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Amatrice e il nulla
Silenzio e rispetto.
Aria sospesa e polvere.
Quando ero bambina avevo paura del Nulla che avanzava e si portava via tutto, un Nulla che poi ho incontrato tante volte.
Un Nulla che a volte è entrato nel mio sguardo e poi ho ricacciato.
Oggi per l’ennesima volta questo Nulla mi si è messo davanti.
Non è vero che avanza e mangia, non sempre.
Qualche volta sta.
Sta fermo e immobile e rosicchia lento.
Mia amata conca, in qualche modo da queste macerie ti rialzerai, sotto il capezzolo di Pizzo, sotto l’abbraccio morbido di Cima Lepri e gli spigoli brulli del Gorzano.
Non ti ho lasciato un secondo in quei mesi di guerra e macerie e trincee tra la neve, e ogni volta che torno a te, che dormo immersa nel verde delle tue frazioni più alte, incastonate nei canaloni, capisco che ho un legame raro con te.
E in qualche modo so, l’ho imparato, che anche chi non sa camminare prima o poi lo fa. Che anche chi non sa camminare prima o poi si alza: deve prima imparare a mettersi in ginocchio, poi a cavalier servente e poi finalmente quel quadricipite troverà la forza muscolare di rialzarsi.

(foto di Valentina Perniciaro)
Quando incontri tre bimbe rom/2 : il giorno dopo
Ieri vi ho raccontato dell’incontro con le tre bambine rom, che potete leggere qui e che mi ha lasciato un pesante amaro in bocca.
A nemmeno 24 ore , oggi esco dalla Conad e sento “signora capelli rosa!”
Mi giro, e mi trovo il ragazzone che spesso chiede cibo o soldi fuori al supermercato e con cui avevo sempre scambiato solo un veloce saluto o un passaggio di qualche panino. “Tu ieri hai portato al campo tre bambine?”
“Sì, ero io”
“Grazie. La famiglia di quelle bambine non si comporta bene, le lascia abbandonate per strada e non è giusto. Anche io vivo al campo ma quando i miei genitori sono a lavorare e non possono controllare i piccoli ci rimango io coi miei fratelli. Grazie signora, che chissà chi poteva prendersele.
Sai, l’altro giorno mia zia a quella fermata cosa ha vissuto? Era stata tutto il giorno a lavorare, mica a rubare, e alla fermata un tipo si è fermato dopo una sgommata, si è calato i pantaloni e le ha pisciato quasi addosso. Scusa se ho detto questa parolaccia.
Grazie ancora ragazza dai capelli rosa”
“Mi chiamo Valentina”.
quando incontri tre bimbette rom sulla tua strada…
Un incontro inaspettato, bello e doloroso. Come ogni mercoledì abbiamo passato la mattinata in day hospital al Bambin Gesù Palidoro. Poi io Jenny e Sirio torniamo verso casa su strade di campagna, che si inseriscono a Roma nel quadrante portuense-corviale, dove la città ha le sue pecore, i suoi campi e luoghi strani.
Al ponticello dopo Ponte Galeria (a pochi passi da dove venne uccisa e bruciata viva quella ragazza poco tempo fa), vedo dall’altra parte della strada tre bimbette rom che si sbracciavano chiedendo un passaggio ad un autista di un autobus, che ovviamente NON si è fermato. 
Ho fatto inversione a U senza pensarci un secondo e mi sono accostata accanto a loro chiedendo di cosa avessero bisogno.
La più grande, che avrà avuto 8 anni a dir tanto ci è venuta subito al finestrino chiedendoci un passaggio a casa.
“Salite tutte e tre, vi mettete dietro con Sirio”
“Davvero signora bella porta tutte a casa al campo?”
“Certo piccolè, salite su”
“No sesso signora eh, solo a casa!”
Gelo.
Non riuscivo più a proferire parola.
Tre bambine tra i 5 e gli 8 anni che chiedono aiuto sperando di non ricevere come risposta la richiesta di un pompino.
Quel brivido lo porto ancora dentro, malgrado la gioia di portarle al campo, e di vederle sporgersi dal finestrino della mia macchina urlando FELICI e chiamando tutte le loro amiche per vantarsi di quell’arrivo in grande stile
Un orrore che non passa:
la bellezza di quegli occhi che non mi lascia, e l’idea tremenda di quel che avranno già visto.
QUESTA STORIA HA UN SECONDO CAPITOLO: Il giorno dopo.
































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