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Posts Tagged ‘legge Bossi-Fini’

Il festival di Sanremo abbraccia i morti di Lampedusa: ce lo potevano risparmiare

12 febbraio 2015 2 commenti

Stiamo parlando dell’ennesima strage che ha inghiottito nel mare blu qualche centinaio di persone.
Il tutto a poche ore dall’inizio dell’ennesimo Festival della canzone italiana di Sanremo: festival che è approdato nel nuovo millennio e nel mondo dei social network con una pagina twitter che probabilmente ha lo stesso ufficio stampa che gestisce l’Expo (quello che due giorni fa ha attribuito il David di Michelangelo a Donatello, come se niente fosse).
Quindi senza ulteriori inutili, sprecate, parole
ecco a voi il tweet che commenta 300 cadaveri ancora non galleggianti di persone senza colpa se non quella di provare a vivere.
Magari liberi. Magari schiavi. Ma vivi.

mi fate schifo.

Due gommoni alla deriva, in mezzo ad un mare di vergogna

11 febbraio 2015 1 commento

Due gommoni vuoti in mezzo al mare.
Due gommoni vuoti in balia delle onde, in pieno inverno.
Due gommoni senza vita, quando invece la vita sopra ci si era accalcata per trovare posto e respiro durante la traversata.
Traversata impossibile, traversata che l’Europa ha deciso di trasformare in una morte quasi certa.

Un’altra strage in mare, un’altra strage di vite che non interessano a nessuno ma che son vite,
son occhi e sorrisi, son fotografie nelle tasche, indirizzi scritti sulla pelle, son soldi nelle mutande, son figli attaccati ai capezzoli, son bambini che han lasciato a terra sorelle o madri,
son persone sì, persone con in tasca il futuro e davanti una morte annunciata, decisa a tavolino, già bella che scritta.
Una morte che non interessa a nessuno, di cui nessuno parlerà, su cui qualcuno speculerà.
Che qualcuno dovrebbe vendicare.

I racconti parlano di un gommone con 200 persone a bordo.
Il gommone galleggia vuoto.
In mezzo al mare, in mezzo ad un mare di vergogna e di complici.

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Quando si assassina col freddo e col gelo

9 febbraio 2015 2 commenti

Mentre tutti postate fotografie di come la neve imbianca il vostro quartiere, si muore di freddo.
Si muore di freddo bambini, si muore di freddo donne, si muore di freddo in gravidanza,
in un battello galleggiante in mezzo al nulla.
In mezzo ad un universo di acqua in cui si confida al punto di chiamarlo futuro.

I morti di oggi, assiderati durante una traversata, dopo ore di difficoltà di navigazione a largo di Lampedusa sono stati deliberatamente assassinati dalle scelte europee sui profughi e i richiedenti asilo che salpano dal nord Africa per arrivare in Europa, in questo grande vergognoso lager che è l’Europa.
I 29 morti di oggi non son morti di freddo, ma assassinati dalla scelta di sospendere anche Mare Nostrum,
che almeno le vite le salvava, anche se poi le immetteva in meccanismi repressivi e di privazione di libertà di movimento.

Si muore di freddo, nemmeno affogati, ma di freddo.
Bastava nulla per salvare quelle vite: nulla. Solamente 7 dei 29 son stati trovati morti a bordo quando i soccorsi sono arrivati: gli altri son morti mentre arrivavano verso terra.
Bastava nulla per salvare quelle vite.
Nulla.

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Altri 500 corpi a picco nel Mar Mediterrano, uccisi da noi

15 settembre 2014 7 commenti

Il Guardian è il solo giornale che leggo volentieri,
il solo giornale che reputo faccia giornalismo, in tutto il suolo europeo.
Quest’articolo del Guardian oggi lascia senza parole, senza voce, con quella stretta d’odio che dall’aorta si fa tutto il sistema venoso, prima centrale e poi periferico.
Sì mi scorre odio in ogni piccola venuzza quando guardo il nostro mare, son cresciuta guardando le coste della mia terra come un luogo agognato di approdo,
son stufa di veder raccogliere corpi e corpicini, e di sapere che la maggior parte volano a picco verso il fondo,
per non comparire mai più.
Non son mai riuscita a veder quei corpi come corpi annegati, come cadaveri, mai una sola volta.
Ogni fottuta volta ho visto persone, storie, sguardi pieni di parole che avrei voluto ascoltare,
ogni volta ho visto la vita, la speranza di chi scappa senza nulla.

