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Il 20 dicembre “SALTA IL TORNELLO”: manifestazione per il diritto alla mobilità
Dopo i grandi scioperi in altre città italiane, anche Roma scende in piazza per il diritto alla mobilità,
Roma con la sua azienda ATAC, che ha avuto il coraggio di incassare 70 milioni d’euro l’anno illegalmente stampando biglietti falsi.
Una vergogna totale, che si aggiunge ai costanti tentativi di privatizzare le aziende municipalizzate, e al grande affare delle assunzioni di manager durante la fruttuosa era Alemanno…

foto di @indipendentieu
IL 20 dicembre, oltre a partecipare alla manifestazione, ricordati di saltare il tornello!
Qui sotto il comunicato:
Le manifestazioni e gli scioperi decisivi del trasporto pubblico locale di Genova, Firenze, Livorno, Pisa e tante altre città, ci confermano che è in atto un preciso piano di spacchettamento e privatizzazione delle aziende municipalizzate. L’accordo firmato a Genova non è che una conferma. Si sperpera per anni il patrimonio pubblico e poi, quando il servizio diventa ingestibile visto il default, si convince la cittadinanza che la privatizzazione è l’unica speranza di avere un servizio essenziale. Parallelamente si mettono a tacere le storie, sempre uguali, di sprechi, consulenze esose, manager strapagati.Come lavoratori e cittadini che si preoccupano della cosa pubblica, guardiamo con interesse il dibattito di gran moda in questi giorni sul futuro dell’Atac, “l’opera di rigorosa ristrutturazione della spesa e riordino delle società municipalizzate” che tutti reclamano a gran voce in questi mesi non è stata neanche presa in considerazione. Il Sindaco ha parlato di una moralizzazione dell’Atac innescata dal momento del suo ingresso in Campidoglio. Peccato che nessuno se ne sia accorto. Ci si aspettava un segnale di discontinuità col passato attraverso l’emarginazione dei personaggi collusi con le precedenti gestioni e una presa di posizione chiara a favore dei lavoratori che vedono peggiorare le condizioni del loro lavoro. Ricordiamo di aver visto in questi lunghi anni una continuità nella mala gestione (Rutelli, Veltroni e infine Alemanno), esclusivamente attribuibile alla politiche di precarizzazione dei lavoratori ed un peggioramento del diritto ad una mobilità accessibile, efficiente e sostenibile. Il trasporto pubblico è da anni in totale default di diritti per i lavoratori e di servizi per gli utenti. Siamo stremati dagli straordinari obbligatori, dal traffico, dai cantieri eterni, dagli scandali, dagli sprechi di risorse pubbliche, dall’aumento del titolo di viaggio a fronte dal servizio pessimo che viene fornito. Il diritto alla mobilità per centinaia di migliaia di pendolari non è neanche minimamente garantito.
Il debito Atac (1,6mld) non si misura con le inefficienze dei lavoratori o con il mancato pagamento dei biglietti come ci vogliono far credere, ma con i 70 milioni di biglietti falsi l’anno prodotti proprio dalle tipografie interne all’Atac che andavo a rimpinguare le casse dei partiti, dalla parentopoli di Alemanno, dagli stipendi d’oro dei suoi dirigenti, dagli appalti gonfiati e dal taglio dei finanziamenti pubblici date dalla “spending review” negli ultimi governi multicolore.
Riteniamo necessario aprire anche a Roma una mobilitazione che discuta del problema del mantenimento di un Atac pubblica, contro le ruberie della politica e degli eventuali privati come già avvenuto a Firenze. Vogliamo discutere di un diritto ad una mobilità efficiente e garantita per tutti.
L’alleanza dei lavoratori del trasporto pubblico con i cittadini è l’unica soluzione vincente, per mettere con le spalle al muro l’amministrazione comunale e per dare uno slancio maggiore per la preparazione del corteo nazionale di Gennaio proposto dagli autoferrotranvieri di tutta Italia.Le reti sociali dell’acqua, rifiuti, energia, casa, scuola, sanità, che pongono nella quotidianità la discriminante “del pubblico contro il privato”, sono gli altri interlocutori privilegiati di questa grande battaglia per il benessere collettivo.
Per questi motivi diamo appuntamento a tutti i cittadini, gli utenti, i comitati di pendolari, i lavoratori dell’Atac e delle aziende esternalizzate alla manifestazione che si svolgerà il 20 dicembre dal Colosseo al Campidoglio. Siamo arrivati al capolinea, vogliamo che siano presi immediatamente provvedimenti in merito:– No alle privatizzazioni del servizio pubblico
– Riqualificazione e potenziamento del servizio offerto alla cittadinanza
– 1000 assunzioni subito per un servizio che non si regga sugli straordinari di chi lavora
– Stabilizzazione dei lavoratori interinali chiamati solo nei periodi di maggiore necessità
– Pagamento di tutti gli arretrati agli autoferrotranvieri
– Razionalizzazione delle risorse aziendali, la riduzione delle posizioni amministrative e dei benefit ad personam e l’azzeramento degli attuali vertici aziendali
– Ricollocazione delle figure improduttive in posizioni operative, così da colmare la carenza di personale attivo
– Revisione delle procedure di appalto per una riduzione degli sprechi e una maggiore trasparenza
– Accesso alla mobilità per tutti, differenziazione del titolo di viaggio, un percorso di agevolazione meno burocratizzato e accesso gratuito per gli studenti (anche non residenti), i disoccupati e precari eliminando le tessere di libera circolazione elargite come bonus elettorali20 DICEMBRE MANIFESTAZIONE DAL COLOSSEO AL CAMPIDOGLIO ORE 17
lavoratori ed utenti Atac contro le privatizzazioni e per il diritto alla mobilità
Leggi: Atac Roma: non ti paghiamo
Sciopero selvaggio dei trasporti a Genova, della logistica a Bologna: odor di lotta di classe?
Quando uno sciopero selvaggio va avanti 4 giorni inizia a spaventare.
E’ proprio il concetto di “sciopero selvaggio” che già sbaraglia la realtà padronale, la fa tornare indietro trent’anni,
lascia nell’aria delle città quel profumo di secolo scorso di cui tanto si ha bisogno,
almeno nelle lotte.
I lavoratori del trasporto pubblico della città di Genova ci stanno dando una lezione incredibile nella loro lotta contro la privatizzazione,
ci stanno rispiegando la “lotta di classe”, hanno tolto strati e strati di polvere e ragnatele a parole ormai rimosse, a partire appunto da “sciopero selvaggio” …
per domani è confermato il 5° giorno di sciopero per tutte le 24 ore.
AVANTI COSI!
Da Infoaut:
Una risposta situata e dal basso all’ansia privatizzatrice: una lotta che può vincere!
IV giorno di mobilitazione: oggi verso La Regione, domani per le vie della città.
La battaglia iniziata a Genova dai dipendenti dell’Amt ha un ché di esemplare: per i nodi politici e sociali che investe, per come polarizza gli attori sociali, per la linea di demarcazione che traccia tra chi sta al di qua e al di là della barricata, per come sbugiarda la politica istituzionale e le sue politiche di cortissimo respiro, per come arriva a porre la questione di un bene comune (il diritto alla mobilità per tutti) in termini concreti e non meramente legislativo-formali. Il tutto non a partire da supposti interessi generali (che sono quelli cui si appella il sindaco in quota Sel Doria) ma dalla difesa di un interesse molto parziale qual è il diritto ad un salario (cioè alla sopravvivenza) dei lavoratori del comparto trasporti pubblici genovesi.
E’ una vicenda in cui sembrano riecheggiare temi e toni dei grandi scioperi francesi dell’autunno-inverno 1995. Come allora la lotta sembra travalicare il confine chiuso della difesa del posto di lavoro per porsi come battaglia più generale per un diritto alla città e all’uso delle sue risorse differente da quella che hanno in mente i gestori istituzionali, uguali nelle loro differenze (qui di nuovo Sel mostra la sua assoluta omologazione col PD) nel mettere sempre di fronte a tutto la necessità di “avere i conti in equilibrio”.
Oggi in piazza, con gli autisti sono scesi anche i lavoratori delle altre partecipate, Aster (azienda di manutenzioni) e Amiu, impegnata nella raccolta rifiuti e molt* cittadin* che sentono questa battaglia come propria. E’ un buon primo passo nel deserto che ci circonda, potremmo dire: una prima risposta al nuovo pacchetto di privatizzazioni messo in campo dal governo di larghe intese.Ma quello che questa lotta ci insegna è soprattutto che solo uniti e determinati si può tentare di vincere. Non diciamo “si vince!” perché troppa è ancora l’asimmetria tra le forze in campo… ma almeno questa battaglia sta avendo il merito di mostrare come solo vendendo cara la pelle si può pensare di difendere e ottenere qualcosa. I lavoratori dell’Amt non sono andati al tavolo di trattativa fino a quando questa non ha aperto uno spiraglio di possibilità reale: la trattativa l’hanno imposta con un rapporto di forza costato 4 giorni di blocco totale della mobilità cittadina. Solo allora il “benecomunista” Doria è tornato sui suoi passi..
Nelle ultime assemblee i lavoratori hanno ribadito la volontà di proseguire ad oltranza. Ieri il Sindaco Doria aveva confermato la volontà di mantenere l’azienda pubblica nel 2014, paventando però tagli agli stipendi e contratti di solidarietà, per ripianare i bilanci e svendere Amt nel 2015. Oggi si rimangia tutto e apre un tavolo di trattativa in Prefettura alle 17.30.
Vedremo come andrà a finire.
Per domani, intanto, resta per ora confermato un presidio itinerante di solidarietà coi lavoratori in lotta.
Avanti Genova!
Nel frattempo domani anche a Bologna ci sarà una manifestazione che già si percepisce imponente, così come la lotta dei facchini è stata dal primo giorno, in tutto il territorio italiano.
Domani a Bologna i facchini incroceranno le braccia; domani il movimento operaio della logistica si da un appuntamento nazionale…
Vi lascio il comunicato e buon viaggio a chi parteciperà alla manifestazione.
Nei magazzini della Logistica il padrone vuole trattarci come schiavi, vogliono che teniamo la testa bassa e la schiena curva, ma abbiamo detto no a tutto questo!
Abbiamo iniziato le lotte nei magazzini con coraggio e senza paura, per la nostra Dignità, stanchi di essere sfruttati e tante volte abbiamo vinto contro i padroni, guadagnando paghe più alte lavori meno duri e cacciato l’arroganza di capi e padroni!
Tutti insieme, stando uniti, siamo una forza che fa paura e che vince contro il sistema dello sfruttamento rappresentato dalle cooperative, dai padroni della logisitica e dalle centrali sindacali vendute che fanno gli interessi dei padroni.
Ci siamo sollevati ribellandoci a tutto questo e loro hanno avuto paura, perchè picchetto dopo picchetto, sciopero dopo sciopero, in tutta Italia siamo cresciuti come movimento e non siamo mai stati soli nella lotta, perchè la solidarietà è arrivata da molti altri che come noi sono sfruttati.
Qua a Bologna ai picchetti, alle nostre assemblee generali, all’interporto durante gli scioperi gli studenti, gli operai degli altri settori, gli universitari, i lavoratori precari e i compagni del Lab Crash! sono stati a bloccare insieme a noi, perchè tutti sentono lo sfruttamento sulla pelle: subiamo il ricatto di affitti alti, di governi che rubano i nostri soldi per regalarli alle banche o ai mafiosi che vogliono costruire la TAV, invece di darle per le scuole, gli ospedali e le case.
