Il diritto all’autodeterminazione sulle proprie ovaie e sul modo di curarsi…
Posto quest’articolo perché l’ho letto con rabbia ed empatia.
Perché nel mio anno dentro un ospedale pediatrico e in tutti quelli che ancora vivrò entrando ed uscendo da ospedali per lottare insieme a mio figlio per una vita dignitosa, ho imparato tante cose.
Perché in questi anni ho scoperto la malattia in tutti i sensi tranne che sulla pelle mia: ed è una situazione particolare.
Mio figlio pagherà per sempre le conseguenze di un arresto cardiaco e i suoi occhi lo urlano,
mia madre combatte, fa chemio, fa interventi, rifà chemio.
Si impara tanto e cambia tutto. Si impara l’umilità e la lotta quella con le unghie e i denti e le lacrime e i porchiddii.
Si impara, e quando ci si guarda intorno spesso ci si sente soli ma soli tanto,
perché chi ti circonda spesso ancora lo senti dire “aho ma che sei spastico?” e poi guardi la mano di tuo figlio che ogni giorno fa più cose ma ogni giorno è più storta e te ne vorresti tornare a casa.
Soli, perché sulla disabilità spesso si scherza con una cattiveria che appare innocua finchè non si trafigge nel cuore di chi la combatte ogni giorno. E fa male.
Si scherza facile, si giudica con ancora più facilità
La disabilità così come il cancro.
Il maledetto cancro che ci sta sterminando, uno ad uno che pare una guerra vaffanculo.
E allora anche io quando ho letto le battute su Angelina Jolie ho avuto un conato e capisco quanto più grosso del mio sia quello di compagne e amiche che da prima di me lo combattono o subiscono.
Dovremmo imparare a ridere di altro, ecco.
Tutto qui.
Sai com’è? Apro quello che me pare
prendo dalla pagina Fb di AbbattoImuri questa immagine che circola da ieri per la rete in modo virale.
Non so da dove sia partita, non so a chi possa essere venuta in mente ma ci tengo a pubblicarla su questo blog ormai mezzo abbandonato per mettere nero su bianco quel che penso di tutto ciò.
Apro quello che mi pare: apro le cosce, apro i libri, apro le teste di chi decide quali sono i canoni comportamentali da seguire per una brava donzella. Ho iniziato a farlo che nemmno avevo 14anni, tu pensa se 20anni dopo posso accettare una schifezza simile, con questa donzella dalla gonna sotto al ginocchio e dalle curve in mostra,
che cerca di creare una separazione tra chi legge e chi scopa liberamente: quindi tra cultura e autodeterminazione sessuale.
Una schifezza. Perchè se è vero che la vita è un libro come ci tiene a sottolineare questa immaginetta da democrazia cristiana degli anni ’60, allora va sfogliata, va iniziata e finita, e cambiata, e ricambiata e scoperta, e approfondita, e lanciata al muro.
Se c’è una cosa che ci ha insegnato la lettura è ad avere orgasmi ancora prima che la nostra pelle, cosce, fica o altro venisse sfiorata: ma andate affanculo va!
Apro quello che me pare.
AGGIORNAMENTO:
appena poche ore e la rete ha saputo rispondere a dovere, con questa immagine
e facciamo circolare anche queste righe come suggerito dal blog AbbattoImuri:
Allora se avete voglia di raccontarla in modo diverso, sfatando il mito della ragazza per bene che si dedica agli studi o della gran zoccola che è un’ignorantona, potreste inviare foto, immagini, quel che volete voi, a dire che apriamo quel che ci pare e piace senza che nessuno venga a moraleggiare sulla nostra esistenza, inviatemi pure via messaggio, in privato, su facebook o via mail su abbattoimuri@grrlz.net. Così poi pubblico quel che ne pensiamo di questa storia.
Sveltinelle Vs Sentinelle: sarà una risata che vi seppellirà. Grassa risata.
Ho stima per chi ha fatto questo striscione, infinita,
perchè io davanti a quei cosi dritti in piedi, che fingono di leggere, fingono di protestare e fingono di esistere non riesco a dir nulla, tantomeno di così perfetto, spiritoso, azzeccato, provocatorio.
Me li provo ad immaginare uno ad uno mentre lo leggono,
credo pure che alcuni ci mettano un po’ a capirlo, poracci.
Grazie quindi, a chi l’ha fatto e a Lola che me l’ha fatto scoprire.
Non si abortisce più al Policlinico Umberto I: gli assassini siete VOI!
Quando ero bambina sognavo la macchina del tempo, la stessa che non ho smesso di sognare e che ora sogna mio figlio.
La immaginavo in grado di portarmi nel passato per capire e vedere,
per imparare, osservare, viaggiare liberamente, incontrare chi non avrei mai potuto incontrare.
Un sogno che sembra ribaltarsi nel trasformarsi in realtà,
perché in realtà ci viviamo dentro: siamo dentro una arrabbattata macchina del tempo,
che funziona male, a scatti repentini e fastidiosi, senza possibilità alcuna di controllo,
e che ora si è bloccata.
Eh già, siamo bloccati nel Medioevo, lo siamo tutti ma soprattutto tutte.
Siamo incastrati in un paesello della Vandea, siamo al centro della caccia alle streghe, e noi donne,
il nostro corpo, siamo come sempre il primo luogo di conquista, dove impiantare nella carne la bandierina di proprietà.
Bhè,
Al Policlinico dal 17 novembre, e sono già 12 giorni, il Medioevo dilaga,
corre nelle corsie, sale su per il collo dell’utero, si impianta nelle placente e lì sale come un virus,
fino a mangiarci la testa.
Al Policlinico Umberto I della capitale del nostro triste paese non si eseguono più aborti:
c’era un solo medico ormai, il dottor Minnozzi, e il suo andare in pensione lascia abbandonate molte donne.
Non conosco i numeri del Policlinico ma qualunque donna che è passata per un corridoio qualunque di un ospedale d’Italia per cercare di abortire sa di che numeri si parla: numeri che ora hanno un’altra porta in faccia spiaccicata con violenza.
Abortire anche per urgenti e gravi problemi terapeutici, è un incubo.
Un incubo che può diventare senza uscita grazie agli obiettori,
alla loro assassina, violenta, inaccettabile presenza nei reparti di ginecologia di un paese laico,
che dovrebbe garantire la salute della donna e che invece la mina.
Nella giornata contro la violenza sulle donne gli obiettori dovrebbero star zitti,
perché la loro violenza sui nostri corpi ha fatto male quanto gli stupri e continua a farlo,
alla luce del sole e con un lindo camice bianco addosso.
Che è invece sporco di sangue, loro che si riempiono la bocca di vita,
di vita non sanno proprio niente, perché son portatori di sofferenza, dolore, tanto e tanto sangue…
maledetti, dal primo all’ultimo.
Il Policlinico “dice” che cercheranno di rimediare il prima possibile con l’assunzione di due medici non obiettori per garantire l’apertura del “repartino”: intanto son 11 giorni che già la porta è chiusa.
E le settimane vanno avanti…e quando la pancia cresce, ogni tanto anche malata, le settimane corrono.
Scrivevo pochi giorni fa che ora la pillola del giorno dopo (che altrove funziona per 5 giorni dopo il rapporto e non per 3 come qui) si vende liberamente senza ricetta medica in 23 paesi europei, tra i quali ovviamente non siamo inclusi:
si vede che la loro macchina del tempo funziona meglio della nostra.
LEGGI:
– Libera vendita della pillola del giorno dopo in Europa ma non da noi
– La pillola del giorno dopo a Roma
LEGGI ANCHE:
– Abortire in un cesso
– “Stupratele! Tanto poi abortiscono”
– Uno sfogo sulla RU486
– Sul cimitero dei feti
– Marcia per la vita: dovete morì tutti
– Di preti, mutande e galere mentali
–
Pillola del giorno dopo senza prescrizione medica in 23 paesi europei: e noi? ahahaha
Esistono due tipi di pillola contraccettiva meglio conosciuta come pillola del giorno dopo:
– quella a base del principio attivo levonorgestrel, efficace fino a 72 ore dopo il rapporto
– quella a base del principio attivo ulipristal ,efficace fino a 120 ore dopo il rapporto (5 giorni pieni).
La notizia è una e non dovrebbe lasciarci basiti, invece sì:
L’EMA (Agenzia europea dei farmaci) ha ufficialmente dichiarato che questo secondo farmaco, più potente e già provato negli ultimi 5 anni è stato usato in più di 70 paesi da un numero di donne che supera i 3 milioni. E’ quindi un farmaco che si può utilizzare in modo sicuro ed efficace “senza prescrizione medica”: questa è la notizia.
In Europa questo farmaco sarà venduto senza prescrizione medica perché, come dichiara esplicitamente l’agenzia e tutti gli esperti di salute della donna e di salute riproduttiva, ”le donne hanno la necessita’ di poter accedere alla contraccezione d’emergenza il prima possibile in modo da avere la migliore opportunita’ di evitare una gravidanza indesiderata; è una questione di salute pubblica”.
Il prima possibile: è una questione di salute pubblica, una questione di civiltà.
Di fuoriuscita dal medioevo: riuscire a prendere la pillola del giorno dopo vuol dire evitare un aborto, ,
vuol dire muovere i propri passi all’interno di una scelta consapevole prima, PRIMA, che ogni possibile formazione cellulare all’interno del nostro corpo possa definirsi già microscopico embrione. Prima.
Ma noi abitiamo in Italia, quindi il discorso che fa l’Ema non ci appartiene proprio,
perchè per noi è già impossibile accedere alla pillola descritta all’inizio, quella a base del principio attivo levonorgestrel, dall’efficacia temporale molto più corta: un farmaco che da anni si acquista senza alcuna prescrizione medica già da molti anni in ben 23 paesi europei.
Noi no: a braccetto con Croazia, Grecia, Ungheria, Polonia e Liechtestein non possiamo acquistarla.
La prescrizione medica qui non è impresa facile: per il continuo attacco ai consultori, per l’infame epidemia di obiettori di coscienza nei reparti di ospedale.
Gli obiettori sì, quelli che io non farei entrare nemmeno come portantini all’interno di un ospedale pubblico: personaggi in camice pericolosi, che mettono a rischio la salute e la vita di molte donne ogni giorno,
con il sorrisetto sulle labbra e l’aria di chi si sente nel giusto e rimarrà impunito.
Speriamo che così non sia.
Impuniti non dovrebbero restare: per gli obiettori nessuna pietà, nessun rispetto e fosse per me, nessun posto di lavoro nel pubblico. Nessuno.
Vi lascio un po’ di link su cosa vuol dire ottenere una pillola in Italia,
su cosa vuol dire abortire per scelta,
su cosa vuol dire abortire per necessità con un aborto terapeutico:
– Abortire in un cesso di un ospedale, sole
– La pillola del giorno dopo a Roma
LEGGI ANCHE:
– Abortire in un cesso
– “Stupratele! Tanto poi abortiscono”
– Uno sfogo sulla RU486
– Sul cimitero dei feti
– Marcia per la vita: dovete morì tutti
Di preti, mutande, condanne e galere mentali… ( grazie a chi ha murato un cesso al Pertini <3 )
Mi sveglio all’interno di un’ospedale da diverso tempo; mi sveglio – oltretutto – all’interno di un’ospedale cattolico, estraneo al servizio sanitario nazionale: insomma non potrebbe andar peggio, diciamocelo.
Oltretutto son 48 ore che mi scorno con una compagna di stanza che è già mamma malgrado possa esser anagraficamente mia figlia e sostiene di esser consapevole dall’età di 11 anni che avrebbe avuto un figlio malato, e sapete perché?
“Ero una gran monella, e la notte quando pregavo pensavo sempre -Gesù mi punirà per quel che combino, mi punirà con un figlio malato”.
Giuro son rimasta senza parole, ho provato una pena infinita per questa vita che ho accanto che è fatta di autopunizioni e fioretti : cresciuta in un mondo dove anche solo il compiere una marachella infantile potrebbe significare una condanna a vita come un figlio nelle condizioni del suo.
Senza possibilità di scampo, credono in un Dio che le minaccia di tortura da quando son bambine,
donne private di qualunque libertà mentale,
donne schiave della loro condizioni ed incapaci a vedere altro,
donne giovanissime adagiate su una disperazione che sentono “meritata”, mandata direttamente dal loro dio.
Mi chiedo come si possa credere ad un dio così infame, così vendicativo, così carceriere…
mi chiedo, ma è meglio che non mi chiedo, che dopo questi due giorni a parlar con lei mi son cascate le braccia a terra.
Come insegnare ad una donna che la vita potrebbe sceglierla, anche da minorenne, anche da analfabeta, anche da madre di un figlio disperato ed eternamente condannato al nulla? niente. Vi giuro, niente.
C’è chi la rivoluzione non riesce a farla non solo nelle proprie mutande, ma nemmeno nei pannolini dei propri figli.
Quindi a maggior ragione, oggi, col cuore un sacco pesante,
mi sento di dover dar voce a quest’azione simbolica ottima, che ha fatto svegliare Roma con un pezzo di verità murato sull’asfalto.
Un cesso, un cesso identico a quello dove Valentina ha abortito il suo figlio malato,
un cesso, ritratto meraviglioso e anche troppo profumato di un obiettore di coscienza.
uno qualunque, che equivale a TUTTI.
Grazie compagne!
FUORI GLI OBIETTORI DALLE MUTANDE
“Care compagne, vi chiediamo di darne diffusione.
Stamattina abbiamo cementato un “cesso” davanti l’ingresso dell’ospedale Pertini di Roma.
Con quest’azione abbiamo voluto segnalare l’attacco alla libertà di scelta delle donne da parte dei medici obiettori che lavorano nelle strutture sanitarie pubbliche.
L’ennesima violenza è stata vissuta da una ragazza costretta ad abortire in un bagno del Pertini senza alcun supporto sanitario a causa della sola presenza di medici obiettori.Se l’aborto è criminalizzato tanto da lasciare sola una donna che interrompe la gravidanza, se non si prescrive la pillola del giorno dopo, se la normalità è avere una media di 17 medici obiettori su 19, se l’intersessualità e la transizione vengono demonizzate come se fossero una malattia, è perché ci sono responsabilità individuali generate e legittimate da una volontà politica volta a sostenere la cultura cattolica più bigotta ed oppressiva.
In Italia il numero di medici obiettori raggiunge l’80%, molti dei quali praticano l’aborto privatamente mettendo la propria carriera professionale al di sopra delle singole vite.
