Torture: TANA PER “DE TORMENTIS” (Nicola Ciocia)!!! E’ ora che il mastro torturatore d’Italia si faccia avanti!
AGGIORNAMENTO 18 GIUGNO 2013: LA CORTE DI APPELLO DI PERUGIA DICHIARA AMMISSIBILE LA RICHIESTA DI REVISIONE DEL PROCESSO TRIACA.
IL 15 OTTOBRE 2013 LE TORTURA ANDRANNO ALLA SBARRA E LA VERITA’ VERRA’ RISTABILITA.
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Nei primi anni 80 per contrastare la lotta armata oltre alle leggi d’emergenza, alla giustizia d’eccezione e alle carceri speciali, lo Stato fece ricorso anche alle torture
Paolo Persichetti
Liberazione 11 dicembre 2011
«Professor De Tormentis», era chiamato così il funzionario dell’Ucigos (l’attuale Polizia di prevenzione) che a capo di una speciale squadretta addetta alle sevizie, in particolare alla tecnica del waterboarding (soffocamento con acqua e sale), tra la fine degli anni ‘70 e i primissimi anni ’80 si muoveva tra questure e caserme d’Italia per estorcere informazioni ai militanti, o supposti tali, delle Brigate rosse.
Di lui, e del suo violento trattamento riservato agli arrestati durante gli interrogatori di polizia, parla diffusamente Nicola Rao in un libro recentemente pubblicato per Sperling&Kupfer, Colpo al cuore. Dai pentiti ai “metodi speciali”: come lo Stato uccise le Br. La storia mai raccontata. Rivelazioni che portano un colpo decisivo alla tesi, diffusa da magistrati come Caselli e Spataro (recentemente anche Turone) che vorrebbe la lotta armata sconfitta con le sole armi dello stato di diritto e della costituzione. In realtà alle leggi d’emergenza, alla giustizia d’eccezione e alle carceri speciali, si accompagnò anche il più classico degli strumenti tipici di uno stato di polizia: la tortura. Il velo su queste violenze si era già squarciato nel 2007, quando Salvatore Genova, uno dei protagonisti dell’antiterrorismo dei primi anni ’80, coinvolto nell’inchiesta contro le sevizie praticate ai brigatisti che avevano sequestrato il generale Dozier, cominciò a testimoniare quanto aveva visto: «Nei primi anni ’80 esistevano due gruppi – dichiara a Matteo Indice sul Secolo XIX del 17 giugno – di cui tutti sapevano: “I vendicatori della notte” e “I cinque dell’Ave Maria”. I primi operavano nella caserma di Padova, dov’erano detenuti i brigatisti fermati per Dozier (oltre a Cesare Di Lenardo c’erano Antonio Savasta, Emilia Libera, Emanuela Frascella e Giovanni Ciucci)». Per poi denunciare che «Succedeva esattamente quello che i terroristi hanno raccontato: li legavano con gli occhi bendati, com’era scritto persino su un ordine di servizio, e poi erano costretti a bere abbondanti dosi di acqua e sale. Una volta, presentandomi al mattino per un interrogatorio, Savasta mi disse: “Ma perché continuano a torturarci, se stiamo collaborando?”». Come sempre le donne subirono le sevizie più sadiche, di tipo sessuale.
Genova si salvò grazie all’immunità parlamentare intervenuta con l’elezione in parlamento come indipendente nelle liste del Psdi del piduista Pietro Longo (numero di tessera 2223). In quell’intervista Genova si libera la coscienza: «Ovunque era nota l’esistenza della “squadretta di torturatori” che si muoveva in più zone d’Italia, poiché altri Br (in particolare Ennio Di Rocco e Stefano Petrella, bloccati dalla Digos di Roma il 3 gennaio 1982) avevano già denunciato procedure identiche. Non sarebbe stato difficile individuarne nomi, cognomi e “mandanti” a quei tempi». Ma quando il giornalista Piervittorio Buffa raccontò sull’Espresso del marzo 1982 quella mattanza, “informato” dal capitano di Ps Ambrosini (che vide la porta di casa bruciata da altri poliziotti), venne arrestato per tutelare il segreto su quelle pratiche decise ad alto livello.