Tutti insieme siamo stati a Roma il #19 ottobre, in 70.000 facchini, precari, studenti ad Assediare i palazzi del potere, contro i ministeri complici della crisi e che fanno gli interessi del padrone.
Oggi vogliono toglierci quello che abbiamo conquistato, oggi i padroni vogliono tornare a schiacciarci nei magazzini con il loro tallone di ferro, per questo in molti magazzini provano a rimangiare gli accordi, per questo i lavoratori della Granarolo non sono ancora stati assunti, per questo vogliono spaventarci con denunce e ci minacciano di non dare il permesso di soggiorno.Ma noi non abbiamo paura! Le loro minacce sono parole di istituzioni corrotte lontane dalla gente e non valgono nulla per noi!
Mai ci fermeremo, mai verremo sconfitti fino a che rimaniamo uniti e solidali tra noi, fino a quando avremo vinto ottenendo per tutti gli sfruttati e le sfruttate diritti e dignità!
I padroni, le cooperative, le istituzioni vogliono attaccarci, togliendoci quello che abbiamo conquistato, non permettiamoglielo!
Scendiamo tutti in piazza per far vedere che non abbiamo paura, che non lasciamo soli i nostri compagni lottatori della Granarolo, che tutti insieme siamo una forza e vinceremo!
Il Laboratorio Crash convoca tutta la Bologna in lotta contro l’austerità e la crisi e far sentire la sua forza solidale al fianco dei facchini!
Corteo del movimento operaio della logistica, concentramento a Bologna, sabato 23 novembre, ore 15:00 Piazza Maggiore
SI-Cobas – Laboratorio occupato Crash!
Scioperi? Sospeso! Ecco cosa accade ai lavoratori della logistica a Roma
Leggo questo comunicato e non riesco che ad esprimere la mia totale solidarietà …
il padrone non ha perso un secondo: la sospensione dei lavoratori in lotta dimostra ancor di più quanto lottare è necessario.
Reintegro immediato dei lavoratori!
SOSPESI DOPO SCIOPERO 14 LAVORATORI DELLA LOGISTICA DI ROMA
Venerdì 25 Ottobre all’alba i facchini del Consorzio GESCO CENTRO dei magazzini DHL e TNT di Salone e TNT di Fiano, organizzatisi nel SICOBAS, sono scesi in sciopero per la seconda volta (la terza se si conta lo sciopero nazionale del 18 ottobre) contro il mancato rispetto degli impegni preliminari presi nel primo incontro della trattativa, trattativa aperta grazie appunto al primo sciopero.
Con questi impegni il Consorzio avrebbe dovuto garantire una ripartizione più equa e trasparente delle ore di lavoro e la sospensione di qualunque comportamento intimidatorio.
Gli obiettivi di fondo della vertenza aperta dagli operai sono quelli classici di tutto il settore: rispetto delle tariffe e maggiorazioni previste dal CCNL, pagamento di tutti gli istituti al 100% (ferie, 13ma, 14ma, ecc.), riconoscimento dei livelli e dell’anzianità, e una ripartizione equa delle ore e dei carichi di lavoro.
I lavoratori hanno attuato le forme di protesta in loro diritto per poter rallentare la produzione, riuscendo a provocare il ritardo di una gran parte delle consegne.
Per ridurre gli effetti della lotta dei lavoratori i padroni hanno chiesto l’intervento delle forze dell’ordine, cosa che per altro non ha potuto impedire gravissimi danni alla produzione (oltre 2/3 delle consegne di venerdì 25/10 hanno subito gravi ritardi o addirittura sono state rinviate al giorno dopo).
A fronte di questa determinazione dei lavoratori i padroni (TNT-DHL/Consorzio/Cooperative) hanno pensato bene di sospendere dal servizio 14 operai a via di Salone ( TNT e DHL).Questa operazione repressiva che colpisce i lavoratori per aver rivendicato l’applicazione delle norme previste dal CCNL, oltretutto già di per sé basate su logiche di sfruttamento e precarietà, è una chiara dimostrazione di quale sia il clima che regna da sempre dentro i magazzini dei grandi Corrieri e della logistica in generale.
Se le cooperative del Consorzio GESCO CENTRO insieme a TNT e a DHL pensano di aver risolto il conflitto intimorendo i lavoratori
commettono un grave errore. Al contrario queste iniziative scomposte (e peraltro prive di qualunque fondamento giuridico) non fanno che convincerci una volta di più di aver intrapreso la giusta strada.
Pertanto pretendiamo l’ IMMEDIATO REINTEGRO dei lavoratori sospesi e per realizzare questo obiettivo – che si aggiunge alle ragioni della vertenza – abbiamo già avviato varie iniziative sia di carattere legale, che informativo, che ovviamente di mobilitazione.In ultimo se TNT crede di anticipare con questi provvedimenti la campagna di esuberi nelle filiali e magazzini di tutta Italia, sappia che i lavoratori di Roma saranno sostenuti da tutti i facchini degli appalti TNT dei principali magazzini d’Italia e da tutto il movimento della logistica.
SI COBAS coordinamento di Roma
Assemblea di Supporto ai Lavoratori della Logistica – Roma
Esplode fabbrica di fuochi d’artificio: 4 i morti

Il cielo del pescarese, oggi
I detriti dell’esplosione sono arrivati a più di un km di distanza: anzi, delle tre eplosioni che hanno fatto saltare in aria una fabbrica di fuochi d’artificio Pirotecnica Abruzzese di Mauro Di Giacomo, di Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara. Un boato che si è avvertito in un raggio di 20 km con i primi racconti che descrivono “mezza collina rasa al suolo”.
13.50:
SI RIAGGIORNA IL BILANCIO dell’incidente.
Il solo morto accertato è il figlio del proprietario della fabbrica, di soli 22 anni mentre risultano disperse ancora 4 persone facenti parte dello stesso nucleo familiare e dipendenti della fabbrica.
Il vigile del fuoco che le prime agenzie davano per morto in una successiva esplosione è in gravi condizioni ma in vita, così come son state ritrovate alcune delle persone considerate disperse…
L’ennesima strage sul lavoro, l’ennesima morte annunciata come tutte quelle che avvengono nei luoghi di produzione e sfruttamento. La media è di tre morti al giorno, che escono di casa al mattino per un salario di merda e si ritrovano in una bara: la guerra quotidiana in cui non son compresi tutti quelli che di lavoro muoiono lentamente, intossicati dai veleni usati quotidianamente.
Da Il Centro: “L’azienda è collocata su uno spazio di 25 mila metri quadrati con un totale di 18 ambienti lavorativi.Ecco gli spettacoli realizzati: fuochi aerei; acquatici; piromusicali; pirotecnica di piazza; scritte e disegni. Sul sito dell’azienda l’attenzione alla sicurezza viene sottolineata in più occasioni: «Il nostro primo ingrediente è la sicurezza della nostra azienda e del cliente finale».
Seguiranno aggiornamenti.
Articoli nella categoria Lavoro e assassinii: QUI
Un comunicato da Napoli sul 1° maggio: La rabbia proletaria è più forte delle mistificazioni di questura e Cgil-Cisl-Uil
questa la nostra stampa e il giornalismo in questo paese. Nessuno si è accorto e ha fatto finta di accorgersi dell’enorme piazza di Taranto, il concerto all’ombra dell’Ilva, la fabbrica assassina.
Intanto vi giro questo comunicato, che racconta la piazza napoletana e le solite chiacchiere dei sindacati.
La rabbia proletaria è più forte delle mistificazioni di questura e Cgil-Cisl-UilScriviamo queste precisazioni per rivolgerci – non solo alla stampa che ha dato voce ad una sola campana – ma anche e sopratutto a quei cittadini che erano presenti al concerto ai quali la nostra iniziativa di lotta è stata presentata dai sindacati confederali come una sorta di “agguato teppistico”.La contestazione di oggi al “concerto della concertazione” messo in piedi da Cgil-Cisl-Uil scesi a Bagnoli per sciacallare anche sul disastro di Città della Scienza, ha raggiunto dimensioni di partecipazione che sono andate oltre ogni nostra previsione. Evidentemente, il flop del concertone e il fatto che anche gran parte dei (pochi) presenti a Città della Scienza abbiano solidarizzato attivamente con le ragioni di chi manifestava, a Cgil-Cisl-Uil e questura gli ha dato alla testa!Abbiamo letto su tutti i principali quotidiani online una versione del tutto mistificatoria sui fatti di questo pomeriggio, per cui ci sentiamo in dovere di precisare quanto accaduto e i motivi per cui è accaduto:1) Il corteo di oggi pomeriggio, che la questura definisce “pacifico e senza tensioni”, è stato tale solo grazie al senso di responsabilità dei manifestanti. In più occasioni, infatti, le “forze dell’ordine” hanno provocato i manifestanti, cercando lo scontro: ciò sia all’inizio della manifestazione, quando un nutrito gruppo di agenti in assetto antisommossa è penetrato all’interno del corteo cercando di spaccarlo, sia all’altezza del mercatino rionale di Bagnoli, quando un cordone di poliziotti e di agenti della digos hanno prima costretto il corteo a fermarsi disponendosi davanti allo striscione di apertura, poi, una volta ripresa la manifestazione, un agente della digos ha manganellato a freddo un compagno che manteneva lo striscione solo perché il corteo aveva superato di pochi metri il punto in cui doveva svoltare come previsto da comunicazione.Dunque, se la giornata è iniziata in maniera “tesa”, la responsabilità di ciò è solo delle forze dell’ordine, le quali evidentemente vedono come fumo negli occhi la nascita di percorsi di lotta unitari tra operai, studenti, precari e disoccupati, e cercano di schiacciarli sul nascere.
2) Riguardo all'”inaudita violenza” denunciata da Anna Rea della Uil a Città della Scienza: come fatto rilevare anche da qualche testata online “non allineata”, gli scontri sono stati provocati deliberatamente dei vertici dei confederali ben prima degli episodi ripresi in diretta dal TG3, ovvero quando alle 17.30 circa tre compagni del comitato cassintegrati e licenziati Fiat si sono recati in maniera pacifica sotto al palco chiedendo agli organizzatori di intervenire per far luce sulla loro drammatica condizione e sull’imminente scadenza della cassa integrazione in deroga per migliaia di lavoratori della Fiat e dell’indotto. I tre operai licenziati sono stati prima etichettati come facinorosi da chi, come i vertici confederali, non sanno neanche cosa sia il lavoro di fabbrica e la catena di montaggio, e poi sono stati inspiegabilmente consegnati alla Digos che li ha in malo modo cacciati da Città della Scienza. Solo allora – a seguito di una tale provocazione perpetrata contro degli operai nel giorno che dovrebbe dar voce proprio ai lavoratori – i partecipanti alla manifestazione autorganizzata hanno deciso di recarsi in massa a Città della Scienza per rivendicare il sacrosanto diritto di parola per chi sta pagando il costo maggiore della crisi e delle politiche di massacro sociale – rese operative con l’avallo proprio di Cgil, Cisl e Uil. Per giunta mentre molti di noi si recavano nei pressi del concerto, altri compagni sono stati preventivamente fermati e invitati ad allontanarsi da Via Coroglio…come se lì si stesse tenendo un G8 e non un concerto “in nome dei diritti del lavoro”. Questa e non altra è stata la causa scatenante la rabbia materializzatasi sotto al palco quando era già del tutto evidente la volontà di Cgil, Cisl e Uil di sottrarsi a qualsiasi forma di dialogo.3) Dopo i primi momenti di tensione sembrava essere stato raggiunto un accordo secondo il quale un lavoratore dell’Irisbus e un licenziato Fiat avrebbero potuto brevemente prendere la parola durante il concerto e infatti due lavoratori in rappresentanza di queste vertenze insieme ad un portavoce del neonato “Comitato Bonifichiamo Bagnoli” erano stati già condotti oltre le transenne ai piedi del palco. In cambio ci è stato chiesto di arretrare di alcuni metri per facilitare un clima di distensione e come si può verificare anche da numerosi video i circa 200 manifestanti sono effettivamente arretrati creando uno spazio di alcuni metri tra essi e i cordoni delle forze dell’ordine.
