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Tortura e leggi speciali: botta e risposta con Miguel Gotor


AGGIORNAMENTO 18 GIUGNO 2013: LA CORTE DI APPELLO DI PERUGIA DICHIARA AMMISSIBILE LA RICHIESTA DI REVISIONE DEL PROCESSO TRIACA.
IL 15 OTTOBRE 2013 LE TORTURA ANDRANNO ALLA SBARRA E LA VERITA’ VERRA’ RISTABILITA.
LEGGI QUI LE NOVITA’, OTTIME: LEGGI

Da uno storico avrei accettato del cinismo, un commento come “infondo facevate la guerra allo Stato e quello non poteva far altro che usare i mezzi che solitamente gli Stati usano per combattere i propri nemici: tortura, galera e morte.

Il pene di Cesare Di Lenardo

Invece no, qui siamo al negazionismo più totale sulla storia recente del nostro paese: Miguel Gotor ha pubblicato un libro sulle Brigate Rosse che pesa qualche kg, ed ha il pedigree dello storico al contrario di tutti quelli che invece riempiono gli scaffali delle nostre boutique di carta stampata.
Da uno storico ci si aspetta che si faccia storia, punto.
Invece nell’articolo di risposta a Cesare Battisti, comparso sulle pagine di Repubblica il 29 agosto, compie un vero e proprio atto di negazionismo.
Nel negare che ci son state delle torture sui corpi dei prigionieri politici (quasi tutti membri delle Brigate Rosse o di Prima Linea) si fa una bieca operazione, sporca, irrispettosa verso la storia, verso quei corpi e verso i tribunali che hanno anche sentenziato a riguardo.
Negare che il pene di Cesare Di Lenardo è stato torturato, è impossibile, perché lo dicono delle fotografie e delle carte processuali:
nessuno ha scontato il carcere per le torture sul suo corpo perché i reati erano prescritti e perché siamo un paese che malgrado condanni anche i ladri di mele, non ha mai preso in considerazione la tortura.
Negare che i capezzoli e le vagine di Emanuela Frascella e Paola Maturi siano stati torturati è una vergogna.
Negare che il giovane giornalista Pier Vittorio Buffa abbia fatto il carcere perché ha provato a tirar fuori le torture padovane, è impossibile e vergognoso.
Uno storico non può farlo, se non vuole fare del negazionismo.
Uno storico non deve farlo se di mestiere non fa il servo.
Questo blog ha una sezione intera dedicata alla tortura in Italia, una sezione che dovrebbe e potrebbe essere molto più ricca di materiale, quindi, leggete e diffondete, ma soprattutto, cercate altro materiale e fatelo circolare.
CORRISPONDENZA di commento su Radio Onda Rossa:
una chiacchierata insieme a Paolo Persichetti, ex esponente della lotta armata e attualmente in regime di semilibertà ( il suo blog è Insorgenze), sulla tortura e lo stato d’emergenza in Italia durante quegli anni, fino allo stato d’emergenza permanente.
ASCOLTA LA CORRISPONDENZA 
QUI SOTTO LA RISPOSTA DI GOTOR A QUESTA PAGINA E A QUELLO CHE CI SIAMO DETTI IN RADIO…
sperando che il dibattito prosegua
I LINK SULLA TORTURA
1) Introduzione al libro di Alleg di Jean-Paul Sartre
2) 
breve cronologia ragionata e testimonianza di Ennio di Rocco, B.R.
 3) Testimonianze di Emanuela Frascella e Paola Maturi, B.R.
4)  
Testimonianza Di Sisinnio Bitti, P.A.C.
5) 
Arresto del giornalista Buffa
6) 
Testimonianza di Adriano Roccazzella, P.L.
7) 
Le donne dei prigionieri, una storia rimossa
8 ) 
Il pene della Repubblica
9) 
Ma chi è il professor “De Tormentis”?
10)
 Atto I: le torture del 1978 al tipografo delle BR
11) 
De Tormentis: il suo nome è ormai il segreto di Pulcinella
12) Una lettera all’albo degli avvocati di Napoli
13) Enrico Triaca, il tipografo, scrive al suo torturatore
14) Le torture su Alberto Buonoconto 1975
15) La sentenza esistente
16) Le torture su Sandro Padula, 1982
17) 
La prima parte del testo di Enrico Triaca
18) Seconda parte del testo di Triaca
19) L’interrogazione parlamentare presentata da Rita Bernardini
20) 
” Chi l’ha visto? ” cerca De Tormentis, alias Nicola Ciocia
21) 
Due firme importanti: Adriano Sofri e Pier Vittorio Buffa
22) Mauro Palma, sulle pagine de Il Manifesto
23) L’interrogazione parlamentare cade nel vuoto
24) L’intervista mia e di Paolo Persichetti a Pier Vittorio Buffa
25) Cercavano Dozier nella vagina di una brigatista 
  1. 31 agosto 2011 alle 18:42