Di quei corpi mi son sempre sentita responsabile,
delle vite colate a picco di quelle persone -migliaia e migliaia di persone- vi reputo responsabili.
Ogni fottuta maledetta volta.
E questa volta il Guardian che, ripeto, non è un giornale qualunque,
ci racconta che queste 500 vite umane son state ammazzate deliberatamente...e chissà quante altre volte è successo.
Sono almeno mille dollari a persona, mille dollari a persona per 500 persone che mai arriveranno:
pagare la propria morte, di propria mano, pagarla cara, pagare con tutto quel che si possiede, con molto di più di tutto quel che si possiede.
Parlo a vanvera, sono l’antigiornalismo in persona perchè manco i fatti riesco a raccontare,
mi son stufata di farlo. Andatevelo a leggere da soli.
Voglio solo urlare, voglio abbracciare uno di quei bambini che parte sottobraccio alla mamma e la vede affogare,
vorrei dirgli qualche parola nella sua lingua, aprirgli la mia casa e la mia vita.
Vorrei poter far qualcosa, vorrei poter far qualcosa…
vorrei prosciugarlo questo maledetto mare per poter far qualcosa per voi…
voi che il mondo non saprà mai che avete un nome,
un luogo di nascita, un colore preferito, un cibo che vi disgusta e uno che vi ricorda l’infanzia.
Vorrei poter far qualcosa e poi leggo queste righe di Nawal e capisco che non posso

Ieri…
Un padre e’ venuto dalla Svezia…
Attendevo l’arrivo del figlio partito dall’Egitto…
Mi seguiva ovunque….
Mi faceva le liste delle persone che dovevano partire in treno…
Ci guardavamo come se lui fosse mio padre e io fossi in una barca forse affondata….
Gli ho detto tuo figlio arrivera’… Era una bugia…
sapevo gia’ che la barca affondata era quella egiziana e non libica….
Sono arrivati i rifugiati che hanno conosciuto i due superstiti ed hanno raccontato tutto….
Io mi sono allontanata..
Le lacrime erano acqua…..
Lui era seduto a terra….
Io avevo ancora 100 biglietti da fare….
Volevo solo scomparire….
Non potevo star vicino…
Dovevo andare……

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A Lampedusa contano i morti, a Catania caricano chi sopravvive

3 ottobre 2013 3 commenti

Si continuerà per molto a contare corpi e a cercarne tanti altri… si mormora che arriveremo a parlare di 300 persone, morte (assassinate) oggi tra Lampedusa e Lampione, di cui potete leggere qui il mio commento a caldo.
Assassinati dalle leggi che alzano il muro in mezzo al mare della Fortezza Europa, assassinati dalle leggi che permettono l’esistenza di veri e propri lager dove vengono rinchiusi coloro che riescono a sopravvivere al grande viaggio nel cimitero liquido che è ormai il nostro mare.
Il nostro ormai maledetto mare.
Oggi è il giorno che dovrebbe almeno aver il buon gusto di essere quello “del silenzio”.
Tutti, tutti coloro facenti parte di ogni schieramento politico, tutti coloro che hanno approvato la Turco Napolitano prima e la Bossi Fini poi per approdare festosi al pacchetto sicurezza di Roberto Maroni;
tutti loro ma anche tutti gli altri che oggi fanno il teatrino del piagnisteo, devono stare zitti.
Non prendete elicotteri per Lampedusa, abbiate almeno il buon gusto di cambiare strada e andare,

anzi CORRERE…
dovete correre ora, precisamente in questo istante, e dovremmo realmente farlo tutti al Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Mineo, in provincia di Catania perchè la polizia sta caricando i migranti che si ribellano alla loro condizione detentiva, quando sono solo richiedenti asilo.
Un blocco stradale della statale 415 effettuato con massi e con i loro corpi sdraiati:
la risposta dello Stato Italiano, quello che oggi fa finta di piangere per Lampedusa è, CARICARE.
Quindi denunciare, arrestare, pestare, privare dell’asilo, condannare…ecco quelo che fa lo Stato Italiano.

Quindi a chi passa per questo blog e magari è del PD…
cambiate pagina, o se siete così indignati come dite, visto che tutto ciò accade per leggi dal vostro partito approvate e talvolta scritte di proprio pugno,
fate una fotocopia della vostra tessera di partito, fatene tante prima di stracciarla e infilatela nella bocca dei vostri dirigenti di partito..
invece de chiacchierà e piagne… fate ‘r favore va…
Qui la notizia sul CARA di Mineo: LEGGI

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I morti di Lampedusa: siamo tutti ASSASSINI

3 ottobre 2013 15 commenti

Basta!
Basta piagnistei, Basta titoli dei giornali, Basta reportage, Basta racconti dei sopravvissuti,
Basta papa, Basta funerali, Basta con quei corpi messi lì come balene suicide, soli e semplicemente morti.
BASTA perdio.