Questo c’è stato chiesto e questo abbiamo fatto, contrariamente alle dichiarazioni false e mistificanti rilasciate alla stampa da Anna Rea, la quale farnetica di un inesistente e mai richiestoci accordo secondo il quale gli interventi sarebbero stati possibili solo qualora avessimo lasciato Città della Scienza. Non ci è mai stato richiesto di dialogare a differenza di quanto afferma Anna Rea: l’unico dialogo è stato quello tra i confederali e le forze dell’ordine che essi hanno aizzato contro i manifestanti.4) Quando la situazione era del tutto normalizzata e attendevamo solo l’intervento dei lavoratori e del Comitato – così come ci era stato promesso – inspiegabilmente e senza motivo si è scatenata la violenza delle forze del disordine guidate dagli esponenti dei sindacati concertativi: Marco Cusano che era già nei pressi del palco per intervenire a nome dei casseintegrati Fiat è stato spintonato e scaraventato a terra da un agente della Digos senza alcun motivo; negli stessi istanti un media-attivista, mentre filmava gli episodi, notando che la polizia tentava di prelevare a freddo un compagno per portarlo in Questura, nel tentativo di dissuadere il fermo è stato brutalmente e ripetutamente colpito alla testa con manganellate e pugni.5) Per più di un’ora abbiamo assistito inermi allo spettacolo indecoroso dei delegati Fiat e Irisbus che venivamo sistematicamente fatti entrare per poi riuscire dalle file del cordone di polizia senza un motivo per poi – al termine di questa sceneneggiata – apprendere che non gli sarebbe stata data la parola. Abbiamo così deciso di improvvisare un assemblea a microfono aperto con l’unico strumento che avevamo a disposizione (un megafono) ed è stato durante quei frangenti che abbiamo appreso che gran parte degli spettatori del concerto si era resa perfettamente conto delle nostre ragioni e solidarizzava apertamente con la nostra iniziativa, condannando ripetutamente la blindatura autoritaria dei sindacati confederali – Cgil, Cisl e Uil.Abbiamo dimostrato con la lotta e la determinazione che è possibile una reale partecipazione ed un effettivo protagonismo dei lavoratori e di tutti coloro che pagano sulla propria pelle le politiche di austerity solo oltrepassando le regole della loro “democrazia”, che vorrebbe milioni di persone relegate al semplice ruolo di spettatori passivi di feste, festicciole e passerelle politico-istituzionali oppure depositatori di una qualche scheda elettorale in un urna ogni 5 anni.La lotta paga e la dimostrazione più evidente di ciò è stato il fatto che siamo entrati in 200 a Città della Scienza e siamo usciti più che raddoppiati, mentre il “concerto della concertazione” – promosso dai sindacati che hanno affossato negli ultimi 20 anni i diritti dei proletari -quando siamo entrati era già semi – vuoto (rispetto le loro oceaniche previsioni) ed era pressocché deserto quando ce ne siamo andati.A dispetto delle loro mistificazioni i fatti hanno la testa dura!Ci vogliono disperati e rabbiosi, ci avranno coscienti ed organizzati!Per tali motivi, invitiamo tutti alla conferenza stampa che si terrà Giovedi 2 Maggio alle ore 11:00 (Via Enea 19a – Bagnoli)Laboratorio Politico Iskralaboratoriopoliticoiskra@info.orgFacebook: Iskra Area Flegrea
Le responsabilità delle briciole di Dacca

Tra le macerie di Dacca, il marchio Benetton

“Il Gruppo Benetton intende chiarire che nessuna delle società coinvolte è fornitrice di Benetton Group o uno qualsiasi dei suoi marchi. Oltre a ciò, un ordine è stato completato e spedito da uno dei produttori coinvolti diverse settimane prima dell’incidente. Da allora, questo subappaltatore è stato rimosso dalla nostra lista dei fornitori“: una prima mezza ammissione.
Stiamo solo parlando della morte di “almeno” 381 operai: nell’articolo di Marco Quarantelli, uscito sul Fatto Quotidiano (e che potete leggere qui) c’è una lunga lista di aziende italiane che hanno molto a che fare con lo sbriciolamento di un palazzo di otto piano, in Bangladesh, posto di lavoro di centinaia di persone.
Ovviamente c’è la gara di smentite e mani di padroni che provano a lavarsi il sangue da dosso:
“Riguardo alle tragiche notizie che provengono dal Bangladesh Benetton Group si trova costretta a precisare che (…) i laboratori coinvolti nel crollo del palazzo di Dacca non collaborano in alcun modo con i marchi del gruppo Benetton”. (24 aprile 2013)
I manganelli di Ikea si trasformano in lettere di licenziamento
Quel che sta succedendo a Piacenza ai lavoratori IKEA che hanno azzardato una mobilitazione per denunciare le loro condizioni lavorative è sconcertante.
Oltre ai manganelli, alle botte, ai feriti, alle denunce,
ora a casa: licenziamento per 107 lavoratori.
Qui potete vedere il volantino che verrà distribuito oggi in molte città, in cui si chiederà solidarietà e partecipazione a tutti i clienti Ikea.
Solidarietà di classe: cerchiamo di riscoprirla, di alimentarla, di innamorarcene.
Poi per chi ha siti, blog, social network vari ci sono molti banner e fotografie da condividere sulle proprie pagine: la maggiorparte sono molto divertenti e rendono possibile un passa-parola che in questi casi è necessario.
Boikotta Ikea, porta solidarietà ai lavoratori in mobilitazione,
Diffondi il materiale che stanno producendo,
SABATO 10 NOVEMBRE
– Napoli: ore 16:00 presso l’ingresso dell’IKEA di Afragola
– Firenze: ore 16:30 presso l’ingresso dell’Ikea dell’Osmannoro (Sesto Fiorentino)
– Milano: ore 15:00 all’IKEA di San Giuliano Milanese (uscita tangenziale San Giuliano Milanese)
– Milano: ore 17:30 all’IKEA di Carugate (uscita tangenziale Carugate)
– Bologna: ore 16:00 presso l’ingresso del parcheggio IKEA di Casalecchio
– Padova: ore 15:00 presso l’ingresso dell’IKEA
DOMENICA 11 NOVEMBRE
– Torino: ore 10:00 all’IKEA di Collegno
Qui invece puoi ascoltare una trasmissione di Radio Onda Rossa con i lavoratori Ikea : ASCOLTA
Anonymous: strani piacevoli regali di compleanno! :-)
Non male come regalo di compleanno!
GRAZIE!
Allora tocca festeggiare ogni giorno il proprio non-compleanno!
Sempre più rispetto e stima per Anonymous!
Questo il comunicato della loro ultima azione…
Salve, Ministero dell’Interno, Difesa e Carabinieri.
Anonymous vi dedica la sua attenzione per motivi che sicuramente non vi sono nuovi.
Vi dichiarate i difensori della legalità, i detentori della sicurezza e i mediatori della giustizia, ma il Popolo assiste continuamente alle vessazioni che fingete di non vedere e delle quali molto spesso siete complici.
Signori Carabinieri, alcuni giorni fa avete tentato di sopprimere la rabbia degli Operai Alcoa con i vostri feroci manganelli. Insieme a quei padri di famiglia, insieme a quei giovani, insieme a quei dignitosi cittadini in rivolta vittime della violenza di Stato, c’eravamo anche noi: la vostra ferocia si scaglia contro il corpo, ma le idee sono immuni a qualsiasi barbaria e varcano ogni tentativo di oppressione.
Il 13 Aprile, nelle sale cinematografiche, uscirà il film “Diaz“: una preziosa ricostruzione su quelli che furono i tragici fatti del G8 2001, anch’essi vittima del bavaglio di Stato. Il Ministero dell’Interno, tramite una circolare, ha vietato alle Forze di Polizia di parlarne e di esprimersi in merito. Ciò si configura come un becero e antidemocratico tentativo di imbavagliare chi volesse offrire la propria testimonianza in merito agli orrori che quel torrido Luglio ospitò.
Siamo consapevoli anche degli infiltrati che quotidianamente ci fanno visita nei nostri chan; sarebbero i benvenuti, se solo manifestassero un chiaro e cristallino comportamento. In realtà trascorriamo con loro interminabili momenti di ilarità di cui loro, molto probabilmente, non sanno di essere protagonisti.
Vogliamo inoltre invitarvi ad abbandonare i nostri server quali agenti infiltrati, fatevi pure avanti, non abbiamo nulla da nascondere.
Fin tanto che questo comportamento si perpetuerà, i nostri attacchi diverranno ciclici.
We are Anonymous.
We do not Forgive.
We do not Forget.
Expect Us.
We’re still alive, and we will not die soon as you can expect.
In Grecia si occupano e autogestiscono gli ospedali pubblici!
Secondo una dichiarazione (04-02.2012) pubblicata dall’ assemblea generale dei lavoratori dell’ Ospedale Generale di Kilkis, i medici, gli infermieri e dell’ altro personale dichiara che i problemi di lungo corso del Sistema Sanitario Nazionale (ESY) nel paese non possono essere risolti attraverso limitate richieste di risarcimento del servizio sanitario. Pertanto, i lavoratori dell’ Ospedale Generale rispondono al fascismo del Potere occupando questo ospedale pubblico e ponendolo sotto il loro diretto e completo controllo. L’ organo decisionale per le questioni amministrative sarà l’ assemblea generale dei lavoratori.
Sottolineano inoltre che il governo greco non ha assolto ai suoi obblighi finanziari verso l’ ospedale. I lavoratori denunceranno tutte le autorità competenti alla pubblica opinione e, se le loro richieste non saranno soddisfatte, si rivolgeranno ai comuni, alla comunità locale e non, per avere un supporto di qualunque tipo possibile per aiutare i loro sforzi: per salvare l’ ospedale e difendere la sanità pubblica, per rovesciare il governo ed ogni politica neo liberista.
La prossima riunione generale di tutti i dipendenti si terrà nella mattinata del 13 Febbraio. La loro assemblea avrà luogo giornalmente e sarà l’ organo principale per ogni decisione concernente i lavoratori e l’operatività ospedaliera.
