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Altra vittoria per Piazza Tahrir
Venerdì … l’ennesimo in piazza.
Il Cairo oggi si ritroverà invaso da centinaia di migliaia di persone appartenenti a quel movimento e a quella nuova classe politica che sta ribaltando, passo dopo passo, l’ordine costituito egiziano. Ieri c’è stata un’altra vittoria: il primo ministro incaricato ad arrivare alle nuove elezioni, Ahmed Shaqif (ex generale dell’aviazione e uomo di fiducia di Mubarak), ha presentato ieri le sue dimissioni richieste a gran voce da tutti i manifestanti. Momentaneamente è stato incaricato, dal Consiglio supremo delle forze armate egiziano, Essam Sharaf, docente universitario che in passato fu ministro dei Trasporti (poi rinunciò all’incarico) e che ha vissuto piazza Tahrir durante i giorni della rivoluzione.
Insomma, è un uomo che non dispiace alla coalizione dei giovani che porta avanti la lotta e le rivendicazioni di piazza Tahrir. La prima richiesta che gli viene fatta, oggi, è di andare a prestare giuramento nel luogo ora più importante per la vita politica egiziana: la piazza.
Anche questo venerdi, a due di distanza da quello vissuto con voi, avrò il cuore tra quelle strade, in questo ’68 egiziano che sta crescendo e cogliendo i primi frutti. C’è voglia di protagonismo e riappropriazione: c’è il desiderio chiaro di ridistribuire i miliardi rubati dalla classe politica corrotta e di ridistribuirli in servizi, case, istruzione. C’è voglia di cancellare la storia egiziana di Saadat e Mubarak, di tornare alle nazionalizzazioni nasseriane, di alzare i salari e dare diritti a tutti i lavoratori. La Coalizione dei giovani della rivoluzione ridiscuterà della gestione dei confini (!!!) e degli accordi di Camp David… insomma, tutto è da fare e i nuovi movimenti giovanili che stanno venendo alla luce sembrano ogni giorno di più voler prendere una strada opposta al neoliberismo, come in Tunisia.
Questa mattina, corteo per il diritto alla casa, nella periferia de Il Cairo, nei distretti di al-Nahda e al-Salam.
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AGGIORNAMENTO, ORE 13: mezzora fa, alle 13.30 locali, il neo premier egiziano Essam Sharaf si è unito ai manifestanti presenti in un milione in piazza Tahrir, proprio come da loro era stato chiesto. “Sono in questa piazza perchè la legittimità mi viene da voi, dal popolo di piazza Tahrir.
Voi avete fatto una grande cosa con la vostra rivoluzione, ma ora è giunto il momento di ricostruire l’Egitto.
Avete compiuto il Jihad (“lo sforzo”) più piccolo – ha detto alla piazza straripante – ora vi aspetta quello più grande che è ricostruire il paese.
Il mio primo messaggio una volta arrivato qui è di saluto per i martiri e i feriti di questa rivoluzione, dobbiamo continuare la nostra lotta basandoci sulla volontà e la determinazione che abbiamo avuto qui a piazza Tahrir».
L’Egitto e la lotta di classe…

Foto di Valentina Perniciaro _Tank e macerie, a pochi passi dalla residenza dell'ex rais Hosni Mubarak, Il Cairo, febbraio 2011_
La lotta in Egitto non si vuole fermare, tantomeno quella della classe operaia e contadina, che non vuole più sottostare a certe regole e dinamiche di sfruttamento.
Oggi più di un migliaio di lavoratori delle industrie chimiche e farmaceutiche , con sede a Shubra, hanno scioperato e manifestato con un lungo sit-in. Quella fabbrica dal 27 febbraio ha incrociato le braccia, quando la proposta di 3 giorni di “vacanza premio” ha irritato i lavoratori, che l’hanno giustamente vista con un becero tentativo di bloccare le proteste di queste ultime settimane. Chiedono le dimissioni di tutti coloro indagati per corruzione tra i dirigenti dell’azienda, chiedono forme contrattuali a tempo indeterminato e un aumento dei salari.
Contemporaneamente, più di tre centinaia di lavoratori della Samuel Tex, che produce biancheria, hanno annunciato uno sciopero per richiedere il pagamento dei salari, l’aumento degli stessi, un contratto a tempo indeterminato e una turnazione più umana. Il loro padrone, Samuel Louis, ha imposto turni di 12 ore giornaliere e un contratto per cui possono essere licenziati arbitrariamente in qualunque momento.
Insomma, la “rivoluzione egiziana”, come tento di urlare quasi svociandomi da settimane, non è solo piazza Tahrir.
Non è solo l’enorme movimento di giovani che ha deciso di riappropriarsi delle strade per chiedere e strappare al potere libertà politiche e sociali: non è solo questo. Le richieste sono quelle di una classe proletaria affamata da anni, incazzata, ma anche molto determinata a far sì che questo nuovo spiraglio di speranza per un futuro nuovo in Egitto e in tutta l’area, porti l’intera popolazione ad una consapevolezza reale dei propri diritti, come cittadini e come lavoratori. Come donne, come uomini e giovani che non vogliono abbassare la testa, nè davanti al rais di turno, ma nemmeno davanti ai padroncini (spesso stranieri) che speculano sul loro sudore e il loro lavoro.
Sempre oggi, ci sono un po’ di novità anche sul “fronte piazza Tahrir”. La scorsa notte il generale dell’esercito Hassan al-Ruwaini, alla testa del comando centrale de Il Cairo, ha esortato i manifestanti ad evacuare definitivamente la piazza (venerdi scorso, per la prima volta, l’esercito egiziano ha sgomberato con violenza midan al-Tahrir), per poter dare alle forze armate la “possibilità di soddisfare le esigenze del popolo egiziano. La risposta della piazza è stata una sonora pernacchia: più volte il suo discorso è stato interrotto da slogan contro il capo del governo ad interim Ahmed Shafiq e altri che comunicavano chiaramente all’esercito che nessuno tornerà a casa fino a quando tutte le richieste fatte non verranno soddisfatte.
Io continuo ad avere cuore e testa tra i marciapiedi riverniciati di piazza Tahrir, e tra i suoi volti dipinti.
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