E’ peggio di una guerra, è “nella spiaggia di casa”, è quotidiano e martellante.
Oggi si parla di 80 morti, oltre 200 dispersi, non ce la faccio nemmeno a leggere.
E ne siamo responsabili, tutti infinitamente responsabili, tutti noi con le mani sporche del sangue di centinaia centinaia centinaia e migliaia di uomini e donne che muoiono senza che nessuno senta il loro grido di disperazione, mai.
Quindi basta chiacchiere, ammettiamo di essere degli assassini oppure sarebbe meglio TACERE.

Si muore in mare perché esiste la Fortezza Europa e le sue leggi,
Si muore in mare perché  non esistono corridoi umanitari dove profughi, migranti o chiunque voglia farlo possa passare,
Si muore in mare perché dopo un po’ d’acqua c’è un muro altissimo, coperto dal filo spinato, dove se muori spesse volte vai solo giù, e ancora giù, fino ad esser rimosso dal mondo perché mangiato dalle acque.
Si muore in mare perché esisono le leggi sull’immigrazione, come la Bossi-Fini (ex Turco-Napolitano, ricordamosele le cose che fa sempre bene) e perchè noi, tutti tutti tutti noi vigliacchi collusi, non l’abbiamo mai abbattuta.
Basta cazzo, ora veramente basta.
Dal 1988 i morti ufficiali sono 19.142…immaginate quanti possono essere realmente.
Al primo punto di ogni nostra lotta deve esserci l’abbattimento del muro della Fortezza Europa,
al primo punto di ogni nostro sospiro ribelle deve esserci la DISTRUZIONE delle leggi che “regolano il flusso di migranti”, e che son solo fucili che sparano quotidianamente su chi muove passo verso l’altrove, verso il nuovo, verso altro.
Rimbocchiamoci le maniche: PUNTO!
Contro le loro leggi, contro i loro lager, contro i loro border…

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P.S.: ci ripenso…
ma poi il “preso lo scafista” lo vogliamo commentare?
Come se fosse lo scafista il problema…mamma mia manco riesco a scrivere dalle madonne che c’ho

Perversioni legislative: arrestato senegalese mentre rientrava nel suo paese, perchè … “non aveva lasciato l’Italia”

5 gennaio 2010 1 commento

COMUNICATO STAMPA

CLANDESTINO SENEGALESE ACQUISTA BIGLIETTO AEREO PER LASCIARE L’ITALIA MA, IN AEROPORTO, VIENE ARRESTATO PER… NON AVER LASCIATO L’ITALIA. IL GARANTE DEI DETENUTI DEL LAZIO ANGIOLO MARRONI «EFFETTI PERVERSI DI UNA LEGISLAZIONE CHE SEMBRA FATTA APPOSTA PER CASUARE SPRECHI DI DENARO PUBBLICO E ULTERIORI SOFFERENZE».

Dopo otto anni da clandestino in Italia, aveva deciso di tornare a casa sua, in Senegal, acquistando di tasca propria un biglietto aereo. Ma, secondo le leggi dello Stato, potrà tornare in Patria solo da espulso, fra sette mesi, e per di più a spese della collettività! Protagonista della singolare vicenda – segnalata dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni – Khadim, un cittadino senegalese di 41 anni.

Khadim era arrivato in Italia otto anni dal Senegal. Per tutto questo tempo ha vissuto e lavorato a Napoli senza possibilità di essere messo in regola perché il permesso di soggiorno non lo ha mai avuto. Per questo – nonostante non abbia mai commesso reati ed abbia, invece, tentato dicostruirsi una parvenza vita sociale – Khadim viene raggiunto da diversi decreti di espulsione che portano ad una condanna penale a sette mesi di reclusione senza che lui ne abbia mai conoscenza. 

Quando Khadim decide di tornare in Senegal, viene aiutato dagli amici italiani a comprare il biglietto dell’aereo ma all’aeroporto viene arrestato e trasferito al carcere di Civitavecchia per scontare la condanna a sette mesi per non aver ottemperato ad una espulsione che, per altro, stava volontariamente eseguendo. In carcere Khadim chiede l’espulsione come misura alternativa (misura prevista per diversi reati con condanna sotto i due anni) sperando di porre fine a questa sfortunata avventura. Ma la sua istanza viene respinta dai magistrati sul presupposto che, per la “Bossi-Fini”, questo tipo di misura alternativa non può essere concessa a chi non ha ottemperato all’espulsione.