    Odio la tortura su qualunque essere umano sia perpetuata perciò raccolgo il tuo annuncio e diffondo sul mio blog segnalando questo tuo articolo.Grazie per le informazioni. Tante cose ci sono che non so.
    Di quello che so ti dico che In Italia non c’è solo la tortura ma anche un buco legislativo su di essa: basti leggere dei processi sul g8 genovese in cui si racconta nel libro, che ho già citato qui da te, di Agnoletto e Guadagnucci, L’eclisse della democrazia.
    Grazie per le informazioni documentate e coraggiose che ogni giorno ci dai e grazie a Radio Onda rossa che ho tra i link e, non so se mi crederai, ma a volte la ascolto. Grazie di nuovo.

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  2. Miguel Gotor
    31 agosto 2011 alle 23:10

    Gentile Valentina Perniciaro,
    ho letto le tue affermazioni che riguardano il mio articolo su Cesare Battisti, uscito su «la Repubblica» il 29 agosto 2011 e ascoltato il link di «Radio Onda Rossa». Consentimi due puntualizzazioni, a partire dal fatto che nell’articolo mi riferisco solo alle dichiarazioni di Battisti contenute nell’intervista «Istoé» per come sono state riportate dalle principali agenzie di stampa nei giorni scorsi:
    1) Battisti avrebbe dichiarato che «i responsabili degli omicidi di cui è stato accusato» (ossia Santoro, Sabbadin, Torreggiani, Campagna) sono stati torturati. A me non risulta e l’ho scritto in buona fede, ma se mi sbagliassi non avrei difficoltà a fare ammenda del mio errore. A quanto ne so subirono gravi maltrattamenti un gruppo di autonomi della Barona che furono però scagionati dalle accuse e dunque non possono essere considerati i responsabili di quegli omicidi. Con questo, naturalmente, non intendo negare che nelle carceri italiane, tra gli anni Settanta e Ottanta, siano avvenuti episodi di tortura e di sevizie come mi viene attribuito impropriamente da te e dalla radio. Sarebbe impossibile farlo. Nel mio volume «Il memoriale della Repubblica» a cui si fa riferimento, cito proprio a questo proposito alle pagine 56 e 126 l’impressionante libro-denuncia a cura di Franca Rame, «Non parlarmi degli archi parlami delle tue galere» del 1984 dedicato alla tragica e umanissima vicenda di Alberto Buonoconto che contiene la foto di Cesare Di Lenardo da te riportata e altre drammatiche immagini che provano quella pratica.
    2) nel mio articolo sostengo che non ci siano stati «tribunali straordinari» (ad esempio militari), il che è vero. Altra è la questione delle carceri speciali (che ci furono eccome) e delle cosiddette leggi di emergenza, la cui realtà è fuori discussione. Del resto, che in Italia ci sia stato durante il sequestro Moro uno stato di emergenza non dichiarato, è un asse portante del mio lavoro che si è proposto di indagare proprio il funzionamento di un sistema democratico-parlamentare nei cosiddetti «stati di eccezione» non formalizzati.
    Ti ringrazio per l’ospitalità.