I lavoratori chiedono la solidarietà fattiva dei cittadini e dei lavoratori di tutti i settori, per il coinvolgimento dei sindacati e delle organizzazioni progressiste, e per il sostegno dei media dell’ informazione reale. Essi faranno anche una relativa conferenza stampa il 15 Febbraio, alle ore 12.30. Tra gli altri, si invitano i colleghi degli altri ospedali a prendere decisioni appropriate, nonchè i dipendenti del settore pubblico e privato a fare lo stesso.
Tradotto dal sito ContraInfo
PER LEGGERE IL LORO COMUNICATO PER INTERO, TRADOTTO: QUI!
Diverso materiale a riguardo lo potete leggere QUI
E ancora, una riflessione sulla puntata di Santoro, blaterante di crisi in Grecia, scritta dal caro Marconista: LEGGETELA QUI!
Grecia: la rivoluzione è d’acciaio e zucchero. Lo sciopero delle acciaierie e l’occupazione di una famosa pasticceria
Sarà il più martoriato dei paesi che stanno subendo la crisi economica, l’austerity imposta dai “mercati internazionali” che spezza la normale vita economica di tutti gli strati del paese,
sarà il paese che sta sfiorando il baratro in modo sempre più pericoloso,
ma ogni volta che #stavitademerda mi permette di trovare il tempo di scovare notizie dalla Grecia,
il mio cuore si riempie di gioia.
Di quella gioia fatta di collettività, di sudore e organizzazione, di costruzione di percorsi d’autonomia, fondamentalmente di lotta di classe,
quella che da quest’altra parte del mare (un mare piccolo piccolo che sembra immenso) abbiamo rimosso.
Seppellita sotto tonnellate di riformismo, di sindacalismo colluso,
di complottismo, di giustizialismo, di grettezza politica
di incapacità di canalizzare energie e trovare il coraggio di portare avanti le battaglie come si devono portare avanti:
con il coraggio di chi non ha niente da perdere, e vorrebbe TUTTO da conquistare.
Ma non è aria, qui.
No.
Ma la Grecia sta prendendo la strada giusta: sta cercando di prendersi con la forza quello che con molta più forza è stato strappato via.
E lo fa riallacciando la corrente illegalmente alle famiglie che non possono pagare la tassa di proprietà,
lo fa espropriando supermercati di grandi catene e ridistribuendo il cibo preso nei mercati rionali,
lo fa portando solidarietà ai detenuti,
lo fa portando in piazza 15.000 lavoratori delle accierie staccati da qualunque sindacato sempre e comunque colluso e parte integrante dell’indotto di stato di sfruttamento e tagli.
Il piano di Manesis, capo delle acciaierie, caratterizzato dal terrore imposto dai continui licenziamenti e dalla proposta di lavoro a turnazioni, è stato bloccato dalla
tenacia e dalla forza dei lavoratori, che hanno oltretutto trovato un vero e proprio fiume di persone pronte a portare la loro solidarietà.
I volantini dei lavoratori delle acciaierie parlano chiaro, come quelli di studenti, immigrati, disoccupati:
la chiamata è generale, è ad una lotta di classe contro potere, che sia composta, foraggiata e alimentata da tutte le componenti di sfruttati ed emarginati del paese:
chiama a raccolta studenti, precari, dipendenti pubblici, disoccupati, migranti, clandestini, cittadini e nomadi…
tutti uniti, verso un’organizzazione rivoluzionaria capace di soverchiare il sistema,
così com’è.
Mi si riempie il cuore nel leggere i loro volantini, lo ribadisco emozionata.
• Un’altra notizia “greca” ci arriva da Salonicco, battagliera città, dove i lavoratori di una famosa pasticceria (è una catena con negozi in tutto il paese) “Hatzis”, hanno deciso di occupare il negozio nel quartiere di Kalamaria, dopo che da dicembre combattevano per cercare di ottenere i 5 precedenti mesi di salario, oltre che i bonus economici previsti nella mensilità di dicembre.
Una storia che va avanti da alcuni mesi e che ha dell’irreale visti gli ultimi 5 anni di fatturato della pasticceria e il maldestro tentativo (che sicuramente riuscirà) di puntare al fallimento approfittando della crisi nel paese, per evitare di
pagare i milioni di debiti accumulati con le assicurazioni pubbliche.
Basterebbe fallire, cambiar nome alla società e tutti i debiti, per primi quelli con gli stessi lavoratori, spariranno nel nulla.
Alla luce di ciò negli ultimi mesi i licenziamenti sono stati tanti, rimpiazzati con lavoratori “fantasma”, privi di regolari contratti o con l’obbligo di una precedente firma di “dichiarazione volontaria di licenziamento” che permettono al padrone di non pagare le indennità a chi viene licenziato.
Sono 400 euro al mese per turni fino a 12 ore di lavoro: questo è.
tanto che, come ormai per tradizione in quel paese, il padrone sta iniziando a tremare.
I suoi locali sono bloccati e occupati: al secondo giorno di occupazione la polizia ha fatto irruzione arrestando otto persone, tra cui 4 lavoratori e altri 4 solidali:
la cosa non ha minimamente fermato la mobilitazione.
La lotta continua…alla faccia del padrone, di Manesis e di quelli come loro.
Sulla morte di Francesco Pinna, da chi vive sospeso in aria
Come è noto a tutti, il 12 dicembre 2011 Francesco Pinna è morto a Trieste durante il montaggio del palco di Jovanotti.
Innanzitutto vogliamo esprimere la nostra piena solidarietà e vicinanza alla sua famiglia e a tutti coloro che sono rimasti feriti o comunque coinvolti in questa tragedia. Un errore umano non può giustificare del tutto la morte di una persona, gli uomini possono sbagliare per stanchezza, per fretta , per pressioni varie. Nel nostro mondo il tempo è denaro e il denaro a volte conta più della sicurezza.
Nonostante negli ultimi anni siano avvenuti dei miglioramenti riguardo l’attenzione alla sicurezza nei concerti, spesso alcune norme di carattere economico la fanno ancora da padrone mentre alcune norme sulla sicurezza rimangono ancora solo scritte su carta. Le produzioni, per massimizzare i profitti, richiedono la costruzione e l’allestimento dei palchi e delle aree dove vengono svolti gli eventi live, nel minor tempo e con meno personale retribuito possibile, anche perché le location hanno costi giornalieri esorbitanti così come gli affitti e gli spostamenti dei materiali.
Questo comporta la fretta costante nel lavoro e lo sfinimento dei lavoratori, con turni nei quali lo straordinario è la regola e senza che siano intervallati dal tempo di riposo necessario.
Questo tipo di lavoro però è fisicamente molto usurante e in molti casi espone a diversi tipi di pericolo. I materiali e le strutture utilizzati sono ancora più usurati dei lavoratori, non vengono sottoposti a controlli di revisione adeguati, vengono riutilizzati anche se danneggiati e questo mina già in partenza il discorso sulla sicurezza.
E’ evidente che lavorare in queste condizioni comporti sempre un enorme fattore di rischio.
Ci teniamo a precisare che è inaccettabile morire al lavoro in qualsiasi caso, non solo se si lavora per pochi euro l’ora. Il fatto che la manovalanza indispensabile venga retribuita in modo così inadeguato è dovuto al sistema di subappalto dei servizi che prevede troppi passaggi tra i reali committenti e i materiali realizzatori del lavoro proposto facendo si che, ad esempio, un facchino che a monte costa, non meno di 14 euro l’ora, percepisca realmente meno della metà.
Anche quando il lavoro è più o meno ben pagato, come nel caso dei tecnici specializzati, le condizioni di vita che ne derivano non sono comunque delle migliori. Ci viene richiesta sempre la massima disponibilità, si va al lavoro senza sapere quando si stacca, non si ha la sicurezza della continuità del reddito, non si può programmare il lavoro a lungo termine, si hanno pochi margini di trattativa e ognuno sembra dover pensare solo per se stesso, non vengono fatte valere le più elementari regole del diritto del lavoro (si pensi alla giornata di otto ore), il livello di ricattabilità è molto alto, i dispositivi di protezione sono a carico del lavoratore, i lavori vengono pagati tra i trenta e i novanta giorni, non esistono permessi, malattie, ferie, tredicesime, le coperture enpals e inail sono solo di facciata, così come gran parte dei contratti, quando esistono, sono fittizi.
Il lavoro a chiamata e più che subordinato viene mascherato da libera impresa individuale o collettiva, nel caso delle cooperative.
La morte di un ragazzo ha puntato i riflettori per un breve periodo su un mondo del lavoro che finora è stato più che sommerso. Seppure dal 2008 il testo unico sulla sicurezza ha spinto molti datori di lavoro a trovare escamotage contrattuali, garantiti dalla legge Biagi, si continua a lavorare in nero, soprattutto nelle migliaia di piccoli eventi che vengono quotidianamente prodotti.
I corsi di formazione, imposti sempre dal testo unico, sono di fatto molto spesso a carico dei lavoratori e si rivelano, vista la loro qualità, pure formalità che garantiscono un ulteriore business ad aziende ed enti, che per organizzarli vengono finanziati da Stato, Regioni, Province e UE.
Nonostante questo la regola fondamentale del settore è “THE SHOW MUST GO ON”, ci chiediamo dunque quanto potrà durare il dibattito suscitato dalla tragedia se non saremo noi lavoratori in prima persona a pretendere di lavorare in condizioni umane ed in sicurezza giorno per giorno.
Questo documento nasce dalla volontà di alcuni operai e tecnici dello show business di affrontare insieme le problematiche inerenti al nostro mondo lavorativo che il tragico evento di Trieste ha portato alla luce.
operaispettacololiveroma@gmail.com
Roma: l’autorganizzazione fa capolino nelle Metropolitane
Bello questo comunicato dell’Atac, bello perché quando una società arriva a scrivere pubblicamente simili righe vuol dire che c’è ancora qualche speranza, parola che uso poco e che non amo.
La speranza di pratiche di autorganizzazione nei posti di lavoro, che sappiano far alzare la testa ai lavoratori che da anni subiscono lo sfruttamento e le provocazioni di aziende come Atac Spa: sono un po’ di giorni che le metropolitane di Roma funzionano a singhiozzo.
Sul sito di Atac si parla di “servizio perturbato/ritardi” e il comunicato spuntato da poche ore è inequivocabile.
I lavoratori delle metropolitane di Roma stanno “sabotando” il normale funzionamento del servizio: l’azienda li attacca dicendo che in questo modo, uscendo dalle normali pratiche sindacali, si fa pagare ai cittadini il prezzo più alto.
Tranquilli, siamo abituati a pagarlo, felici di farlo spalla a spalla con chi si ribella, con chi passa all’autorganizzazione.
Questa mattina era chiusa la fermata metro di Termini, mentre la B va lenta lenta che sembra una tartaruga incazzata!
Vi metto il comunicato dell’Atac, che è stupendo:
Atac su agitazioni non autorizzate
Si stanno verificando agitazioni non autorizzate dei macchinisti della metropolitana e degli operai di manutenzione delle officine che, determinando ilrallentamento delle operazioni manutentive sul materiale rotabile e ilrifiuto di condurre alcuni convogli con motivazioni pretestuose, stanno portando alla mancata immissione in esercizio dei treni sulle linee A e B.
A fronte di ciò si stanno creando notevoli disservizi agli utenti del trasporto pubblico, costretti a subire fortissimi disagi e a vedere violato il loro diritto a una mobilità efficiente e sostenibile.
