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Juliano Mer Khamis, ucciso a Jenin
L’attore e attivista israeliano Juliano Mer Khamis (جوليانو مير خميس), direttore della scuola di teatro Freedom Theatre a Jenin, è stato ucciso oggi da un uomo armato con il volto coperto che l’ha atteso all’ingresso del campo profughi e lo ha freddato con diversi colpi di arma da fuoco. Juliano era figlio di Arna, ebrea israeliana, iniziatrice e fondatrice di una scuola di teatro nel campo profughi palestinese di Jenin e di un palestinese di Haifa Saliba Khamis.
Nel 2003 aveva prodotto e diretto il suo primo documentario, “I bambini di Arna”, sul lavoro di sua madre volto a creare laboratori di teatro per bambini palestinesi nel campo profughi, durante gli anni ’80. Nel 2006, Juliano, aveva aperto una scuola di teatro per ragazzi e adulti, nel campo profughi di Jenin, chiamato il “Freedom Theatre”.
Quando Mer-Khamis e’ stato assassinato era in auto con la tata che si prende cura del figlio, che è rimasta ferita. Il governatore di Jenin ha immediatamente condannato l’accaduto e provveduto a far arrivare il corpo di Juliano alle autorità israeliane, presso il checkpoint più vicino. Zakariya Zubeidi, l’ ex comandante locale delle Brigate dei martiri di Al Aqsa, che con Juliano aveva aperto il Teatro della Liberta’ha ipotizzato il coivolgimento di una “grossa organizzazione” dietro l’assassinio. Nena News
Qui anche un articolo di Hareetz, giornale israeliano, sull’assassinio avvenuto ieri
Israele brucia: ma gli aerei servon solo a bombardar civili!
Tanti mezzi militari da esser l’esercito più intoccabile del pianeta, il più forte, il più moderno e ricco di avanzata tecnologia.
Eppure per un incendio ci son stati 41 morti.
41 morti, perchè gli unici aerei che si comprano in Israele sono i cacciabombardieri, non i canadair.
41 morti…la resistenza palestinese ci mette anni a farli.
scritto per Peacereporter da Vittorio Arrigoni – Gaza City
La festa ebraica delle Luci, la Hanukkah, ha messo in luce il vero nemico d’Israele: Israele stesso.
E’ salito a quarantadue il numero dei mortinel terribile incendio che da ieri sta divorando i boschi del monte Carmelo, nei pressi della città di Haifa. Mentre la stampa critica pesantemente le autorità e gli apparati di soccorso nazionali, il governoammette di essere stato colto di sorpresa e di non riuscire a domare da solo l’inferno che in 24 ore ha ridotto in cenere quasi quattro mila ettari di terra e ha causato l’evacuazione di ventimila persone.
Si attendono in Israele gli arrivi di una ventina di mezzi di soccorso da Europa, Stati Uniti, Egitto, Giordania e perfino dalla Turchia, primo atto di distensione fra i due paesi voluto dal premier Erdoğan dopo la crisi politica conseguente al massacro di civili turchi a bordo della nave Mavi Marmara da parte di commandos israeliani.
Un Paese che spende ogni anno il 12,3 percento del suo Pil per la sicurezza (la maggioranza dei paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico spendono l’1-2 percento del loro Pil per la sicurezza) per la difesa contro i pericoli esterni, per lo più immaginari, certamente esagerati, non può fingere di essere sorpreso. Solo all’inizio di ottobre alla firma del contratto di acquisto di venti cacciabombardieri F-35A Lightning II dagli Stati Uniti, per un importo di 2,75 miliardi di dollari, il premier Netanyahu definì la spesa come “vitale” per la difesa della nazione. Ed eccoci ad oggi, ad una scintilla su un terreno arido nelle periferia di Haifa che in poche ore cause quarantadue morti, molte più vittime di quante ne possa provocare il terrorismo palestinese in dieci anni.
Forse era più intelligente e responsabile acquistare qualche cacciabombardiere in meno e qualche Canadair in più, invece di richiederne disperatamente da Grecia e Cipro.
In un Paese in cui l’opinione pubblica è stata addomesticata ad adottare la paura del nemico esterno, degli arabi, come il pilastro principale della politica e della cultura non risulta paradossale avere a disposizione un arsenale di centinaia di testate nucleari, e contemporaneamente un corpo di vigili del fuoco da realtà terzomondista. Tranne quando avviene una strage come questa a risvegliare dal torpore le coscienze.