    Miguel Gotor

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  3. 1 settembre 2011 alle 14:58

    Gentile professore,
    scusi per il ritardo nell’approvazione del suo commento e nella risposta.
    Inizio ringraziandola per l’attenzione e per le righe che ha scritto su questa pagina, perché incontrare persone disposte al confronto in quest’epoca è sempre più raro.
    Ne avrei di cose da dirle e proverò ad essere rapida, invitando chiunque voglia a continuare quella che potrebbe diventare un’interessante conversazione.
    Le due puntualizzazioni che lei fa in queste righe a me dirette hanno un tono che sembrano smentire categoricamente quello usato sulle ben più lette pagine di Repubblica: lei risponde a Cesare Battisti (per cui ho più volte dichiarato su questo blog di non provare una profonda simpatia, ma questo c’entra e conta poco) con molta acrimonia.
    Forse troppa, visto che poi a me smentisce le sue stesse parole. Lei stesso scrive su Repubblica che “nel nostro paese la lotta contro il terrorismo è stata condotta in difesa della libertà e delle istituzioni democratiche e ciò è avvenuto nel rispetto dello Stato di diritto e senza ricorrere a tribunali straordinari”, poi dice a me “non intendo negare che nelle carceri italiane, tra gli anni Settanta e Ottanta, siano avvenuti episodi di tortura e di sevizie “.
    Che vuol dire?
    La tortura e la sevizia sul corpo di un prigioniero (che sia politico o comune) equivale quindi a condurre la repressione nel rispetto dello Stato di diritto?

    Mi parla del libro di Franca Rame (le consiglio di leggere “Le torture affiorate”, Ed. Sensibili alle Foglie) citandomi le foto di un pene con dei chiari segni di elettrodi … io l’ho letto quel libro, chi invece s’è cimentato nella lettura del suo articolo su Repubblica probabilmente no e dalle sue righe non ha certo dedotto di vivere in un paese che ha torturato, recentemente.
    Sa qual è la cosa che più mi preme?
    Io sono nata nel 1982, quando le aule bunker iniziavano a vomitare ergastoli anche per i prestanome degli appartamenti.
    Quel che mi preme è riuscire a fare un po’ di storia e su questo, data la sua “occupazione”, credo ci sia un possibile feeling tra noi.
    E allora per me fare storia è dirsi la verità, cercare la verità, occuparsi di ribaltare le menzogne giornalistiche o complottiste che hanno invaso gli scaffali delle librerie: insomma, fare storia sugli anni ’70 per me vuol dire scardinare il modo in cui fino ad ora è stata fatta.
    Per quello il suo articolo mi ha fatto arrabbiare; perché chi lo legge non è un esperto di anni ’70, di articolo 90, di leggi speciali, di rivendicazioni, repressione, chi lo legge pensa che Dalla Chiesa si è occupato di Mafia punto…
    quindi deduco che chi ha letto il suo articolo ha capito che in Italia non si è mai torturato, che in Italia lo Stato è buono e s’è difeso contro chi voleva sovvertirlo nel più candido dei modi. E questa è una menzogna.

    Solo una riga ancora a riguardo: Cesare Di Lenardo (per citare solo il caso più eclatante, perché di nomi ce ne sono diversi altri), l’uomo di cui nominiamo il pene come nulla fosse, non solo non è mai stato curato per eventuali PTSD (Post trauma stress disorder, tipico di chi ha subito tortura) ma ancora non ha mai ottenuto un giorno di libertà, da quando presero il suo pene e lo attaccarono alla corrente.
    Avrebbe diritto da anni ad esser fuori, tra permessi, art. 21 e semilibertà … ma non ha mai chiesto nulla allo Stato che ha preso il suo corpo per seviziarlo.
    Io non ero ancora nata.
    Poi, per quanto riguarda i tribunali speciali: avevano smesso di lavorare da meno di 40 anni quelli fascisti, non era certo facile per i nostri cari costituenti istituirne di simili. Però non prendiamoci in giro perché è poca la differenza tra corti speciali e “specializzate”, perché è stata introdotta la differenziazione dei circuiti detentivi e creata la premialità previo collaborazione e dissociazione.
    Tutte cose che ancora esistono, felicemente in vigore.
    Capisce forse il motivo per cui mi sfugge il suo concetto di “stato di diritto”.