Questa mattina, a causa dell´affollamento determinatosi nella metropolitana per i motivi di cui sopra, le autorità di pubblica sicurezza sono state costrette a chiudere e a sfollare la stazione di Termini.
Tutto questo mentre l´Azienda e le organizzazioni sindacali si apprestano oggi ad incontrarsi per la ripresa delle trattative sul piano industriale, per cercare di individuare insieme le soluzioni compatibili con la delicatissima situazione economico – finanziaria di Atac e del trasporto pubblico locale. Ci auguriamo pertanto che prevalga il senso di responsabilità di tutti.
Nel ribadire che Atac manterrà un atteggiamento di assoluta intransigenza nei confronti di chi supera i confini di una normale dialettica sindacale con atteggiamenti che non colpiscono l´Azienda ma tutti i cittadini, e sperando che dalla trattativa odierna emergano proposte concrete di soluzione alle problematiche, si riserva di valutare l´opportunità di presentare un esposto alla magistratura per tutte le fattispecie penali e civili che eventualmente emergessero.
Alcune notizie in più a riguardo: non si tratterebbe di veri e propri scioperi selvaggi. Diciamo che i lavoratori hanno deciso di applicare alla lettera il regolamento a cui sono sottoposti, rifiutandosi di far uscire vetture difettose.
Piccoli importantissimi passi, che alzano le teste, che creano collettivizzazione, che costruiscono conflitto.
MARCHIONNE DEL GRILLO!
Veramente stupendo
FRANCIA: lo sciopero infinito!
LO SCIOPERO INFINITO
originale in francese http://nantes.indymedia.org/article/22087
traduzione da http://www.urgence.splinder.com/
TRADUZIONE DI ANUBI D’AVOSSA LUSSURGIU (mooooolte grazie)
E’ qualcosa di scontato. Il Partito dell’Ordine spera, con tutte le sue forze, di farci tornare a casa. Sindacati e governo riusciranno ad accordarsi. Lassù, almeno. Essi contano senza dubbio sull’attrazione fatale che avrebbe per noi l’insidiosa percezione del vuoto nel quale abbiamo così perfettamente disimparato a vivere e a lottare. In questo si sbagliano. Noi non torneremo a casa; noi che non ci sentiamo a casa da nessuna parte. Se c’è un solo spazio che abbiamo sentito come abitabile, è all’interno dell’evento grazie al quale viviamo, nelle intensità che si disegnano. In funzione, soprattutto, dei mezzi che ci sapremo dare. È qualcosa di scontato. Un processo insurrezionale si rinforza a misura che le evidenze le quali, ai suoi occhi, compongono la realtà, divengono impercettibilmente delle verità lampanti agli occhi di tutti. Se il capitalismo è una menzogna universale, la forma della sua negazione, inversamente, sarà quella di una pluralità di mondi, mescolati solidarmente alle verità che vi si legano. Le parole attraverso le quali una situazione si rende leggibile a sé stessa ne determinano direttamente le forme e lo spirito. Le oggettivazioni forzate non possono arrivare a conoscerne che, al massimo, i suoi contorni indecisi. La diversità delle analisi, provengano esse dal lessico sociologico o da quello del radicalismo militante, propagano di concerto un’identica confusione: quella dell’apologia asmatica o del pessimismo interessato. A tutti loro manca quel minimo di senso tattico attraverso il quale un discorso trova una reale leggibilità, un vero Comune, il solo che possa liberare i possibili aperti dalla situazione. E anche di scartare come altrettanti fantasmi gli scoraggiamenti programmati. La lama di questa voce risiede nella scelta delle parole come nella positività del loro orientamento. Per elevare l’intelligenza strategica degli avvenimenti in corso un primo gesto si rivela necessario. Quello di situarsi, di orientarsi. Parlare da qualche parte: non da un semplice punto di vista, ma da un partito.
1. Fin dall’inizio, ed è uno dei suoi meriti, il movimento ha preso le cose alla radice. Blocco economico generalizzato, organizzazione deliberata di una paralisi totale, rifiuto dei compromessi e delle negoziazioni. Così ha reso semplicemente effettive delle parole d’ordine abitualmente condannate all’attesa angosciata o al simulacro. Lo sciopero si è materializzato dentro dei corpi, delle determinazioni. Ed è per questo che è potuto apparire come una vera minaccia. In questo il movimento, dal punto di vista delle pratiche sociali messe in campo, si situa al di là di un semplice movimento sociale. In questo esso partecipa già di un processo insurrezionale. Ecco il nostro punto di partenza.
2. Facciamo una constatazione: non resta niente, oggi, dell’antico movimento rivoluzionario. E mentre questa rivelazione sembra conficcarsi sempre più nei meandri di un cittadinismo soddisfatto, noi possiamo avere, in certi momenti, la sensazione di un vuoto. Questo vuoto, bisognerà abitarlo. E farne una possibilità.
3. Una singolare supersitizione affetta, in Francia, una grande maggiornaza di corpi per altro così rigidamente laici: la credenza, tanto tenue come apparentemente incrollabile, nella realtà del “movimento sociale”. La sua debolezza consiste in questo: è una credenza nella quale nessuno ha più fede. Essa non fa che logorarsi, di “vittoria” in “sconfitta”, di ripresa sporadica in rinuncia finale, per infine consumarsi del tutto. L’oggetto di questa credenza non è altro che l’eredità di un naufragio: quella del movimento operaio classico. Questo non è stato sconfitto dal Capitale, come ha sottilineato Mario Tronti, bensì dalla Democrazia. Non è stato vinto sotto la forma di un pericoloso oggetto esterno: la democrazia lo combatteva dall’interno. Questa illusione pesa in modo ancora più forte perchè non è riconosciuta, da noi che combattiamo.
4. Un movimento si definisce negativamente in funzione dei suoi limiti. Il suo terreno d’azione è infatti circoscritto da ciò al di là del quale non vuole andare. La sua finitezza programmata lo condanna a non essere altro che l’isterico scongiuramento di una fine prevista. La sua vita stessa è guidata da un’unica idea, quella di una fuga in avanti sempre più disperata per ritardarne la conclusione, che ne era il suo motore. La sua fine è spaventosa perché non è null’altro che la sua morte. Una temporalità separata dal corso della Storia. Non ha vocazione a durare. È sempre da riprendere, laboriosamente, dall’inizio, a partire dal nulla stesso. Partendo da qui, non potremo far altro che ricominciare sempre di nuovo e non apprendere mai niente. Poiché non resta che niente. Chiusa la parentesi.
5. Ma la vera azione non resta sospesa alla tristezza di questo canovaccio, non vi è nessun “ritorno alla normalità”. Vi è, in compenso, la persistenza di un processo rivoluzionario, con le sue fasi di accelerazione e i suoi rallentamenti sotterranei. Agli occhi di tale processo non esiste che un solo tempo. Un tempo nel quale non si dimentica nulla di ciò che non è successo. Vi sono, dunque, due campi: da un lato, quello di coloro che hanno intenzione di mettere in atto uno sciopero totale, un blocco irreversibile della circolazione dei flussi, dall’altro, quello dei crumiri e degli sbirri. La totalità dello spazio sociale è sottoposta a questa crudele divisione. 6.È nella misura in cui uno sciopero riconosce di partecipare a tale processo che esso resta uno di quei rari momenti in cui persiste una trasmissione di esperienze. Non si vuole affatto commemorare delle lotte passate, bensì rammentarle: ovvero ricordarle di nuovo. E questo, non solo per la memoria stessa, ma per la noncuranza di un mondo indaffarato a organizzarne l’oblio.
7. Occorre prestare attenzione al fatto che il campo in cui si esprime una situazione non sia esso stesso minato. E questo è il nostro caso. Gesto preliminare: disertare quello spazio preparato in modo che una cosa, un evento, venga considerato in quanto cosa. Una cosa non è mai per sé. Poiché nulla esiste al di fuori dalla comprensione che ne abbiamo. Potrebbe accadere che, a forza di usarlo, il vocabolo stesso di “movimento sociale” non cerchi di designare nient’altro che una impotenza. Operazione semantica operata da un certo tipo di sociologia. Accettare ciò significa paralizzare ogni elaborazione strategica e ogni intelligenza collettiva. Il fatto è che la stessa sociologia è stata interamente socializzata. Questa inquina ogni discorso con la sua ossessione per il calcolo statistico. Permettendo così solo una laboriosa oggettivazione del reale in categorie deprimenti. Ma ciò che forma i nostri mondi resta irrimediabilmente fuori dalla sua portata. Le nostre amicizie, per la sociologia, non sono altro che valori aberranti. L’ignoto non verificabile delle loro equazioni. L’infinito di uno sciopero.
8. Saint-Nazaire. Dei cortei sindacali sfociano sistematicamente in scontri che durano molte ore. Delle sassaiole eroiche e delle barricate erette con estrema rapidità. “Sarkozy, te lo mettiamo in culo” intonano in coro. Allo stesso tempo un tribunale viene preso a sassate da gruppi di rivoltosi. Un amico allora disse: “È bello vedere una città sollevarsi contro la sua polizia.”
9.Il senso della vera lotta non è tra le classi, tra il Capitale e il Lavoro, ma tra partigiani raggruppati in funzione del loro culto patologico del lavoro o del loro semplice disgusto. Da ora in poi non vi sono che quelli che vogliono ancora lavorare e quelli che non lo vogliono più.
10. Un’inquietante omertà regna all’interno del movimento. Questa consiste in un disconoscimento di ciò che gli eventi in corso non smettono di mostrare: l’espressione di un doloroso rifiuto del lavoro. Occorre comprendere che la posta in gioco non è solo una protesta localizzata contro un prolungamento del tempo di lavoro ma una piena condanna di come, ovunque, viene vissuto il lavoro. Come una calamità. E quest’ultima getta sul lavoro un discredito senza equivoci. É l’ombra della morte quella che vediamo profilarsi. È questo “furto di energie” che ammalia coloro che ne sono vittima. Assistiamo all’agonia del mondo classico del Lavoro, un’agonia che trascina con sé la figura che vi si collegava, quella del Lavoratore. Rovinando così la confortevole intimità che questi era riuscito a stabilire con il suo stesso male. Nel momento in cui il lavoro è vissuto sempre più come un prolungato supplizio, degli specialisti ufficiosi cercano ancora di determinare la soglia oltre cui diventerebbe intollerabile.
11. La politica classica si è costruita su molteplici assiomi presentati, da lei stessa, come insuperabili. Il principio di governamentalità, ovvero l’organizzazione di un bisogno sociale in virtù del quale «occorre che le cose siano governate», senza il quale tutto ricadrebbe inevitabilmente nel caos. E poi c’è quello del lavoro che, come un ricatto, non afferma niente di più che «occorre vivere bene», senza condizioni e in qualsiasi modo. Riguardo a ciò, una stretta solidarietà unisce l’apparente diversità delle concezioni politiche e delle paure paniche che a queste si collegano. E che derivano, in fin dei conti, da una stessa antropologia anemica. Da un lato, il progetto cibernetico di una governance generalizzata, e dall’altro, l’ideale anarchico di un auto-governo paradisiaco. Mito del pieno impiego a favore di uno sviluppo durevole e favola autogestita di un lavoro libero, suddiviso in modo egualitario. Da una parte e dall’altra troviamo la stessa disposizione alla gestione manageriale di ciò che costituisce la vita, un identico accanimento nel reprimere la parte migliore dei nostri istinti. Un eguale obiettivo di regolazione disperata. Mobilitazione e Precettazione Totale designano, con uno stesso movimento, l’ideale etico e pratico della militanza più contestataria e del potere che questa finge di combattere.
