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Fuori i torturati dalle galere: ORA!


Se c’è un motivo per cui da anni scrivo, leggo, ricerco materiale sulla tortura,
è perchè sento la necessità viscerale di buttarli fuori.
In Italia la tortura s’è mossa con mano pesante sui corpi dei militanti della lotta armata, dalla fine degli anni ’70 al 1982, maledetto anno cileno:
elettrodi attaccati al pene, manganelli nelle vagine, capezzoli tirati con pinze, la scientifica e ripetuta tortura dell’acqua e sale,
denominata dagli statunitensi waterboarding, finte esecuzioni e tanto altro…
questo è stato il nosto paese, che ha costruito un apparato specializzato, che correva qua e là per lo stivale ad improntare sale di tortura, tavolacci da boia, preordinati e decisi dai più alti apparati di Stato.
Nomi ormai noti, nomi che hanno fatto la loro splendida e medagliata carriera, fino a giungere, come Oscar Fioriolli a dirigere la Scuola di Formazione per la Tutela dell’Ordine Pubblico: quasi una barzelletta della storia (proprio colui che si occupò di “quel manganello”)

Dicevo,
se c’è un motivo che in tutti questi anni ha alimentato il mio bisogno di inchiestare i loro elettrodi e la catena di quei nomi,
è che ci son dei compagni, dei corpi di uomini e donne,
che vivono ancora reclusi (alcuni senza aver nemmeno mai fruito di un permesso).
Parliamo di una carcerazione iniziata così, con i trattamenti più atroci che l’essere umano possa immaginare, e MAI TERMINATA.
Da più, molto più di trent’anni ormai.

Ho letto molti testi,  incontrato medici,
imparato quanto lavoro si deve fare sulle menti e i corpi di chi ha subito la tortura per riuscirsi a riappropriare di sè stessi,
di un minimo di tranquillità nel toccare il proprio corpo,
o nell’abbandonarsi al sonno.

Tonnellate di studi, di pagine, di centri internazionali di riabilitazione per torturati, per uomini e donne che hanno il diritto di riprender la propria esistenza nelle mani, dai più minimi gesti.
NOI IN ITALIA SIAMO ALTRO A QUANTO PARE.
Noi i nostri torturati li teniamo in cella.
Noi i nostri torturati non li curiamo.
Noi non li facciamo accedere a nessun percorso riabilitativo, liberatorio, collettivo.
No.
Li teniamo chiusi, a scontare l’eternità del carcere e di corpi abusati.

Per quello penso sia NECESSARIO parlare di tortura,
conoscere i racconti di chi ha subito il waterboarding dalla voce stessa, rotta, da chi l’ha subito,
per quello dobbiamo seguire puntando tutti i fari a disposizione il tentativo che alcuni avvocati stanno facendo per “riaprire il processo Triaca” che altro non significa che eliminare la condanna (da lui totalmente scontata) per calunnia, datagli quando accusò lo Stato delle torture.
Annullare una condanna, e fare in modo che quei nomi siano scritti nero su bianco.
Nero su bianco, torturatore per torturatore.

Dal blog CONTROMAELSTROM
A Copenhagen, a pochi minuti dal centro città, è in funzione il Rehabilitation Centre far Torture Victims, dove si cerca di ricomporre l’unità corpo-mente in chi ha avuto l’esperienza della tortura. Un centinaio di fisio e psicoterapeuti cerca di restituire innanzitutto un corpo ai propri pazienti:
«Quasi sempre le vittime, per sopportare il dolore, hanno dovuto negare l’esistenza del proprio corpo».
Tort-1Alcuni pazienti, alla richiesta di rilassare i muscoli, reagiscono sopprimendo completamente ogni capacità di avvertire sensazioni fisiche. Si tratta dello stesso espediente che avevano già adottato in carcere per resistere agli aguzzini, espediente che nel Centro di riabilitazione finisce per ostacolare ogni terapia:
«È stato molto difficile restituire a quegli uomini il senso di possedere un corpo. Di volerlo toccare. Di volerne sentire le reazioni».
Non deve suonare strambo se un capitolo sugli effetti del carcere viene concluso con alcuni cenni sulla tortura. Quest’ultima non ha come semplice oggetto il corpo, ma usa il corpo come tramite materiale che conduce alla distruzione della psiche. Non ha come obiettivo quello di costringere il detenuto alla confessione, ma quello di annichilirlo, negarne sensibilità e qualità umane.

La tortura rappresenta una forma di antiterapia: mira a spezzare l’unità della persona. Ma come mai non suscita poi tanta indignazione? Forse perché viene avvertita come una pratica ortodossa in un mondo dove manipolazione, correzionalità di massa e terapia per normali costituiscono prassi quotidiana. Non viviamo nell’era che ha sostituito il maquillage con la protesi, nell’era della chirurgia estetica, della manipolazione dell’aspetto, dell’intelligenza, dei geni? Distruzione e manipolazione stanno a tortura e carcere come in una equazione a variabili incrociate.