Resistiamo contro un’aggressione pervasiva e costante: la proposta di legge Tarzia, che voleva i movimenti per la vita all’interno dei consultori, privatizzandoli e svuotandoli del loro significato; l’impossibilità di accedere alla RU486, fornendola solo con l’ospedalizzazione di 3 giorni; la costrizione nei confronti delle donne migranti senza documenti in regola a trovare metodi alternativi e a volte letali per interrompere la gravidanza; i tanti, troppi ostacoli per trovare una ricetta e poi una farmacia per comprare la pillola del giorno dopo, farmaco su cui non si può obiettare perché contraccettivo e non abortivo; l’assenza di informazioni sulla pillola dei cinque giorni dopo e la conseguente impossibilità ad usufruirne.
Rifiutiamo l’ingerenza dello Stato e della Chiesa nelle scelte che dobbiamo affrontare nel nostro quotidiano. Vogliamo scegliere se, quando e come essere madri.
E’ con un cesso che vi diciamo che fate cacare:
continuiamo a chiederci in che modo venga gestito un luogo di cura in cui avvengono episodi tanto gravi, in cui, non lo dimentichiamo, è stata permessa e causata l’uccisione di Stefano Cucchi.Vogliamo stanare ogni obiettore perchè venga rispettata la nostra libertà di scelta
Nessuna è sola se ci uniamo nella lotta,
Fuori i preti dalle mutande!
LEGGI ANCHE:
– Abortire in un cesso
– “Stupratele! Tanto poi abortiscono”
– Uno sfogo sulla RU486
– Sul cimitero dei feti
– Marcia per la vita: dovete morì tutti
Ad abortire sole, magari in un cesso, siamo state troppe: maledetti obiettori assassini
Valentina porta il mio stesso nome, gli ospedali dove abbiamo vissuto un’esperienza simile son diversi, stessa e maledetta è la città, capitale in “grande bellezza” e nel numero degli obiettori.
L’aborto terapeutico sventra nel corpo e nell’anima, qualunque cosa pensate essa sia.
L’aborto terapeutico è una scelta lacerante, che apre ogni tua emozione a partire da quella placenta che già inizia a muoversi, ad avere la forma dell’amore totale; nessuno dovrebbe parlare, nessuno dovrebbe fiatare sull’aborto terapeutico, su una simile scelta che una donna, e nel migliore dei casi una coppia si trova a prendere.
L’aborto teraupetico non è una scelta “libera” come l’aborto volontario nelle 12 settimane: quando decidi di abortire un figlio a cui hanno diagnosticato una malattia non sei libera, sei un condannato a morte, sei uno zombie che cammina per ritrovarsi comunque spalle al muro davanti al grilletto.
L’unica scelta possibile è sparare e si muore tutti, inevitabilmente.
Ognuna di noi, quasi tutte noi, ha dovuto abortire nella solitudine,
in ospedali deserti, in corridoi festanti per le nuove nascite…
Io ricordo di una dottoressa che ebbe pietà di me, alle 3 di notte di una vigilia di capodanno e mi fece salire in sala parto, in quel momento tranquilla…rimanere lì alla 16esima ora di contrazioni, con un indecente pannolone e una mamma accanto che allattava per la seconda volta il suo splendido sano e solare primogenito era troppo anche per lei, che forse combatte con gli obiettori più di noi,
lavorandoci spalla a spalla.
Rimasi sola con quel corpicino perché nessuno mi si filò per un po’,
finchè il profilo di una donna di una certa età non si è avvicinato, ha capito, mi ha lavato, mi ha baciata, ha pianto con me.
Poi di nuovo il reparto, i vagiti felici, le mamme che ti chiedono in che posizione attaccarlo al seno convinte che anche tu sia lì per partorire, invece sei senza luce, al buio, scombussolata da dolori, ormoni, farmaci, morfina, obiettori che poggiano gli occhi su di te…
e passano oltre.
Uno, due… ricordo che le ore passavano e nessuno poggiava gli occhi su di me, apriva la cartella, guardava se era il caso di togliermi i tamponi e mandarmi a casa.
L’ho già raccontato su questo blog quella lunga maledetta mattinata e non mi va di rifarlo perchè la rabbia è la stessa di quel giorno.
Volevo solo chiacchierare tra donne, tra amiche, tra compagne:
BASTA! è veramente ora di farli sparire, di spazzarli via dalla sanità pubblica, di toglierceli dalle mutande, dall’utero, dalla fica.
Fuori, fuori dagli ospedali, fuori di prontosoccorso, fuori dalle ginecologie: non avete diritto di esercitare la professione di medici,
non avete diritto di decidere sulle nostre vite.
Vi auguro la solitudine, in un letto di ospedale, per ogni donna che avete insultato con il vostro sguardo,
Con il vostro rilassato “saltarla” e passare a quella dopo,
malgrado dolori, malgrado emorragie, malgrado si partorisca in un cesso aiutate solo dal proprio compagno.
Dovreste veramente pagarla cara, pagare ogni nostro goccio di sangue non medicato.
ASSASSINI, PERVERSI FOTTUTI MALEDETTI ASSASSINI
LEGGI ANCHE:
– “Stupratele! Tanto poi abortiscono”
– Uno sfogo sulla RU486
– Sul cimitero dei feti
– Marcia per la vita: dovete morì tutti
Per Giorgiana e per tutte, contro il Medioevo: domenica ORE 9!
Fate circolare il più possibile questo comunicato, riempiamo le strade domenica, malgrado l’ora:
daje, sveglia presto tutte e tutti insieme contro chi marcia sui nostri uteri, sulla nostra libertà, sulle nostre vite e anche sui nostri figli.
Guai a chi ci tocca, guai a chi prova a scegliere per noi!
Siete il marcio della vita! Avete sbajato giorno e epoca
Per due anni la marcia per la vita, indetta dall’oltranzismo cattolico, è stata contestata con azioni dimostrative che rivendicavano l’autodeterminazione di donne e soggettività l.g.b.t.q.i.
Questa volta hanno scelto il giorno sbagliato!
Il 12 maggio Roma ricorda Giorgiana Masi, assassinata nel 1977 a 19 anni, dalle squadre speciali dell’allora ministro dell’Interno Francesco Kossiga durante il corteo che, sfidando il divieto a manifestare, celebrava il terzo anno dalla vittoria referendaria sul divorzio .
Non accettiamo la provocazione di chi usa i bambini e la retorica della famiglia per legittimare politiche, azioni e discorsi che attaccano le nostre libertà e le nostre vite.
Si tratta di bigotti che, nascondendosi dietro i “sani” valori della famiglia appoggiano di fatto la violenza contro chi differisce dal loro modello.
E’ ora che il familismo smetta di essere un modello per le politiche sociali. E’ ora di riconoscere e rivendicare il diritto ad essere persone libere, persone che scelgono con chi avere relazioni, se e quando avere figli/e.
Lo scopo delle nostre vite non è formare l’ipocrita famiglia cattolica: una struttura utile solo a costruire ruoli, egemonie e a far sentire in colpa le donne che vogliono sottrarsi a situazioni di violenza, fino alle estreme conseguenze.
Non autorizzeremo a parlare di vita chi marcia scortato da fascisti, portatori della cultura mortifera della sopraffazione ed esecutori materiali di aggressioni e violente campagne discriminatorie. Rifiutiamo l’iconografia antiabortista imposta del fanatismo cattolico come rifiutiamo i dogmi di qualsiasi fondamentalismo religioso, non siamo asservit* alla loro guerra santa.
La Roma antifascista e antisessista il 12 maggio non permetterà che la memoria di Giorgiana Masi venga calpestata.
La storia non si riscrive. Non torniamo indietro sui diritti conquistati, anzi incalziamo!
Giorgiana è viva, un’idea non muore mai.
Domenica, ore 9, Corteo da Piazza Campo de’ Fiori
LEGGI ANCHE:
– La questura vieta il ricordo a Giorgiana e autorizza il Medioevo
– Marcia per la vita? Magari morite tutti!!
– “Stupratele! Tanto poi abortiscono”
– Uno sfogo sulla RU486
– Sul cimitero dei feti
Su Giorgiana Masi:
– Giorgiana Masi, testimonianze di quel 12 maggio
La Questura vieta il ricordo a Giorgiana Masi per proteggere la “marcia per la vita”
Proprio il 12 maggio vengono a provocare nelle nostre strade.
I peggiori, la peggior feccia che la nostra società è stata in grado di mettere al mondo, già “mettere al mondo”:
gli antiabortisti, i marciatori per la vita, quell’esercito di becchini che ama marciare sul corpo delle donne e sulle loro scelte,
in nome degli embrioni, del sange di cui son sporche le mani degli obiettori di coscienza.
Io non ho pietà per questa gente, non ce l’ho come donna, non ce l’ho come donna che ha abortito sia per scelta che per obbligo (come donna che ha conosciuto entrambi quei dolori e sa conviverci ogni suo istante) e come – soprattutto- madre.
Nessuna pietà come loro non l’hanno avuta per me.
Per me e per le mie sorelle, madri e figlie.
Proprio il 12 maggio poi, una data simbolica, dolorosa ed importante per questa città e soprattutto per le donne di questa città:
l’anniversario di un’enorme manifestazione per il divorzio, finita con il corpo di una ragazza a terra,
ammazzata dal piombo di una pistola di Stato: Giorgiana Masi.
Proprio il 12 maggio a loro è permesso “marciare”, mentre la questura vieta il corteo in ricordo di Giorgiana e contro questo scempio medievale che è anche solo la loro esistenza
Comunicato stampa 8/5/2013
La Questura di Roma vieta il corteo in ricordo di Giorgiana Masi e contro il femminicidio.
Dopo 2 giorni di trattativa con la Questura di Roma, i gruppi e le associazioni di donne, i collettivi autorganizzati e liberi individui, promotori della giornata del 12 maggio in ricordo di Giorgiana Masi, contro il femminicidio e in contestazione alla “Marcia per la vita” convocata dall’oltranzismo cattolico, ricevono il divieto di manifestare in qualsiasi luogo adiacente al percorso della marcia. Si tratta dell’ennesima dimostrazione di come l’operato delle forze dell’ordine sia asservito ai poteri del governo cittadino e allo stato del vaticano, nascondendo una marcia tutta politica sotto le vesti di manifestazione sportiva, e adducendo motivi di ordine pubblico.
Giorgiana Masi come centinaia di persone il 12 maggio del 1977 erano in strada sfidando, anche quella volta, il divieto di manifestare. Oggi come ieri saremo nelle strade del centro di Roma, partendo da Piazza Campo de Fiori fino ad arrivare a Ponte Garibaldi.
Con o senza autorizzazioni noi costruiremo la nostra giornata.
La nostre vite sono autodeterminate e la nostra rabbia non si placa.Giovedì 9 maggio ore 18 assemblea pubblica a piazza Sonnino
Il 12 maggio tutti e tutte in piazza!
LEGGI ANCHE:
– Marcia per la vita? Magari morite tutti!!
– “Stupratele! Tanto poi abortiscono”
– Uno sfogo sulla RU486
– Sul cimitero dei feti
Perché coprire quei corpi?
Ringrazio l’articolo che pubblico qui sotto, ringrazio la donna che l’ha scritto perché mi ha messo a conoscenza di una cosa che non conoscevo,
e perché ha usato le mie parole, i miei pensieri,
ha avuto le mie stesse reazioni.
E’, quella raccontata qui, un’azione che non comprendo,
dalla quale con facilità politica, di genere e “a pelle”, prendo le distanze: le prendo con il mio corpo, il mio corpo di donna, nudo anche …soprattutto se la cosa vi infastidisce.
Il mio corpo sì, quello che vorrei decidere io come usare.
Io.
E così le mie compagne, amiche, sorelle, figlie.
E le parole di questa donna, che ha anche lavorato col suo corpo per tirar su due lire in più, dovrebbero insegnare molto a quei compagni che coprivano con i loro giubotti i corpi di alcune ragazze “cubiste”.
Ma dove siamo arrivati?
Ma le abbiamo interpellate? o abbiamo deciso che in quanto “oggetti” potevano essere sovradeterminate da qualunque azione?
Poi magari sullo stesso marciapiede polizia o vigili urbani facevano una delle solite retate anti immigrazione, con sequestri di merce e multe da capogiro, e magari anche una vacanza gratuita in Centri di Identificazione ed Espulsione.
Non so, rimango basita.
Dei compagni che coprono le cosce di chi ha scelto di lavorare in una vetrina, senza prendere in considerazione che dietro delle cosce c’erano delle teste,
senza comunicare nulla a loro ma rendendole ancor più OGGETTO.
Brutta, brutta iniziativa.
Ne sarebbero orgogliosi salafiti vari, quelli che le compagne egiziane e tunisine combattono strada per strada: la fratellanza musulmana potrebbe donare dei seggi al Cairo.
Il primo che me copre una coscia lo pisto.
VI INCOLLO IL TESTO E LE IMMAGINI: TRATTE DA abbattoimuri
[LEGGI ANCHE
“IL CORPO DELLE DONNE E’ DELLE DONNE”
“NON AMO I TUTORI, ANCHE SE COMPAGNI“]
Su Facebook mi segnalano questa nota con relativa discussione e commenti che se volete potete leggere. Da lì viene il comunicato e le immagini che riporto in basso.
C’è un negozio – a Napoli – che vende elettronica e che per farsi pubblicità ha scelto di realizzare una vetrina munita di ragazze/cubo ballereccie che di certo non passano inosservate. Non so se prima si fossero lamentate o abbiano dato segni di rivolta compagne, femministe, ma mi fa specie che un gruppo di ragazzi, compagni, da ciò che leggo, decidano di andare a “salvare” queste donzelle in pericolo anche se non l’avevano chiesto, o almeno non mi pare di leggerlo da nessuna parte, e anche se probabilmente per quel mestiere venivano pagate.
Perché mai questi ragazzi non hanno coinvolto un collettivo femminista per decidere se quella fosse la cosa giusta da fare? Perché mai la protesta scelta è stata di coprire alla vista dei e delle passanti i corpi delle ragazze? Sapete che così avete detto alle ragazze che erano indecorose e moralmente reprensibili? Avete chiesto alle ragazze che ballavano cosa ne pensavano? Ma non si usa più che le battaglie passano per l’autodeterminazione dei soggetti coinvolti? Siamo ai piani salvifici e paternalisti? Alle colonizzazioni? Alle soluzioni imposte?
Ho fatto la ragazza/cubo molti anni fa per campare, come terzo lavoro, e se fosse venuto qualcuno a coprirmi facendomi sentire una specie di svergognata grata per tanta generosa attenzione da parte di un salvatore qualunque io gli avrei dato il tacco con la zeppa in faccia.