12. Ritorno di questo paradosso: la contestazione di una riforma resta la prerogativa dei riformisti più avanzati. Muoversi nel calcolo di un avvenire al punto di perdere ogni presente, ogni presenza. Schizofrenia, per esempio, dell’anarco-sindacalista che codifica, a partire dal presente, la posterità della rivoluzione, legiferando sul dopo. Ora, legiferare sul doposignifica già dimenticare il tempo dell’adesso. Vuol dire perdere l’invincibile necessità di un presente che ci manca e per il quale siamo in sciopero. Lo spessore di un tempo che non potrà essere ridotto alla banalità di una tabella cronologica. La prevedibilità di un avvenire sarà sempre in guerra con la destinazione invisibile di un presente. La programmazione di un futuro farà sempre rima con l’impossibilità di un qui ed ora. «Produrre del tempo libero» in favore di una migliore gestione del tempo di lavoro, ecco ciò che offre il più sospetto degli utopismi. Opporre una certa quantità di lavoro morto all’apertura di un possibile operarevivente non fa che gettare un po’ più di discredito sui fautori di questo ottimismo. Non esiste un lavoro qualitativamente diminuito da una sottrazione quantitativa della sua durata. Non esiste una durata del lavoro, poiché il lavoro è la durata, il tempo subìto.
13. Il discorso mediatico s’ingegna ormai a parlare dello sciopero come se si trattasse di una branchia della scienza metereologica. Ci s’inquieta della scarsità di benzina come dell’imminenza di una canicola; si evocano le sommosse dei liceali alla maniera di improvvise nevicate; si chiacchiera a proposito dello sciopero come si farebbe di precipitazioni problematiche. Così, come fanno tutti dopo la pioggia, ognuno impreca su queste previsioni. «Che ricada su chi fa i blocchi la furia popolare». Ma, ovviamente, non funziona. Presentare ogni sera, oltre l’instancabile bollettino d’informazione, tutto il “malcontento”, le “prese in ostaggio”, i “disperati della pompa di benzina”, come si trattasse di turisti prigionieri delle inondazioni in India o di minatori cileni persi nel fondo della miniera, si rivela essere una strategia molto precaria da parte del potere.
14. In un mondo in cui la circolazione dei flussi si estende a livello globale, il partito del blocco, che è del resto quello dell’insurrezione, non può logicamente sperare di vincere se non tesse, anche a livello globale, le solidarietà necessarie alla sua durata. Il suo campo d’azione non conosce limiti. Così come l’estensione e la portata delle sue pretese.
15. Barcellona, 29 settembre 2010. Una giornata di sciopero generale. Una giornata per dieci anni di rumoroso silenzio. Ciò che si pensava di aver accuratamente rinchiuso nel ghetto di un milieu «anti-sistema», al limite osservabile da una periferia sotto controllo, si risveglia, di nuovo si illumina, e finalmente si infiamma. Dieci anni di democrazia socialista alla fine non sono stati all’altezza di quarant’anni di fascismo. L’ordine che quel giorno è stato sabotato aveva in effetti l’aspetto irreale di un falangista impaurito. Tutti si sono ritrovati in strada, a forza di getti di pietre e di vetrine infrante. E quando la polizia è stata messa in fuga le risate e gli applausi la hanno quasi inseguita.
16. Di nuovo il risorgere dei casseurs. Non c’è nessuno, tuttavia, che potrà essere ancora ingannato da questa figura retorica. Tutto questo clamore non commuove più molta gente. Solo l’UNEF ( Unione nazionale dei sindacati degli studenti francesi) e l’Unione Francese dei Vecchi Combattenti gli si mostrano ancora sensibili. Di che si tratta, allora, oggi? Si potrebbe parlare di un certo ritorno, del nostro ritorno: ritorno della violenza operaia, ritorno della violenza dei ragazzi nelle strade, ritorno della violenza degli “anziani”, che tirano le pietre fuori dalle loro tasche per offrirle ai giovani come fosse un omaggio a quello che non hanno smesso di desiderare. Questa frase, di un vecchio uomo di Lione ai giovani rivoltosi che incontra: «vi diamo le pietre che non possiamo più lanciare». Tutto ciò che è stato così perfettamente dimenticato riappare oggi con la violenza del rimosso. La magia legata alla figura del casseur non sembra più molto efficace dal momento che il banlieusard, l’immigrato, l’anarchico, in breve colui che è al-di-fuori,non vuol dire più granché. Poiché di quale esteriorità, di quale margine si potrebbe seriamente discutere, in un mondo che non conosce più alcun fuori? La questione della violenza non si pone più: essa s’impone a tutti.
17. Infatti, le pratiche di rivolta che continuano a disseminare il movimento meriterebbero di essere riconosciute come un’altra forma, più specifica e più sorprendente, di blocco economico. Una paralisi completa dei centri delle città attraverso il susseguirsi incontrollabile di molteplici giornate di scontri e di saccheggi. I Groupes d’Intervention de la Police Nationale (GIPN) in armi, di fronte a folle disarmate. Da tutto ciò occorre imparare una lezione: la strategia del blocco economico non può dissociarsi in alcun modo dall’imperiosa necessità di annientare e/o di sconfiggere la totalità delle forze di polizia.
18. Non ci si pone mai solo all’interno di un movimento, ma anche in rapporto, di fronte e forse anche contro di esso. Contro quello che, al suo interno, mantiene un’inconsistenza. Il riflusso del suo vuoto e della sua disperazione. Si tratta di mettersi in contatto con le condizioni materiali e affettive che ci legano a questo mondo. Di rendere non solo impossibile ma anche indesiderabile ogni ritorno alla normalità. Per questo occorre costruire una cartografia di ciò che ci lega: flussi, poteri, affetti, logistica e approvvigionamento. Acquisire, sul filo delle amicizie cospirative, i saperi insurrezionali attraverso cui sconfiggeremo questo mondo. Abbiamo appena appreso le prime lettere dell’abecedario della sedizione. Sappiamo come paralizzare le raffinerie, i depositi petroliferi, le autostrade, i porti. Lasciar riempire le strade di rifiuti per farne delle barricate. Rompere le vetrine che riflettono la nostra assenza. Le domande che si impongono potrebbero dunque essere: come bloccare, definitivamente, le centrali nucleari? Come convertire lo sciopero in diserzione? Come nutrirsi, curarsi, amarsi, senza lasciare questo mondo in pace.
“La sola salvezza per i vinti è quella di non aspettarsi nessuna salvezza”
Francia, 27 ottobre 2010
Grecia: carcere per chi non rispetta la precettazione
Siamo proprio alla frutta nell’Ellade.
Il governo greco oggi ha usato la mano pesante; proprio nel giorno dell’ennesimo sciopero che ha paralizzato il paese, è stato approvato un DDL che prevede fino a cinque anni di carcere per chi rifiuti di obbedire all’obbligo di precettazione.
Un disegno di legge tutto dedicato alla categoria degli autotrasportatori che da settimane bloccano il paese con le loro manifestazioni, gli incolonnamenti alle porte della citta e il continuo blocco del centro di Atene. L’ennesima rivoluzione legislativa che devasta i diritti dei lavoratori e mina le forme di lotta delle categorie in sciopero. I camionisti sono in sciopero da 16 giorni contro la liberalizzazione del settore: la loro protesta ormai sta creando ingenti danni all’industria, al commercio e anche alla normale distribuzione di benzina e generi alimentari.
L’articolo di legge, celato dietro un ddl sull’evasione fiscale, che verrà votato entro domani, prevede un minimo di tre anni e tre in caso di recidiva per chiunque violi l’ordine di precettazione: a tutto ciò è inclusa la revoca della licenza. Vedremo domani come reagirà la categoria, che già s’è scontrata ripetutamente con le forze dell’ordine greche davanti al parlamento greco e a Salonicco
E’ morto Pietro Mirabelli, sul lavoro.
Sono Pietro Mirabelli, operaio della TAV e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). Da dodici anni sono presente sul cantiere del Cavet (Consorzio Alta Velocità Emilia e Toscana) l’impresa che ha vinto l’appalto per la realizzazione del tratto che permetterà di collegare Bologna a Firenze. In questi anni ho visto decine e decine di operai infortunarsi, diventare invalidi e morire. Manca poco alla fine della realizzazione. Molti uomini e donne saliranno sui treni e non immagineranno quanto sangue è stato versato, quante madri hanno pianto per i loro figli e quante mogli sono rimaste sole. L’attenzione sugli infortuni sul lavoro è forte quando ci sono incidenti nei luoghi di lavoro, se ne parla una settimana, e poi tutto viene messo nel conservatorio della dimenticanza. Ma ogni giorno muoiono lavoratori in aziende sconosciute, nell’edilizia, nell’agricoltura. Poi, quando accadono ad esempio stragi come quella di Torino, allora qualcuno se ne occupa. In uno dei tanti incidenti avvenuto nella realtà dove lavoro, ci fu un infortunio mortale nel tratto emiliano. Sull’articolo di giornale non ne è stato riportato nemmeno il nome. Il problema principale non lo affronta nessuno. Sulle procedure di sicurezze presenti sui piani operativi di sicurezza (POS) c’è scritto ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Un lavoratore consapevole del rischio che va ad affrontare, volendo potrebbe rifiutarsi di eseguire un incarico pericoloso. Ma a pericolo identificato si pensa alla famiglia, non si vuole mettere a rischio il posto di lavoro considerando quanto è difficile oggi trovarne uno. L’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi nella trasmissione di Fazio “Che tempo che fa”, ricordò il collegamento veloce fra Bologna-Firenze sottolineando 17 gallerie. Non un accenno ai lavoratori che hanno lasciato la vita per dare la possibilità a tutti gli italiani di accorciare le distanze. Pasqualino Giordano, 20 anni, è morto al primo giorno di lavoro, vogliamo ricordarlo? Io mi sento parte fondamentale della nostra società. Oggi però, televisione e giornali parlano dell’Isola dei famosi, mentre noi lavoriamo nel sottosuolo, dove il pericolo può arrivare da qualsiasi parte: dall’alto, dal basso, da destra e da sinistra. Ci sono macchine in movimento, esplosione di mine, fango, ecc. Un RLS o un RSU dovrebbe essere presente per ogni squadra. A volte i preposti alla sorveglianza o sono poco formati, o sono parenti dei datori di lavoro. Cosa significa? Se venisse riscontrata una situazione di rischio non si può fermare subito la produzione, si va avanti piano, piano cercando di fare attenzione. Si deve sempre sperare che non succeda niente. Quando ci vengono consegnati gli ordini di servizio,li firmiamo per ricevuta consegna. Poi ci viene data una mascherina antipolvere, un elmetto, guanti e tute ad alta visibilità. Oggi facciamo un corso su come utilizzare quanto ci viene fornito, ma solo dopo pressioni fatte dai RLS e RSU. Mi domando se queste protezioni siano sufficienti. Mio padre era minatore come me, l’ho visto ammalarsi di silicosi, l’ho visto spegnersi giorno dopo giorno all’età di 70 anni, un’agonia lenta. Io sono calabrese, della provincia di Crotone, dalle nostre parti non c’è occupazione. Metà del mio paese lavora nelle galleria. Un lavoro che non vuole fare più nessuno ed è comprensibile. Un lavoro usurante. Nel cantiere non è presente solo la ditta Cavet, alcuni lavori sono stati subappaltati. Ci sono più squadre che lavorano insieme. Io mi sono trovato a fare sopralluoghi per la sicurezza, dove c’erano squadre di piccole aziende subappaltatrici e non venivano rispettate le norme di sicurezza. Inoltre non c’è solo un problema di coordinamento fra squadre di operai che non si conoscono, ma anche di lingua. Perché ci sono molti extracomunitari, secondo me sfruttati perché li ho visti lavorare anche per 12/13 ore per turno.Spesso non conoscono i loro diritti. Io nella mia esperienza di RLS, ho fatto piccole conquiste, ma è presumibile che il pericolo non finisca una volta che il consorzio Cavet riconsegnerà il lavoro terminato. Il Cavet ha capito l’esigenza di fare corsi, anche se di poche ore, sulla sicurezza e sulla formazione. Mi consola l’idea di aver insegnato a qualcuno l’importanza del rispetto delle leggi per la sicurezza di noi operai. Purtroppo l’applicazione delle norme è fondamentale e i sindacati devono impegnarsi. Noi operai non solo siamo dimenticati presto, ma neanche ci viene data giustizia. Nel 2001 l’operaio Pasquale Adamo perse la vita mentre stava perforando il monte Morello con l’ausilio di uno speciale macchinario. Il suo giubbotto si è impigliato nella trivella, lo ha avvolto e stritolato. La condanna per i responsabili è stata una multa. Non si può pagare una multa per una vita umana. Non è possibile che per omicidio colposo il massimo della pena siano 5 anni. Proviamo a pensare che il nostro lavoro non è stato scelto per piacere, ma perché non c’era alternativa. Quando un giovane laureato del mio paese si trova in un cantiere a fare una mansione obbligata da questa società, dove solo i figli dei ministri devono fare i consulenti, possiamo pensare che lavora in uno stato di malessere? L’Italia paga milioni di euro a causa di infortuni sul lavoro. Più sicurezza e denunce rappresenterebbero, non solo un costo inferiore per lo Stato, ma anche un beneficio sulla qualità produttiva.” DAL LIBRO “MORTI BIANCHE”
Troppo doloroso leggere queste righe, immaginare quest’uomo mentre le scrive o le dice e immaginarlo ora,
che proprio sul lavoro è morto.