 «In sostanza – ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni – Khadim che stava lasciando l’Italia è ora recluso in un carcere per non aver lasciato il nostro paese. Dal carcere ha fatto richiesta per lasciare l’Italia ma non gli è consentito perché deve scontare una pena per non aver lasciato l’Italia. Quella che denunciamo sembra una storia senza senso ma è la realtà di una legislazione che, in tema di immigrazione, fra carcere e C.I.E., sembra accanirsi contro i cittadini stranieri fino a prevedere inutili pene afflittive ed ulteriore sofferenza.
Forse sarebbe necessario studiare maggiormente gli effetti pratici di alcune leggi, per evitare, ancora una volta, di risolvere un fenomeno di rilevanza sociale ed economica come l’immigrazione facendo ricorso al carcere».

 Marco Leone , responsabile dell’ufficio stampa del garante del Lazio

Caso Cucchi: medici indagati, reintegrati

30 novembre 2009 Lascia un commento

«Abbandono terapeutico». Messi sotto inchiesta per omicidio colposo
Reintegrati i medici indagati per la morte di Stefano Cucchi

di Paolo Persichetti, Liberazione 1 dicembre 2009

Sono stati reintegrati nel reparto penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini i tre medici indagati per omicidio colposo dopo la morte di Stefano Cucchi. Eppure quanto è trapelato dagli accertamenti medico-legali sul corpo riesumato del giovane, deceduto il 22 ottobre scorso all’interno della struttura ospedaliera dopo una settimana di agonia seguita ad uno, o più, pestaggi e sevizie violentissime (sul numero esatto, e gli autori delle percosse subite, ancora oggi permane l’incertezza), confermerebbe le responsabilità dei sanitari nella sua morte. Il blocco della vescica riscontrato su Stefano Cucchi sarebbe, infatti, compatibile con la paralisi dell’ultimo tratto della colonna vertebrale.

Stefano Cucchi

Mentre le lesioni alla schiena e alla testa, seppur serie, non sarebbero state letali se adeguatamente curate. Insomma tutto lascia seriamente supporre che nei confronti di Cucchi vi sia stato un «abbandono terapeutico», una situazione di lassismo e incuria, una sottovalutazione grave e colposa delle sue condizioni di salute e delle cause che le avevano originate. Nonostante ciò, l’indagine amministrativa interna condotta da una commissione, apparentemente composta da personale della medesima Asl, ha sbrigativamente liquidato l’accaduto come «un evento non prevedibile». Nella relazione depositata ieri, si può leggere che l’analisi dei fatti, a fronte del «carattere improvviso e inatteso del decesso, non ha messo in luce, sul piano organizzativo e procedurale, alcun particolare elemento relativo ad azioni e/o omissioni da parte del personale sanitario con nesso diretto causa-effetto con l’evento avverso in questione. Contestualizza e configura pertanto l’oggetto dell’indagine sotto il profilo di evento non prevenibile». Per questo motivo Il direttore generale dell’Asl RmB, Flori Degrassi, ha disposto la revoca dell’ordine di trasferimento, preso in via provvisoria il 18 novembre scorso, nei confronti di Aldo Fierro, Stefania Corbi e Rosita Caponetti. La diffusione della notizia ha subito suscitato sconcerto e raccolto i commenti negativi del lagale della famiglia, Fabio Anselmo, di Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone, e di Luigi Nieri, assessore al Bilancio della regione Lazio, che ha censurato una «decisione affrettata e profondamente sbagliata», rilevando come sia piuttosto inusuale «che la Asl concluda la propria inchiesta amministrativa prima di quella penale».
La decisione presa dalle strutture dirigenti dell’ospedale Pertini non si discosta molto da quello spirito corporativo che ha fino ad ora caratterizzato il comportamento di tutti gli altri attori coinvolti in questo terribile esempio di violenza istituzionale.

