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“Non c’è diffamazione”. Ex-brigatista in semilibertà – Saviano: 1 – 0


Querela senza fondamento». Per la procura va archiviata la denuncia per diffamazione a mezzo stampa presentata contro due miei articoli apparsi su Liberazione nell’autunno del 2010. Saviano si oppone. Il 15 gennaio 2013 udienza davanti al Gip

«Questo Pubblico Ministero ritiene che la notizia di reato sia infondata e che non vi siano i presupposti per l’esercizio dell’azione penale».

Non lascia scampo il giudizio espresso dal pubblico ministero Francesco Mìnisci sulla denuncia-querela di natura penale depositata il 12 gennaio 2011 dall’avvocato Antonio Nobile di Caserta, per conto di Roberto Saviano, nei miei confronti e contro il mio direttore dell’epoca, Dino Greco, nelle rispettive vesti di direttore responsabile e giornalista del quotidiano Liberazione, per due miei articoli pubblicati il 14 ottobre 2010, “«Non c’è la verità storica». Il centro Peppino Impastato diffida l’ultimo libro di Saviano” (leggi qui) e il 10 novembre 2010 “«Vieni via con me». Ma dove va Saviano?” (leggi qui).

La vicenda l’avevamo anticipata in un articolo apparso su Liberazione del 16 aprile 2011 (“Saviano e il brigatista”, leggi qui). Tuttavia, come spiegavo in quel testo, all’epoca non eravamo esattamente a conoscenza del contenuto della querela e dunque delle motivazioni che avevano spinto Saviano a denunciarci. Con un certa difficoltà, e soltanto dopo molte settimane (il pm dell’epoca, dottor di Salvo, oppose insistentemente il segreto istruttorio), venimmo a sapere unicamente quali fossero gli articoli che avevano infastidito l’autore di Gomorra. Da allora più nulla fino alla metà dell’ottobre scorso, quando ci è giunta la notizia della richiesta di archiviazione, presentata dal sostituto procuratore che nel frattempo ha ereditato il fascicolo, e della opposizione depositata il 24 settembre 2012 dal legale di Saviano. Ma per avere tutti gli atti in mano abbiamo dovuto aspettare ancora altro tempo per la digitalizazzione del fascicolo che ci è pervenuto solo il 7 novembre.

Persichetti il giorno del "rapimento"

Persichetti il giorno del “rapimento”

Pubblicheremo tutto perché questa vicenda merita il massimo di pubblicità e trasparenza. Come d’altronde paradigmatica è l’altra vicenda, quella della citazione in giudizio (l’apertura di una causa civile dunque), con l’esorbitante richiesta di oltre 4 milioni di euro di risarcimento, che Saviano ha promosso contro Marta Herling, segretario generale dell’Istituto Italiano di Studi storici e nipote di Croce (leggi qui), che aveva osato contestare la ricostruzione fatta da Saviano del salvataggio del filosofo napoletano durante il terremoto di Casamicciola (leggi qui). Causa civile promossa anche contro l’editore e il direttore, Marco Demarco (leggi qui), del Corriere del Mezzogiorno.

La richiesta di archiviazione
Nell’esporre le ragioni del querelante, al dottor Mìnisci non sfugge uno dei passaggi salienti e rivelatori presenti nella denuncia avanzata da Saviano, lì dove nel tentativo di dimostrare che i testi additati avessero «ampiamente trasceso il diritto di critica e di cronaca», l’estensore della querela afferma che il mio obiettivo non sarebbe stato quello di informare e suggerire elementi di riflessione ma di «aggredire a mezzo stampa» lo scrittore campano, non facendo altro che «vomitare il proprio odio ossessivo e ossessionato nei confronti di un soggetto, del quale non si preoccupa minimamente di commentare, criticare, stigmatizzare le azioni, ma rispetto al quale esprime un ‘verdetto’» (pag. 6 dell’atto di denuncia-querela). Il che è tutto dire per una denuncia dove si lamentano ingiurie e contumelie.
Per il procuratore tuttavia le cose non stanno affatto così: le critiche rivolte da Persichetti allo scrittore Roberto Saviano – scrive nella richiesta di archiviazione: «possono infatti dirsi ampiamente ricompresse entro i limiti di operatività della scriminante» che la Cassazione «esaminando le frequenti interferenze tra l’esercizio dei diritti di cronaca o di critica e il reato di diffamazione a mezzo stampa» ha individuato da diverso tempo.
Ad avviso della Suprema corte – si sottolinea sempre nel testo della procura –  la condotta non è esente da rilievi quando «siano rispettati i limiti di verità del fatto narrato, di pertinenza, costituita dall’oggettivo interesse che detti fatti rivestono per l’opinione pubblica, e di continenza, ossia della correttezza con cui gli stessi vengono riferiti, essendo al contrario estranei all’interesse sociale che giustifica la scriminante in parola ogni inutile eccesso e ogni aggressione alla sfera morale della persona».
roberto_savianoFormulazione che – si spiega sempre nel testo – individua il giusto equilibrio tra la tutela costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero umano (art. 21 Cost.) e il rispetto degli altri dettati costituzionali posti a garanzia della dignità della persona.

