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In ricordo di Pietro Mirabelli, minatore calabrese

2 dicembre 2010 Lascia un commento

Teatro Corsini Barberino di Mugello (FI)
7 dicembre 2010 ore 21.00
In ricordo di Pietro Mirabelli, minatore calabrese
ore 21.00
CATALYST

LAVORO DA MORIRE
spettacolo scritto e diretto da Riccardo Rombi
con Jacopo Gori
ore 22.15
VIDEOINTERVISTA
a PIETRO MIRABELLI

memoria, futuro, impegno

Lo scorso 22 settembre è morto sul lavoro Pietro Mirabelli, un operaio, un minatore. Stava costruendo, per conto di una ditta italiana, quello che sarà un primato mondiale: il progetto Alptransit del San Gottardo, la galleria più lunga del mondo. Pietro Mirabelli e’ stato un delegato RSURLS della FILLEA CGIL, addetto alla formazione e al controllo della sicurezza nei cantieri e aveva più di trenta anni di esperienza. Lavorando per il consorzio CAVET, era stato per oltre dieci anni sul fronte di scavo della costruzione dei tunnel dei Treni ad Alta Velocità che passano sotto il Mugello e collegano Bologna a Firenze e prima di patire per la Svizzera, anche nei cantieri della Variante di Valico con la ditta TOTO. Negli anni che ha trascorso in Toscana, Pietro ha lottato con tutte le sue forze contro turni di lavoro a ciclo continuo che davano pochissima tregua ai lavoratori spesso scontrandosi anche con i sindacati e con la politica. La sua forza stava nel trascinarsi dietro persone tanto diverse tra loro, come scrittrici e scrittori, giornalisti, registi, studenti, ricercatori universitari, lavoratori di altri settori, perfino comitati e associazioni per la tutela dell’ambiente. Pietro ha rappresentato e rappresenta l’ uomo di un Sud che non vuole perdere la speranza, ma anche di un’Italia che vuole ritrovare negli esempi di uomini semplici e giusti dei modelli a cui guardare senza paura, capaci di unire i cittadini nel nome della dignità del lavoro e del coraggio per difendere i diritti dei lavoratori.
Per tutto questo il 7 dicembre 2010 lo ricordiamo in una serata al teatro di Barberino di Mugello, paese dove avrebbe voluto abitare.

Una storia per unirne tante: “Questa non è la mia storia. E’ anche la mia storia, ma è la storia di tutti quelli che fanno la vita che faccio io…”.
È la voce di Pietro
Mirabelli nei quindici minuti della video intervista che verrà proiettata, dopo lo spettacolo “Lavoro da morire” testo e regia di Riccardo Rombi, con Jacopo Gori. Durante la serata sarà lanciata una raccolta firme per una lettera da inviare al Presidente della Repubblica, nella quale, oltre a raccontare la
storia di Pietro e delle sue lotte, si chiederà a Napolitano una pubblica presa di posizione che riconosca l’impegno di Pietro in nome della sicurezza sui posti di lavoro.
Ingresso: 8 euro (studenti e disoccupati 5 euro). L’incasso sarà devoluto in un fondo a memoria di Pietro Mirabelli per azioni e studi per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Info: Teatro Corsini 055/ 841237 055/ 331449. www.pietromirabelli.it
QUI IL POST CHE QUESTO BLOG HA DEDICATO A PIETRO IL GIORNO DELLA SUA MORTE

E’ morto Pietro Mirabelli, sul lavoro.