Stefano Cucchi dopo l’arresto

Chiusura a riccio e omertà d’apparato in difesa di una impunità di principio che vorrebbe imporre l’idea della insindacabilità dell’operato di chi agisce in uniforme di Stato. Un atteggiamento viziato da una visione autoreferenziale della legalità e della morale. Alcuni apparati molto potenti non hanno mai accettato di essere messi sul banco dei sospetti e fin dall’inizio hanno operato nell’ombra, mettendo le briglie a un’inchiesta che altrimenti rischiava di mostrare il «re nudo». Mentre negli ultimi giorni nuove testimonianze di detenuti, presenti nell’infermeria di Regina Coeli con Stefano Cucchi, hanno riaperto scenari su violenze precedenti l’arrivo in tribunale, che la procura ha sempre evitato di approfondire ritenendoli privi di riscontri (ma l’inchiesta serve per trovare eventuali riscontri, non per escluderli a priori), da parte degli indagati emerge una nuova strategia. Non più scarica barile tra penitenziaria e carabinieri, ma fuoco concentrico sulla figura di Cucchi, dipinto come uno che entrava e usciva dal pronto soccorso degli ospedali. Un modo per dire che era già «rotto» prima di essere arrestato. E come se non bastasse, vengono diffuse minacce a mezzo stampa facendo circolare notizie sull’apertura di una inchiesta contro i legali della famiglia Cucchi per calunnia nei confronti dei carabinieri. Un modo per dire che gli apparati dello Stato sono santuari intoccabili.

Corteo per Stefano Cucchi

5 novembre 2009 Lascia un commento

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La tragica vicenda di Stefano Cucchi sta sconvolgendo la coscienza civile della nostra città e del paese tutto. Un giovane uomo di 31 anni è stato arrestato dai carabinieri per il possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente e viene riconsegnato morto alla famiglia dopo un calvario di sei giorni trascorso tra una camera di sicurezza dell’Arma, il carcere di Regina Coeli e il reparto per detenuti dell’ospedale Pertini. Sul suo corpo gli evidenti segni di un brutale pestaggio, reso di pubblico dominio dalla coraggiosa decisione della famiglia di consegnare alla stampa le foto che documentano l’accaduto. Tanti sono ancora i lati oscuri della vicenda, tanta la voglia di verità e giustizia che sta spingendo alla mobilitazione e alla presa di parola molte persone preoccupate della svolta autoritaria che sta prendendo questo paese.

Purtroppo la storia terribile di Stefano Cucchi è solo la punta di un iceberg. Chi vive quotidianamente il disagio sociale di questa città sa bene che non si tratta di un caso isolato. L’uso della violenza contro le persone sottoposte a provvedimenti restrittivi è cosa comune, una “prassi” consolidata perpetrata contro soggetti deboli, lontana dai riflettori dei mass media, ignorata da un opinione pubblica in questi anni incattivita dalla retorica della sicurezza e della legalità. Come è ormai data per scontata l’impunità per coloro che, forti di una divisa e dell’appoggio senza remore del potere costituito, si permettono di tutto.
In questi giorni stanno venendo alla luce un’infinità di episodi tragicamente simili a quello che ha spezzato la vita di Stefano, episodi che richiamano alla memoria i nomi di Federico Aldrovandi, di Aldo Bianzino e dei tanti che sono incappati nella violenza istituzionale ma che non sono assurti agli onori delle cronache perché privi di una famiglia coraggiosa alle spalle, di buoni avvocati, di giornalisti sensibili, di comitati attivi nel perseguire un percorso di verità. E tante sono le storie di persone che sono rimaste in silenzio perché sole, spaventate, minacciate.

E’ ora di dire basta. E’ ora di dire mai più violenza sulle persone detenute; mai più violenza nelle caserme, nei commissariati, nelle carceri, nei CIE.
E’ anche ora di dire basta all’anonimato di cui godono le forze dell’ordine nello svolgimento del loro servizio, una circostanza che garantisce loro l’impunità nella stragrande maggiorana dei casi.
Ma è anche ora di dire con chiarezza che esistono delle leggi in questo paese che costringono alla detenzione persone che hanno l’unica colpa di essere in possesso di modiche quantità di sostanze stupefacenti: la legge Fini-Giovanardi sulle droghe, la legge Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza, strumenti normativi che non fanno altro che riempire le carceri. Provvedimenti legislativi che riducono le criticità sociali a mera questione di ordine pubblico Tutto ciò si verifica in un contesto che non esitiamo a definire di deriva autoritaria e che vede il progressivo restringimento degli spazi di libertà.

Questa ennesima vita spezzata deve trovare la coscienza civile di questa città e di questo paese attenta e vigile. E’ per tutti questi motivi che invitiamo tutte e tutti quelli che non rinunciano ad esercitare la loro coscienza critica, a manifestare nelle strade del quartiere di Stefano, Tor Pignattara. Per esprimere la massima solidarietà alla famiglia, per rivendicare verità e giustizia per Stefano Cucchi e per tutte le persone che subiscono quotidianamente la violenza istituzionale.

SABATO 7 NOVEMBRE 2009
ORE 15 CORTEO CITTADINO A TOR PIGNATTARA
CONCENTRAMENTO A VIA DELL’ACQUEDOTTO ALESSANDRINO ANGOLO VIA DI TORPIGNATTARA

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