Avrete avuto tutte le migliori intenzioni ma vi giuro che mai una iniziativa di compagni mi è sembrata tanto inopportuna e offensiva nei confronti delle donne e se questo genere di iniziative vengono perfino percepite come positive io credo che la deriva scivolosa che sta assumendo questa cosiddetta battaglia moralista rispetto ai corpi delle donne sia arrivata al limite.
Questa azione andava fatta pressappoco così, se si voleva fare.
1] Bisognava coinvolgere le compagne, antisessiste, e le ragazze e chiedere se si sentivano sfruttate, se avevano scelto, se erano pagate poco, male, in nero, con contratto regolare o chi lo sa. Perché è possibile che avessero delle richieste da fare ma forse riguardavano tutt’altro. Magari migliori condizioni contrattuali, per esempio.
2] Avuta notizia della condizione di sfruttamento bisognava che le compagne svolgessero, forse, un presidio disturbante, un volantinaggio, ché se interrompi gli affari di una impresa privata comunque devi saperlo che ti becchi una denuncia, ma non è quello il punto. Il punto è che tutto avreste dovuto fare meno che coprire le cosce di queste ragazze perchè loro non erano la cosa sporca da cancellare dalla vista dei benpensanti.
3] Le compagne avrebbero simbolicamente potuto coprire, per operare un rovesciamento di senso, un subvertising, le televisioni, la merce, perchè giudicata immorale, o avrebbero potuto inscenare un balletto in quel marciapiede per non fare sentire sole le ragazze, mostrando una solidarietà vera e non prurigginosa e paternalista.
E tante altre cose si sarebbero potute fare ma tutte, sempre e comunque, ricordando che non si può salvare qualcun@ che non vuole essere salvat@ o che non sembra essere assolutamente in condizioni di pericolo. Che le lotte si fanno a partire da se’ e che ci si salva da sole se si vuole senza bisogno di “tutori”, inclusi quelli antagonisti.
In questo senso vorrei chiedere chi ha fatto peggio tra il venditore e i compagni perché mi pare che entrambi abbiano usato quei corpi, il primo chiedendo si spogliassero per vendere e i secondi coprendoli e poi facendo caciara in nome della difesa della dignità delle donne.
Il punto è che le donne non sono merce, è vero, ma non lo sono neppure in senso lato, neppure per accreditare azioni che personalmente giudico lesive del diritto all’autodeterminazione di ciascun@ perché vorrei capire dove sta la differenza tra questa azione, in termini simbolici intendo, e un bombardamento in Afghanistan in nome delle donne.
Comunque eccovi il loro comunicato e le immagini e per un aggiornamento leggete QUI.
>>>^^^<<<
VERGOGNA!! Il corpo delle donne non è una merce da mettere in vetrina!
E’ questa l’idea di lavoro che ha in mente per i giovani il noto megastore di elettronica di piazza Quattro Giornate “Dino Galiano”? Erano ormai giorni che passando per piazza Quattro Giornate si assisteva al triste spettacolo di nostre coetanee ridotte a “merce animata”, messe in una vetrina a ballare in abiti corti e provocanti, per far vendere qualche televisore di più. A tutto questo come ragazzi del quartiere riuniti nel collettivo “Zona Collinare in Lotta” abbiamo deciso di dire basta. Intorno alle 19,30 di oggi martedì 14 dicembre, abbiamo messo in scena una protesta.
Con i nostri giubbotti abbiamo oscurato il degradante spettacolo. Da subito si è radunata una piccola folla di passanti che ci ha manifestato tutto il proprio appoggio. Applausi e urla di disapprovazione verso Dino Galiano hanno fatto subito comprendere allo store che la festa era finita. Tutti i clienti sono stati fatti uscire in fretta e furia e le serrande abbassate. Inutile sottolineare come subito dalla vicina caserma si siano precipitati un po’ di carabinieri a dar manforte ai gorilla di Dino Galiano che con modi a dir poco intimidatori cercavano di allontanarci dalla pubblica via.
E’ meglio che Galiano così come tutti gli altri padroni, capiscano che nel nostro quartiere non c’è posto per chi, in nome del profitto, vuole speculare e mercificare sul corpo delle donne!
Zona Collinare in Lotta
Pubblicato anche su Femminismo a Sud.
Dalla Palestina: La strada verso la liberazione
Pubblico volentieri questo comunicato del movimento dei giovani palestinesi, di cui vi consiglio di seguire il sito (QUI), di commento al riconoscimento della Palestina come stato osservatore, non membro.
Ieri, a caldo, il mio solo commento è stata la pubblicazione di una foto, che trovo geniale, su quello che è la Palestina, anche secondo le Nazioni Unite.
Un arcipelago.
Un arcipelago in mezzo alla terra.
Un ammasso di piccole isolette prive anche solo della speranza di una continuità territoriale, di autodeterminazione, di libertà di movimento e di poter far rientrare A CASA 7 milioni di profughi,
che non attendono altro dal 1948 o ’67.
Solo quella sarà la Palestina:
quella dove potranno tutti far ritorno,
quella senza muri e colonie,
quella liberata dalla farsa della diplomazia.
Ieri la Palestina è stata riconosciuta dalle Nazioni Unite come Stato osservatore, non membro, alcune voci palestinesi ci ricordano che questa “vittoria” ha più che altro il sapore amaro della sconfitta.
L’iniziativa per la richiesta di riconoscimento dello “stato di Palestina” è stata una imposizione che ha deliberatamente ignorato tutte le critiche interne che ha ricevuto. E’ stata accolta come un nuovo passo nella lunga marcia del nostro popolo verso la realizzazione delle nostre ambizioni politiche. Tuttavia, dobbiamo fermarci e chiederci, quali sono queste ambizioni?
E in che modo questo passo servirà il nostro progetto nazionale?
In un clima politico in cui vi è una mancanza di obiettivi chiaramente definiti, e che è caratterizzato da forte divisione politica, diventa possibile per chiunque autoproclamarsi sedicente portavoce della nostra causa.
Questi autoproclamatisi portavoce hanno approfittato di questo clima politico per screditare tutte le voci di dissenso, arrivando anche ad etichettarli come traditori. In una tale situazione, chi può richiamare questa gente alle proprie responsabilità?
E’ evidente che queste voci di dissenso, che sono estremamente critiche rispetto all’iniziativa di riconoscimento dello stato, sono state ignorate, scompaginate e frammentate. Ma questo non è dovuto all’irrilevanza delle opposizioni che sono state mosse, piuttosto, è dovuto alla mancanza di opzioni alternative che siano degne degli sforzi di coloro che si sono sacrificati con il loro sangue per la lotta. Ogni battaglia che il nostro popolo ha combattuto è costata un prezzo molto alto, e per questo, la responsabilità ricade su di noi per assicurare che la nostra lotta non sia stata mandata avanti invano e certamente non in favore di una leadership debole e corrotta
La nostra liberazione non sarà mai ottenuta sulla base di normalizzazione con il regime coloniale sionista, piuttosto sarà conquistata con il percorso che è stato scritto con il sangue dei nostri martiri. Riaffermiamo che l’unica strada che ci interessa è il percorso che si dirige in modo esplicito verso la liberazione della nostra terra e il ritorno del nostro popolo in Palestina … Tutta la Palestina.
FINO AL RITORNO E ALLA LIBERAZIONE
Palestinian Youth Movement
Leggi:
– Ma di che stato parlate?
– Comunicato dei giovani palestinesi contro la creazione dello Stato di Palestina
–Stato osservatore non membro, o arcipelago?
Da Nena News: Niente da festeggiare
Palestina: “stato osservatore non membro” o arcipelago?
L’ARCIPELAGO ORIENTALE DELLA PALESTINA
e poco altro da dire.
Continuando a puntare sul “due popoli due stati” questo è il massimo per cui possiamo festeggiare.
Lo stato deve essere uno, per tutti.
Sono impopolare ma è la sola cosa per cui si potrà festeggiare, e per cui dovremmo combattere.
E non può bastare:
GIU’ IL MURO DELL’APARTHEID
PALESTINA LIBERA
Leggi:
– Ma di che stato parlate?
– Comunicato dei giovani palestinesi contro la creazione dello Stato di Palestina
Ovviamente Israele per far capire l’inutilità di tutto ciò ha dato il via libera a 3000 nuovi alloggi illegali nella Palestina Occupata.
L’apartheid, l’occupazione, la distruzione della continuità territoriale non si vincono con le poltroncine simboliche.
“il marxismo è fuori della realtà”! Ce lo conferma quello che parla di paradiso e inferno
Il marxismo è “fuori dalla realtà”!
Punto.
Voi tutti e tutte prendetelo per buono, perché lo dice papa Ratzinger in viaggio verso Cuba. Tutto vestito di bianco, intento ad insegnarci la parola di Dio e a dirci che quel cattivone del diavoletto ci brucerà nel fuoco eterno anche solo per una masturbatina veloce.
Figuriamoci io che fine farò: donna,madre non sposata e anche madre pronta ad interrompere una gravidanza con un aborto terapeutico per una malformazione genetica.
A me il diavoletto mi torturerà per l’eternità e me lo merito pure secondo quell’uomo vestito di bianco con le scarpette Prada rosse rosse.
Ma è il marxismo a star fuori dalla realtà: Dio e famiglia stanno con i piedi per terra invece!!
Repressione e carcere: il governo Monti alza il tiro … e sarà la nostra quotidianità
Questo nuovo governo, che il popolo viola dell’antiberlusconismo piddino ha accolto con festosi Alleluja,
ha immediatamente fatto capire, riforme e manganello alla mano,
cosa vuol dire vivere sotto un governo di banche, di finanza, di capitalismo sciacallo, più del solito.
E così non ci si può muovere che i plotoni gestiti da un ministero tutto composto da ex e non funzionari della polizia di Stato arrivano,
nel peggiore dei modi, caricando chiunque si trovino davanti,
inseguendo manifestanti fin dentro i bar,
arrestando, processando e condannando ragazzi giovanissimi ed incensurati a pene surreali.
E’ il governo che volevate eh!
C’avete fatto due palle tante che il nemico era Berlusconi e la sua cricca,
che ora queste manganellate e queste celle tutte gestite dal capitalismo finanziario
sembra che quasi ce le meritiamo, paese intriso di stoltezza e amore per la schiavitù.
Le mobilitazioni NoTav che avvolgono il paese e non solo la Val di Susa, che rischia in prima persona sul profilo dei suoi monti e del suo bel popolo dalla testa alta, come le opccupazioni abitative e la lotta per il diritto all’abitare
parlano un linguaggio chiaro.
Una lingua che non lotta contro una ferrovia, che non lotta contro un appalto, che non lotta contro l’amianto,
ma contro i nostri modi di produzione ed accumulazione,
una lotta contro il capitalismo, contro la servitù al capitale,
contro lo sfruttamento di corpi e territori.
E il governo Monti probabilmente sta cercando il modo di arrestarci tutti.
Non sarà difficile trovarci comunque,
perché saremo in ogni strada, davanti ad ogni carcere, a difendere case e montagne
con la stessa identica priorità:
GUAI A CHI CI TOCCA!!
Vi allego qui il comunicato di ieri, dopo gli arresti ai danni degli appartenenti dei movimenti di lotta,
che stamattina saranno processati per direttissima
QUANDO LE LOTTE SI UNISCONO FANNO PAURA
LIBERI SUBITO I COMPAGNI ARRESTATI
Oggi alle 11:30 i movimenti di lotta per la casa hanno occupato la sede del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) dietro uno striscione che recitava “1 km di TAV = 500 case popolari”.
Un’iniziativa pacifica, organizzata perché in questa sede vengono definiti gli stanziamenti di fondi per il TAV in Val di Susa.
Le 400 persone che hanno dato vita all’iniziativa sono state più volte caricate dalla Polizia ed infine spinte fuori dal palazzo di via della Mercede 9.
Alla legittima richiesta di poter proseguire la protesta con un corteo, 35 persone, compagni e compagne, sono state identificate e fermate ed uncompagno è rimasto a terra ferito dalle violente cariche. I fermi che poi sono risultati arresti e sono 4.
Contemporaneamente la tendopoli del Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa che stava presidiando i palazzi abbandonati di proprietà del demanio pubblico in Via Boglione 63 (nella periferia Sud di Roma) è stata sgomberata.
A detta delle stesse forze dell’ordine si è trattato di una rappresaglia per l’occupazione del CIPE in via Mercede.
Nel corso dello sgombero del presidio, operato dal reparto mobile della Guardia di Finanza, sono state identificate tutte le famiglie presenti. Due donne sono state portate al Commissariato Preneste perché in quel momento prive di documenti.
Forse nel timore che la vendetta non fosse sufficente, le forze dell’ordine, nel pomeriggio, hanno assaltato con inaudita violenza l’occupazione di via Casal Boccone dei Blocchi Precari Metropolitani.
Sono stati sparati lacrimogeni sul tetto, una parte dello stabile è stata devastata, ma grazie alla determinazione degli e delle occupanti lo sgombero non è stato portato a compimento.
Oggi a Roma si è reso palese l’atteggiamento aggressivo e repressivo che comune e governo stanno avendo nei confronti di chiunque, in questo paese, alzi una voce di dissenso e cerchi di autodeterminarsi.
Ancora una volta ci dimostrano quale sia per loro la democrazia: quella che occupa militarmente i territori nella Val di Susa, che uccide nei CIE e nelle carceri, che punisce con sentenze spropositate chi si è difeso il 15 ottobre dai caroselli della polizia, e che non si preoccupa di sgomberare centinaia di famiglie sotto la neve.
Ma le lotte sociali non si fermano. Scendono in piazza per la libertà di movimento chiamando alla mobilitazione in solidarietà e complicità con gli arrestati, a partire da domani mattina.
ORE 9.00 PRESIDIO SOTTO IL TRIBUNALE A PIAZZALE CLODIO
ORE 10.00 PRESIDIO DAVANTI AL CARCERE DI VELLETRI
ORE 15.00 ASSEMBLEA PUBBLICA AL VOLTURNO OCCUPATO
La “pillola del giorno dopo” a Roma
Quella che trovate qui sotto è una parte di una vecchia inchiesta dei RadicaliRoma (è dello scorso anno)
Niente di nuovo per molte di noi che, per un motivo o un’altro, ci siamo trovate a che fare con l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici.
Una cosa inaccettabile…
io li ricordo uno ad uno: li ricordo perché NON sono medici, perché le risposte, i toni, gli sguardi, le parole che usano non sono quelle che un medico dovrebbe usare,
perchè non dovrebbe essergli permesso di lavorare,
perchè possono togliere calli, possono raccogliere riso, possono prendere il carbone, possono raccogliere pomodori,
c’è tanto da fare al mondo.
