PALESTINA: Storia di una pulizia etnica (2). I primi villaggi e quartieri urbani
Pulizia etnica: Espulsione forzata volta a omogenizzare una popolazione etnicamente mista in una particolare regione o territorio. Scopo dell’espulsione è causare l’allontanamento del maggior numero possibile di residenti, con tutti i mezzi a disposizione, inclusi quelli non violenti.
_Dizionario Hutchinson_
KHISAS era un piccolo villaggio abitato da alcune centinaia di musulmani e da cento cristiani, che convivevano pacificamente in una posizione topografica unica nella parte settentrionale della pianura di Hula, su un terrazzamento naturale ampio circa cento metri. Questa terrazza si era formata nel corso di migliaia di anni a causa del ritiro graduale del lago Hula. I viaggiatori stranieri sceglievano questo villaggio per la bellezza naturale della sua posizione sulle rive del lago e nelle vicinanze del fiume Hasbani. Il 18 dicembre 1947 i soldati ebrei attaccarono il villaggio e nel pieno della notte cominciarono a far saltare in aria delle abitazioni a caso, mentre gli inquilini dormivano. Nell’attacco furono uccise 15 persone tra le quali 5 bambini. L’incidente scosse il corrispondente del New York Times che seguiva da vicino lo sviluppo degli avvenimenti. Andò a chiedere spiegazioni all’Haganà, che all’inizio negò l’operazione. Ma quando il reporter insistette con le domande, alla fine dovette ammetterla. Ben Gurion rilasciò pubbliche scuse in modo teatrale, affermando che l’azione non era stata autorizzata, ma alcuni mesi dopo, in aprile, la incluse in una lista di operazioni riuscite. [New York Times, 20 dicembre 1947 _ Ben Gurion all’esecutivo sionista, 6 aprile 1948]
La nuova politica prendeva di mira anche gli spazi urbani della Palestina, e HAIFA fu scelta come primo obiettivo. E’ interessante che questa città venga individuata dagli storici israeliani tradizionali e dallo storico revisionista Benny Morris come un esempio di genuina buona volontà sionista verso la popolazione locale. Alla fine del 1947 la realtà era già molto diversa. A partire dalla mattina successiva all’adozione della Risoluzione di spartizione, i 75.000 palestinesi della città furono sottoposti a una campagna di terrore istigata congiuntamente dall’Irgun e dall’Haganà. Arrivati soltanto da pochi decenni, i coloni ebrei avevano costruito le loro case più in alto sulla montagna. Quindi abitavano sopra i quartieri arabi e da lì potevano con facilità bombardarli e fare i cecchini. Avevano cominciato a farlo di frequente fin dai primi di dicembre. Usavano anche altri sistemi di intimidazione: i soldati ebrei rotolavano barili pieni di esplosivo ed enormi palle d’acciaio giù nelle aree residenziali arabe e versavano lungo le strade olio misto a carburante, al quale poi davano fuoco. Appena i palestinesi, presi dal panico, correvano fuori di casa per cercare di spegnere qui fiumi di fuoco, venivano colpiti dal fuoco delle mitragliatrici. Nelle aree dove le due comunità intrattenevano ancora delle relazioni, l’Haganà portava a riparare le automobili nei garage palestinesi, le riempivano di esplosivi e detonatori, e così seminavano caos e morte.
Dietro questo genere di assalto c’era un’unità speciale dell’Haganà composta di mistarvim – letteralmente in ebraico ‘diventare arabo’ -, cioè di quegli ebrei che si travestivano da palestinesi. La mente direttiva di queste operazioni era un certo Dani Agmon, che comandava le unità Hashahar. Sul suo sito internet lo storico ufficiale delle Palmach ammise: “I palestinesi di Haifa subirono l’assedio e l’intimidazione da diecembre in avanti”. M il peggio doveva ancora venire. […]
BALAD AL-SHAYKH: luogo di sepoltura dello shaykh Izz al-Din al-Qassam, uno dei leader più venerati e carismatici degli anni trenta, ucciso dagli inglesi nel 1935. La sua tomba è uno dei pochi resti di quel villaggio a circa 10km ad est di Haifa, che esiste ancora oggi.
A un comandante locale, Haim Avinoam, venne ordinato di “circondare il villaggio, uccidere il maggior numero possibile di uomini e danneggiare le proprietà, ma di astenersi dal colpire donne e bambini”. L’attacco ebbe luogo il 31 dicembre e durò tre ore. Si concluse con la morte di oltre 60 palestinesi, non tutti erano uomini. Ma notate bene che in questo caso si faceva ancora distinzione tra uomini e donne: nell’incontro successivo la Consulta decise che per le operazioni future questa distinzione era una complicazione inutile.
Nel momento in cui veniva attaccato Balad al-Shaykh, le unità dell’Haganà di HAIFA testarono il campo con un’azione molto più drastica: entrarono in un quartiere arabo della città, WADI RUSHMIYYA, espulsero gli abitanti e fecero saltare in aria le case. Si può considerare questo come l’inizio ufficiale delle operazioni di pulizia etnica nelle città palestinesi.
“NON BASTA! Non è giunta l’ora di liberarcene? Perché continuare a tenere tra noi quelle spine nel fianco se costituiscono una minaccia?”
_Yossef Weitz, allora capo del Dipartimento per gli insediamenti del Fondo Nazionale Ebraico, come riporta Ben Gurion nel suo diario,
il 31 dicembre 1947_
[“Il trasferimento non serve solo a ridurre la popolazione araba, ma anche a un ulteriore scopo che non è affatto meno importante, e cioè sgomberare la terra che attualmente viene coltivata dagli arabi e liberarla per gli insediamenti ebraici. L’unica soluzione è quella di trasferire gli arabi da qui ai paesi limitrofi. Non deve essere risparmiato un solo villaggio o una sola tribù”. Questo è sempre Yossef Weitz,pochi anni prima nel 1940. ]
OGNI ATTACCO DOVRA’ TERMINARE CON L’OCCUPAZIONE, LA DISTRUZIONE E L’ESPULSIONE
_Ben Gurion, citato da Danin, testimonianza per Bar-Zohar, pag.680_
TUTTO E’ TRATTO DA “LA PULIZIA ETNICA DELLA PALESTINA”, Ilan Pappe, Fazi Editore 2008
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