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Diana uccide gli stupratori: W DIANA!
Iniziamo direttamente dalle sue parole, le parole di Diana La Cazadora de Choferes ( Diana, la vendicatrice di autisti) giunte come rivendicazione delle sue gesta al giornale messicano La Polaka.
“Pensano che poiché siamo donne siamo deboli e abbiamo bisogno di lavorare fino a tarda notte per mantenere le nostre famiglie non possiamo far altro che tacere questi atti che ci riempiono di rabbia; le mie compagne hanno sofferto in silenzio, ma non possiamo tacere di più, siamo state vittime di violenze sessuali da parte dei conducenti che coprono il turno di notte qui a Juárez e nessuno difende o fa nulla per proteggerci, quindi io sono uno strumento per vendicare diverse donne che apparentemente siamo deboli per la società, ma non lo siamo veramente, noi siamo coraggiose e noi ci faremo rispettare per mano nostra. Le donne di Juarez sono forti”.
Diana, questo il nome che si è scelta per firmare le sue azioni , è una donna dai lunghi capelli biondi e dalla gonna scura, questo è quello che sappiamo. E sappiamo che è già definita una “serial killer”, e che si aggira nella città che ha il più alto tasso di stupri e assassinii di donne al mondo (proprio un bel primato): Ciudad Juarez, centro operaio messicano a pochi kilometri dal confine statunitense.
Una cittadina dove appunto le donne sono preda di stupri continui soprattutto durante gli spostamenti per recarsi nei centri industriali, fuori dalla città, e son quindi i camionisti e autisti delle corriere le categorie più accusate delle continue violenze sessuali.
Per ora i morti son due: Roberto Flores Carrera, autista di corriera di 45, morto con un colpo alla testa e
Freddy Zarate, stessa età, stesso mestiere e stesso colpo in testa.
Le poche e chiare righe di Diana ci raccontano le motivazioni di queste due morti,
e ci fanno pensare/sperare che proseguirà nel suo lavoro,
alla faccia del “se non ora quando”.
10, 100, 1000 DIANA!
Scontri tra bande in un carcere messicano
Messico: scontri nel carcere di Ciudad Juárez, decine di vittime
di Valentina Perniciaro, da Internationalia.net
5 marzo 2009
Erano stati quattro giorni di calma a Ciudad Juárez: dall’arrivo di 5000 tra poliziotti e soldati impegnati a rafforzare la lotta contro la criminalità organizzata in una delle città col più alto tasso di criminalità
organizzata del Messico, non si era registrato nessuno morto. Fino a mercoledì quando, secondo fonti del governo dello stato di Chihuahua, è scoppiata una rissa nel carcere della città tra due bande locali, i Los Atzecas e i Mexicles y los Artistas Asesinos, entrambe impegnate nel contrabbando di droga e armi in città e all’interno del penitenziario.
Un prigioniero ha raccontato che alcune delle 20 vittime registrate (tutti detenuti) sono state lanciate dal secondo piano, quello dell’infermeria, dalla banda rivale senza che si potessero difendere. Gli scontri si sono conclusi, dopo sei ore, con l’intervento di 400 militari che hanno attaccato il penitenziario facendovi irruzione con l’aiuto di due elicotteri e un fitto lancio di lacrimogeni. L’esplosione di questa rissa è coincisa con l’annuncio che i militari assumeranno i principali incarichi di pattugliamento, pubblica sicurezza e controllo del transito verso la frontiera con gli Stati Uniti. Modifiche che rientrano in un progetto pilota ordinato dal governo messicano in corso di attuazione per la prima volta proprio a Ciudad Juárez, città più pericolosa del Messico del nord, anche per la sua posizione geografica (è di fronte alla texana El Paso) che l’ha trasformata in fulcro del percorso degli stupefacenti verso gli Stati Uniti, dove si registrano in media sei morti violente al giorno.
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