Un operaio, un minatore, uno che bucava le montagne e aveva sempre avuto il pallino della sicurezza, uno che non è mai stato zitto.
Pietro Mirabelli è morto sotto un masso che si è staccato e l’ha schiacciato: Pietro, che sempre s’è mobilitato per i diritti e la sicurezza sul lavoro, è morto, è stato assassinato proprio mentre lavorava, in Svizzera.
Ancora Atene bloccata dai camionisti in lotta: corrispondenza
La risposta degli autotrasportatori greci non s’è fatta attendere.
Già in presidio per tutta la notte davanti al parlamento, hanno aspettato sul piede di guerra il voto di questa mattina della legge sulle liberalizzazioni del loro settore, approvata in tarda mattinata in un’aula quasi completamente deserta (erano presenti 99 deputati su 300) .
Dopo aver bloccato le principali arterie del Paese, questa mattina i camionisti dell’Ellade, in una giornata già scossa dalla paralisi creata dallo sciopero dei ferrovieri, hanno assediato il Parlamento ateniese scontrandosi ripetutamente con le forze dell’ordine e rispondendo attivamente al fitto lancio di lacrimogeni.
Ancora intorno al Parlamento gli autotrasportatori stanno aspettando l’arrivo del corteo dei ferrovieri che si unirà alle loro proteste contro il piano di austerità del governo, che sta piegando da mesi il paese.
Anche a Salonicco le mobilitazioni stanno paralizzando la mobilità con una lunga fila di camion che si sta dirigendo verso il centro città.
In mattinata, dai microfoni di Radio Onda Rossa, un piccolo approfondimento sulla situazione greca in vista del prossimo sciopero generale, confermato ieri pomeriggio.
Fumogeni ed esalazioni tossiche
La meccanica dei fluidi è un ramo della fisica che studia le proprietà dei liquidi, dei vapori e dei gas. C’entra forse qualcosa con la politica? La risposta è si. Il fumo, per esempio.
Si tratta di una dispersione di particelle solide all’interno di un gas. Può essere tossico e velenoso, tuttavia non tutte le emissioni fumogene sono nocive. Molto dipende dalla natura e dalla densità delle particelle che lo compongono. Ad esempio, ci sono fumi che fanno soltanto polemica e fumi che uccidono. I primi sono emessi da fumogeni. In genere avvolgono le curve degli stadi all’inizio delle partite senza creare molto scalpore, al massimo qualche annoiata protesta. Se però vengono tirati durante un dibattito in risposta ad un lancio di sedie metalliche sulla testa dei contestatori, cosa che notoriamente fa molto male, come è accaduto alla festa del Pd di Torino mentre parlava il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, suscitano furore e isteria repressiva. Eppure questo tipo di utilizzo ha un effetto esattamente contrario a quello delle cortine fumogene. Elucida un contesto piuttosto che annebbiarlo. Insomma aiuta a far chiarezza nella testa dei lavoratori e non solo. Poi ci sono i fumi che uccidono. Esalazioni velenose come i gas sprigionati ieri dalla cisterna che ha ucciso tre operai a Capua. Le statistiche dicono che in media ci sono tre morti al giorno per lavoro. Ieri ce ne sono state quattro, di cui tre tutte in una volta. Un vero strike, come i birilli del bowling. Il quarto è morto a Pescia, in provincia di Pistoia, risucchiato dalla pressa di una fabbrica, la 3f ecologia, che si occupa del riciclo della carta. La vittima è un operaio di 36 anni, Marius Birt, di nazionalità romena. Al contrario dei fumogeni queste morti non sono percepite dall’establishment come un pericolo per l’ordine pubblico.
Bonanni e Marchionne possono dormire sonni tranquilli. Dormiranno male, invece, i familiari di Giuseppe Cecere, 50 anni, capuano, sposato e padre di tre figli e quelli di Antonio Di Matteo, 63 anni, di Macerata della Campania e Vincenzo Musso, 43 anni, di Casoria, che ieri si disperavano davanti alla Dsm, stabilimento con 80 dipendenti. Una multinazionale farmaceutica olandese con 200 siti distribuiti in 49 Paesi, che da quanto emerge dai primi accertamenti avrebbe dato in appalto ad una ditta edile di Afragola, la Errichiello, i lavori di pulizia del silos killer. Severo il primo giudizio sostituto procuratore di Santa maria Capua Vetere, Donato Ceglie, chiamato a svolgere l’inchiesta e che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo: «Da quanto sta emergendo mi sembra che non ci fosse sufficiente sicurezza e protezione». Killer dunque non sarebbe stato il silos ma le condizioni di lavoro, il che rinvia all’intera filiera delle ditte appaltatrici chiamate a svolgere questo genere di lavoro. L’abbattimento dei costi spinge a ricorrere a lavoro dequalificato con turni che si dilungano molto oltre l’orario normale, senza adeguata formazione, protezione, dotazione tecnica e sicurezza. Colpevoli sono quei rapporti sociali che disprezzano la vita di chi lavora. Sembra accertato che i tre stessero lavorando in ore di straordinario per terminare la bonifica della cisterna e che siano stati investiti da un improvviso processo di fermentazione dei residui presenti nel fondo del locale mentre smontavano i ponteggi. Uno dei tre sarebbe intervenuto per portare soccorso agli altri due, finendo anche lui privo di sensi. Le morti durante operazioni di pulizia e manutenzione delle cisterne sono diventate negli ultimi tempi una delle cause maggiori di decesso sui posti di lavoro.
L’ultimo episodio è accaduto il 25 agosto scorso in Puglia, anche lì vennero coinvolti tre lavoratori ma alla fine due si salvarono. Un altro episodio ci fu all’inizio dell’anno, in un paesino alla periferia di Alessandria, due operai scesi in un deposito di un distributore in disuso morirono investiti da un flusso di gas. Dal 2006 si contano almeno altri sette episodi di particolare gravità che portano il numero dei lavoratori avvelenati a 26. Terribile l’incidente accaduto a Mineo, in Sicilia, nel giugno 2008, che provocò la morte di sei operai che pulivano la vasca di un depuratore comunale. Non le misure di sicurezza e un diverso valore attribuito alla manodopera hanno ridotto il numero dei morti sul lavoro registrato dall’Istat nell’ultimo anno, ma solo il calo dell’occupazione e della produzione dovuto alla crisi. Lo prova il contemporaneo incremento delle malattie professionali. Si lavora in pochi, male e troppo.
3 morti sul lavoro in mezza giornata
Inizio a scrivere questa pagina alle 12.06 e mi chiedo a che ora sarà iniziata la loro giornata lavorativa.
Tre morti al giorno dicevano fosse la media nazionale, ma se dopo poche ore dall’inizio della giornata siamo già a cifra piena, bhè, non credo che arriveremo alla mezzanotte senza altri caduti.
Come in guerra. Caduti per nulla.
Per un muro, per un balcone, per una ruspa, per un cavo elettrico, per un volo di decine di metri, per un padrone.
Morire per un padrone, più triste ancora di morire per la “patria”…morire per portare due lire a casa.
Morire per il padrone a lavoro, morire per il padrone di casa a cui dare l’affitto, morire per un’economia che sfrutta,
morire per un capitalismo che mastica corpi di lavoratori come fossero bruscolini.
Ed oggi altri tre bruscolini morti in pochissime ore: è inaccettabile.
– Guido Rossi è morto vicino a Sondrio, folgorato da una scarica elettrica mentre tagliava un albero. Nel bosco di Cepina, frazione di Valdisotto, Guido stava tagliano un albero: è precipitato su un cavo dell’alta tensione da 22.000 volts, che trasporta energia dalla Svizzera alla Toscana.
C’è stata un’interruzione di corrente, mentre lui lavorava. Quando la linea è stata ripristinata una violenta e improvvisa scarica lo ha fulminato.
–Giovanni Conenna invece è morto nella contrada Del Monte a Coversano, schiacciato da una pala meccanica. Stava spostando materiale di risulta e probabilmente a casa del terreno ricco di zolle (o per un blocco meccanico) il mezzo, come troppo spesso accade, si è ribaltato sul corpo di Giovanni. 55 anni, se ne è andato con una pala meccanica spalmata sul corpo.
–Antonio Salierno poi, 51 anni, è mporto sempre stamattina, mentre lavorava nelle campagne foggiane di Ortanova. Era alla guida del suo escavatore, per eseguire dei lavori che gli erano stati commissionati: c’erano dei cavi d’altra tensione interrati ed è morto folgorato.
BASTA!
“Costituzione” e “democrazia” non sono valori che m’appartengono
La Costituzione??
La Democrazia??
Ma perchè? Perchè siamo diventati così?