“Il pene della Repubblica”: Cesare Di Lenardo
Chiamato in causa, una settimana dopo anche il «professor De Tormentis» fece sentire la sua voce. Il 24 giugno davanti allo stesso giornalista disseminava indizi sulla sua reale identità, quasi fosse mosso dall’inconscia volontà di venire definitivamente allo scoperto e raccontare la sua versione dei fatti su quella pagina della storia italiana rimasta in ombra, l’unica – diversamente da quanto pensa la folta schiera di dietrologi che si esercita da decenni senza successo sull’argomento – ad essere ancora carica di verità indicibili. De Tormentis non si risparmia ed ammette “i metodi forti”: «Ammesso, e assolutamente non concesso, che ci si debba arrivare, la tortura – se così si può definire – è l’unico modo, soprattutto quando ricevi pressioni per risolvere il caso, costi quel che costi. Se ci sei dentro non ti puoi fermare, come un chirurgo che ha iniziato un’operazione devi andare fino in fondo. Quelli dell’Ave Maria esistevano, erano miei fedelissimi che sapevano usare tecniche “particolari” d’interrogatorio, a dir poco vitali in certi momenti». La struttura – rivela a Nicola Rao il maestro dell’annegamento simulato – è intervenuta una prima volta nel maggio 1978 contro il tipografo delle Br, Enrico Triaca. Ma dopo la denuncia del “trattamento” da parte di Triaca la squadretta venne messa in sonno perché – gli spiegarono – non si potevano ripetere, a breve distanza, trattamenti su diverse persone: «se c’è solo uno ad accusarci, lascia il tempo che trova, ma se sono diversi, è più complicato negare e difenderci». All’inizio del 1982 venne richiamato in servizio. Più che un racconto quella di “De Tormentis” appare una vera e propria rivendicazione senza rimorsi: «io ero un duro che insegnava ai sottoposti lealtà e inorridiva per la corruzione», afferma presagendo i tempi del populismo giustizialista. «Occorreva ristabilire una forma di “auctoritas”, con ogni metodo. Tornassi indietro, rifarei tutto quello che ho fatto».
Oggi l’identità di “De Tormentis” è un segreto di Pulcinella. Lui stesso ha raccontato di aver prestato servizio in polizia per quasi tre decenni, uscendone con il grado di questore per poi esercitare la professione di avvocato. Accanto al questore Mangano partecipò alla cattura di Luciano Liggio; poi in servizio a Napoli sia alla squadra mobile che all’ispettorato antiterrorismo creato da Emilio Santillo (sul sito della Fondazione Cipriani sono indicate alcune sue informative del periodo 1976-77, inerenti a notizie raccolte tramite un informatore infiltrato in carcere), per approdare dopo lo scioglimento dei nuclei antiterrorismo all’Ucigos dove ha coordinato i blitz più «riservati».
De Tormentis riferisce anche di essere raffigurato in una delle foto simbolo scattate in via Caetani, tra gli investigatori vicini alla Renault 4 dove si trovava il corpo senza vita di Moro. In rete c’è traccia di un suo articolo scritto nel gennaio 2001, su un mensile massonico, nel quale esalta le tesi del giurista fascista Giorgio Del Vecchio, elogiando lo Stato etico («il diritto è il concentrato storico della morale»), e rivendica per la polizia i «poteri di fermo, interrogatorio e autonomia investigativa». Nel 2004 ha avuto rapporti con Fiamma Tricolore di cui è stato commissario per la federazione provinciale di Napoli e, dulcis in fundo, ha partecipato come legale di un funzionario di polizia, tra l’86-87, ai processi contro la colonna napoletana delle Br, che non molto tempo prima aveva lui stesso smantellato senza risparmio di metodi “speciali”. Una singolare commistione di ruoli tra funzione investigativa, emanazione del potere esecutivo, e funzioni di tutela all’interno di un iter che appartiene al giudiziario, che solo in uno stato di eccezione giudiziario, come quello italiano, si è arrivati a consentire.