Gli ospedali li lasciassero ai MEDICI.
La “pillola del giorno dopo” di cui stiamo parlando, non è un farmaco abortivo, non ha alcun effetto se il processo di impianto è già iniziato (altrimenti non sarebbe nemmeno possibile venderlo nelle farmacie). Non causa aborto, punto.
Motivo per cui è illegale per i medici appellarsi all’obiezione di coscienza, per un farmaco che ha il solo potere di inibire e quindi ritardare l’ovulazione. E’ pieno diritto di qualunque donna averne prescrizione medica immediata ed urgente senza dover parlare di obiezione di coscienza con chicchessia..
Quello che leggete qui è ripreso a telecamere nascoste da una coppia, in vari ospedali romani…
Ospedale Casilino – 1 giugno 2008, ore 23.21
“Avrei bisogno di una ricetta per la pillola del giorno dopo…”. Quando ha avuto l’ultimo rapporto sessuale? Qualche ora fa.. si è rotto il preservativo”. L’infermiera all’accettazione chiede se la donna è maggiorenne e poi la informa che dovrà attendere perché è un codice bianco e prima hanno precedenza le donne gravide. Alla fine il farmaco sarà prescritto. “Dovrà pagare un ticket di 25 euro. Non oggi… poi in settimana” conclude l’infermiera.
Ospedale Cristo Re – 6 giungo 2008, ore 18.14
“Sono venuta questa mattina per la prescrizione della pillola del giorno dopo. E mi hanno detto che non c’è possibilità. Assolutamente no?”. L’infermiera conferma e da il consiglio di recarsi altrove: “Dovete andare o al San Filippo Neri o al San Camillo… Questo è un ospedale religioso”. La donna insiste: “Non è proprio possibile averla? Perché è il tutto giorno che giriamo, siamo andati pure al Gemelli”. Ma la dipendente del Cristo Re è categorica: “Impossibile! E no, pure quell’ospedale è religioso. Provi al San Camillo…”.
Ospedale Cto – 8 giugno 2008, ore 1.45
“Ho già detto al suo collega. Mi servirebbe la prescrizione per la pillola del giorno dopo…”. All’accettazione risponde un medico: “Un attimo solo…Eh no perché deve firmare un modulo e per questo deve andare al Nuovo Regina Margherita…”. La donna chiede spiegazioni: “Ma perché? Qui non si può?”. “No, mancano i moduli per il consenso informato per via degli effetti collaterali..”. Così la donna è costretta a rinunciare.
Ospedale Gemelli – 13 giugno 2008, ore 23.51
“Senta ho un problema urgente… Mi servirebbe la prescrizione della pillola del giorno dopo…”. La risposa che la donna riceve al pronto soccorso è chiara: “Guardi noi siamo un ospedale cattolico. E siamo tutti obiettori di coscienza e non la prescriviamo”. E alle ulteriori richieste di spiegazioni l’operatore spiega: “Francamente mi risulta che anche negli altri ospedali romani c’è questo problema… Qui da noi non la prescrive nessuno, il medico di famiglia la può prescrivere…”. E la donna: “Ma io il mio medico l’ho appena chiamato ma essendo tardi mi ha consigliato di rivolgermi a un pronto soccorso al più presto perché altrimenti non serve…”. Il medico replica spiegando che in realtà la donna ha 72 ore di tempo dal rapporto per prendere il farmaco. Ma su internet potete trovare informazioni e anche il numero di telefono di qualcuno che te la può prescrivere d’urgenza”.
Ospedale Fatebenefratelli – 27 giugno, ore 16.55
La donna assieme al compagno spiegano di essere già stati all’ospedale San Camillo e di aver trovato medici solo obiettori…”. L’infermiere del pronto soccorso risponde con una battuta: “Perché sei stata sfortunata… Se no te l’avrebbe data: alcune volte c’è il medico obiettore altre no. Ma qua proprio no: la pillola non la danno mai, mai…”.
Ospedale Grassi – 29 giugno 2008, ore 1.07
L’infermiera al pronto soccorso spiega che deve vedere se ci sono obiettori in servizio. La coppia deve attendere e al ritorno l’infermiera spiega:” Il dottore dice che se la vuoi te la può prescrivere ma solo se prima fai il prelievo del sangue perché vuole accertare che tu non sia già in gravidanza”. La donna obietta che il proprio medico non le farebbe fare alcuna analisi e che il farmaco impedisce solo la fecondazione dell’ovulo. Il sanitario insiste: “Prescrivere la pillola del giorno dopo a una paziente che è incinta significa provocare un aborto. Capisci che è una cosa ben diversa. Se vuoi puoi parlare con il dottore comunque la condizione è questa…”.
Ospedale Sandro Pertini – 29 giugno, ore 2.07
È uno dei pochi ospedali dove il personale medico non fa alcun tipo di problema e si limita a chiedere i dati per poi chiamare la ginecologa. Dopo poco tempo il medico spiega alla donna le modalità per l’uso del farmaco. “È un’unica compressa, puoi prenderla a stomaco vuoto o pieno. Non è un problema. Considera che non ha una copertura del 100% arriva a un massimo del 95-97%. Prima si prende e meglio è. Prima delle 12 ore è meglio. Comunque si ha tre giorni di tempo per prendere il farmaco. Quindi ora via in farmacia e lo prendi con un po’ d’acqua. Potrebbe darti un po’ di nausea, potrebbe darti alterazioni del ciclo e te lo può anticipare di molto. Una volta assunto potresti trovare delle macchiette di sangue perché comunque sono ormoni e possono alterare un po’ lo stato del ciclo…. Ma se il ciclo ritarda di qualche giorno è meglio fare le analisi perché il farmaco non dà un copertura del 100%″. “Questo è il farmaco…”. La donna mette una firma su un modulo ed esce dall’ospedale con la prescrizione.
Ospedale Regina Margherita – 30 giugno, ore 17.10
Al pronto soccorso l’infermiera chiede un documento e il codice fiscale. La prescrizione della pillola del giorno dopo viene effettuata senza alcuna difficoltà.
Ospedale Sant’Andrea – 31 giugno, ore 17
Anche in questo caso viene richiesto di firmare il modulo per il consenso informato e poi viene data la prescrizione.
Ospedale Figlie di San Camillo – 1 luglio, ore 12.47
La risposta alla richiesta del farmaco è netta. “No, questo è un ospedale religioso, non te la fanno sono tutti obiettori”. L’infermiera poi aggiunge:”L’unica parte dove è facile non trovare obiettori è l’Umberto I negli altri ospedali te la rischi… Oppure puoi provare al San Giovanni”.
Ospedale San Giovanni – 2 luglio, ore 22.40
Anche al San Giovanni ottenere la prescrizione non è semplice e comporta perdere tempo prezioso. Al pronto soccorso un infermiere invita a ritornare il giorno dopo: “Guardi domani mattina qui da noi per fortuna è aperto il nostro consultorio: tutta la mattina di sabato. Quindi può andare tranquillamente lì perché le apriranno una cartella, le spiegheranno poi tutti gli effetti collaterali e poi la metteranno anche in lista per ulteriori controlli…”.
La donna fa presente di essere stata consigliata dal medico curante di far presto ad assumere il farmaco e quindi di recarsi al pronto soccorso. “Quando è successo il fattaccio?” domanda l’infermiere. “Oggi pomeriggio” risponde la donna. “Ha tre giorni di tempo, domani o dopodomani – ribatte il sanitario – ma domani mattina va bene. Quando è venerdì preferiamo mandare la paziente al nostro centro di pianificazione perché viene edotta dei rischi, degli effetti collaterali e viene poi indirizzata per ulteriori accertamenti se dovesse avere un ritardo e per fare una ecografia o una beta…”. “Ma pensavo che la pillola dovesse essere presa subito” ribadisce la donna. “No. Vada domani mattina e gliela farà sicuramente…” rassicura l’infermiere.
Ospedale San Carlo – 8 luglio, ore 00.24
“Questo è un ospedale religioso, non la fanno la prescrizione…”. È la risposta che riceve la donna che chiede: “Ma io come faccio?”. L’infermiere consiglia di recarsi in un “ospedale grosso come al San Filippo Neri. Tra parentesi ci vuole un ginecologo e noi non ce l’abbiamo”.
Ospedale Policlinico Tor Vergata – 9 luglio, ore 24
“Ok, mi dà un documento. Noi glielo dico prima non abbiamo il pronto soccorso di ginecologia. Bisogna cercare un medico generico poi decide se prescrivere o meno. Non so in base a cosa decide, non sono un medico”. La donna chiede se ci sono obiettori per evitare un’attesa inutile. “Ci sono parecchi obiettori. Ma le ripeto deve parlare con il medico”. Poi l’infermiere cerca di sapere se c’è un medico disponibile e spiega: “Il medico c’è però l’attesa è lunga. Cioè tu sei un codice bianco e aspetti un bel po’. Te lo dico perché può essere che al Casilino se c’è il ginecologo fai un iter diverso”.
Ospedale Sant’Eugenio – 9 luglio, ore 1.05
“La dottoressa purtroppo non c’è: la prescrive però è in sala parto e sta facendo un parto cesareo. Tra una mezz’ora avrà finito” spiega una infermiera. La coppia chiede se possano rivolgersi a un altro ospedale e l’infermiera spiega che è difficile “dipende da ospedale a ospedale e si sono uno o due medici che la prescrivono. Qui da noi sono tre che la prescrivono”.
Ospedale San Filippo Neri – 9 luglio, ore 2.18
“Ci servirebbe urgentemente la prescrizione per la pillola del giorno dopo” spiega la donna con il suo compagno. “Aspetti non so se gliela fa” risponde una infermiera che poco dopo ritorna e informa la coppia che il medico è disponibile: “Ha detto va bene, che ve la fa…”.
Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – 10 luglio, ore 16.41
“Sono già venuta stamattina per la prescrizione della pillola del giorno dopo e mi hanno detto che qui non la fate però il ragazzo era molto gentile e ci ha indicato altri ospedali e siamo andati ma ci hanno detto di no. Volevo sapere se qui proprio non la fate”. Anche in questo caso la risposta che la donna riceve al pronto socoroso è categorica: “No. Provate al Gemelli. Mi dispiace”.
Ospedale San Giacomo – 11 luglio, ore 10.34
“Ho un grave problema mi servirebbe proprio urgentemente la prescrizione della pillola del giorno dopo” spiega la donna in accettazione. “Non so se oggi abbiamo i medici che la fanno. Alcuni sono contrari per l’obiezione di coscienza. Lei non può andare contro a quella che ha il medico” risponde una infermiera. La donna fa presente che non si tratta di un aborto. “Ma c’è anche il medico di base che la prescrive – ribatte il sanitario – Qui dentro non tutti la fanno è una scelta insindacabile. Negli ospedali vaticani è inutile andarci”. Solo successivamente dopo che la donna insiste nel richiedere il farmaco, l’infermiera contatta il medico che risponde di essere disponibile a prescrivere la pillola.
Aurelia Hospital – 11 luglio, ore 18
“Qui il medico è obiettore di coscienza. Andate in un altro ospedale purché non sia religioso” fanno subito presente al pronto soccorso. “Ma questo è un ospedale religioso?” chiede la coppia. “No ma il medico essendo obiettore non prescrive. Mi spiace andate al San Camillo ed escluda i religiosi: il San Filippo Neri, il Gemelli, il Cristo Re. Escluda tutto quello dove ci sono preti,monache…” conclude il sanitario.
Ospedale Santo Spirito – 11 luglio, ore 17.30
“Ho chiamato il medico di base mi ha detto di rivolgermi alla guardia medica e mi hanno detto di andare al pronto soccorso per farmi prescrivere la pillola del giorno dopo” spiega la donna in accettazione. Ma la risposta è negativa: “Non la prescriviamo! Non tutti i pronti soccorso le prescrivono in base all’obiezione di coscienza”.
Ospedale Umberto I – 12 luglio, ore 19
Al pronto soccorso spiegano che la prescrizione è possibile averla. “È un prestazione a pagamento. Costa 25 euro e dopo dieci giorni riceverà a casa il bollettino per il pagamento” si limitano a spiegare.
Il cimitero dei feti visto da una bimba mai nata, e dalla sua mamma
Un cimitero per feti ed embrioni.
Ho rabbrividito, piccola mia quando ho letto di questa cosa, inaugurata a pochi km da casa,
a pochi km dal luogo dove ho scelto di salutarti, perchè la tua vita sarebbe stata un’assurdità genetica,
un patchwork di cromosomi un po’ brilli,
troppo per questo mondo di sobri bacchettoni.
Ora si sono inventati il cimitero con gli angioletti, il cimitero per i bimbi mai nati, un cimitero che si chiama “inno alla vita”…
se lo sono inventato loro, quelli che in ospedale non ti tolgono nemmeno i tamponi pieni di sangue, quelli che ti negano l’ossitocina per far in modo che lo strazio invece di durare un giorno (e una vita intera) ne duri tre (e la stessa intera vita).
Non è che l’hanno voluto delle mamme, delle mamme che come me hanno scelto, scelto, dolorosamente scelto, di non conoscere il propri figlio.
No, piccola minuscola dolcezza, non siamo mica state noi: quelle sventrate in tutto da un aborto terapeutico,
quelle che dilaniandosi hanno scelto di NON mettere al mondo qualcuno che come te, non avrebbe avuto modo di starci.
L’hanno fatto loro … te li ricordi quelli che ci guardavano male?
Quelli che ci hanno insultato, malgrado il dolore e le lacrime: quelli che ci son montati sopra proprio nel momento in cui per la prima volta chiedevamo aiuto senza la forza di far uscire la voce e sapendo di non poterla trovare?
Ma loro ce l’avevano eccome la voce in quei momenti:
ce l’hanno per dirti che sei un’assassina malgrado non c’è cosa al mondo che vorresti più di tenere la tua pancia e continuarla a far crescere, nella pienezza e nella gioia più totale,
ce l’hanno per negarti l’assistenza medica, sperando magari che il tempo passi per poi lasciarti senza scampo…
Non si viene trattati da persone quando si è costretti a percorrere le strade maledette di un aborto terapeutico:
vien trattato da persona il tuo feto però…
e sei hai la sfortuna (dipende da chi c’è in turno) di entrare nella procedura del parto indotto e non dell’aborto terapeutico, la richiesta di seppellirlo e dargli un nome ti vien fatta, obbligatoria.