Sarà dura per me stare in piazza questo 25 aprile: volevo portare il mio bambino al suo primo corteo di LIBERAZIONE ma non credo riuscirò a farlo.
Sono comunista, sono antifascista…ma quest’ antifascismo non mi piace, quest’antifascismo non m’appartiene.
Non riesco a vedere “compagni miei”, SANGUE MIO, invocare democrazia e Costituzione…
Non potete chiedermi di difendere la Costituzione…non la potete trattare come una cosa intoccabile, detentrice di valori eterni ed inviolabili.
Ma di cosa stiamo parlando?
Ma da quando amiamo la nostra Costituzione? La democrazia? Una costituzione che parla di “famiglia”, di “proprietà privata”?
La stessa democrazia che tiene i compagni in carcere da trent’anni, la stessa democrazia che ha regalato ergastoli e leggi speciali,
la stessa democrazia che sgombera le case, che carica i lavoratori e l’ha sempre fatto.
Quanti proletari sono stati ammazzati dalla nostra Costituzione???
Ieri ad Ostia c’è stata l’ennesima aggressione di Casa Pound: c’era un compagno solo ad attacchinare che s’è salvato per un pelo:
Volevo mettere il comunicato e non ne sono stata capace: si invocano le “forze sinceramente democratiche”… sul mio blog, scusate, non riesco a mettervi!
Non riesco a condividere strade e piazze nemmeno più con la retorica partigiana di personaggi come Bentivegna che poi hanno avallato ergastoli a go-go.
Basta, invece di capire questo, di superare quella retorica in modo antagonista e rivoluzionario facciamo addirittura passi indietro,
la peggioriamo, la rendiamo ancora più “democratica e populista”. Non ne posso più!
Vorrei contenuti di altro genere, vorrei parole nostre…non vorrei appellarmi solo al lessico borghese, alle Costituzioni borghesi e ai loro tribunali.
Questo 25 aprile mi sento molto sola, e non per i tanti fascisti in giro, ma per il modo in cui tentiamo di combatterli!
Quando muore un operaio…
Ogni morte sul lavoro è un assassinio.
Ogni assassinio sul lavoro è una morte ingiusta e terrificante.
La media al giorno di questo paese fa capire che parliamo di una vera e propria guerra, dove -alla spicciolata- mandiamo a morire uomini e donne, figlie e figli.
Oggi, il primo a far notizia è stato Sebastiano Storti, un operaio di 40 anni impiegato presso lo stabilimento chimico del gruppo Zambon, in una località della provincia di Vicenza.
E’ morto in un modo ancora da accertare: di certo è che la sua morte è stata orribile. E’ morto congelato dopo esser caduto in una vasca di liquido refrigerante mantenuto a 20 gradi sotto zero. La dinamica non è ancora chiara perchè nessuno ha assistito all’incidente: Sebastiano è stato trovato già morto da alcuni suoi colleghi che non riuscivano a trovarlo all’interno dell’azienda.
Era riverso all’interno di una vasca contenente 80 cm di liquido refrigerante.
Era un esperto addetto alla manutenzione, da sei anni dipendente dell’azienda.
Aveva tre bambini.
Lo stabilimento chimico è stato bloccato per l’intera giornata dallo sciopero di tutti i dipendenti.
Quando è precipitato il Tupolev con tutto il parlamento, i militari, vescovi e papponi vari del governo polacco ho scritto qualche sarcastica riga di giubilo: un “simpatico” lettore mi ha immediatamente scritto, altamente indignato, per chiedermi se quello era il mio modo di insegnare il valore della vita a mio figlio. Certamente!
Mio figlio imparerà che la vita dei padroni ha un valore decisamente diverso rispetto a quella degli sfruttati…e tu che mi scrivevi così velocemente per difendere quattro padroni nazisti (per una volta un po’ di più … ‘na volta tanto…!!) e una carrellata di divise e medagliette, vorrei tanto sapere se ti indigni anche per Sebastiano, morto congelato.
Se ti indigni per un rumeno che cade da un ponteggio, o un fanciullo massacrato dalla polizia…
Ancora assassinii nella centrale di Civitavecchia
Mentre prepariamo coratelle e carciofi, mentre si “brodetta” l’abbacchio e bollono le uova…
ci sono passata proprio l’altro ieri. Guidavo e ho rallentato, come sempre, nel passarle accanto. Venendo da Nord già raccontavo al mio cucciolo di Montalto, spiegavamo ai suoi occhietti curiosi e allegri quale mostro poteva diventare quel mostro che aveva davanti.
Dopo un po’ di km ecco altre ciminiere, le strisce in cielo: il sole era già tramontato.
La centrale di Civitavecchia fa più paura di notte, con tutte quelle luci a delineare il suo scheletro spaventoso.
Nemmeno poche ore dopo eccoci ancora a parlare di assassinii sul lavoro, ancora una volta al di là di quei cancelli…l’impianto Enelgreenpower del Gruppo Enel.
Una fuga d’ammoniaca, per quel poco che si sa ora, che ha causato la morte istantanea di un operaio e il ferimento di altri tre.
Aveva 33 anni, per ora non sappiamo altro, se non che era dipendente di una ditta esterna. Tanto per cambiare.
Una storia sentita già troppe volte…
é successo meno di 3 ore fa…proverò ad aggiornare.
Sciopero generale in una Grecia piegata dalla crisi …
Ancora una volta un paese paralizzato e titoli che parlano di “anarchici”, di giovani facinorosi che fanno a botte con la polizia. In realtà è un paese allo sfascio, è un paese incazzato nero da mesi e mesi … che è arrivato alla crisi totale, alla banca rotta, alla svendita al miglior offerente.
Ieri era il giorno del grande sciopero generale indetto per urlare contro questa crisi che rischia di esser pagata solo dai lavoratori, dai cittadini, dagli studenti, dai migranti, non ovviamente dai padroni. I numeri della crisi lasciano senza parole e l’Europa sembra muoversi a rilento nel cercare di trovare una soluzione: si diceva che i paesi dell’Unione fossero pronti a stanziare circa 25 miliardi di euro per le vuotissime casse greche, ma non è rimasta che una voce. Tornare alla dracma, dopo averla svalutata? Si parla anche di questo mentre le piazze scoppiano e i lavoratori incrociano le braccia.
Ieri s’è fermato tutto: chi è sceso in piazza sa benissimo chi deve pagare la crisi, sa benissimo di vivere in un paese piegato da speculatori, da politici incompetenti e collusi (non ci fa pensare proprio a nulla tutto ciò a noi italiani, noi siamoimpegnati a far battaglie per “carcerare” i politici, non per “liberare” gli sfruttati). Ad Atene la manifestazione è stata imponente: più di 40.000 persone hanno occupato le strade della città contro le politiche anti-deficit del governo. A Syntagma sono iniziati gli scontri con uno spezzone di circa trecento manifestanti, che hanno attaccato la polizia con pietre e bottiglie molotov, in risposta alle pesanti cariche dei reparti speciali e al fitto lancio di lacrimogeni e spray urticanti.
Si parla di una sola ragazza in stato di fermo, che avrà un direttissima nel corso della giornata.(proveremo ad avere aggiornamenti a riguardo)
Oltre alle mobilitazioni per lo sciopero generale, le organizzazioni studentesche, il blocco anarchico e altre organizzazioni avevano un secondo appuntamento pomeridiano in piazza Amerikis: una manifestazione Antifascista e Antirazzista in un quartiere che sta subendo (dopo anni di pacifica convivenza con molte comunità migranti da), oltre ad un incremento costante della repressione poliziesca, costanti attacchi da parte dei gruppi di estrema destra.
Ma poi nel leggere il volantino di convocazione si realizza immediatamente quanto il reale nemico sia lo Stato, più che di melma fascista, spesso solo utile strumento per propagandare odio e bisogno di “ordine” : è lo Stato a far la guerra ai migranti con le nuove leggi di cittadinanza. Lo Stato, ora con le poltrone occupate da un fantomatico partito di sinistra come il Pasok, a mandare avanti politiche di emarginazione sociale, di esclusione, di allontanamento dalla comunità per tutti i migranti. Uno Stato che, a braccetto con le politiche europee, demarca con sempre più netta violenza il confine tra legale e illegale: quello che può restare e quello che deve sparire.
Chi ha tentato di raggiungere Piazza Amerikis è stato bloccato da fitti cordoni della polizia e dei reparti speciali che hanno bloccato qualunque accesso alla marcia anti-razzista e anti-fascista, dichiarando “non autorizzata” qualunque genere di manifestazione. E così ancora scontri, per poi convergere verso i giardini di Patision…
Anche a Salonicco la giornata è stata estremamente calda: grandi mobilitazioni e anche in questo caso scontri con la polizia, che ha violato l’asilo universitario per l’ennesima volta!
AVOID SHOTING BLACKS, incontro pubblico all’ ex Snia
L’Osservatorio Antirazzista Territoriale Pigneto – Tor Pignattara
presenta
DOMENICA 24 GENNAIO 2010
ORE 18:00
AVOID SHOTING BLACKS
non sparare all’uomo nero
L’uomo nero, quello di cui ci parlavano da bambini per farci stare buoni, per farci ubbidire in silenzio, oggi lo incontriamo tutti i giorni: per le strade, nelle fabbrichette, nei campi, nelle case che nessun padrone vuole fittare.
I grandi di oggi, quelli che ci vogliono bambini ubbidienti, quelli che si riuniscono nei consigli dei ministri o in quelli d’amministrazione, ne vogliono tanti, come carboni da bruciare per far camminare la macchina a vapore di un sistema ingiusto, mentre noi, sempre più in affanno, alimentiamo il forno sudando senza posa.
E li vogliono neri, senza un volto e senza voce, a confondersi nella notte, ad affollare le nostre paure.
Ti tolgono la casa? Tutta colpa dell’uomo nero.
Ti tolgono il lavoro? Tutta colpa dell’uomo nero.
Non ci sono posti all’asilo nido? Tutta colpa dell’uomo nero.
Tutto questo ti fa rabbia? Devi sparare all’uomo nero.
Con le leggi sui flussi migratori, dalla Turco-Napolitano al Pacchetto-Sicurezza, passando per la Bossi-Fini, i governanti di ogni colore consegnano esseri umani senza diritti come carne da macello a padroni sempre più ingordi e feroci.
Quando questi uomini e donne si ribellano, gli stessi armano la mano di bianchi sottomessi per ricacciarli nel buio della clandestinità silente.
Rosarno non è solo la sottosviluppata periferia d’Europa. Rosarno è oggi il centro del mondo. Quello ch’è successo lì, oggi ci riguarda tutti.
Ne discutiamo con:
– i compagni e le compagne dell’Osservatorio Migranti Rosarno e della Rete Migranti reggina;
– i compagni e le compagne dell’ex Canapificio di Caserta;
– Mattia Vitiello, sociologo, studioso dei fenomeni riguardanti la manodopera immigrata impiegata in agricoltura;
– il connettivo terraTERRA.
Modera l’associazione DaSud
Sono invitate ad intervenire tutte le realtà del movimento antirazzista, gli agricoltori e i lavoratori immigrati.
CSOA eXSnia
via Prenestina 173
www.exsnia.it
contatti@exsnia.it
bakunino@micso.net
6antirazzista@inventati.org
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