Israele è questo, un Paese dove l’establishment della difesa dedica quasi tutte le sue risorse per sviluppare tecnologie sempre più avveniristiche, e insieme, secondo quanto denuncia oggi l’associazione dei pompieri israeliani, mentre gli standard internazionali richiedono un vigile del fuoco ogni mille cittadini, un paese in cui questo rapporto è di solo uno ogni diecimila. Lo scandalo delle incompetenze dinnanzi alla più grande catastrofe naturale della storia d’Israele, sta facendo divampare le fiamme da Haifa sulle fondamenta della Knesset, il Parlamento israeliano.
Il governo vacilla sotto il peso delle critiche e la prima testa destinata a cadere sembra essere quella del ministro degli Interni Eli Yishai. Leader del partito della destra religiosa Shas, noto razzista, Yishai è il responsabile dei progetti edilizi per i coloni israeliani in Cisgiordania, ed è anche il principale teorico dell’esistenza di una sorta di gene ebraico acquisibile per conversione (a detta sua: “Un convertito, se si converte attraverso l’ortodossia, ha un gene ebraico”): in pratica la teoria nazista della razza superiore in chiave mistica israeliana.
Ieri notte un prefisso israeliano è apparso sul display del mio telefonino: un caro e vecchio amico mi avvisava di una voce inquietante che gira per Israele. “Il governo farà di tutto per restare in sella, e piuttosto che pagare il prezzo della sua imperizia, potrebbe costruire ad arte la matrice di questo inferno come un attentato. Magari su mandato di Gaza.” Allora l’incendio che si sta inghiottendo i boschi di Haifa sarebbe uno scherzo rispetto alla coperta di lava magmatica che ricoprirebbe la Striscia.
Restiamo Umani.
PALESTINA: storia di una pulizia etnica (1). Un po’ di citazioni, per iniziare a capire
“Il nostro pensiero è che la colonizzazione della Palestina debba avvenire in due direzioni: l’insediamento ebraico di Eretz Israel e la ricollocazione degli arabi di Eretz Israel in aree oltre confine. Il trasferimento di così tanti arabi può all’inizio sembrare economicamente inaccettabile, ma ciò non di meno è pratico. Insediare un villaggio palestinese su un’altra terra, non richiede troppo denaro.” _Leo Motzkin (pensatore liberale del movimento sionista) 1917_
“Uccidere la dirigenza politica palestinese.
Uccidere gli istigatori palestinesi e i loro finanziatori.
Uccidere i palestinesi che agivano contro gli ebrei.
Uccidere gli ufficiali e i funzionari palestinesi [ del sistema mandatario ]
Danneggiare i trasporti palestinesi.
Danneggiare le fonti di sussistenza palestinesi: pozzi d’acqua, mulini, etc
Attaccare i villaggi palestinesi vicini che avrebbero potuto partecipare ad attacchi futuri.
Attaccare i club, i caffè, i ritrovi palestinesi etc.”
_Piano C “Gimel” 1947_
“Possiamo far morire di fame gli arabi di Haifa e Giaffa se vogliamo farlo” _Ben Gurion, carteggio con Sharrett, dicembre 1947_
“C’è il 40% di non ebrei nell’area assegnata allo Stato ebraico. Questa composizione non è una base solida per uno Stato ebraico. E dobbiamo affrontare questa nuova realtà con rigore e chiarezza. Tale equilibrio demografico mette in questione la nostra capacità di mantenere la sovranità ebraica… Soltanto uno Stato con almeno l’80% di ebrei è uno Stato stabile e sostenibile” _Ben Gurion, 3 dicembre 1947
“Si possono effettuare queste operazioni nella maniera seguente: distruggere i villaggi (dandogli fuoco, facendoli saltare in aria e minandone le macerie) e specialmente quei centri popolati difficili da controllare con continuità; oppure attraverso operazioni di rastrellamento e controllo, con le seguenti linee guida: circondare i villaggi e fare retate all’interno. In caso di resistenza si devono eliminare le forze armate e la popolazione deve essere espulsa fuori dai confini dello Stato” _Piano D “Dalet”, 10 marzo 1948_
TUTTE LE CITAZIONI SONO TRATTE DA “La pulizia etnica della Palestina” Ilan Pappe. Fazi Editore 2008
Droni israeliani sorvolano, libanesi aprono il fuoco
Che l’esercito libanese apra il fuoco contro velivoli israeliani che entrano nello spazio aereo nazionale è cosa molta rara: i droni israeliani compiono incursioni quasi quotidiane sui cieli libanesi, violando la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, risoluzione che pose fine ai 34 giorni di guerra di Israele contro i combattenti sciiti del partito Hezbollah, nell’agosto 2006.