Quindi secondo loro tu un nome lo dovevi avere, io potevo anche non averlo, visto il trattamento…visto che i tamponi me li son dovuta togliere sola, per non aspettare il miracolo di un turno privo di obiettori.
questo è il meccanismo che ha creato quel cimitero, con gli angeli alla porta…
quello che ci rende tutte assassine.
La cosa che mi consola è che li starai maledicendo anche tu che, senza nome nè giaciglio, hai avuto tutto l’amore possibile,
e sempre lo avrai.
E che oltre a te ci staranno le maledizioni di tutti quei bimbi nati, che un nome l’avevano e che magari son morti in un lungo viaggio in mare per raggiungere le nostre coste…o quelli mai nati, morti nelle pance delle loro mamme affogate:
per chi ha costruito il cimitero dei feti quelli son morti senza importanza.
Arabia Saudita: le donne al voto
Si vede che ospitare Saleh, al potere in Yemen da qualche decade deve aver fatto impaurire re Abdullah bin Abdul Aziz in Arabia Saudita. Nell’ospitare il convalescente collega yemenita, alle prese da gennaio con una rivolta popolare che tenta di abbattere il suo regime, deve aver capito che rischia grosso,
anche alla luce di quel che da mesi si muove in Bahrain, malgrado la repressione del regime sunnita, che ha chiesto ai sauditi sostegno militare appena una manciata di mesi fa.
Insomma, la primavera araba spaventa tutti questi papponi in turbante e provano a parare i colpi in anticipo, tentando di scongiurare lo spettro ribelle che muove le piazze arabe e islamiche.
E così oggi è stato spezzato, o almeno è stato annunciato che si farà, un tabù non da poco per quel paese dalle donne nere, costrette in un velo integrale e a moto altro. Ottantuno voti a favore e trentasette contrari: le donne potranno partecipare alle elezioni come votanti e addirittura “potranno presentarsi candidate ai consigli municipali, nel rispetto dei principi dell’Islam”.
Ovviamente non si riferisce alle municipali che si terranno la prossima settimana, ma alle successive, previste per il 2015.
Un primo passo? Bho, fa un po’ ridere, visto che in Arabia Saudita le donne non possono nemmeno togliersi un pelo incarnito senza il permesso del maschio, non possono lavorare, uscire di casa, farsi curare, sospirare senza il lascia passare del loro padre prima e marito poi.
Pochi mesi fa una grande mobilitazione, almeno mediatica, aveva spinto alcune donne saudite a sfidare le autorità guidando la macchina, rischiando ed affrontando l’arresto immediato. La solidarietà è stata immediata, in tutto il mondo.
Qui la pagina Fb nata in Italia in quelle giornate 😉 IO GUIDO CON MANAL
Dai giovani palestinesi, contro uno Stato palestinese come quello proposto: PER IL DIRITTO AL RITORNO E LA LIBERAZIONE
Ottimo, importante, coraggioso, pienamente condivisibile.
Contrari a questo ridicolo riconoscimento dello Stato Palestinese che a breve sbarcherà alle Nazioni Uniti, i giovani palestinesi chiedono a gran voce la fine dell’occupazione, il ritorno dei profughi, chiedono di dimenticare la parola Nakba, di mutarla con Hurriyya (libertà).
NOI, DEL MOVIMENTO GIOVANILE PALESTINESE (PYM), SIAMO FERMAMENTE CONTRARI ALLA PROPOSTA DI RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE BASATO SUI CONFINI DEL 1967 CHE DEVE ESSERE PRESENTATA ALLE NAZIONI UNITE QUESTO SETTEMBRE DA PARTE DELLA LEADERSHIP PALESTINESE UFFICIALE.
NOI CREDIAMO E AFFERMIAMO CHE LA DICHIARAZIONE DELLA STATALITA’ VUOLE ESSERE SOLO IL COMPLETAMENTO DEL PROCESSO DI NORMALIZZAZIONE, CHE INIZIO’ CON I PROBLEMATICI ACCORDI DI PACE.
L’INIZIATIVA NON RICONOSCE IL FATTO CHE NEL NOSTRO PAESE LE PERSONE CONTINUANO A VIVERE IN UN REGIME COLONIALE BASATO SULLA PULIZIA ETNICA DELLA NOSTRA TERRA, SULLA SUBORDINAZIONE E SULLO SFRUTTAMENTO DELLA NOSTRA GENTE.
Questa dichiarazione serve come meccanismo per salvaguardare il falso quadro del processo di pace e depoliticizzare la lotta per la Palestina rimuovendo la lotta dal suo contesto storico coloniale. I tentativi di imporre una falsa pace con la normalizzazione del regime coloniale ha solo portato a cedere quantità crescenti della nostra terra, i diritti del nostro popolo e le nostre aspirazioni, delegittimando ed emarginando la lotta del nostro popolo, rendendo sempre più intensa la frammentazione e la divisione tra la nostra gente.
Questa dichiarazione mette in pericolo i diritti e le aspirazioni di oltre due terzi delle persone palestinesi che vivono come rifugiati in esilio in altri paesi, che dalla Nakba del 1948 (Catastrofe) aspettano per tornare alle loro case da cui sono state sfollate.
Si compromette così anche la posizione dei/delle palestinesi che risiedono nei territori occupati nel 1948, che continuano a resistere dall’interno quotidianamente contro la pulizia etnica e le pratiche razziali del regime coloniale. Inoltre, rafforza e potenzia i/le palestinesi e i partener arabi ad agire come i portinai dell’occupazione e della colonizzazione nella regione, all’interno di un quadro neo-coloniale.
Il fondamento di questo processo serve niente di più che ad assicurare la continuità dei negoziati, la normalizzazione economica e sociale e la cooperazione per la sicurezza. La dichiarazione dello Stato solidificherà solo falsi confini su un frammento della storica Palestina e continua a non affrontare le questioni fondamentali: Gerusalemme, gli insediamenti, i/le rifugiati/e, i/le prigionieri/e politici/che, l’occupazione, le frontiere e il controllo delle risorse. Crediamo che una tale dichiarazione di Stato non garantisce né promuovere la giustizia e la libertà per i/le palestinesi, il che significa di per sé che non ci sarà pace duratura nella regione.
Inoltre, l’iniziativa di dichiarazione di uno Stato viene presentata alle Nazioni Unite da una leadership palestinese che è illegittima e che non è stata eletta per essere in grado di rappresentare la popolazione palestinese nella sua totalità, attraverso tutti i mezzi democratici per la sua gente. Questa proposta è un prodotto politico progettato da loro per nascondersi dietro la l’incapacità di rappresentare i bisogni e i desideri della propria popolazione. Affermando di compiere la volontà palestinese di autodeterminazione, questa leadership sta abusando e sfruttando la resistenza e i sacrifici del popolo palestinese, in particolare dei nostri fratelli e sorelle a Gaza, dirottando inoltre la base di lavoro di solidarietà internazionale, come il Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni e gli sforzi e le iniziative della flottiglia. Questa proposta serve solo a sperperare tutti gli sforzi fatti per isolare il regime coloniale e renderlo responsabile.
Se la proposta per il riconoscimento statale è stata accettata o no, chiediamo ai/alle palestinesi all’interno del nostro paese sotto occupazione e in paesi di rifugio e di esilio, a mantenere l’impegno e la convinzione della dignità della nostra lotta e, ispirati dai loro diritti e responsabilità, a difenderla.
Facciamo appello al popolo libero del mondo e agli/alle alleati/e della popolazione palestinese, di praticare veramente la solidarietà con i/le palestinesi in una lotta anti-coloniale, quindi di non prendere una posizione sulla dichiarazione dello Stato, ma piuttosto di continuare a ritenere Israele responsabile per mezzo del Boicottaggio in tutte le forme economiche, accademiche e culturali, del Disinvestimento e delle Sanzioni.
Fino al Ritorno e alla Liberazione
International Central Council
Palestinian Youth Movement
RINGRAZIO IL SITO FREEPALESTINE.NOBLOGS.ORG PER LA TRADUZIONE E DIFFUSIONE DI QUESTO TESTO, SECONDO ME IMPORTANTISSIMO.
PER CHI VOLESSE LEGGERLO IN LINGUA ORIGINALE O IN INGLESE ECCO I LINK: arabic – english
La deportazione di Sonia, mamma di 4 figli … che non la seguiranno
Ascoltate questa corrispondenza effettuata stamattina da Radio Onda Rossa, e se potete correte con quanta più fretta potete verso l’Aereoporto di Fiumicino, dove sul prossimo volo per la Tunisia verrà effettuata una deportazione.
Una di quelle 150 deportazioni che il nostro paese, attraverso l’agenzia Frontex (i voli sono spesso della MistralAir società di proprietà di Poste italiane, ne abbiamo già parlato) effettua ogni settimana tra Tunisia, Egitto ed altro…
la storia di Sonia è straziante.
E’ scappata da un marito di merda che la maltrattava e da un paese dove non voleva stare: s’è presa i suoi bambini ed è approdata, chissà come peraltro, nel nostro paese. Ventiquattro anni.
Ventiquattro anni a Roma, dove son cresciuti i suoi 4 figli, dove ha lavorato, dove ha stretto amicizie e relazioni, dove ha parlato con le maestre dei suoi bambini, ha dondolato sulle altalene giocando con i suoi cuccioli, ha tessuto la sua vita così come l’aveva voluta autodeterminare.
Lontana dai vincoli matrimoniali, religiosi o anche solo geografici, a cui era costretta.
Poi sai, nella loro condizione basta un secondo.
Basta perdere un lavoro, basta per un attimo non avere il rinnovo del permesso di soggiorno che l’inferno dei Centri di Identificazione ed Espulsione si materializza. I sei mesi di detenzione motivati solo da una posizione di irregolarità amministrativa (?!) e non dall’aver commesso un reato, son diventati diciotto, 18, DICIOTTO, con il nuovo emendamento.
E questa è la storia di Sonia come di centinaia di altre donne e uomini, chiusi nei nostri lager di Stato.
Storie di chi nel nostro paese ha tutto, storie di chi come lei oggi sarà deportato nel paese di nascita, senza i propri figli.
LE PAROLE NON CI SONO.
DOVREMMO SOLO FERMARLI
ASCOLTA LA CORRISPONDENZA di questa mattina da PONTE GALERIA
AGGIORNAMENTI DA MACERIE: Così, all’alba di oggi un gruppo di compagni si è ritrovato davanti ai cancelli del Centro. Troppo pochi per intralciare i mezzi nei quali la polizia aveva caricato Sonia e gli altri due ragazzi da deportare, i compagni si sono spostati all’aeroporto per cercare di parlare con il comandante dell’aereo che avrebbe dovuto portare i tre in Tunisia. Ma l’aereo è dell’Alitalia, e il comandante ovviamente irraggiungibile. A metà mattinata l’aereo è partito, non sappiamo ancora se con Sonia e gli altri sopra. Nell’attesa di sapere come è andata a finire, i compagni di Roma invitano tutti a martellare Ponte Galeria di telefonate, almeno per tutta la giornata di oggi: 06 65854224.
ECCO COME E’ ANDATA A FINIRE..PRENDIAMO TUTTO DALLE AGENZIE:
VOLI BLOCCATI CON POLIZIOTTI E TUNISINI DUE AEREI FERMI A PALERMO E TUNISI PER QUESTIONI BUROCRATICHE (ANSA) - PALERMO, 14 SET - «Aerei per i rimpatri degli immigrati fermi da ore con decine di poliziotti a bordo e costi che salgono alle stelle». Lo denuncia il sindacato di polizia Coisp che segnala il caso di due voli che oggi avrebbero dovuto riportare in patria, in Tunisia, circa 100 migranti giunti in Italia. Il primo è partito da Milano alle 2 della scorsa notte con a bordo 90 poliziotti di scorta, ed è giunto a Lampedusa, dove ha caricato 49 clandestini, per poi fare una prima tappa a Palermo e una seconda a Tunisi, dove però solo 30 immigrati sono potuti scendere. «Secondo quanto sostenuto dalle autorità locali - scrive il Coisp in una nota - non più di tanti clandestini al giorno possono fare sbarco sul territorio, e così 19 africani sono rimasti assieme ai 90 agenti sull'aereo, tuttora bloccato in pista in attesa che la situazione possa sbloccarsi». Una sorte non troppo diversa, secondo il sindacato, è toccata a un secondo volo, partito oggi da Roma con a bordo circa 80 poliziotti, atterrato a Lampedusa dove sono saliti a bordo 50 migranti, e di seguito a Palermo, dove però è ancora bloccato, in attesa dell'autorizzazione a viaggiare verso Tunisi che non arriva. «Enormi i disagi, non solo per tutte le persone coinvolte nell'incredibile vicenda - accusa il sindacato di polizia - ma anche per le due linee aeree che sono state private della disponibilità dei due mezzi da destinare ad altri servizi». Per Franco Maccari, segretario generale del Coisp, «sono situazioni cui si stenta a credere e che si traducono in costi esorbitanti per i cittadini e disagi indicibili per i colleghi e per tutti gli altri malcapitati protagonisti». AGENTI FERMI A TUNISI TORNERANNO DOMANI (V. 'IMMIGRAZIONE: COISP, VOLI BLOCCATI CON...' DELLE 20.59) (ANSA) - ROMA, 14 SET - Si è sbloccata la situazione dei poliziotti e dei migranti bloccati nell' aereoporto di Tunisi perchè le autorità del Paese si erano rifiutate di accogliere un numero di extracomunitari superiore rispetto a quanto previsto dagli accordi. A tarda sera, fanno sapere dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, il governo di Tunisi ha acconsentito a riprendersi i migranti sbarcati a Lampedusa mentre i poliziotti passeranno la notte nel Paese e domani torneranno in Italia. DISORDINI IN CPA LAMPEDUSA, AGENTE FERITO (ANSA) - PALERMO, 14 SET - Un poliziotto ferito da una pietra e alcuni tunisini contusi è il bilancio di una rivolta scoppiata nel pomeriggio nel centro di accoglienza a Lampedusa. I tunisini hanno cominciato a protestare dopo avere appreso che 49 loro connazionali stamattina erano stati rimpatriati e altri 50 caricati su un secondo volo diretto a Palermo e poi a Tunisi. La polizia è riuscita a riportare la calma, ma nel centro la tensione rimane alta tant'è che sono stati rafforzati i controlli davanti il Cpa, con l'invio di ulteriori cento agenti. Altri 110 tunisini nel pomeriggio sono stati imbarcati sulla nave Moby diretta a Palermo, dove giungerà domattina. Nel centro di Lampedusa al momento ci sono circa 800 migranti, cento minori sono stati trasferiti nell'ex base Loran.
