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E’ morto Pietro Mirabelli, sul lavoro.


Sono Pietro Mirabelli, operaio della TAV e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). Da dodici anni sono presente sul cantiere del Cavet (Consorzio Alta Velocità Emilia e Toscana) l’impresa che ha vinto l’appalto per la realizzazione del tratto che permetterà di collegare Bologna a Firenze. In questi anni ho visto decine e decine di operai infortunarsi, diventare invalidi e morire. Manca poco alla fine della realizzazione. Molti uomini e donne saliranno sui treni e non immagineranno quanto sangue è stato versato, quante madri hanno pianto per i loro figli e quante mogli sono rimaste sole. L’attenzione sugli infortuni sul lavoro è forte quando ci sono incidenti nei luoghi di lavoro, se ne parla una settimana, e poi tutto viene messo nel conservatorio della dimenticanza. Ma ogni giorno muoiono lavoratori in aziende sconosciute, nell’edilizia, nell’agricoltura. Poi, quando accadono ad esempio stragi come quella di Torino, allora qualcuno se ne occupa. In uno dei tanti incidenti avvenuto nella realtà dove lavoro, ci fu un infortunio mortale nel tratto emiliano. Sull’articolo di giornale non ne è stato riportato nemmeno il nome. Il problema principale non lo affronta nessuno. Sulle procedure di sicurezze presenti sui piani operativi di sicurezza (POS) c’è scritto ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Un lavoratore consapevole del rischio che va ad affrontare, volendo potrebbe rifiutarsi di eseguire un incarico pericoloso. Ma a pericolo identificato si pensa alla famiglia, non si vuole mettere a rischio il posto di lavoro considerando quanto è difficile oggi trovarne uno. L’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi nella trasmissione di Fazio “Che tempo che fa”, ricordò il collegamento veloce fra Bologna-Firenze sottolineando 17 gallerie. Non un accenno ai lavoratori che hanno lasciato la vita per dare la possibilità a tutti gli italiani di accorciare le distanze. Pasqualino Giordano, 20 anni, è morto al primo giorno di lavoro, vogliamo ricordarlo? Io mi sento parte fondamentale della nostra società. Oggi però, televisione e giornali parlano dell’Isola dei famosi, mentre noi lavoriamo nel sottosuolo, dove il pericolo può arrivare da qualsiasi parte: dall’alto, dal basso, da destra e da sinistra. Ci sono macchine in movimento, esplosione di mine, fango, ecc. Un RLS o un RSU dovrebbe essere presente per ogni squadra. A volte i preposti alla sorveglianza o sono poco formati, o sono parenti dei datori di lavoro. Cosa significa? Se venisse riscontrata una situazione di rischio non si può fermare subito la produzione, si va avanti piano, piano cercando di fare attenzione. Si deve sempre sperare che non succeda niente. Quando ci vengono consegnati gli ordini di servizio,li firmiamo per ricevuta consegna. Poi ci viene data una mascherina antipolvere, un elmetto, guanti e tute ad alta visibilità. Oggi facciamo un corso su come utilizzare quanto ci viene fornito, ma solo dopo pressioni fatte dai RLS e RSU. Mi domando se queste protezioni siano sufficienti. Mio padre era minatore come me, l’ho visto ammalarsi di silicosi, l’ho visto spegnersi giorno dopo giorno all’età di 70 anni, un’agonia lenta. Io sono calabrese, della provincia di Crotone, dalle nostre parti non c’è occupazione. Metà del mio paese lavora nelle galleria. Un lavoro che non vuole fare più nessuno ed è comprensibile. Un lavoro usurante. Nel cantiere non è presente solo la ditta Cavet, alcuni lavori sono stati subappaltati. Ci sono più squadre che lavorano insieme. Io mi sono trovato a fare sopralluoghi per la sicurezza, dove c’erano squadre di piccole aziende subappaltatrici e non venivano rispettate le norme di sicurezza. Inoltre non c’è solo un problema di coordinamento fra squadre di operai che non si conoscono, ma anche di lingua. Perché ci sono molti extracomunitari, secondo me sfruttati perché li ho visti lavorare anche per 12/13 ore per turno.Spesso non conoscono i loro diritti. Io nella mia esperienza di RLS, ho fatto piccole conquiste, ma è presumibile che il pericolo non finisca una volta che il consorzio Cavet riconsegnerà il lavoro terminato. Il Cavet ha capito l’esigenza di fare corsi, anche se di poche ore, sulla sicurezza e sulla formazione. Mi consola l’idea di aver insegnato a qualcuno l’importanza del rispetto delle leggi per la sicurezza di noi operai. Purtroppo l’applicazione delle norme è fondamentale e i sindacati devono impegnarsi. Noi operai non solo siamo dimenticati presto, ma neanche ci viene data giustizia. Nel 2001 l’operaio Pasquale Adamo perse la vita mentre stava perforando il monte Morello con l’ausilio di uno speciale macchinario. Il suo giubbotto si è impigliato nella trivella, lo ha avvolto e stritolato. La condanna per i responsabili è stata una multa. Non si può pagare una multa per una vita umana. Non è possibile che per omicidio colposo il massimo della pena siano 5 anni. Proviamo a pensare che il nostro lavoro non è stato scelto per piacere, ma perché non c’era alternativa. Quando un giovane laureato del mio paese si trova in un cantiere a fare una mansione obbligata da questa società, dove solo i figli dei ministri devono fare i consulenti, possiamo pensare che lavora in uno stato di malessere? L’Italia paga milioni di euro a causa di infortuni sul lavoro. Più sicurezza e denunce rappresenterebbero, non solo un costo inferiore per lo Stato, ma anche un beneficio sulla qualità produttiva.” DAL LIBRO “MORTI BIANCHE”