Il carcere, nella migliore delle ipotesi è chirurgia morale che, nelle parole di Nietzsche, non può migliorare l’uomo, può ammansirlo; ci sarebbe da temere se rendesse vendicativi, malvagi, «ma fortunatamente il più delle volte rende stupidi».
Lévi-Strauss, nel classificare i diversi principi ispiratori della sanzione, considera da un lato le società che ingeriscono il corpo del deviante, dall’altro quelle che lo espellono, lo vomitano. Nel nostro contesto non vi è né antropofagia né il suo contrario, antropoemia, ma ortopedia, correzione del corpo e della mente attraverso la loro separazione. Gli operatori dell’istituto di Copenhagen ne sono consapevoli: compiono un lavoro di restauro, cercando di riunire con la dolcezza le due entità separate dall’afflizione.

Da Il carcere immateriale di Ermanno Gallo e Vincenzo Ruggiero, Edizioni Sonda, 1989, pagg. 103-137.

LINK:
breve cronologia ragionata e testimonianza di Ennio di Rocco, B.R.
Testimonianze di Emanuela Frascella e Paola Maturi, B.R.
Testimonianza Di Sisinnio Bitti, P.A.C.
Arresto del giornalista Buffa
Testimonianza di Adriano Roccazzella, P.L.
Le donne dei prigionieri, una storia rimossa
Il pene della Repubblica
Ma chi è il professor “De Tormentis”?
Atto I: le torture del 1978 al tipografo delle BR
De Tormentis: il suo nome è ormai il segreto di Pulcinella
Enrico Triaca, il tipografo, scrive al suo torturatore
Le torture su Alberto Buonoconto
La sentenza esistente
Le torture su Sandro Padula
Intervista a Pier Vittorio Buffa
Enrico Triaca: così mi ha torturato De Tormentis

  1. Marco Pacifici
    22 febbraio 2013 alle 21:18

    Valentina… FUORI TUTTI DALLE GALERE.

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  2. Marco Pacifici
    22 febbraio 2013 alle 21:21

    FUORI DALLE GALERE TUTTI ANCHE I FASCI ANCHE GLI ASSASSINI DEI NOSTRI COMPAGNI COMPAGNE… potrei dire …dilaniandomi …anche gli stupratori:POI CI PENSIAMO NOI. COLPIRNE CENTO PER EDUCARLI TUTTI. BELLO COME UN CARCERE CHE BRUCIA

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  3. Marco Pacifici
    22 febbraio 2013 alle 21:49

    Per tre minuti hai scritto quello che ho scritto:che le Dee ti accompagnino ed imparino da Te Sorella e Compagna Valentina (e scritto da ,me Anarchico che non ho dee tantomeno dei….)

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  4. Filippo
    18 marzo 2013 alle 17:11

    Ciao,
    volevo complimentarmi per il tuo sito su cui è possibile trovare davvero una vasta mole di informazioni interessanti.
    Sto facendo una piccola ricerca per un esame universitario e magari potresti aiutarmi. Ad oggi, 2013, ci sono ancora persone in carcere (o regime di semilibertà) per essere state coinvolte nella lotta armata dagli anni 70 fino ai primi anni 80? O cmq che sono stati scarcerati recentemente ( non più tardi di 5 anni fa)? Ti ringrazio molto per il bel lavoro che hai messo in piedi.

    Filippo

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  5. 18 marzo 2013 alle 17:14

    Cavolo se ce ne sono.
    Ce ne sono moltissimi ancora purtroppo: a Roma abbiamo solo 3 semiliberi al maschile (due ergastolani di cui un torturato,ma circa 7/8 persone hanno preso condizionale negli ultimi anni.), 1 al femminile in semilibertà mentre una chiusa, ancora in attesa di accedere ai permessi.
    A Latina c’è una compagna che non ha mai preso un permesso ed oltretutto era una prestanome di un appartamento.
    Poi nelle altre città c’è molto altro: anche Di Lenardo, torturato, non ha mai avuto permessi.
    Poi a milano c’è Moretti in semilibertà e altrove altri…

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  6. Filippo
    18 marzo 2013 alle 17:35

    Grazie per la risposta. Nella prima parte di quest’esame ho trattato la nascita dello spontaneismo armato e per la seconda ho bisogno di analizzare il “dopo” ovvero processi, sentenze, carcerazioni. Di Moretti lo ma sapevo ma sei sicura che Di Lenardo non è uscito? In biblioteca ho trovato un articolo del corsera del 2007 in cui si dava per imminente la sua scarcerazione(ma di sicuro sei più informata di me) Di queste
    persone che mi hai citato si possono sapere
    i nomi ? Magari puoi scrivermeli in pvt via mail. E’ che preparando il lavoro mi sto creando uno specchietto generale con nomi, cognomi, storia, militanza e date per ciascuno dei coinvolti, anche in maniera marginale. Ancora brava per il sito!
    Ciao
    Filippo

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  1. 22 febbraio 2013 alle 17:36
  2. 23 febbraio 2013 alle 19:27

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