22 settembre 2010 12 commenti

Sono Pietro Mirabelli, operaio della TAV e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). Da dodici anni sono presente sul cantiere del Cavet (Consorzio Alta Velocità Emilia e Toscana) l’impresa che ha vinto l’appalto per la realizzazione del tratto che permetterà di collegare Bologna a Firenze. In questi anni ho visto decine e decine di operai infortunarsi, diventare invalidi e morire. Manca poco alla fine della realizzazione. Molti uomini e donne saliranno sui treni e non immagineranno quanto sangue è stato versato, quante madri hanno pianto per i loro figli e quante mogli sono rimaste sole. L’attenzione sugli infortuni sul lavoro è forte quando ci sono incidenti nei luoghi di lavoro, se ne parla una settimana, e poi tutto viene messo nel conservatorio della dimenticanza. Ma ogni giorno muoiono lavoratori in aziende sconosciute, nell’edilizia, nell’agricoltura. Poi, quando accadono ad esempio stragi come quella di Torino, allora qualcuno se ne occupa. In uno dei tanti incidenti avvenuto nella realtà dove lavoro, ci fu un infortunio mortale nel tratto emiliano. Sull’articolo di giornale non ne è stato riportato nemmeno il nome. Il problema principale non lo affronta nessuno. Sulle procedure di sicurezze presenti sui piani operativi di sicurezza (POS) c’è scritto ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Un lavoratore consapevole del rischio che va ad affrontare, volendo potrebbe rifiutarsi di eseguire un incarico pericoloso. Ma a pericolo identificato si pensa alla famiglia, non si vuole mettere a rischio il posto di lavoro considerando quanto è difficile oggi trovarne uno. L’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi nella trasmissione di Fazio “Che tempo che fa”, ricordò il collegamento veloce fra Bologna-Firenze sottolineando 17 gallerie. Non un accenno ai lavoratori che hanno lasciato la vita per dare la possibilità a tutti gli italiani di accorciare le distanze. Pasqualino Giordano, 20 anni, è morto al primo giorno di lavoro, vogliamo ricordarlo? Io mi sento parte fondamentale della nostra società. Oggi però, televisione e giornali parlano dell’Isola dei famosi, mentre noi lavoriamo nel sottosuolo, dove il pericolo può arrivare da qualsiasi parte: dall’alto, dal basso, da destra e da sinistra. Ci sono macchine in movimento, esplosione di mine, fango, ecc. Un RLS o un RSU dovrebbe essere presente per ogni squadra. A volte i preposti alla sorveglianza o sono poco formati, o sono parenti dei datori di lavoro. Cosa significa? Se venisse riscontrata una situazione di rischio non si può fermare subito la produzione, si va avanti piano, piano cercando di fare attenzione. Si deve sempre sperare che non succeda niente. Quando ci vengono consegnati gli ordini di servizio,li firmiamo per ricevuta consegna. Poi ci viene data una mascherina antipolvere, un elmetto, guanti e tute ad alta visibilità. Oggi facciamo un corso su come utilizzare quanto ci viene fornito, ma solo dopo pressioni fatte dai RLS e RSU. Mi domando se queste protezioni siano sufficienti. Mio padre era minatore come me, l’ho visto ammalarsi di silicosi, l’ho visto spegnersi giorno dopo giorno all’età di 70 anni, un’agonia lenta. Io sono calabrese, della provincia di Crotone, dalle nostre parti non c’è occupazione. Metà del mio paese lavora nelle galleria. Un lavoro che non vuole fare più nessuno ed è comprensibile. Un lavoro usurante. Nel cantiere non è presente solo la ditta Cavet, alcuni lavori sono stati subappaltati. Ci sono più squadre che lavorano insieme. Io mi sono trovato a fare sopralluoghi per la sicurezza, dove c’erano squadre di piccole aziende subappaltatrici e non venivano rispettate le norme di sicurezza. Inoltre non c’è solo un problema di coordinamento fra squadre di operai che non si conoscono, ma anche di lingua. Perché ci sono molti extracomunitari, secondo me sfruttati perché li ho visti lavorare anche per 12/13 ore per turno.Spesso non conoscono i loro diritti. Io nella mia esperienza di RLS, ho fatto piccole conquiste, ma è presumibile che il pericolo non finisca una volta che il consorzio Cavet riconsegnerà il lavoro terminato. Il Cavet ha capito l’esigenza di fare corsi, anche se di poche ore, sulla sicurezza e sulla formazione. Mi consola l’idea di aver insegnato a qualcuno l’importanza del rispetto delle leggi per la sicurezza di noi operai. Purtroppo l’applicazione delle norme è fondamentale e i sindacati devono impegnarsi. Noi operai non solo siamo dimenticati presto, ma neanche ci viene data giustizia. Nel 2001 l’operaio Pasquale Adamo perse la vita mentre stava perforando il monte Morello con l’ausilio di uno speciale macchinario. Il suo giubbotto si è impigliato nella trivella, lo ha avvolto e stritolato. La condanna per i responsabili è stata una multa. Non si può pagare una multa per una vita umana. Non è possibile che per omicidio colposo il massimo della pena siano 5 anni. Proviamo a pensare che il nostro lavoro non è stato scelto per piacere, ma perché non c’era alternativa. Quando un giovane laureato del mio paese si trova in un cantiere a fare una mansione obbligata da questa società, dove solo i figli dei ministri devono fare i consulenti, possiamo pensare che lavora in uno stato di malessere? L’Italia paga milioni di euro a causa di infortuni sul lavoro. Più sicurezza e denunce rappresenterebbero, non solo un costo inferiore per lo Stato, ma anche un beneficio sulla qualità produttiva.” DAL LIBRO “MORTI BIANCHE”

Troppo doloroso leggere queste righe, immaginare quest’uomo mentre le scrive o le dice e immaginarlo ora,
che proprio sul lavoro è morto.
Un operaio, un minatore, uno che bucava le montagne e aveva sempre avuto il pallino della sicurezza, uno che non è mai stato zitto.
Pietro Mirabelli è morto sotto un masso che si è staccato e l’ha schiacciato: Pietro, che sempre s’è mobilitato per i diritti e la sicurezza sul lavoro, è morto, è stato assassinato proprio mentre lavorava, in Svizzera.

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