Troppo doloroso leggere queste righe, immaginare quest’uomo mentre le scrive o le dice e immaginarlo ora,
che proprio sul lavoro è morto.
Un operaio, un minatore, uno che bucava le montagne e aveva sempre avuto il pallino della sicurezza, uno che non è mai stato zitto.
Pietro Mirabelli è morto sotto un masso che si è staccato e l’ha schiacciato: Pietro, che sempre s’è mobilitato per i diritti e la sicurezza sul lavoro, è morto, è stato assassinato proprio mentre lavorava, in Svizzera.

  1. Doriana Goracci
    22 settembre 2010 alle 22:00

    Il 4 dicembre del 2008 riportavo l’ennesimo appello dell’associazione onlus LEGAMI D´ACCIAIO (ex-operai ThyssenKrupp e familiari delle vittime) RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO e lo facevo in un articolo che avevo intitolato Tasti Dolenti con una piccola poesia che mi venne da scrivere di getto, con dolore profondo e rabbia, tanta…
    Le chiamano Morti Bianche
    forse perchè contengono tutti i colori.
    Diventano il nero della disperazione
    assenza cromatica.
    Il codice bianco del pronto soccorso
    indica nessuna urgenza
    tempo di attesa indefinito.
    La morte
    chiama al Tavolo
    dove non si gioca una partita.
    Non sono fantasmi queste morti
    reclamano Vita.

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  2. 22 settembre 2010 alle 22:04

    Parole sante, tanto che quella parola bianche non m’è mai andata giù…
    non sono fantasmi eppure spesso finiscono come tali e reclamano una vita che invece i loro soldati avvolti in tricolori vanno a togliere altrove.
    non se ne può più, questa morte è lacerante, come tutte quelle di tutti i giorni
    non si può morire lavorando
    non si può

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  3. 22 settembre 2010 alle 22:35

    ancora IN MARCIA !
    GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908
    —————————————————————–
    INFORTUNI: MORTO IN TUNNEL PIETRO MIRABELLI, MINATORE DELEGATO ALLA SICUREZZA

    LA MORTE NERA, HA COLPITO ANCORA
    E’ MORTO PIETRO MIRABELLI

    LE GRANDI OPERE SONO COSTRUITE CON LA TERRA, IL CEMENTO
    ED IL SANGUE DI CHI LAVORA
    PIETRO MIRABELLI, 54 ANNI, E’ MORTO STANOTTE SCHIACCIATO DA ALCUNI MASSI MENTRE LAVORAVA
    AL “FRONTE” DI SCAVO DEL TUNNEL FERROVIARIO “ALPTRANSIT” DI SIGIRINO,
    TUBO EST GALLERIA DI BASE DEL CENERI, CHE POTENZIARA’ I COLLEGAMENTI TRA ITALIA E SVIZZERA

    PIETRO , ERA UN MINATORE SPECIALE, DELEGATO SINDACALE, CHE HA DEDICATO
    LA SUA ESISTENZA ALLA DIFESA DELLA SICUREZZA E DELLA DIGNITA’ DEI MINATORI, IMPEGNATO
    PER IL RISCATTO SOCIALE E CULTURALE DEI SUOI COMPAGNI DI LAVORO