I CONSULTORI NON SI TOCCANO!
I consultori sono uno degli ultimi servizi sanitari rimasti gratuiti (senza ticket) e aperti a tutte e a tutti.
Che cosa fanno concretamente? Visite ginecologiche e pediatriche, corsi pre-parto per mamme e papà, consulenza e prescrizioni mediche sui metodi anticoncezionali e sull’aborto, gratis, e senza pregiudizi religiosi.Tutto questo allo scopo di incentivare una paternità e maternità responsabile, e di proteggere la salute delle donne
Il consultorio di Magliana, per chi non lo conosce, è un posto frequentatissimo da ragazze, donne, mamme, papà e bambini del quartiere, di tutte le nazionalità.Tutto questo rischia di sparire!
La Regione Lazio sta per approvare la cosiddetta “Legge Tarzia”, che prende nome dalla consigliera Olimpia Tarzia, integralista cattolica eletta nella lista Polverini.
Questa legge, di ispirazione medioevale, si propone di privatizzare i consultori e darli in gestione ad associazioni religiose.In questo modo mette d’accordo sia i finanzieri che vogliono una sanità a pagamento, sia la Chiesa Cattolica che vuole (oltre ad un po’ di soldi che non guastano mai) sacrificare la salute delle donne in nome di improbabili “diritti dell’embrione”.
Se non vuoi che siano i preti a dirti quando e come crescere i tuoi figli o figlie
Se pensi che la sanità debba essere pubblica e gratuita.
Se pensi che le donne non siano incubatrici che camminano.
Se vuoi difendere ciò che è stato conquistato con le lotte.
Partecipa alla raccolta di firme contro la proposta di Legge Regionale Tarzia contro i consultori.
Puoi firmare al consultorio, oppure al CSOA Macchia Rossa, oppure ai banchetti per le strade del nostro quartiere.
CSOA Macchia Rossa – Via Pieve Fosciana 56 – 82
http://www.inventati.org/macchiaross
Kurdistan turco: armi chimiche contro i combattenti del PKK
PER ORA NON PUBBLICO LE FOTO DI CUI SI PARLA: sono raccapriccianti
Armi chimiche contro i guerriglieri curdi? Fotografie diffuse da attivisti per i diritti umani accusano l’esercito turco
di Michele Vollaro
Sono foto raccapriccianti e sconcertanti, quelle che dimostrerebbero l’utilizzo di armi chimiche da parte della Turchia contro i guerriglieri curdi. Una serie di immagini che raffigurano i corpi di otto membri del Partito curdo dei lavoratori (Pkk), uccisi lo scorso settembre durante un attacco dell’esercito turco e poi gettati in un lago per tentare di nasconderne le prove.
I resti resi irriconoscibili da strane ustioni e mutilazioni causate dalle sostanze sprigionate. A denunciarlo per primi lo scorso 12 agosto il quotidiano tedesco Taz e il settimanale Der Spiegel, che hanno ricevuto le fotografie da una delegazione di attivisti, avvocati e medici tedeschi in visita in Kurdistan prima a marzo. I partecipanti alla delegazione, le immagini sono state consegnate loro da un’associazione curda per la difesa dei diritti umani, che per motivi di sicurezza non è possibile citare. Trentuno immagini che mostrano il ritrovamento dei cadaveri dei guerriglieri del Pkk, l’organizzazione armata fondata negli anni Ottanta da Abdullah Ocalan per opporsi al centralismo del governo turco, rivendicando autonomia politica e culturale a favore della minoranza curda nel paese. Le fotografie sono state poi consegnate ai media tedeschi nel mese di luglio, mentre nello stesso periodo un’altra delegazione composta da giuristi internazionali si è recata nella regione sud-orientale e ha ricevuto altre immagini che testimonierebbero crudeli violazioni sui cadaveri dei combattenti curdi e il probabile uso di armi chimiche.
In base al racconto dei membri dell’associazione per i diritti umani curda, i guerriglieri sono stati uccisi durante un attacco dell’esercito turco nei pressi del villaggio di Çukurca, vicino il confine con l’Iraq. Lo scorso 8 settembre, lo stato maggiore turco diede la notizia di un agguato in quel villaggio costato la vita a un soldato turco. E del conseguente invio in loco di elicotteri e di unità di rinforzo dell’esercito per combattere la ribellione. Quasi una routine in una zona considerata roccaforte della guerriglia curda, che – secondo informazioni diffuse da loro stessi – conterebbe attualmente circa 7.000 combattenti ben armati e addestrati, nascosti sulle montagne. Più volte le organizzazioni per i diritti umani, sia turco-curde sia internazionali, hanno denunciato violazioni da parte della Turchia delle convenzioni che regolano il diritto bellico, in questo conflitto che dura da oltre vent’anni. Denuncie che questa volta sono corroborate da una testimonianza e fotografie che non lasciano abito a dubbi.
Un residente del villaggio avrebbe osservato il combattimento: gli otto combattenti curdi si erano nascosti in una grotta per sfuggire ai soldati che avanzano. Questi, dopo averli scoperti, avrebbero sparato una granata nell’antro; poi, attesa una decina di minuti, i militari sarebbero entrati nella grotta per prelevare gli otto corpi senza vita e si sarebbero accaniti su di essi, sparandogli contro e passandoci sopra con i blindati. Prima di pubblicare la denuncia, Der Spiegel ha fatto controllare l’autenticità di queste immagini ad Hans Baumann, esperto tedesco di falsi fotografici, il quale ha attestato che le fotografie sono autentiche e che non sono state ritoccate. A supporto della tesi che i turchi avrebbero usato armi chimiche c’è anche il rapporto del medico forense Jan Sperhanke del Policlinico universitario di Amburgo-Eppendorf, contattato dalla Taz, il quale conferma che “è molto probabile che gli otto curdi siano morti a causa dell’uso di armi chimiche”.
Inoltre le fotografie mostrano i segni di quello che potrebbe essere stato un espianto, compiuto probabilmente, secondo Sperhanke, per asportare quegli organi che avrebbero potuto dimostrare come le morti siano state causate da agenti chimici vietati. Secondo Murat Karayilan, il presidente del Consiglio esecutivo del Congresso del popolo del Kurdistan (Kck, l’istanza collegiale che dirige le azioni del Pkk dai monti del Qandil, nel nord dell’Iraq), l’utilizzo di armi chimiche si protrae da oltre 16 anni.
“Non è una novità”, ha affermato in un’intervista all’agenzia di stampa curda FiratNews. “Lo Stato turco utilizza armi chimiche contro i nostri guerriglieri sin dal 1994 quando si trovò in grossa difficoltà. Ancora nella Primavera del 1999, credo in maggio, 20 dei nostri guerriglieri, sotto il comando del compagno Hamza, furono massacrati da gas chimici nei pressi di Sirnak. Dico questo perché, dopo gli scontri, i nostri compagni trovarono un proiettile chimico che era stato sparato nel luogo degli scontri. Quel proiettile fu inviato in Europa, dove all’epoca mi trovavo anche io. Ho potuto seguire personalmente le analisi presso un laboratorio di Monaco di Baviera che dichiarò che quel proiettile aveva contenuto sostanze chimiche capaci di avvelenare una certa porzione di territorio”. Un’accusa che, se confermata, proverebbe che la Turchia ha violato la Convenzione sulle armi chimiche, siglata a Parigi nel 1993 e ratificata dal paese oggi guidato da Recep Tayyip Erdogan nel giugno 1997. Immediata la reazione del governo di Ankara. Secondo il portavoce del primo ministro Erdogan, sarebbe tutto frutto di una campagna diffamatoria messa in piedi dal Pkk con l’aiuto di organizzazioni internazionali ostili al suo governo. Sulla stessa linea il ministero degli Esteri turco che respinge le accuse affermando che la Turchia rispetta rigorosamente la Convenzione di Parigi. La denuncia pubblicata dei due media tedeschi, intanto, ha portato il Partito socialdemocratico (Spd) e i Verdi (Grünen) a chiedere l’apertura di un’inchiesta internazionale. “La Turchia deve urgentemente fornire spiegazioni”, ha dichiarato in merito alla vicenda la co-presidente dei Grünen Claudia Roth.
Secondo l’esponente politica tedesca, infatti, i dati raccolti duranti gli ultimi mesi e le molte segnalazioni sospette, compreso il fatto che le autopsie degli otto membri del Pkk ripresi nelle foto siano state secretate dalle autorità turche, rendono necessario che la vicenda venga verificata dall’esterno. Ma, stranamente, Ankara rifiuta di sottoporsi a qualsiasi inchiesta internazionale sostenendo che si tratta di una “chiara intrusione in faccende interne alla Turchia”. In questi giorni, mentre stiamo scrivendo, altri esperti incaricati da Der Spiegel e da altri quotidiani internazionali stanno verificando nuove fotografie che riguarderebbero altri guerriglieri del Pkk e alcune autopsie eseguite da medici turchi su sei vittime curde che si sospetta siano state uccise da armi chimiche. Queste nuove fotografie sono state consegnate alle delegazioni internazionali durante la loro ultima visita in Kurdistan, a fine luglio, dalla stessa organizzazione curda per i diritti umani che aveva consegnato le prime fotografie.
“Stupratele! Tanto poi abortiscono”
L’agenzia stampa che ho appena letto mi ha lasciato di stucco.
Perchè poi quando si parla di aborto o di Ru486 mi sale in pochi secondi il sangue al cervello: fondamentalmente mi succede ogni volta che le mie orecchie, i miei occhi, il mio corpo in ogni sua parte, avvertono il manifestarsi di qualunque forma di sessismo, di qualunque prevaricazione maschile sul corpo e le libertà di qualunque donna al mondo.
Mi parte la brocca, come si dice a Roma, divento poco lucida.
E allora è difficile mantenere la calma o tanto meno “argomentare” quando il livello della notizia è così avvilente, così lurido e merdoso.
Ieri a Massa c’è stato un convegno sulla RU486 (convegno????) al quale partecipava anche il segretario nazionale di Forza Nuova, Roberto Fiore (e un’altra sequela di nazisti).
Fuori dal teatro sede dell’evento c’era un indignato presidio di donne che manifestava contro questo convegno di questi fantomatici difensori della vita: quando Fiore ha lasciato il teatro e le donne hanno iniziato a fischiargli contro e urlargli qualcosa, i suoi scagnozzi e qualche altra merda secca presente all’iniziativa ha gridato “STUPRATELE CHE TANTO POI ABORTISCONO”.
Questo è il livello che viviamo.
Poi abbiamo la redazione de “Gli Altri” che scrive appelli per permettere a Casa Pound e Blocco Studentesco di sfilare, perchè sarebbe antidemocratico il contrario.
Mo che mi venite a dire che Casa Pound so’ bravi e democratici mentre Forza Nuova invece so’ fascisti?
Sicuramente parliamo di due diversi fascismi; forse quelli di Casa Pound non avrebbero mai urlato una cosa simile perchè sono un po’ più intelligenti e un po’ meno medievali integralisti cattolici di Forza Nuova ma……
VOGLIO ESPATRIARE.
VORREI INCONTRARE QUELLE QUATTRO MERDINE NERE CHE IERI INVOCAVANO ALLO STUPRO PER FARGLI VEDERE QUANTO SONO SEMPRE STATA ANTIDEMOCRATICA!
Shilim Eren, prigioniera politica kurda condannata a morte
Shirin Elem prigioniera politica kurda condannata a morte, ha scritto una lettera all’opinione pubblica.
Nella lettera racconta le condizioni della prigione e la ragione del suo arresto.
Quella che segue e’ una parte della sua lettera:
E’ da tre anni che sono stata incarcerata,tre anni di agonia e di dolore dietro le mura della prigione di Evin.Per i primi due anni della mia incarcerazione non ho potuto sentire,niente avvocati, la mia accusa e’ stata sospesa.Mi hanno tenuto in isolamento in modo arbitrario senza traccia. Nei due anni in cui la mia accusa e’ stata sospesa ho avuto veramente un periodo duro a causa del maltrattamento delle Guardie Rivoluzionarie.
Mi sto ancora chiedendo come mai sono stata imprigionata o perche’ devo essere giustiziata?Se la risposta e’ a causa della mia identita’,quindi voglio dire che sono nata kurda e a causa del mio essere kurda sono stata soggetto a dolore,agonia e isolamento!
La mia lingua e’ il kurdo e ho comunicato con gli amici e la mia famiglia con questa lingua e sono anche cresciuta con questa lingua. Questa lingua e’ stata un ponte tra me e il mio ambiente.
Cio’ nonostante non mi e’ consentito usare il mio linguaggio per comunicare. Non mi permettono di parlare nella mia lingua madre. Non mi permettono di scrivere nella mia lingua nativa.
Sono condannata a negare il mio essere curda e a rinnegare il fatto che sono kurda, ma mi sono detta che se avessi fatto tutto questo avrei rinnegato me stessa.
Onorevoli giudici,cari interrogatori!
Quando mi stavate interrogando io non ero in grado di parlare la vostra lingua.Ho appreso il persiano negli ultimi due anni della mia detenzione nella prigione di Evin.Ho imparato il persiano dai miei compagni di prigionia. Ma mi avete interrogato con la vostra lingua mentre non ero in grado di comprendere una parola di quello che stavate dicendo.
Non avevo alcun idea di quello che stava succedendo nel giorno del processo e non potevo parlare per difendere me stessa;Io non capivo la vostra lingua!
Tutte le torture alla quale sono stata soggetta sono state un incubo per me.Sto vivendo ora con un tormento quotidiano e una sofferenza che nessuno puo’ sopportare. I forti colpi che ho ricevuto mentre mi torturavate hanno danneggiato fatalmente la mia testa.
Alcuni giorni sento un’orribile dolore nel mio corpo,il dolore nella mia testa cresce in modo tale che io non distinguo cosa stia accadendo nel mio ambiente ed io divento incosciente per qualche ora. A causa della gravita’ del mio dolore il mio naso comincia ad insanguinare; e dopo aver provato tutto questo, ritorno al mio stato naturale.
Un altro dono che l’accusa mi ha concesso e’ che la vista dei miei occhi e’ stata significativamente danneggiata e si deteriora costantemente. Avevo chiesto degli occhiali che non mi hanno ancora fornito.Quando sono stata arrestata non avevo un filo grigio nei miei capelli,ma ora dopo tre anni di prigione ogni giorno vedo parti grigie nei miei capelli.
Io sono ben consapevole che voi non non avete commesso questi atti solo contro di me e la mia famiglia, ma avete torturato tutti gli attivisti kurdi,e tra questi Zeyneb Celalayan e Runak Sefazade.