Delineate le linee guida della dottrina in materia di diffamazione ed esercizio della libertà di pensiero, il pm entra nel merito della controversia e spiega perché ritiene di non poter accogliere la querela:

– «In primo luogo, ricorre senza dubbio l’obiettivo interesse pubblico delle questioni sollevate dal giornalista, ove si tenga presente la notorietà di Saviano e la vasta risonanza che già da diversi anni la sua attività letteraria e televisiva incontra nel dibattito italiano. Entrambi gli interventi del giornalista riguardano la dimensione pubblica del querelante, il suo interesse per il fenomeno della criminalità organizzata, le sue analisi e le opinioni affidate a libri e programmi televisivi ad ampia diffusione, destinati, per la natura delle tematiche affrontate, a provocare discussioni e a sollevare inevitabili polemiche».

­– «In secondo luogo, non sembra che le espressioni utilizzate da Persichetti nella formulazione dei suoi giudizi possano considerarsi gravemente lesive della reputazione del querelante. Malgrado il tono dei due articoli (e, in modo particolare, del secondo) sia a tratti aspro, pungente e caustico, non sembrano esserci gli estremi per poter affermare che si sia trasmodato nell’attacco personale e nella pura contumelia. Le valutazioni dell’autore, infatti, attengono e fanno continuo riferimento a circostanze precise e ben definite (i contenuti del libro “La parola contro la camorra”, la querelle che ne è seguita con il Centro Peppino Impastato e le posizioni assunte da Saviano sui temi dell’antimafia, nel primo caso; le sue qualità comunicative e l’impostazione – secondo il giornalista – autocelebrativa del programma televisivo “Vieni via con me”, nel secondo caso) e vengono presentate al lettore come il frutto di interpretazioni soggettive e di opinioni personali, certamente opinabili ma senza alcun dubbio ammissibili e legittime».

«Del resto, non va dimenticato – conclude il dottor Mìnisci – che “in materia di diffamazione a mezzo stampa. il diritto di critica va riconosciuto nei confronti di persone la cui voce e immagine abbia vasta risonanza presso la collettività grazie ai mezzi di comunicazione, anche quando si manifesti in forma penetrante e a volte impietosa” (Cass. pen. Sez. V, n. 11664/1995)».

Saviano non ci sta
Il pupillo della “Roberto Santachiara literary agency” ha accolto male la decisione della procura e tramite il suo legale ha presentato opposizione censurando duramente le conclusioni della procura, accusata di non aver svolto indagini accurate, chiedendo al Gip di «emettere una ordinanza nella quale imporre al rappresentante dell’Ufficio del Pubblico Ministero l’esercizio dell’azione penale» ed in via «meramente subordinata» di «ordinare al magistrato del pubblico ministero lo svolgimento di ulteriori indagini», accogliendo come «ulteriore tema di investigazione l’escussione della persona offesa […] anche allo scopo di ottenere dallo stesso elementi per un, eventuale, ulteriore ampliamento delle indagini».

Vero oggetto del contendere per Saviano non sarebbe la notizia che fu all’origine dell’articolo del 14 ottobre di due anni fa, ovvero la diffida che il Centro Impastato e i familiari di Peppino avevano inviato ad Einaudi, editore di La parola contro la camorra, perché ripristinasse un minimo di correttezza storica nella narrazione della battaglia per la verità sull’assassinio di Impastato, ma un episodio “accessorio” nell’economia dell’articolo che tuttavia per Roberto Saviano ha assunto un significato capitale: la presunta telefonata che Felicia Impastato, madre di Peppino, gli avrebbe fatto nell’estate del 2004. Episodio che Saviano racconta con dovizia di particolari in un altro libro, La bellezza e l’inferno, ma che viene smentito da testimoni fondamentali.

Secondo Saviano la frase colpevole  è la seguente:

«In un’altra occasione aveva anche raccontato di una telefonata ricevuta dalla madre di Impastato, «che abbiamo verificato non essere mai avvenuta» ha spiegato Umberto Santino».