    Spero di poter continuare la conversazione e la ringrazio ancora

    Valentina

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  4. Spartaco
    1 settembre 2011 alle 14:59

    Lo scritto di Gotor su “la Repubblica” del 29/8 richiama alla mente un modo di far giornalismo e di far politica che
    noi comunisti chiamiamo “stalinismo”(ma è modalità presente in molti altri ambienti). Secondo questo meccanismo si attacca la persona più “antipatica” di un ambiante, un’area politica (in questo caso la lotta armata) e si scarica su di lui (o lei) tutte le forzature, fino alle falsità, atte a dimostrare un teorema.
    E’ ovvio che Battisti non è un personaggio simpatico a nessuno, non lo è nemmeno a chi la lotta armata l’ha fatto sul serio, per come si comporta per quel suo essere “gradasso” e “fanfarone”; ma è superfluo ricordare che l’antipatia non è un buon motivo per sbattere in galera un uomo.
    E così nell’attaccare Battisti si fanno passare una serie di forzature, perfino falsificazioni come quelle che in Italia nel conflitto degli anni Settanta e Ottanta lo Stato, in molti casi, non avrebbe usato la tortura, le fucilazioni a persone non in grado di nuocere (ricordiamo la strage di Via Fracchia, prima ancora la strage nel carcere di Alessandria e delle Murate di Firenze, l’assassinio di Fausto e Iaio e tantissimi altri) né le leggi speciali, carceri speciali, processi
    speciali, e via specializzando. Tesi che trovano buon ascolto perché, appunto, l’oggetto di tale accusa non è simpatico ai più. E’ questo il vero punto debole di tutta la “excusatio” di Godor: ossia come fare storia senza voler affermare aprioristicamente una tesi (che tra l’altro piace molto a “la Repubblica”)

    Spartaco

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  5. 1 settembre 2011 alle 15:31

    Per chi non avesse avuto modo di leggere l’articolo:

    Le bugie di Battisti terrorista non pentito
    Pubblicato il 29 agosto 2011 su La Repubblica da Miguel Gotor

    Ancora un’intervista di Cesare Battisti, questa volta alla rivista brasiliana «Istoe», l’ultima di una serie che si immagina lunga. Forse la soluzione migliore sarebbe ignorarlo, lasciandolo cuocere nella sua gaglioffa mediocrità. Ma poi si pensa alle vittime senza giustizia delle sue azioni, lo si sorprende su una spiaggia brasiliana a cesellare, tra una battuta di pesca e l’altra, la propria immagine di scrittore maudit e allora non si riesce a sfuggire all’esigenza civile di rispondere colpo su colpo alle menzogne da lui rilasciate a mezzo stampa.

    La prima bugia riguarda l’affermazione che le autorità italiane avrebbero torturato i responsabili degli omicidi per i quali ora Battisti si dichiara innocente. Non è vero, ma in questo modo si vuole accreditare davanti all’opinione pubblica internazionale una visione distorta dell’Italia negli anni Settanta. Nel nostro Paese la lotta contro il terrorismo è stata condotta in difesa della libertà e delle istituzioni democratiche e ciò è avvenuto nel rispetto dello Stato di diritto e senza ricorrere a tribunali straordinari, nonostante le tante pressioni e vere e proprie provocazioni che provenivano in tal senso dalla società civile, dalla destra reazionaria come dalla sinistra estremista, affinché fossero adottate leggi speciali con l’obiettivo di radicalizzare vieppiù lo scontro politico e sociale. Battisti è stato condannato non per le sue opinioni politiche, ma per avere ucciso esponenti delle forze dell’ordine e cittadini inermi e per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi che nel corso degli anni ha persino rivendicato in pubbliche interviste. Le sentenze che lo riguardano sono passate in giudicato, dopo giusti processi celebrati davanti a corti popolari che hanno superato il vaglio della Cassazione. Essendo latitante, l’imputato è stato condannato in contumacia, ma non ha mai rinunciato al diritto di difesa degli avvocati da lui nominati che gli è stato garantito in ogni grado di giudizio. Presentarsi come un perseguitato della giustizia italiana «torturatrice» è un ulteriore schiaffo alle sue vittime e al popolo italiano, in nome del quale quelle sentenze sono state emesse.