    LA STRAGE SUL LAVORO CONTINUA E NON CONOSCE CONFINI.
    LA CULTURA DELLA SICUREZZA DI CUI PIETRO ERA MAESTRO NON E’ BASTATA
    A SALVARLO DAL BLOCCO DI ROCCIA CHE UN MACCHINARIO GLI HA SCARICATO ADDOSSO

    IL SUO CONTRIBUTO UMANO E SINDACALE E’ STATO PREZIOSISSIMO DURANTE I LAVORI
    DELL’AV FERROVIARIA FIRENZE BOLOGNA, NEL MUGELLO, DOVE ERA RIUSCITO AD I
    INFRANGERE IL MURO DEL SILENZIO SULLA CONDIZIONE DEI MINATORI MODERNI.

    A LUI SI DEVE UNA SORTA DI GEMELLAGGIO TRA LE COMUNITA’ DEL MUGELLO
    E IL SUO PAESE DI ORIGINE, PAGLIARELLE NEL COSENTINO, LUOGO DI EMIGRAZIONE DI MINATORI

    LO ABBIAMO CONOSCIUTO E APPREZZATO IN DIVERSE INIZIATIVE ORGANIZZATE DALLA RIVISTA
    PER LE SUE COMPETENZE, LA SUA CALMA, IL SUO SGUARDO DOLCE E I SUOI TONI GENTILI

    IL SUO MODO DI FARE ATTIVITA’ SINDACALE, CONTINUANDO
    A LAVORARE AL “FRONTE”, LA SUA ONESTA’ INTELLETTUALE SI
    PERCEPIVANO ALL’ISTANTE STINGENDOGLI LA MANO: RUGOSA, ONESTA E FORTE

    INSIEME ALLE LACRIME E ALLA VICINANZA AI SUOI CARI ESPRIMIAMO TUTTA LA RABBIA CONTRO
    LE IMPRESE CHE PUR TRATTANDO LAVORAZIONI PERICOLOSISSIME CONTINUANO A NON ADOTTARE
    LE SOLUZIONI NECESSARIE SALVARE LA SALUTE E LA VITA DELLE PERSONE

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  4. 25 settembre 2010 alle 08:51

    Pietro Mirabelli è morto.
    Una notizia tragica. Una morte che dovrebbe essere onorata almeno altrettanto di quella di un parà morto in Afghanistan.
    Pietro Mirabelli era un delegato sindacale per la sicurezza sul lavoro. E il suo compito lo ha sempre assolto con efficienza, ottenendo anche notevoli risultati.
    Pietro Mirabelli non era certamente una persona che avrebbe accettato di eseguire un lavoro senza le necessarie ed obbligatorie condizioni di sicurezza.
    Ma molti lavori sono intrinsecamente pericolosi: i lavori in galleria, il montaggio delle gru, soltanto per citarne due.
    E l’imponderabile, l’imprevisto può accadere.
    E non mi sembra lecito affermare che è stato assassinato.
    Massima severità nei confronti delle ditte pirata che non rispettano le norme di sicurezza o utilizzano lavoratori “in nero”. Ma neppure giudizi aprioristici e avventati.
    Franco Isman

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  5. 25 settembre 2010 alle 09:09

    Onore all’Uomo, Onore al Lavoratore. Perché “lavorare” non deve essere solo un diritto-dovere, ma anche una formazione per la Vita, e non per la Morte.

    Grazie per averci ricordato chi non muore invano. Sul nostro blog l’ultimo articolo parla proprio del lavoro, in senso più generale, vieni a trovarci e a dirci cosa ne pensi: http://vongolemerluzzi.wordpress.com/

    Complimenti per il blog!

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  6. fishcanfly
    19 febbraio 2011 alle 14:36

    Eh già! C’è ancora molto da fare nel mondo operario! Post significativo!! Come il blog!

    Spero avrai modo e voglia di ricambiare la visita nel nostro blog dove si discute un argomento affine…

    http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/02/19/lo-strip-tease-dei-diritti-4/

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  1. 23 settembre 2010 alle 11:38
  2. 23 settembre 2010 alle 21:00
  3. 23 settembre 2010 alle 21:15
  4. 27 settembre 2010 alle 15:14
  5. 28 settembre 2010 alle 09:40
  6. 2 dicembre 2010 alle 14:25

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