Forse è venuto il momento per questo ex funzionario, iscritto dal 1984 all’albo degli avvocati napoletani (nel suo profilo si descrive «già questore, penalista, cassazionista, esperto in investigazioni nazionali e internazionali su criminalità organizzata, politica e comune, sequestri di persona»), di fare l’ultimo passo alla luce del sole. Sul piano penale “De Tormentis” sa che non ha da temere più nulla. I gravi reati commessi sono tutti prescritti (ricordiamo che nel codice italiano manca quello di tortura).
L’ex questore, oggi settantasettenne, ha un obbligo morale verso la società italiana, un dovere di verità sui metodi impiegati in quegli anni. Deve qualcosa anche ai torturati, alcuni dei quali dopo 30 anni sono ancora in carcere ed a Triaca, che subì la beffa di una condanna per calunnia. Restano da sapere ancora molte altre cose: quale fu l’esatta linea di comando? Come l’ordine sia passato dal livello politico a quello sottostante, in che termini sia stato impartito. Con quali garanzie lo si è visto: impunità flagrante. Venne pizzicata solo una squadretta di Nocs capeggiata da Genova. Condannati in primo grado ma prosciolti in seguito. Di loro, racconta compiaciuto “De Tormentis”: «vollero strafare, tentarono di imitare i miei metodi senza essere sufficientemente addestrati e così si fecero beccare». All’epoca Amnesty censì 30 casi nei primi tre mesi dell’82; il ministro dell’Interno Rognoni ne riconobbe 12 davanti al parlamento, ma il fenomeno fu molto più esteso (cf. Le torture affiorate, Sensibili alle foglie, 1998). La tortura, scriveva Sartre: «Sconfessata – a volte, del resto, senza molta energia – ma sistematicamente applicata dietro la facciata della legalità democratica, può definirsi un’istituzione semiclandestina».
LINK:
Chi è De Tormentis?
Quando si torturavano i tipografi
Sul corpo delle donne
Sul corpo delle donne, fuori dal carcere
e qui tutto ciò che c’è di pubblicato su qeusto blog riguardo la tortura sui corpi dei prigionieri politici italiani: LEGGI!
Questa storia e queste foto sono un tormento per me e lo è tutto ciò che rientra sotto la parola tortura. Ho letto il libro di Rao ( l’altro non l’ho trovato) e non ho cambiato idea riguardo alla tortura. I racconti di alcuni episodi della follia delle Br non hanno cambiato di una virgola il mio disgusto nei confronti della follia della tortura. Perchè nessuno dovrebbere permettersi di ledere la dignità di un altro essere umano chiunque esso sia.
Provo empatia per le vittime dei brigatisti e per i brigatisti ma non per i torturatori.
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Provo empatia per i compagni delle BR ma non per le “vittime”, e provo disprezzo,odio viscerale per TUTTI, TUTTI, ED IN TUTTO IL MONDO PER COLORO CHE UTILIZZANO QUESTI METODI DA ANORMALI, CHE AMMETTONO UNA SOLA CURA: LA MORTE. Gianni
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e diciamolo come si chiama, visto che è appunto un segreto di Pulcinella: Nicola Ciocia.
Il suo articolo sul giornale massone inizia con questa frase: “E’ infallibile e ancora attuale il vecchio adagio: ‘Si raccoglie ciò che si semina’.” (http://utenti.multimania.it/ilrazionale/gennaio.PDF)
Se è davvero così, cosa raccoglierà codesto gentiluomo?
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il pensiero è allettante!
quell’articolo in questi giorni l’ho letto più volte,ogni volta con meno parole …
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Era ragazzino quando sulla rivista Autonomia di padova uscirono le foto di cesare di lenardo.Oggi ascoltando una radio ho appreso che questo compagno oltre che torturato e’ ancora in carcere.Sono rimasto sconvolto.