    La seconda menzogna consiste nell’avere affermato che egli, quando sono stati commessi i reati per cui è stato condannato, non faceva più parte dei Proletari armati per il comunismo, un gruppuscolo sanguinario che tra il 1977 e il 1979 ha fluttuato tra l’aria di autonomia e quella delle Brigate rosse, dentro la galassia composita del «partito armato». Un simile atteggiamento rientra nella spregiudicata difesa adottata da Battisti, un delinquente comune politicizzatosi in carcere nel 1977 e che, in seguito, ha disinvoltamente rivendicato o rinnegato la propria adesione alla lotta armata in base alle sue convenienze. L’ha rivendicata quando si trattava di sfruttare a proprio favore l’ondata di sostegno che ampi settori del mondo culturale e politico parigino hanno offerto ai fuorusciti italiani in Francia, i quali hanno trasformato Battisti nell’icona del ribelle indignato in lotta contro l’Italia corrotta; ha dismesso quei panni dopo che ha raggiunto il Brasile, quando ha capito che ciò avrebbe potuto ostacolare la sua libertà. Battisti è un assassino che ha nobilitato le proprie azioni rivestendole di motivazioni ideologiche e letterarie prêt-à-porter, senza però mai rinunciare a un abito giustizialista e superomista che ha costituito il filo conduttore della sua azione. Oggi gode del grottesco status di rifugiato politico, il primo offerto a un italiano dai tempi del fascismo, un’offesa grave perché equipara la democrazia italiana a uno Stato che nega le libertà politiche e civili.

    La terza menzogna è quella più sgradevole: egli afferma che alla maggioranza degli italiani non importa nulla della sua posizione e che dietro la campagna contro di lui ci sarebbero gruppi di estrema destra manipolati. Non è così, gran parte dell’opinione pubblica italiana è indignata per la mancata estradizione di un condannato a 4 ergastoli, a partire dal presidente della Repubblica fino all’ultimo dei suoi cittadini dotato di ragionevolezza e senso dell’equilibrio: una richiesta propria anche della cultura progressista di questo Paese per cui è intollerabile che tale impunità si accompagni ad atteggiamenti tanto provocatori.

    Gli anni Settanta sono stati un decennio ricco e complesso, caratterizzato non solo dalla violenza politica, ma anche da una serie di importanti riforme civili: l’aspetto più grottesco di questa storia è che debbano trovare come simbolo mediatico una caricatura estetizzante come quella di Battisti. Chissà se il senso di colpa sia entrato in lui come un tarlo nel legno e lo stia corrodendo lentamente, un giorno dopo l’altro: almeno il suo silenzio ci aiuterebbe a pensarlo.

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  6. 1 settembre 2011 alle 16:44

    Molto interessante e molto istruttiva questa conversazione. Di mio non aggiungo nulla. Essendo ignorante in materia posso solo leggere e apprendere. Vi ringrazio.

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  7. insorgenze
    1 settembre 2011 alle 17:30

    Gentile Professore,

    Mi scuso se mi intrometto nella discussione, ma poiché nella sua replica al post di questo blog lei afferma di aver «ascoltato il link di Radio Onda Rossa» (https://baruda.net/2011/08/31/tortura-e-leggi-speciali-una-smentita-a-miguel-gotor-su-radio-onda-rossa/>), mi sembra di dover intendere che le sue puntualizzazioni riguardino anche quanto da me detto nell’intervista a cui il link rinviava.
    Intanto la ringrazio, e le mie non sono parole di rito, per il suo intervento che mi sembra segnali una sua apertura al confronto. Atteggiamento che non può non essere apprezzato.
    Veniamo alle questioni della controversia:

    La chiedo la cortesia di poter affrontare in primis la questione Battisti, che pure non è l’oggetto centrale delle critiche che le rivolgevo nell’intervista a Radio Onda rossa. Ma credo che sia utile a sgomberare il terreno facilitando in seguito un confronto più chiaro.