L’autore di Gomorra ritiene l’affermazione di Santino, presidente del Centro Impastato, «una falsità», parla di lui come di un personaggio sconosciuto ma che tuttavia non ha avuto il coraggio di querelare, rivolgendo i suoi strali unicamente contro il direttore di Liberazione e me stesso (ritenendomi forse l’anello debole, la figura più vulnerabile e delegittimata della catena) per non aver verificato – a suo dire – il fondamento della notizia (un vero paradosso che Saviano rivolga a me un rimprovero del genere, visto il suo irrisolto rapporto con le fonti) e non averlo interpellato prima di redigere il testo, quando è evidente il riferimento, seppur implicito per ragioni di spazio e pertinenza dell’articolo, ad un suo precedente scritto che nonostante la sintesi estrema riassume correttamente la sua posizione.
Sul merito dell’affermazione di Santino, che è tornato sulla vicenda in un libro, Don Vito a Gomorra. Mafia e antimafia tra papelli, pizzini e bestseller, Editori Riuniti Univ. Press 2011, ne discuteremo, per ora, davanti al Gip.
In questo siamo rispettosi della scelta fatta a suo tempo da Saviano stesso che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto scrivere all’epoca a Liberazione per ribadire la sua versione della vicenda. Sarebbe stata un’occasione per appurare la realtà dei fatti, facendo intervenire pubblicamente anche gli altri protagonisti, ma evidentemente è proprio la natura pubblica del confronto che deve infastidirlo, la possibilità di essere contraddetto. Saviano non discute, sentenzia.

Ricorrendo all’intimidazione della querela Saviano ripropone la vecchia disputa tra principio d’autorità, che evidentemente pretende di incarnare e chiede che venga puntellato dalla magistratura, e metodo della verifica delle fonti, che per definizione non guarda in faccia a nessuno.

L’anticipazione della condanna
Qualunque sial’esito finale di questa storia un’anticipazione della condanna è già avvenuta, grazie ai meccanismi inquisitori del carcere, alla sola notizia della querela senza che ancora ne fossero noti i contenuti o che i giudici naturali, previsti dalla legge, si fossero pronunciati sul suo fondamento.
Ho già raccontato altrove l’episodio:

All’epoca il contenzioso riguardava la richiesta di copia degli articoli indicati nella denuncia-querela avanzata contro di me da Roberto Saviano.
Articoli ritenuti – a detta della nuova responsabile di reparto – fondamentali per una compiuta valutazione dell’osservazione trattamentale. E perché non valutare anche le lezioni che tenevo all’università di Paris 8?
Lasciamo correre il manifesto profilo di incostituzionalità di una pretesa del genere. Un fatto di una abnormità gigantesca passato sotto silenzio.
Qualcosa di analogo mi era già accaduto al Mammagialla di Viterbo alcuni anni prima, quando il  magistrato di sorveglianza del posto si oppose ai permessi di uscita per un mio libro, Esilio e castigo, (vedi qui e qui).
Tuttavia nel febbraio 2011 l’oggetto del contendere non poteva nemmeno essere una discussione del genere. In quel momento, infatti, non ero nemmeno a conoscenza del contenuto della querela e quindi degli articoli denunciati (in procura nonostante le ripetute richieste hanno sempre opposto il segreto istruttorio), poiché mi era stato notificato un semplice verbale di elezione di domicilio – di cui avevo fornito copia alla Direzione – nel quale si indicava unicamente il numero di protocollo del procedimento senza altre informazioni.
Per giunta la richiesta della responsabile di reparto (se è vero che gli articoli dovevano essere analizzati per redigere l’osservazione scientifica della personalità) aveva una tale portata formale che non era possibile indicare dei testi prima di averne ricevuto comunicazione ufficiale da parte della procura.
A ben vedere, dunque, è alla procura che la Direttrice avrebbe dovuto rivolgere la sua richiesta, non certo a me.
Di fronte ad una tale oggettiva impossibilità, trattandosi in ogni caso di articoli diffusi nello spazio pubblico, consigliai la Direttrice di recarsi sul sito web di Liberazione, dove allora lavoravo, e cliccare il mio nome per avere completa visione di tutti i miei testi.
Il suggerimento venne recepito come un rifiuto di «rapportarsi correttamente con l’Amministrazione».
Ecco come l’episodio venne raccontato nella Relazione di sintesi sulla osservazione della personalità:

«Si è accennato alla diatriba con lo scrittore Roberto Saviano.
All’inizio del 2011, come riportato sulla stampa e in internet (che ospita vari articoli al riguardo), si è verificata una schermaglia tra il Persichetti ed il suo editore da una parte, ed il Saviano dall’altra, nascente da affermazioni di quest’ultimo sul caso dell’omicidio di Giuseppe Impastato, affermazioni ritenute dalla controparte false o, quanto meno, superficiali.
La vicenda è sfociata nella presentazione di una querela per diffamazione da parte del Saviano nei confronti del Persichetti e del suo editore. La Direzione dell’Istituto ne è stata informata formalmente dalla Polizia di Stato.
Il 02.03.2011 il Persichetti, durante un colloquio col Direttore di Reparto riguardante proprio tale vicenda, è stato invitato a produrre gli articoli relativi alla querelle, al fine di avere un quadro della situazione; ha percepito come atteggiamento “censorio” la richiesta formulatagli dal dirigente e per tutta risposta gli ha detto chiaramente che gli scritti sono liberamente accessibili su internet e che non vedeva la necessità di doverli produrre lui.
Si è pertanto ritenuto di dover informare dell’accaduto e dell’atteggiamento tenuto dal semilibero il Sig. Magistrato di Sorveglianza».

Per dare luogo a questa considerazione finale:

«La forma mentis del Persichetti lo conduce ad avere talora, un atteggiamento “paritario” (anche se tale aggettivo rischia di acquisire una valenza negativa) nei confronti di un’Amministrazione verso la quale, comunque, egli deve rispondere del proprio comportamento e non trattare da pari: il tutto, ovviamente, nel rispetto del diritti della persona. Talora però nel soggetto pare vi sia una difficoltà a rendersi conto che, a differenza di quanto accade in un rapporto tra persone fisiche, rapportarsi con l’Amministrazione richiede una diversa “dialettica”, fatta – anche obtorto collo – di una puntuale esecuzione delle direttive o anche, delle sole indicazioni fornite dalla stessa e dai suoi operatori».

Udienza fissata martedì 15 gennaio 2013 davanti al Gip Barbara Callari, aula 8 edificio A del tribunale di Roma

© Not Published by arrangement with Roberto Santachiara literary agency


La richiesta di archiviazione

Link
Attenti, Saviano è di destra, criticarlo serve alla sinistra
Non c’è verità storica: il Centro Peppino Impastato diffida l’ultimo libro di Roberto Saviano
Ma dove vuole portarci Saviano
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Invece sulla vicenda e l’accanimento giudiziario contro Paolo Persichetti:

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  1. 7 dicembre 2012 alle 09:46

    L’escussione della persona offesa come spunto investigativo ? Caspita…mi ricorda quel tale che diceva “quel che ho detto è vero” al che uno chiedeva “ma come fai a dirlo ?” E lui…”è vero perchè l’ho detto io”

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  2. icittadiniprimaditutto
    7 dicembre 2012 alle 10:17

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

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  3. Brandvagg
    7 dicembre 2012 alle 12:16

    una bella figura di merda per Saviano

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  4. Marco Pacifici
    7 dicembre 2012 alle 21:37

    saviano è di destra scrive qualcuno…saviiano è un nazicarambasionista che si prende il gelato sul lungomare, fa trasmissioni pa(ripa)tetiche su rai tre con il miliardario fazio, va dove e come e quando gli pare ovunque(proprio come Peppino Impastato…e l’elenco è infinito dei nostri Compagni che avendo attaccato la mafia sono stati trucidati…), ha una normalissima vita con la sua fidanzata (magari passata da arcore…) e ci costa circa cinquemila Dracme al giorno solo per la scorta(che potrebbe pagarsi da solo come il suo fraterno amico(questo è desumibile dal fatto che pubblica con la sua casa editrice invece che con una indipendente) berlusca. Merdaccia. Ho una libreria (era un sogno ed anche se mi dissangua i sogni sono la VITA),piccina ma indipendente, potrei vender decine di copie del nazisionista saviano, ma col cavolo che lo tengo. PUNTO.

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  5. Matteo
    10 dicembre 2012 alle 23:35

    Mah, spero più che altro che venga costretto a rimborsare ogni spesa legale a Liberazione e ai compagni coinvolti. Comunque attenzione che con la ‘Santachiara literary agency’ ha scazzato di brutto, ora ha un agente americano.

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  1. 23 gennaio 2013 alle 19:36
  2. 15 Maggio 2013 alle 16:24
  3. 15 Maggio 2013 alle 23:06
  4. 21 Maggio 2013 alle 08:57

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