Oggi invece unità dell’esercito libanese hanno aperto il fuoco di contraerea verso un drone con bandiera israeliana, nel sud del paese: è l’agenzia ufficiale Nna a renderlo noto citando un comunicato ufficiale dell’esercito. Il velivolo si sarebbe allontanato immediatamente dalla zona, che sembrerebbe essere quella di Bint Jbeil, tra le più colpite durante i bombardamenti e le incursioni del 2006, roccaforte del partito di Dio ( Hezbollah) guidato da Hassan Nasrallah.
Le tensioni sul confine negli ultimi mesi sono in continuo aumento, soprattutto dopo la grande giornata di esercitazione militare interforze avvenuta a largo e sui cieli di Haifa e del confine con il paese dei cedri. L’arrivo di una nuova ondata di bombardamenti è sempre più nell’aria.
Marce xenofobe in Israele contro la popolazione arabo-israeliana: che si incazza e si difende la città
Parlavamo, appena due giorni fa, di come s’era spostata verso l’estrema destra xenofoba e confessionale l’asse della politica israeliana. Politica non solo di palazzo, dopo le elezioni di febbraio e gli accodi per il governo di coalizione che da ieri procedono a passo di carica; anche politica di strada, con una manifestazione organizzata dall’estrema destra israeliana, ad Umm al-Fahm (città israeliana, importante centro arabo, situata nel distretto di Haifa, con una popolazione di 45.000 persone, la maggiorparte arabo-israeliani).
Una manifestazione che era stata più volte rinviata per i rischi sulla sicurezza, ma poi autorizzata dalla Corte Suprema, che aveva come obiettivo quello di ribadire la sovranità israeliana della città. Dalle stampa internazionale leggiamo la dichiarazione di Michael Ben-Ari, esponente del partito di estrema destra Unione Nazionale (appena eletto alla Knesset): “Se non isseremo la nostra bandiera a Umm al-Fahm, un giorno avremo uno Stato palestinese che arriverà fino a Tel-Aviv”.
Una marcia vera e propria per provocare la popolazione araba residente all’interno dei confini dello stato ebraico: manifestazione composta da militante provenienti soprattutte dalle colonie israeliane di Hebron (la zona caratterizzata da sempre dagli scontri più feroci tra coloni e popolazione palestinese) e del resto della Cisgiordania. Umm al-Fahm oltre ad essere roccaforte araba lo è anche del partito comunista, tanto che alla contro manifestazione annunciata e violentemente voluta da tutta la popolazione della città, si sono uniti attivisti israeliani appartenenti alla sinistra e al partito comunista. Immediatamente, per poter permettere a tutta la popolazione di partecipare alla contro-protesta, per evitare che la marcia potesse entrare in città, è stato dichiarato uno sciopero generale che ha avuto una partecipazione totale.
La provocazione è scoppiata immediatamente in scontri con i 3000 poliziotti anti-sommossa schierati a difendere le fila fasciste della manifestazione. Poco, molto poco è durata la marcia, all’incirca una mezzora, sufficiente a far scoppiare poi ore ed ore di duri scontri iniziati con un fitto lancio di oggetti dalle strade e dai tetti della città, contro la marcia sionista che avanzava sventolando decine di bandiere con la Stella di Davide. Lancio che come risposta ha ricevuto idranti, granate assordanti ed urticanti che hanno causato 16 feriti tra i manifestanti,15 tra i poliziotti schierati e l’arresto di tre manifestanti (arabi, ovviamente). David Cohen, rappresentante della Polizia israeliana ha dichiarato di aver reagito in difesa della democrazia. Gli scontri sono terminati dopo che diversi agenti hanno riportato ferite a causa del lancio di oggetti e dopo l’uso di vari mezzi per disperdere la manifestazione”.
L’estrema destra che ha marciato è la stessa che sta formando il governo di coalizione che tra una decina di giorni prenderà le redini del potere politico e militare nello stato israeliano: il probabile ministro degli esteri Avigdor Lieberman (un vero e proprio nazista dichiarato, fondatore del partito Yisrael Beitanu) ha già proposto l’obbligatorietà di un giuramento di “lealtà” allo Stato ebraico per tutti gli abitanti di etnia araba. Anfibi sempre più neri marciano sulla terra degli ulivi, sulla terra di Palestina
SI VIENE A SAPERE DA POCO DEL FERMO DI 22 ARABI-ISRAELIANI CHE AVEVANO PARTECIPATO AGLI SCONTRI DI IERI CONTRO LA MARCIA XENOFOBA ORGANIZZATA ALLE PORTE DELLA CITTA’ UMM AL-FAHM. ACCUSATI DI AVER FOMENTATO GLI SCONTRI
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