    1) Nell’articolo apparso su Repubblica del 29 agosto 2011 lei rivendica una sorta d’imperativo civico nel dover «rispondere colpo su colpo» alle dichiarazioni di Cesare Battisti contenute nell’intervista concessa alla rivista Istoé. Nella sua replica al post aggiunge però una precisazione molto interessante che nell’articolo apparso in prima pagina su Repubblica mancava, ovvero «per come sono state riportate dalle principali agenzie di stampa nei giorni scorsi». Una precisazione che sottolinea un dettaglio non da poco e la cui importanza non devo certo spiegare a chi esercita l’attività di storico come lei. Nella sua puntualizzazione lei riconosce di non aver letto l’originale dell’intervista rilasciata il 26 agosto 2011 alla giornalista Luiza Villanéa (ecco il link della traduzione in italiano, http://italiadallestero.info/archives/12084), ma solo alcune frasi estrapolate dai lanci delle agenzie.
    Non voglio farle le pulci, professore, ma dal punto di vista del rigore giornalistico e storico non mi sembra un buon esempio, tanto più se l’intenzione annunciata è quella di voler esercitare un magistero etico-morale su una persona condannata all’ergastolo e stigmatizzata come il peggiore criminale della storia, l’icona del male attuale, ed attraverso la sua figura anatemizzare un’intera vicenda storico-politica: quella degli anni 70 e dei movimenti sociali giunti fino alla lotta armata per il comunismo.
    Sottolineo tutto ciò perché credo che avrebbe fato meglio, prima di scrivere il pezzo che le è stato commissionato, a perdere un po’ di tempo su internet per scovarla e leggerla. Si sarebbe reso conto da solo che i toni non erano per nulla “tracotanti” o inopportuni, come invece purtroppo è accaduto in altre occasioni. Semmai – aggiungo – erano inconsistenti. I lanci delle agenzie hanno apertamente manipolato il senso delle risposte estrapolando piccole frasi da interi periodi. Nell’intervista Battisti annuncia propositi saggi (che mi auguro mantenga): «Non voglio creare polemiche, mettermi in mostra», quando afferma che non parteciperà alla rassegna del libro di Rio de Janeiro prevista nelle prossime settimane. Insomma l’intervista a me è parsa piuttosto noiosa, una summa di banalità incentrate tutte su questioni di menage quotidiano: le passeggiate, i bambini, i cefali da cucinare… (bah!). E poi la geografia dei luoghi, la vegetazione (mah!)… una lunga chiacchierata che scorre inesorabile sulla strada della mediocrità. Come possa definirsi tutto un tentativo di «cesellare la propria immagine maudit», sinceramente non lo capisco. Ho la sensazione che anche lei sia caduto vittima di in un cliché costruito e alimentato dai media. Un bisogno di capro espiatorio che Cesare, per svariate ragioni tra cui anche una sua drammatica incapacità, non è in grado di scrollarsi di dosso. Non ha tutti i torti il Foglio quando in un articolo apparso sul numero del 16 luglio scorso (http://unpopperuno.wordpress.com/2011/07/25/il-discount-degli-anni-di-piombo-a-margine-del-caso-battisti/#more-2525), definisce molto di quanto è ruotato attorno a questa vicenda un «Discount degli anni di piombo». Un circo Barnum delle sottomarche, dove ognuno concorre a dare il peggio di sé. Un’efficace fotografia dell’abisso in cui è sprofondata l’Italia attuale.
    Nel proseguio dell’intervista, ad una domanda dell’intervistatrice Battisti lamenta di essere continuamente tallonato dai giornalisti ed accenna ad una contestazione, da lui attribuita a militanti di estrema destra, avvenuta: «davanti alla casa del mio avvocato, Luiz Greenhalgh, dove stavo. Ho preferito lasciare la città». A quel punto la giornalista prova ad approfondire e chiede quale sia stata la nuova accoglienza della gente, e se per caso non avesse paura. E’ lì che Battisti risponde: «non ho paura di niente. Sono libero. Ho molto rispetto per le autorità brasiliane».
    Cosa ci sia di strafottente in tutto ciò, vorrei capirlo. Anche perché visti certi commenti usciti sulla stampa italiana dopo la sua liberazione, la domanda non appare affatto fuori luogo.