Gli occhi in attesa delle madri kurde spargono lacrime. Loro sono terrorizzate da quello che sta per succedere.Con ogni telefonata possono essere informate sulle condanne a morte comminate ai loro figli e alle loro figlie.
Il 2/05/2010 dopo un lungo periodo mi hanno chiamato alla cella,numero 2009; loro hanno ripristinato le loro accuse infondate contro di me. Mi hanno chiesto di cooperare con loro e avrebbero ritirato la mia condanna a morte. Io non ho idea di quale tipo di cooperazione intendessero perche’ non c’e’ altro che io non abbia gia’ detto. Allora mi hanno chiesto di ripetere quello che avevano detto, ma io mi sono rifiutata. Quelli che mi hanno interrogato avevano detto inoltre che mi volevano liberare lo scorso anno ma che non avevano potuto perche’, secondo loro, la mia famiglia non ha collaborato.
Chi mi ha interrogato ha confermato che io sono solo un’ostaggio nelle loro mani e fino a quando non avranno raggiunto i loro scopi, o mi giustizieranno o non vorranno mai liberarmi.
Shirin Elem Holi
NO VAT 2010: Autodeterminazione laicità antifascismo antirazzismo liberazione
Il 13 Febbraio 2010 per il quinto anno scendiamo ancora in piazza contro il Vaticano per denunciarne l’invadenza nella politica italiana: è infatti uno degli attori che agiscono nelle complesse dinamiche di potere sottese a un sistema autoritario e repressivo.
L’11 febbraio 1929 i Patti Lateranensi sancivano la saldatura tra Vaticano e regime fascista, oggi le destre agitano il crocefisso per legittimare un ordine morale in linea con l’integralismo delle gerarchie vaticane, lo strumentalizzano per costruire un’identità nazionale razzista e una declinazione della cittadinanza eterosessista e familista.
Da una parte le destre criminalizzano immigrate ed immigrati, istigano a una vera “caccia all’uomo”, li/le rappresentano come la concorrenza nell’accesso alle risorse pubbliche mentre nessuno affronta il problema di un welfare smantellato e comunque disegnato su un modello sociale che non c’è più. D’altra parte la chiesa cattolica legittima esclusivamente questo modello di società, basato sulla famiglia eterosessuale tradizionale, sulla divisione dei ruoli sessuali, dove un genere è subordinato all’altro e lesbiche, gay e trans non hanno alcun diritto di cittadinanza.
Su un altro fronte, destra moderata e sinistra riformista attuano il tentativo di procedere ad un’assimilazione selettiva dei soggetti minoritari sulla base della disponibilità espressa a offrirsi docilmente a legittimare discorsi razzisti, eterosessisti e repressivi. E’ prevista l’inclusione solo di quelle soggettività che non mettono in discussione il potere: c’è un piccolo posto anche per gay, lesbiche e trans e per altre figure della diversità, purché confermino l’ordine razzista, sessista e repressivo.
In questo quadro, nel movimento lgbtq, abbiamo assistito alla comparsa di “nuovi” soggetti che ne usano le parole d’ordine per produrre un ribaltamento della realtà: a protezione delle soggettività supposte deboli pongono i loro carnefici. Chi legittima questi “nuovi” soggetti, contribuisce a produrre un ulteriore spostamento a destra, a normalizzare la presenza delle destre radicali nel dibattito pubblico.
Fuori da queste lotte interne al potere, dobbiamo constatare la diffusa e asfissiante presenza di un’etica cattolica, un modello di politica che propone come uniche alternative di “rinnovamento” il moralismo e il giustizialismo. Sappiamo che se oggi il Vaticano appare meno interventista è solo perché non ne ha bisogno: già nel nostro paese possiede il monopolio dell’”etica” che abbraccia indistintamente governo e opposizione parlamentare che fanno a gara – come sempre – ad inginocchiarsi all’altare del giustizialismo e del buonismo ipocrita.
Respingiamo il tentativo di espropriare anche i movimenti di lesbiche, gay, trans e femministe, di categorie fondamentali quali l’antifascismo, altrimenti l’ambiguità politica finirebbe per rendere le nostre soggettività complici di quest’ordine morale e politico che concede una legittimazione vittimizzante e minoritaria in cambio dell’assuefazione alla repressione.
Contrastiamo questo potere che, dove non addomestica, reprime e, attraverso l’ordine morale vaticano, assume dispositivi di disciplinamento e controllo sociale che negano qualunque tipo di autodeterminazione: l’autodeterminazione sociale ed economica dei e delle migranti, l’autodeterminazione dei corpi e degli stili di vita di donne, gay, lesbiche e trans, ogni percorso di autorganizzazione, di dissenso e di conflitto.
Denunciamo che quando il processo di addomesticamento non si compie viene utilizzato il carcere, il CIE (centri di identificazione ed espulsione), la repressione, la paura, la noia, la solitudine, l’intimidazione e la criminalizzazione per neutralizzare gli elementi di dissenso non previsti e non gestibili: migranti, movimenti, studenti, lavoratori e lavoratrici, disoccupati/e.
Riaffermiamo che antirazzismo, antifascismo, antisessismo sono lotte, necessarie l’una all’altra, da condurre anche contro l’uso strumentale delle libertà di donne e lgbt per rafforzare e legittimare un modello razzista.
Portiamo in piazza i nostri percorsi di autodeterminazione nell’acutizzarsi della crisi economica e dello smantellamento dello stato sociale – in particolare della scuola e dell’università – che tanto spazio lascia alle imprese private e confessionali.
Riaffermiamo le diversità e le differenze sociali, sessuali, culturali, contro l’identità nazionale razzista e eterosessista che ci vogliono imporre e contro l’ordine morale vaticano.
Portiamo in piazza i nostri percorsi di liberazione per ribadire la nostra volontà di agire nello spazio pubblico per produrre trasformazione sociale e culturale.
ROMA – sabato 13 febbraio 2010
Manifestazione Nazionale NO VAT
Autodeterminazione laicità antifascismo antirazzismo liberazione
http://www.facciamobreccia.org
per adesioni: adesioni@facciamobreccia.org
Arrestato Jamal Juma’, portavoce della campagna contro il Muro
Free Jamal Juma’! – Free the anti-Wall prisoners!
Il 16 dicembre le autorità israeliane hanno arrestato Jamal Juma’. Questo arresto segue quello di Mohammad Othman, un altro attivista della Campagna Stop the Wall, e di Abdallah Abu Rahmeh, una figura di spicco in seno al comitato popolare di Bil’in contro il muro, così come quello di decine di altri che sono attualmente in carcere per la loro azione di difesa contro il Muro. Quest’ultimo arresto è l’ennesima prova dell’escalation di attacchi contro i difensori dei diritti umani palestinesi da parte di Israele che continua a reprimere il diritto alla libertà di espressione e il diritto di associazione.
Aderisci alla campagna per la liberazione di Jamal Juma’ e per la libertà dei prigionieri del movimento contro il Muro! E’ fondamentale che la società civile globale esprima la sua solidarietà alle sue loro controparti palestinesi.
Le azioni raccomandate:
• Incoraggiare i soci a partecipare a questa campagna attraverso petizioni, manifestazioni e/o la scrittura di lettere e chiamate telefoniche. Si prega di fornire loro numeri e indirizzi di contatto.
• Sollecitare i vostri rappresentanti presso gli uffici consolari di Tel Aviv e Gerusalemme/Ramallah a sostenere il rilascio immediato di Jamal Juma ‘, Mohammad Othman, Abdallah Abu Rahmeh e degli altri attivisti contro il Muro. Vedi proforma lettera qui sotto. (Per verificare i contatti della tua ambasciata, vedere: http://www.embassiesabroad.com/embassies-in/Israel # 11725)
• Rendere noto all’Ambasciata di Israele presso il tuo paese a sapere che stai sostenendo una campagna per la liberazione di Jamal Juma’ e degli altri prigionieri contro il Muro.
• Denunciare le misure prese a danno degli attivisti contro il Muro all’attenzione dei media locali e nazionali.
• Consultare e diffondere le notizie che appaiono nell sito, blog e gruppo di Facebook per quanto riguarda la questione:
Sito: www.stopthewall.org
Blog: http://freejamaljuma.wordpress.com/; http://freemohammadothman.wordpress.com/
Facebook: Free Anti-Wall prigionieri
Twitter: http://twitter.com/wallprisoners
Vi invitiamo a coordinare le varie azioni con noi, questo ci permette di sapere se ci sono altri attivisti e organizzazioni che stanno prendendo provvedimenti analoghi. Quanto migliore sarà il livello di coordinamento, tanto più efficace risulterà la nostra azione.
Per maggiori informazioni contattare: global@stopthewall.org
I FATTI
Verso la mezzanotte del 15 dicembre, i servizi di sicurezza israeliani hanno convocato Jamal Juma’ per un interrogatorio. Qualche ora più tardi, lo hanno ricondotto a casa sua. Una volta a casa, Jamal Juma’ è stato ammanettato, mentre i soldati hanno perquisito la casa per due ore, mentre la moglie e i tre figli piccoli stavano a guardare impotenti. Al momento di andarsene, i soldati hanno detto alla moglie che avrebbe potuto rivedere il marito solo attraverso uno scambio di prigionieri. Jamal Juma’ è stato quindi portato via e arrestato, col divieto di incontrare un avvocato o di ricevere familiari, senza che gli fosse fornita alcuna spiegazione per il suo arresto.
Jamal ha 47 anni, è nato a Gerusalemme e ha dedicato la sua vita alla difesa dei diritti umani palestinesi. L’obiettivo principale del suo lavoro è volto alla responsabilizzazione delle comunità locali perché reclamino i loro diritti umani di fronte alle violazioni dell’occupazione. E’ membro fondatore di diverse ONG palestinesi e reti della società civile e coordina la Campagna palestinese contro il Muro dell’Apartheid fin dal 2002. Il suo ruolo è riconosciuto a livello internazionale, è stato più volte invitato a presentare all’estero il dramma rappresentato dal Muro ed è intervenuto anche presso le Nazioni Unite. I suoi articoli e le sue interviste sono ampiamente pubblicate e diffuse e la sua opera è stata tradotta in diverse lingue. Essendo un personaggio di grande visibilità, Juma ‘non ha mai tentato di nascondere o mascherare le sue attività.
Quello di Jamal Juma’ rappresenta l’arresto di più alto profilo all’interno di una crescente campagna di repressione tesa a colpire la base diella mobilitazione contro il Muro e le colonie. Inizialmente sono stati arrestati attivisti locali dei villaggi colpiti dal Muro, ma recentemente le autorità israeliane hanno cominciato a spostare la loro attenzione sui difensori dei diritti umani di fama internazionale, come Mohammad Othman e Abdallah Abu Rahmeh. Mohammad, un altro membro della campagna Stop the Wall, è stato arrestato quasi tre mesi fa, di ritorno da un giro di conferenze in Norvegia. Dopo due mesi di interrogatori, le autorità israeliane non essendo in grado di formulare accuse specifiche contro Mohammad, hanno emesso un ordine di detenzione amministrativa in modo da impedire la sua liberazione. Abdallah Abu Rahma, una figura di spicco nella lotta non violenta contro il Muro a Bil’in, è stato prelevato dalla sua abitazione da soldati a volto coperto nel bel mezzo della notte, e dopo una settimana è seguito l’arresto di JamalJuma’.
Con questi arresti, Israele mira a indebolire la società civile palestinese e la sua influenza sulle decisioni politiche a livello nazionale e internazionale. Questo processo criminalizza chiaramente il lavoro dei difensori dei diritti umani palestinesi e palestinesi, la disobbedienza civile.
E’ fondamentale che la comunità internazionale si mobiliti contro i tentativi di Israele di criminalizzare chi lotta contro il Muro. La politica israeliana mettendo nel mirino le organizzazioni che pretendono che vengano riconosciute le responsabilità dello stato ebraico, intende sfidare le decisioni dei governi e degli organismi internazionali, come la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), che denunciano le violazioni israeliane del diritto internazionale. Una sfida che non deve vincere
Lettera Pro Forma in italiano:
Cari x,
Vi scrivo per esprimere la mia più profonda preoccupazione per la detenzione di Jamal Juma’, avvenuta in data 16 dicembre. Chiamato per un interrogatorio dai servizi di sicurezza israeliani a mezzanotte, è stato mantenuto in detenzione da allora. Pur essendo in possesso della carta d’identità di Gerusalemme est, a Jamal Juma’ sono stati applicati dli ordini militari vigenti in Cisgiordania, in modo da impedirgli di incontrare un avvocato per la prima settimana del suo arresto.Nessuna accusa è stata fatta contro di lui. Temo che la detenzione di Jamal Juma’ sia il risultato della sua critica pacifica delle violazioni del diritto internazionale da parte delle autorità israeliane. Le accuse contro di lui non sono state chiarite, ma non vi è motivo di credere che si tratta di un prigioniero di coscienza, arrestato solo per il suo lavoro sui diritti umani attraverso le organizzazioni legali. Il suo arresto segue una serie di altri arresti di natura analoga. Questo sembra dimostrare una violazione sistematica palestinese per la libertà di espressione e di riunione e un attacco sistematico rivolto ai difensori dei diritti umani palestinesi da parte delle autorità israeliane. Vi chiedo di prendere tutte le misure appropriate, comprese le inchieste amministrative e di protesta, al fine di garantire il rilascio immediato e incondizionato di Jamal Juma ‘e di ogni altro palestinese, difensori dei diritti umani. presente nelle carceri israeliane. Inoltre, pur essendo detenuto, egli deve essere protetto da ogni forma di tortura o maltrattamenti, e le condizioni della sua detenzione devono soddisfare i requisiti del diritto internazionale.
Grazie per la vostra pronta attenzione a questo problema urgente.
Cordiali saluti,
in inglese:
Dear x,
I am writing to you to express my deepest concern about the detention of Jamal Juma’ on December 16. He was summoned from his home for interrogation with the Israeli security at midnight and has been kept in detention ever since. Though Jamal Juma’ is a Jerusalem ID card holder, West Bank military orders have been applied to bar him for access to legal counsel for the first week of his arrest. No charges have been made against him. I fear that the detainment of Jamal Juma’ is a result of his peaceful criticism of violations of international law by Israeli authorities. The charges against him have not been made clear, but there is reason to believe that he is a prisoner of conscience, arrested solely for his human rights work through legal organizations. His arrest follows a number of other arrests of similar nature. This seems to show a systematic disregard for Palestinian freedom of expression and assembly and a full-scale attack on Palestinian human rights defenders by Israeli authorities. I ask you to take all appropriate measures, including official inquiries and protests, to ensure the immediate and unconditional release of Jamal Juma’ and the other Palestinian human rights defenders in Israeli prisons. Furthermore, whilst being held, he should be protected from any form of torture or ill-treatment, and the conditions of his detention should fulfill the requirements of international law.