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la voce che hai sentito raccontare quei fatto era la mia e quella di Paolo,che ha firmato questi articoli…contenta che tu l’abbia ascoltata! cesare non solo è ancora in carcere,ma non ha mai fruito di permessi … è chiuso, da quel giorno
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Sarebbe molto importante e significativo che riusciste a mettere insieme la lista dei compagni ancora in carcere e sbandierarla ai quattro venti.Spero possiate riuscirci. Saluti a pugno chiuso! Gianni
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una cosa è certa, e poi ognuno ne faccia quel cazzo che ne vuole: in quegli anni la tortura c’è stata. Lo sapeva Caselli, Spataro, il PCI ed anche io, e poi gli altri…ognuno ne faccia quello che vuole…..per me Caselli, Spataro ed il PCI sono dei torturatori..perchè sapevano e lo hanno fatto…
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ed è così…
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…..credo che in assenza di una soluzione politica che metta fine agli anni settanta per chi è ancora in carcere, almeno i torturati siano rimessi subito in libertà.
…… ma la vendetta è un sentimento umano che i vecchi compagni hanno rimosso?….. e quelli giovani ?!, … io francamente se fossi stato uno di loro (quelli vecchi) forse non avrei resistito alla tentazione di mettermi faccia a faccia con chi mi avesse fatto sputare sangue….. e poi, almeno sputargli in faccia….
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per ” vocazione” ho aderito al cattiverio che la borghesia capitalistica definisce destra extraparlamentare, ma ho sempre rispettato.ed a volte ammirato chi per idee opposte alle mie lottava contro il sistema dell’usurocrazia capitalistica, odio da sempre il fascistismo legalista “fedeltà allo stato”? ma a questo stato? le torture sono state generate da chi ha creato la frattura tra estrema destra ed estrema sinistra , creando un odio artificiale! oggi non esiterei ad unirmi a compagni di lotta ,per punire chi ha abbusato della divisa”pistola”contro l’idea di un mondo ordinato secondo i riferimenti a cui aderiva.
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vorrei,a proposito dei comportamenti delle cosidette forze dell ordine che spiegassero come si sono svolti veramente i fatti a trani e dei pestaggi e delle vere e proprie torture a cui sono stati sottoposti i prigionieri e se si sentono tanto democratici che ce lo dicano,il solo che non puo parlare e calvaligi cche sicuramente stava nell elicopttero che girava poco prima dell intervento dei gis
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io so soltanto che adesso sono paralizzato e non escludo che sia un ricordo di tutto quello che mi hanno fatto a trani,per non parlare di nuoro ed in piu mi sono fatto tre anni in piu prima di essere assolto ma nemmeno la carcerazione subita mi hanno conteggiato,altro che risarcimenti di cui sono solo capaci di lavarsi la bocca,so che enrico triaca l ho conosciuto bene a trani e devo dire che si e sempre fatto la sua galera con dignita e so che la storia delle torture e vera perche non mi avrebbe mai raccontato delle palle,come so di un compagno marchigiano che tutti sapevamo non aver mai fatto parte delle br eppure stava in carcere,e parlo di anni,per banda armata
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provo grande riconoscenza e ho grande stima per le compagne e i compagni di tutte le formazioni combattenti.hanno fatto un solo grosso errore.avrebbero dovuto cercare il consenso delle masse proletarie educandole a risolvere i loro problemi contingenti, aiutandole con supporto militare.
La tortura è l’unico strumento che i guardiani del capitale conoscono.per contrastare le legittime rivendicazioni delle classi povere disagiate umiliate,e non sono soltanto quelle corporali inflitte alle,ai nostri magnifici combattenti
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La tortura è lo strumento che da sempre serve , non tanto per estorcere informazioni, bensì a terrorizzare e annichilire chi tenta di ribellarsi. Il solo racconto degli sventurati che la subiscono diventa un deterrente per inibire i conflitti sociali . Non mi sorprende che ciò stia avvenendo attualmente in Grecia, per contenere l’ira di un popolo rapinato. Verrà il tempo che anche in Italia si tornerà a riutilizzare questa infamia, quando sarà il nostro turno di tosatura . Di vigliacchi come Ciocia non si rimane mai a secco e chi detiene il potere ne è consapevole.
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