    E qui torniamo al discount di cui parlavo prima. Alcuni esempi: l’onirico suggerimento presente nell’articolo di Claudio Antonelli, apparso su Libero (11 giugno 2011 http://insorgenze.wordpress.com/2011/06/11/la-voce-della-fogna-%E2%80%9Clibero%E2%80%9D-suggerisce-di-liquidare-battsiti/), che suggeriva per Battisti una soluzione all’israeliana, metodo Mossad. Cito: «i Servizi ingaggiano due liquidatori che a una settimana dalla sentenza aspettano il terrorista a un angolo di strada a san Paolo e con due Gal fanno fuoco». Spacciando l’esecuzione per un episodio di criminalità comune: «un furto degenerato». Peggio ancora si era comportato Claudio Magris sul Corriere della sera dell’11 giugno (http://insorgenze.wordpress.com/2011/06/11/claudio-magris-sul-%E2%80%9Ccorriere-della-sera%E2%80%9D-%C2%ABimpicchiamo-battisti%C2%BB/). L’insigne germanista chiudeva il suo editoriale di prima pagina sulla “Vacanza dell’assassino” con un elegante invito alla forca per il terrorista che ha usurpato il nome del patriota irredentista. Per una bizzarra ironia della storia, concludeva Magris: «Si è fatta confusione tra due Cesare Battisti, il patriota di cent’anni fa e il killer di oggi, e a finire impiccato a Trento, quella volta non è stato quello che era previsto». Sublime, impicchiamo Battisti perché il Brasile non lo ha estradato! Come vede, gli argomenti utilizzati sono davvero inoppugnabili.
    Oppure devo ricordare il geniale Mastella, un vero attore della commedia dell’Arte e all’occasione Guardasigilli, che confessò in pubblico di aver provato a fregare i brasiliani raccontando loro la frottola dell’ergastolo virtuale (http://insorgenze.wordpress.com/2011/01/01/estradizione-cesare-battisti-la-menzogna-dellergastolo-virtuale/). Uscito dalla dittatura il Brasile ha abolito la pena perpetua e dunque non può estradare in Paesi che mantengono questa sanzione capitale. Ma la furbizia del ministro non fu compresa dai figli di Torregiani e Sabadin che accecati dal furore vendicativo, e spalleggiati da Lega e fascisti, post e attuali, costrinsero il povero Mastella accusato di lassismo a fare marcia indietro e svelare il trucco. Tralasciamo invece il pavido Roberto cuor di leone (detto anche Saviano), che prima mise e poi, quando ormai poteva solo nuocergli all’aureola di martire, ritirò la firma da un appello, anzi negò addirittura di averla mai messa (un po’ come Scajola quando disse: «se scopro chi ha pagato a mia insaputa l’appartamento che ho davanti al Colosseo!»), un po’ troppo corporativo promosso da alcuni scrittori di noir sociale in difesa di un loro collega.
    Di uscite del genere ce ne sono state una infinità. Del generone radical chick(http://insorgenze.wordpress.com/2009/02/08/caso-battisti-una-guerra-di-pollaio/) francese, come della signora Fred Vargas (http://insorgenze.wordpress.com/2009/02/08/dove-vuole-arrivare-la-coppia-battisti-vargas/) , ho scritto in passato e non mi dilungo di nuovo (http://insorgenze.wordpress.com/2010/12/31/caso-battisti-risposta-a-fred-vargas/), aggiungo solo le gesta del ministro della Difesa, quello che non avendo argomenti da obiettare voleva schiaffeggiare il ministro della Giustizia del Brasile Tarso Genro, credo si chiami Ignazio La Russa. Durante un comizio tenuto in una caserma dei Carabinieri spronò i giovanotti dell’Arma ad organizzare una spedizione in Brasile «per andare a riprenderci Battisti».
    Ormai è chiaro: anche se Battisti annunciasse di ritirasi a vita monacale in un eremo per espiare interiormente le colpe terrene che gli vengono attribuite, i media italiani troverebbero la maniera di individuarvi atteggiamenti provocatori e arroganti, magari denunciando la pretesa di voler infangare una veste sacra come il saio.
    Durante tutta la vicenda estradizionale che ha riguardato Battisti è stata sperimentata una tecnica giornalistica che consiste nell’individuare il personaggio che si presta a maggiori antipatie in un determinato contesto (l’indifendibile per antonomasia), che in questo caso è il mondo della lotta armata, anzi dei fuoriusciti (i fuggiaschi raffigurati come jene impunite che se la ridono e se la godono), scaricando su di lui e dunque su di loro, e per estensione sull’intera storia della lotta armata, e quindi di chi è ancora in carcere e perciò non dovrà mai uscire anche dopo 30 di pena scontata, tutte le forzature e le falsità possibili.
    Da quando il caso Battisti è salito alla ribalta delle cronache, due anni dopo la mia estradizione dalla Francia, ho sempre seguito un metodo: separare l’eventuale giudizio sulla persona dagli aspetti prettamente giuridici e storico-politici che le ripetute richieste di estradizione sollevavano. Le questioni di principio non si affrontano sulla base di possibili simpatie o antipatie.