Thank you for your prompt attention to this urgent matter.
25/11 Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: TUTT@ DAVANTI AI C.I.E.
NELLA TUA CITTÀ C’È UN LAGER
È IL CIE (centro di identificazione ed espulsione) DI PONTE GALERIA
SIAMO TUTTE CON JOY
LA DONNA CHE HA DENUNCIATO IL TENTATIVO DI STUPRO
DA PARTE DEL SUO CARCERIERE NEL CIE DI MILANO
NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI DI UNA VIOLENZA LEGALIZZATA
NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI DI UNA LEGGE RAZZISTA FATTA IN NOME DELLE DONNE
NON VOGLIAMO ESSERE COMPLICI DI UN SISTEMA CHE CONSIDERA LE PERSONE IMMIGRATE COME DEI CRIMINALI SOLO PERCHÉ NON HANNO I DOCUMENTI
NON C’È RISPOSTA ALLA VIOLENZA CHE NON SIA AUTODETERMINAZIONE:
L’AUTODETERMINAZIONE DI UNA È L’AUTODETERMINAZIONE DI TUTTE
MERCOLEDÌ 25 NOVEMBRE 2009
GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
PRESIDIO ITINERANTE DI DONNE,
FEMMINISTE E LESBICHE, MIGRANTI E AUTOCTONE
VERSO IL CIE DI PONTE GALERIA
alle 16:00: appuntamento alla stazione Ostiense
per un volantinaggio sul treno che porta verso il Cie
dalle 17:00: presidio davanti al Cie di Ponte Galeria
(via Gaetano Rolli Lorenzini angolo via Cesare Chiodi)
musica e parole, voci, denunce e testimonianze di femministe e lesbiche
CONTRO LA VIOLENZA SESSISTA E RAZZISTA,
NOI SIAMO TUTTE CON JOY E HELLEN!
http://noinonsiamocomplici.noblogs.org
Nella tua città c’è un lager. Alle porte di Roma, tra il Parco Leonardo e la Fiera di Roma, c’è il centro di identificazione ed espulsione (Cie, ex Cpt) di Ponte Galeria, dove vengono rinchiuse, in condizioni disumane, le persone immigrate prive di documenti o che hanno perso il lavoro. Con l’approvazione del “pacchetto sicurezza” e il prolungamento della detenzione fino a sei mesi, lo stato vorrebbe privare le persone immigrate di ogni dignità e costringerle a vivere in un regime di violenza quotidiana e legalizzata. Nel corso dell’estate, sono scoppiate numerose rivolte, da Lampedusa a Gradisca. Noi ci sentiamo vicine e vogliamo sostenere le lotte delle recluse e dei reclusi contro questi “lager della democrazia”. In particolare vogliamo farvi conoscere la forza e l’autodeterminazione di Joy.
Martedì 13 ottobre si è chiuso il processo di primo grado contro i reclusi e le recluse accusate dalla Croce Rossa di aver dato vita, ad agosto, alla rivolta contro l’approvazione del pacchetto sicurezza nel Cie di via Corelli a Milano. Nel corso del processo una di queste donne, Joy, ha denunciato in aula di aver subito un tentativo di stupro da parte dell’ispettore-capo di polizia Vittorio Addesso e di essersi salvata solo grazie all’aiuto della sua compagna di cella, Hellen. Inoltre, entrambe hanno raccontato che, durante la rivolta, con altre recluse, sono state trascinate seminude in una stanza senza telecamere, ammanettate e fatte inginocchiare, per essere poi picchiate selvaggiamente prima di essere portate in carcere. Dopo essere state condannate a sei mesi di carcere per la rivolta, ora Joy e Hellen rischiano un processo per calunnia, per aver denunciato la violenza subita.
Sappiamo bene che questo non è un caso isolato: i ricatti sessuali, le molestie, le violenze e gli stupri sono una realtà che le donne migranti subiscono quotidianamente nei Cie, ma le loro voci sono ridotte al silenzio perché i guardiani, protetti dalla complicità della Croce rossa, in quanto rappresentanti dell’istituzione, si sentono liberi di abusare delle recluse.
Sappiamo bene quanto sia aggravante essere prigioniera e donna: la violenza che si consuma nei luoghi di detenzione ad opera dei carcerieri, che viene sistematicamente occultata, si manifesta anche e soprattutto attraverso forme di violenza sessuale sulle prigioniere donne: perchè la violenza maschile sulle donne è un fatto culturale, e si basa sulla sopraffazione che sfocia nell’abuso del corpo e nell’offesa della mente.
Per questo pensiamo che sia importante sostenere Joy e Hellen, assieme a tutte le migranti che hanno avuto – e che avranno in futuro – il coraggio di ribellarsi ai loro carcerieri.
Per questo il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, assieme ad altre compagne femministe e lesbiche che si stanno mobilitando in diverse città, saremo a Ponte Galeria. Per affermare che noi non vogliamo essere complici, né delle campagne mediatiche costruite sull’equazione razzista “clandestino uguale stupratore”, né delle leggi razziste, securitarie e repressive varate in nostro nome; per gridare che tutti i centri di detenzione per migranti devono essere chiusi; per dire che rifiutiamo ogni forma di controllo e ogni tentativo di usare i nostri corpi per giustificare gli stereotipi e le violenze razziste e sessiste.
Ma soprattutto saremo lì per esprimere la nostra solidarietà a tutte le recluse e i reclusi nei Cie e per far sentire a Joy e Hellen che non sono sole, che il loro gesto rappresenta un atto estremamente significativo di resistenza e di autodeterminazione, che rovescia il ruolo di vittima assegnato alle donne immigrate, dando forza a tutte le lotte e i percorsi contro la violenza sulle donne, dentro e fuori dai Cie.
La Turchia accenna un’apertura verso il Kurdistan
Un po’ di aggiornamenti dal Kurdistan, perennemente nel mio cuore e raramente sulle pagine del mio blog.
Questa mattina Peacereporter aggiorna le sue pagine dicendoci che questa nuova apertura del governo turco verso il Kurdistan sta iniziando a passare anche per la televisione: sono state ridotte le restrizioni per i programmi tv in lingua non turca.
Potranno quindi, sulle reti private, andare in onda trasmissioni in lingua kurda senza l’obbligo dei sottotitoli e i limiti di tempo prestabiliti.
Come riporta l’agenzia Anatolia, rimane però il divieto per le trasmissioni educative in idiomi diversi dal turco.
Mercoledì scorso c’era un interessante articolo della Casagrande. Non sono riuscita a leggerlo in rassegna stampa, ve lo ripropongo su queste pagine.
Turchia: Debutta l’“iniziativa kurda”
di Orsola Casagrande, Il Manifesto, 11 novembre 2009
Striscioni, urla, insulti. Il parlamento turco ieri si è trasformato in una sorta di ring. All’ordine del giorno l’annuncio ufficiale, per molti versi storico, da parte del ministro degli interni Besir Atalay della cosiddetta “iniziativa kurda”, ovvero il pacchetto di misure messe a punto dal governo per “risolvere” la questione kurda. Il ministro Atalay non è riuscito a pronunciare che poche parole prima di essere letteralmente travolto dagli insulti e dalle urla dell’opposizione.
Che protestava sia per la proposta (ancora non annunciata pubblicamente) del governo sulla questione kurda, sia per la scelta di discutere di questa proposta nel giorno del settantunesimo anniversario della morte del padre della patria, Mustafa Kemal Ataturk. Due affronti ritenuti inaccettabili dai kemalisti del Chp (partito della repubblica del popolo), all’opposizione, che guidati dal loro leader Deniz Baykal hanno costretto il presidente del parlamento prima a sospendere a più riprese la seduta e quindi ad aggiornarla a oggi, mentre giovedì sarà il premier Recep Tayyip Erdogan a intervenire.
La settimana scorsa il partito al governo, l’islamico moderato Akp (Partito della giustizia e dello sviluppo), aveva presentato una mozione parlamentare richiedendo la convocazione per ieri per discutere con i partiti di opposizione della proposta governativa per una soluzione della questione kurda. Da mesi ormai il governo dice di avere pronto un pacchetto di misure per risolvere il conflitto che insanguina la Turchia da un quarto di secolo. In realtà di questo pacchetto ben poco si sa. Il governo si era affrettato a dire di avere pronta una proposta tre mesi fa, dopo l’annuncio che il presidente del Pkk, Abdullah Ocalan (rinchiuso dal 1999 nel carcere-isola di Imrali, in Turchia) stava scrivendo una sua “road map” che avrebbe pubblicamente presentato, tramite i suoi avvocati, a settembre.
Il ministro degli interni Atalay aveva frettolosamente e vagamente citato le linee guida di questo pacchetto: riconoscimento della lingua kurda attraverso l’istituzione di corsi, una sorta di “perdono”, non amnistia, per quei militanti del Pkk che avessero abbandonato le armi e di fatto abiurato la lotta armata, l’istituzione di un istituto di kurdologia all’università di Mardin. Nei fatti l’iniziativa del governo ha come obiettivo principale quello di “facilitare” il ritorno dei militanti del Pkk in Turchia. Il test sulla genuinità di questo obiettivo è stato fatto qualche settimana fa quando 34 guerriglieri del Pkk scesi dalle montagne del Kurdistan iracheno sono entrati in Turchia, salutati da una folla immensa a Diyarbakir.
L’arrivo dei “gruppi di pace” è stato subito bloccato dal governo dopo le critiche dell’opposizione che sosteneva che “i terroristi tornano a casa a festeggiare la vittoria”. Nelle intenzioni dell’esecutivo i guerriglieri non sarebbero arrestati ma mandati a seguire un “programma di riabilitazione” di tre mesi. L’arresto sarebbe evitato perché i guerriglieri dovrebbero prima dire di essersi pentiti della scelta fatta (come previsto dall’articolo 221 del Codice Penale, noto come “legge del pentimento attivo”). Tra gli altri punti dell’iniziativa del governo lo svuotamento, sotto la supervisione delle Nazioni unite, del campo profughi di Mahmur (oltre dodicimila persone), in nord Iraq, ritenuto dalla Turchia il rifugio dei guerriglieri kurdi. Proprio ieri, mentre il ministro Atalay cercava di parlare, è arrivata la notizia che molti profughi avevano cominciato a lasciare il campo diretti verso la Turchia, in una sorta di nuovo “gruppo di pace”. Il ministro Atalay ieri non è riuscito a parlare, lo farà probabilmente oggi o domani. Comunque è chiaro che in Turchia sta accadendo qualcosa di nuovo. E di storico, perché mai era accaduto che in parlamento si discutesse di questione kurda con una ipotesi (per quanto vaga o inadeguata) di risoluzione del conflitto. Al massimo se ne era parlato per approvare nuove operazioni militari o prolungare lo stato d’emergenza nelle zone kurde.
Accusando il governo di denigrare il padre della patria, Ataturk, il leader del Chp, Baykal ha urlato che “per la prima volta nella storia della Turchia viene messo in atto un complotto da parte del partito di governo contro le conquiste della repubblica. Stanno mettendo in pratica questo complotto in nome dello sviluppo della democrazia”, ha tuonato Baykal, mentre i suoi colleghi di partito srotolavano striscioni che dicevano “Ataturk, noi seguiamo il tuo cammino” e “La Repubblica è la tua eredità e noi la porteremo avanti”. Inutili i richiami del presidente del parlamento che alla fine si è visto costretto a rinviare la seduta a oggi.
E’ caduto il muro??? A me ne sembrano nati così tanti!!
Ancora ci vengono a raccontare che il muro è caduto, che vent’anni fa siamo diventati più liberi.
Non è caduto un bel niente, non è caduto un bel niente.
La “cultura” dei muri è all’apice della sua storia … ne vengono alzati di continui, anche su territori in cui sembrerebbe impossibile.
Il muro più alto ora, per noi europei, è eretto al centro del nostro mare, la culla liquida della nostra storia,
oggi cimitero di popoli pieni di speranza, con il futuro nello sguardo e nulla nelle mani.
1 Torre di osservazione munita di radar e ospitante soldati muniti di equipaggiamento per la visione notturna.
2 Telecamera a infrarossi; completata da una sorveglianza video costante da palloni frenati e aerei senza pilota. Tutte le informazioni sono inviate in tempo reale verso un posto di comando.
3 Rotoli di filo spinato affilato («razor wire») di 1 metro e 80 di altezza.
4 Strada asfaltata per i movimenti delle truppe. Fra la strada e il filo spinato, una pista di sabbia permette di conservare le tracce di chiunque tenti di avvicinarsi.
5 Recinzione metallica alta 3 metri, munita di sensori.
6 Lungo le sezioni considerate da Israele come « ad alto rischio », la recinzione è rimpiazzata da un muro di cemento alto 8 metri.
7 Strada per i veicoli di pattuglia.
8 Fossato profondo due metri per impedire il passaggio dei veicoli palestinesi.
9 Rotoli di filo spinato affilato e sensori al suolo per individuare ogni movimento prima che venga raggiunta la recinzione.
Il muro tra Messico e Stati Uniti che miete decine di vittime tra coloro che provano ad attraversarlo: è una delle frontiere più lunghe del mondo
Questo è il muro di Ceuta, che divide il Marocco dalla Spagna
Purtroppo potrei continuare, continuare a metter foto di altri muri: quelli che esistevano prima del muro di Berlino, come la cortina che divide le due Coree..poi quelli asiatici che cercano di separare i pesanti confitti tra India e Pakistan o nelle zone calde come il Rajastan:
Insomma di muri ce ne sono troppi per poter parlare e far demagogia sull’unico che è caduto.
Poca retorica, poche parole, non mi va fondamentalmente di affrontare alcun discorso su Berlino e la cortina di ferro, non ho voglia di parlare delle polemiche uscite sui giornali di sinistra negli ultimi mesi tra chi (di nostalgici stalinisti ce ne son sempre troppi, purtroppo) ha nostalgia di quel cemento.
Io sono contro i muri, sono contro le frontiere, sono contro i confini, sono contro la segregazione dei popoli regolata da questo cemento..
Un cemento di controllo e repressione, di colonizzazione e imperialismo, di sfruttamento e privazione delle risorse della propria terra.
Il cemento è cemento, ogni volta che si sbriciola è una vittoria per i popoli in lotta, per chi crede nella libertà,
per chi lotta per l’autodeterminazione!
Commenti recenti