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Kurdistan turco: armi chimiche contro i combattenti del PKK

25 agosto 2010 3 commenti

PER ORA NON PUBBLICO LE FOTO DI CUI SI PARLA: sono raccapriccianti
Armi chimiche contro i guerriglieri curdi? Fotografie diffuse da attivisti per i diritti umani accusano l’esercito turco
di Michele Vollaro

Sono foto raccapriccianti e sconcertanti, quelle che dimostrerebbero l’utilizzo di armi chimiche da parte della Turchia contro i guerriglieri curdi. Una serie di immagini che raffigurano i corpi di otto membri del Partito curdo dei lavoratori (Pkk), uccisi lo scorso settembre durante un attacco dell’esercito turco e poi gettati in un lago per tentare di nasconderne le prove.

REUTERS/Osman Orsal (TURKEY)

REUTERS/Osman Orsal (TURKEY) Soldati turchi nella provincia di Sirnak

I resti resi irriconoscibili da strane ustioni e mutilazioni causate dalle sostanze sprigionate. A denunciarlo per primi lo scorso 12 agosto il quotidiano tedesco Taz e il settimanale Der Spiegel, che hanno ricevuto le fotografie da una delegazione di attivisti, avvocati e medici tedeschi in visita in Kurdistan prima a marzo. I partecipanti alla delegazione, le immagini sono state consegnate loro da un’associazione curda per la difesa dei diritti umani, che per motivi di sicurezza non è possibile citare. Trentuno immagini che mostrano il ritrovamento dei cadaveri dei guerriglieri del Pkk, l’organizzazione armata fondata negli anni Ottanta da Abdullah Ocalan per opporsi al centralismo del governo turco, rivendicando autonomia politica e culturale a favore della minoranza curda nel paese. Le fotografie sono state poi consegnate ai media tedeschi nel mese di luglio, mentre nello stesso periodo un’altra delegazione composta da giuristi internazionali si è recata nella regione sud-orientale e ha ricevuto altre immagini che testimonierebbero crudeli violazioni sui cadaveri dei combattenti curdi e il probabile uso di armi chimiche.
In base al racconto dei membri dell’associazione per i diritti umani curda, i guerriglieri sono stati uccisi durante un attacco dell’esercito turco nei pressi del villaggio di Çukurca, vicino il confine con l’Iraq. Lo scorso 8 settembre, lo stato maggiore turco diede la notizia di un agguato in quel villaggio costato la vita a un soldato turco. E del conseguente invio in loco di elicotteri e di unità di rinforzo dell’esercito per combattere la ribellione. Quasi una routine in una zona considerata roccaforte della guerriglia curda, che – secondo informazioni diffuse da loro stessi – conterebbe attualmente circa 7.000 combattenti ben armati e addestrati, nascosti sulle montagne. Più volte le organizzazioni per i diritti umani, sia turco-curde sia internazionali, hanno denunciato violazioni da parte della Turchia delle convenzioni che regolano il diritto bellico, in questo conflitto che dura da oltre vent’anni. Denuncie che questa volta sono corroborate da una testimonianza e fotografie che non lasciano abito a dubbi.
Un residente del villaggio avrebbe osservato il combattimento: gli otto combattenti curdi si erano nascosti in una grotta per sfuggire ai soldati che avanzano. Questi, dopo averli scoperti, avrebbero sparato una granata nell’antro; poi, attesa una decina di minuti, i militari sarebbero entrati nella grotta per prelevare gli otto corpi senza vita e si sarebbero accaniti su di essi, sparandogli contro e passandoci sopra con i blindati. Prima di pubblicare la denuncia, Der Spiegel ha fatto controllare l’autenticità di queste immagini ad Hans Baumann, esperto tedesco di falsi fotografici, il quale ha attestato che le fotografie sono autentiche e che non sono state ritoccate. A supporto della tesi che i turchi avrebbero usato armi chimiche c’è anche il rapporto del medico forense Jan Sperhanke del Policlinico universitario di Amburgo-Eppendorf, contattato dalla Taz, il quale conferma che “è molto probabile che gli otto curdi siano morti a causa dell’uso di armi chimiche”.

Combattenti PKK in addestramento, AFP PHOTO/MUSTAFA OZER

Inoltre le fotografie mostrano i segni di quello che potrebbe essere stato un espianto, compiuto probabilmente, secondo Sperhanke, per asportare quegli organi che avrebbero potuto dimostrare come le morti siano state causate da agenti chimici vietati. Secondo Murat Karayilan, il presidente del Consiglio esecutivo del Congresso del popolo del Kurdistan (Kck, l’istanza collegiale che dirige le azioni del Pkk dai monti del Qandil, nel nord dell’Iraq), l’utilizzo di armi chimiche si protrae da oltre 16 anni.
“Non è una novità”, ha affermato in un’intervista all’agenzia di stampa curda FiratNews. “Lo Stato turco utilizza armi chimiche contro i nostri guerriglieri sin dal 1994 quando si trovò in grossa difficoltà. Ancora nella Primavera del 1999, credo in maggio, 20 dei nostri guerriglieri, sotto il comando del compagno Hamza, furono massacrati da gas chimici nei pressi di Sirnak. Dico questo perché, dopo gli scontri, i nostri compagni trovarono un proiettile chimico che era stato sparato nel luogo degli scontri. Quel proiettile fu inviato in Europa, dove all’epoca mi trovavo anche io. Ho potuto seguire personalmente le analisi presso un laboratorio di Monaco di Baviera che dichiarò che quel proiettile aveva contenuto sostanze chimiche capaci di avvelenare una certa porzione di territorio”. Un’accusa che, se confermata, proverebbe che la Turchia ha violato la Convenzione sulle armi chimiche, siglata a Parigi nel 1993 e ratificata dal paese oggi guidato da Recep Tayyip Erdogan nel giugno 1997. Immediata la reazione del governo di Ankara. Secondo il portavoce del primo ministro Erdogan, sarebbe tutto frutto di una campagna diffamatoria messa in piedi dal Pkk con l’aiuto di organizzazioni internazionali ostili al suo governo. Sulla stessa linea il ministero degli Esteri turco che respinge le accuse affermando che la Turchia rispetta rigorosamente la Convenzione di Parigi. La denuncia pubblicata dei due media tedeschi, intanto, ha portato il Partito socialdemocratico (Spd) e i Verdi (Grünen) a chiedere l’apertura di un’inchiesta internazionale. “La Turchia deve urgentemente fornire spiegazioni”, ha dichiarato in merito alla vicenda la co-presidente dei Grünen Claudia Roth.
Secondo l’esponente politica tedesca, infatti, i dati raccolti duranti gli ultimi mesi e le molte segnalazioni sospette, compreso il fatto che le autopsie degli otto membri del Pkk ripresi nelle foto siano state secretate dalle autorità turche, rendono necessario che la vicenda venga verificata dall’esterno. Ma, stranamente, Ankara rifiuta di sottoporsi a qualsiasi inchiesta internazionale sostenendo che si tratta di una “chiara intrusione in faccende interne alla Turchia”. In questi giorni, mentre stiamo scrivendo, altri esperti incaricati da Der Spiegel e da altri quotidiani internazionali stanno verificando nuove fotografie che riguarderebbero altri guerriglieri del Pkk e alcune autopsie eseguite da medici turchi su sei vittime curde che si sospetta siano state uccise da armi chimiche. Queste nuove fotografie sono state consegnate alle delegazioni internazionali durante la loro ultima visita in Kurdistan, a fine luglio, dalla stessa organizzazione curda per i diritti umani che aveva consegnato le prime fotografie.

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