    Paolo Persichetti

    1/continua

    Link
    http://insorgenze.wordpress.com/cronache-dalla-latitanza-e-altre-storie-desuli/

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  8. 1 settembre 2011 alle 17:55

    Ringrazio anche il signor Paolo Persichetti e vorrei chiedere a lui e a Valentina, se vi è possibile, di visionare il mio ultimo post, dove segnalo questo, per controllare che non io abbia scritto qualcosa di sbagliato nella mia premessa. Ve lo chiedo per correttezza nei vostri confronti. Grazie. Il post è il seguente:

    http://parolenude.splinder.com/post/25502864/tortura-e-leggi-speciali-una-smentita-a-miguel-gotor-su-radio-onda-rossa

    Donatella Quattrone

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  9. Marco Pacifici
    4 settembre 2011 alle 15:55

    Anche se non è per me un piacere,anche se mi è “andata di lusso” rispetto a tanti e tante Compagne che per aver ospitato un compagno di scuola(vedi Giuliana C. che aveva ospitato Valerio e la sua compagna senza aver la minima idea che fosssero nelle Br ed ha rivisto sua figlia da libera dopo 12 dodici anni),i miei creapopoli(Cosi amabilmente li chiama P.P.P.) sono a disposizione di chi voglia vedere i segni degli elettrodi:dai 24 anni di eta(prima non avevo avuto una compagna con cui progettare un cucciolo/a) non ho mai piu potuto avere figli geneticamente miei.Il come dove e perchè se ne puo’ parlare in altra sede,gli incubi sono finiti quando ho avuto il coraggio,o meglio la paura di parlarne con i miei Compagni:alla fine dei “giochi” son stato uno dei primi maschietti con anticoncezionale incorporato…

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  10. litote
    18 febbraio 2012 alle 11:20

    Nel paese dove un ‘interrogato in questura “cade” da una finestra e poi ti vengono pure a dire che il commissario che lo stava inquisendo da TRE giorni era suo amico e si prestavano pure dei libri. Dove ai cortei vedevi in prima fila i fascisti con le pistole alla cintola e poi ,dietro, il cordone dei poliziotti che non facevano niente e sghignazzavano. Dove eri bersaglio di pistole che miravano a ragazze di 18anni. Bè credo che in quel paese il giornalismo di fatto, non sia mai esistito. La propaganda si, quella che recitava i mantra del pensiero lecito. La cosa umanamente più insopportabile è che quelle trombe di Regime, che recitavano le loro falsità, non abbiano mai avuto lo straccio di un ripensamento, già perchè loro non fanno i giornalisti in quanto giornalisti, ma in quanto servi o comunque agenti. Funziona così di solito in Italia. ma se avessero il briciolo di un pò d’amor proprio e di dignità forse si renderebbero conto in quale baratro è caduta la loro perduta esistenza. Lo stesso baratro che ha anche generato ili peggio di questi ultimi decenni.

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  11. KTsandy
    8 marzo 2012 alle 04:00

    questo blog mi fa mancare il fiato, giuro! Non riesco a smettere di leggere

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