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“Non è un tipo che si fa ingabbiare. E’ un fatto di appartenenza”


Queste righe appaiono come commento in un post sul sito Wuming ( e poi sul sito 10×100.it), dedicato alla campagna GENOVA NON E’ FINITA 10×100 ANNI DI CARCERE,
nata pochi giorni fa in attesa delle sentenze di Cassazione del processo per “devastazione e saccheggio” in cui sono imputati 10 persone, delle centinaia di migliaia che eravamo nelle giornate del G8 di Genova, nel luglio del 2001.
Belle.

Foto di Valentina Perniciaro, Genova 2002

E non posso non girarle in questo blog, che ha come sua unica dea la libertà…
e come peggior nemico il ferro e il cemento delle celle, qualunque cella.

TUTTI LIBERI!
FIRMATE L’APPELLO sul sito 10×100.it

Abbiamo fatto le elementari insieme. Il nostro maestro, che era compagno, rivisto tanti anni dopo mi disse che era contento che almeno io fossi diventato un “marxiano”. Mi ricordo di avergli risposto che anche Luca era “venuto su bene”: era diventato un devastatore-saccheggiatore, in quel momento era agli arresti domiciliari per gli scontri di Genova.

Ci eravamo ritrovati da ragazzini, agli scout (e non c’è niente da ridere). Abbiamo combinato un bel po’ di disastri agli scout; una notte siamo scappati dalle tende per fare i pirla in giro, abbiamo anche comprato del pessimo vino dell’Oltrepo. Sono arrivati dei giovinastri di paese in macchina, sono scesi e ci hanno tirato un pugno in faccia a testa. Senza nessunissimo motivo, solo perché eravamo dei boy-scout quattordicenni ubriachi! Attiravamo guai come calamite.

Uscivamo spesso in due. Lui, figlio di proletari e “col culo per strada”, era un anarchico istintivo, io, secchione atipico e nipote di partigiano, un comunista genetico. Io l’ho portato alle manifestazioni, lui mi ha introdotto nel fantastico mondo dell’illegalità adolescenziale.

Lui era avanti con le ragazze, io decisamente indietro. Quando mi sono messo alla pari, ci siamo persi di vista. Ho smesso di bazzicare la sottocultura hip-hop in cui eravamo entrati insieme, ma in cui lui si era trovato subito a suo agio mentre io ero fuori posto come uno scout ad un rave. I suoi tag li trovi ancora dappertutto a Pavia; io ho visto la prima volta che ha scritto quelle tre lettere su un muro.

Io sono diventato un militante che fa le riunioni e scrive troppo, lui un randagio che va quando si deve, mosso da ragionamenti e obiettivi suoi. E poi, lui odia la polizia, da sempre – “è un fatto di appartenenza”.

A Genova non l’ho visto. Forse oggi non tutti lo sanno o lo ricordano, ma eravamo così tanti che potevi stare giorni nella stessa città e negli stessi cortei senza mai incontrarti. Poi, io sono per resistere o arretrare ordinatamente quando la polizia attacca; lui è per rispondere.

Ha scritto una lunga lettera al giornale locale quando era ai domiciliari. Raccontava che era a piazza Alimonda, che ha visto come è andata, che forse per quello si sono accaniti su di lui: il PM ha chiesto più di un decennio. Ricordo un passaggio della lettera, diceva più o meno così: “Se dopo ore di manganellate e cariche e lacrimogeni, i carabinieri lasciano una jeep indifesa e io le do fuoco, non è una questione politica: è una questione di carattere”. È un fatto di appartenenza.

Sono andato a trovarlo, nell’appartamento della madre, un appartamento da operaia, dove era segregato. Sembrava di essere ad una di quelle feste che facevamo da teenager, chiusi in otto in una stanza di una casa senza adulti, a sciupare i pomeriggi e a bere superalcoolici. Ma avevamo più di vent’anni e sua madre era a casa.

Ora rischia 10 anni. Secondo me non è innocente, in una penisola dove i torturatori sono sottosegretari non so bene come si possa parlare di merito o colpa.

Cosa fa adesso? Lo so ma non ve lo dico. Quel che so e che vi dico è cosa non può, non deve fare per i prossimi dieci anni: stare chiuso in una stanza di prigione. Non è il tipo che si fa ingabbiare. È un fatto di appartenenza.

 

A Carlo Giuliani, al suo assassino stupratore
“Non è un tipo che si fa ingabbiare”
Dieci, Nessuno, Trecentomila
Genova, dieci anni dopo

La vergogna di Strasburgo
Quel passo in più
A Carlo


  1. icittadiniprimaditutto
    19 giugno 2012 alle 09:39

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

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  2. 20 giugno 2012 alle 00:39

    “Non ricordo chi ha detto che di vita non si muore”.
    (Carlo Giuliani)
    Questa frase di Carlo la dedico ai compagni che sono sotto processo perchè ribellarsi vuol dire vivere e la vita non si può mettere in catene. Liberi tutti!

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  3. 20 giugno 2012 alle 15:06

    F I R M A T E .

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  4. 23 giugno 2012 alle 03:23

    Firmate ?????
    Va bene che una petizione è meglio del nulla che si è dato come risposta al G8 2001.
    Però ripigliamoci da questo digital-activism da flashati, che qua in italia con le raccolte firme non si riesce manco a salvare gli alberi dei parchetti, le mense degli asili, i cani da laboratorio, pensiamo seriamente di poterci tirare fuori dei compagni dal gabbio??
    Poi i WuMing che adesso rigirano l\’appello, mi risulta che undici anni fa scrivevano e facevano qualcosa di diverso (tipo far saltare 4-5 costole a un compagno)…
    vedi
    http://www.mail-archive.com/rekombinant@autistici.org/msg01000.html
    http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap1ns.html

    ma d’altronde certa gente ha una concezione molto particolare della Dignità.

    Adesso usano la lotta No Tav http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=8101
    ma a meno di un mese dalla morte di Edoardo Massari scrivevano questo
    http://www.lutherblissett.net/archive/078-12_it.html
    pubblicato poi da DeriveApprodi in Luther Blisset, Nemici dello Stato.

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  1. 7 luglio 2012 alle 10:17
  2. 12 luglio 2012 alle 10:48
  3. 15 luglio 2012 alle 12:55
  4. 15 ottobre 2012 alle 10:01

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