terzo posto nella frequenza suicidiaria, ma anche al primo posto per tasso di sovraffollamento, che raggiunge il 188%.
*Catania “Bicocca”, con 2 suicidi su 234 detenuti, ha il tasso più elevato d’Italia nel 2010, mentre dal 2006 i casi sono stati complessivamente 5, collocando il carcere al secondo posto (dopo Sulmona) come frequenza dei suicidi nel quinquennio. Il sovraffollamento è del 165%.
*Il carcere di Sollicciano ha avuto 2 suicidi nel 2010, 8 negli ultimi 5 anni. I detenuti sono 1.025 a fronte di una capienza di 497 posti (sovraffollamento del 206%)
*Lecce ha 650 posti e 1.551 detenuti, con il tasso di sovraffollamento più elevato in Italia, il 228%. I suicidi nel 2010 sono stati 2, con una frequenza di 1 ogni 775 presenze. Dal 2006 ad oggi si sono registrati 11 suicidi, con una frequenza che pone il carcere al terzo posto dopo Sulmona e Catania Bicocca.

 

Caso Cucchi: medici indagati, reintegrati

30 novembre 2009 Lascia un commento

«Abbandono terapeutico». Messi sotto inchiesta per omicidio colposo
Reintegrati i medici indagati per la morte di Stefano Cucchi

di Paolo Persichetti, Liberazione 1 dicembre 2009

Sono stati reintegrati nel reparto penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini i tre medici indagati per omicidio colposo dopo la morte di Stefano Cucchi. Eppure quanto è trapelato dagli accertamenti medico-legali sul corpo riesumato del giovane, deceduto il 22 ottobre scorso all’interno della struttura ospedaliera dopo una settimana di agonia seguita ad uno, o più, pestaggi e sevizie violentissime (sul numero esatto, e gli autori delle percosse subite, ancora oggi permane l’incertezza), confermerebbe le responsabilità dei sanitari nella sua morte. Il blocco della vescica riscontrato su Stefano Cucchi sarebbe, infatti, compatibile con la paralisi dell’ultimo tratto della colonna vertebrale.

Stefano Cucchi

Mentre le lesioni alla schiena e alla testa, seppur serie, non sarebbero state letali se adeguatamente curate. Insomma tutto lascia seriamente supporre che nei confronti di Cucchi vi sia stato un «abbandono terapeutico», una situazione di lassismo e incuria, una sottovalutazione grave e colposa delle sue condizioni di salute e delle cause che le avevano originate. Nonostante ciò, l’indagine amministrativa interna condotta da una commissione, apparentemente composta da personale della medesima Asl, ha sbrigativamente liquidato l’accaduto come «un evento non prevedibile». Nella relazione depositata ieri, si può leggere che l’analisi dei fatti, a fronte del «carattere improvviso e inatteso del decesso, non ha messo in luce, sul piano organizzativo e procedurale, alcun particolare elemento relativo ad azioni e/o omissioni da parte del personale sanitario con nesso diretto causa-effetto con l’evento avverso in questione. Contestualizza e configura pertanto l’oggetto dell’indagine sotto il profilo di evento non prevenibile». Per questo motivo Il direttore generale dell’Asl RmB, Flori Degrassi, ha disposto la revoca dell’ordine di trasferimento, preso in via provvisoria il 18 novembre scorso, nei confronti di Aldo Fierro, Stefania Corbi e Rosita Caponetti. La diffusione della notizia ha subito suscitato sconcerto e raccolto i commenti negativi del lagale della famiglia, Fabio Anselmo, di Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone, e di Luigi Nieri, assessore al Bilancio della regione Lazio, che ha censurato una «decisione affrettata e profondamente sbagliata», rilevando come sia piuttosto inusuale «che la Asl concluda la propria inchiesta amministrativa prima di quella penale».
La decisione presa dalle strutture dirigenti dell’ospedale Pertini non si discosta molto da quello spirito corporativo che ha fino ad ora caratterizzato il comportamento di tutti gli altri attori coinvolti in questo terribile esempio di violenza istituzionale.

Stefano Cucchi dopo l’arresto

Chiusura a riccio e omertà d’apparato in difesa di una impunità di principio che vorrebbe imporre l’idea della insindacabilità dell’operato di chi agisce in uniforme di Stato. Un atteggiamento viziato da una visione autoreferenziale della legalità e della morale. Alcuni apparati molto potenti non hanno mai accettato di essere messi sul banco dei sospetti e fin dall’inizio hanno operato nell’ombra, mettendo le briglie a un’inchiesta che altrimenti rischiava di mostrare il «re nudo». Mentre negli ultimi giorni nuove testimonianze di detenuti, presenti nell’infermeria di Regina Coeli con Stefano Cucchi, hanno riaperto scenari su violenze precedenti l’arrivo in tribunale, che la procura ha sempre evitato di approfondire ritenendoli privi di riscontri (ma l’inchiesta serve per trovare eventuali riscontri, non per escluderli a priori), da parte degli indagati emerge una nuova strategia. Non più scarica barile tra penitenziaria e carabinieri, ma fuoco concentrico sulla figura di Cucchi, dipinto come uno che entrava e usciva dal pronto soccorso degli ospedali. Un modo per dire che era già «rotto» prima di essere arrestato. E come se non bastasse, vengono diffuse minacce a mezzo stampa facendo circolare notizie sull’apertura di una inchiesta contro i legali della famiglia Cucchi per calunnia nei confronti dei carabinieri. Un modo per dire che gli apparati dello Stato sono santuari intoccabili.

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