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Quanto vale la vita di uno sfrattato suicida…
Sette righe vale la vita di un disoccupato 63enne.
sette righe la vita di un uomo che si è lanciato da una finestra perché non poteva pagare l’affitto di casa sua, in Via dei Fratelli Rosselli a Reggio Emilia.
Non ha fatto alcuna resistenza, ha aperto la porta agli ufficiali giudiziari e poi si è lanciato nel vuoto, mentre loro lo aspettavano giù: sapeva chi era al citofono, lo sfratto per morosità era concordato da più di un mese.
A lui non restava altro che saltare giù.
L’articolo di repubblica.it , così come l’ansa, concludono con un “indagano i Carabinieri” e chiudono.
Notizia breve terminata, coscienza rimessa a posto.
Le righe che mancano son quelle sui suoi assassini.
Le righe che mancano non parlano dell’articolo 5, non parlano del “piano casa” del governo Renzi,
non parlano della repressione che sta colpendo chi lotta per il diritto all’abitare.
Vi scordate sempre, in questi casi, di parlare dell’assassino: che è lo Stato.
Questo è il tweet di risposta al mio articolo, da parte di una giornalista della Gazzetta di Reggio.
Lavorano da questa mattina a quanto pare, forse per il desiderio di raccontarci qualche dettaglio sulla vita del suicida… Perché non servono otto ore di lavoro per capire chi è l’assassino
Storie di ordinarie provocazioni poliziesche
Queste righe arrivano dal LOA Acrobax,
laboratorio occupato della zona Marconi di Roma, che da dieci anni anima la vita politica, sociale, musicale e sportiva di questa città.

L’arte della barricata
Un luogo che a quanto pare infastidisce anche solo per il suo semplice esistere,
un luogo i cui fruitori, una volta usciti da quegli spazi liberati, rischiano di essere bloccati, aggrediti, ripetutamente provocati da qualche personaggio in divisa a cui prudono le mani.
Ne abbiamo “archivi” pieni di storie di violenze poliziesche che avvengono nei vicoli bui delle città, dove questi esseri dagli anfibi ai piedi si sentono giustizieri impuniti,
fino a lasciare corpi di ragazzini a terra, morti ammazzati,
come nel caso di Aldrovandi.
(leggi le novità di ieri sulla solidarietà poliziesca ai suoi assassini)
Non sono abituati alle risposte collettive a quanto pare,
non sono abituati a pensare che dietro due pischelli in motorino a cui rompere il cazzo in piena notte, ci sia tutto un mondo solidale,
che scatta all’istante, si cordona e reagisce.
Vi allego il comunicato che racconta una storia come chissà quante,
finita un po’ diversamente dal solito…
Martedì 26 febbraio – Notte – Ponte Marconi – Acrobax
Nella notte due ragazzi escono dall’ex cinodromo con il motorino e si imbattono in una pattuglia della polizia. Mentre sono fermi al semaforo rosso la volante sbatte il suo muso sul bauletto posteriore, da lì la situazione degenera in un attimo: i due provano a girarsi e vengono ripetutamente colpiti dal muso della pattuglia fino a cadere in terra.
Come nella migliore delle banlieu i due idioti in divisa scendono dall’auto e si accaniscono sui ragazzi i quali invece di essere soccorsi vengono aggrediti, gli vengono sottratte le chiavi del motorino e il telefono cellulare.
Quello che i due energumeni in divisa non hanno considerato è che non sempre i soprusi incontrano ragazzi da soli e indifesi nel cuore della notte, come è accaduto al giovanissimo Federico Aldovrandi, la cui memoria solo ieri è stata di nuovo offesa dai poliziotti che hanno applaudito il suo assassino. In questo caso gli eroi in divisa hanno incontrato la rabbia di chi non tollera gli abusi e le prepotenze degli sceriffi de noantri.
Tutti i compagni e le compagne di Acrobax, riuniti per l’assemblea, sono usciti in strada e la pattuglia si è data alla fuga. Pochi istanti dopo la pattuglia si ripresenta, ferma i blindati della celere che passano in continuazione in una città militarizzata per le elezioni, le dimissioni del Papa, o forse solo per la “paura” di una perduta coesione sociale.
I blindati diventano due poi tre, le volanti sei poi sette. La celere si schiera con caschi, scudi e manganelli. Dalla nostra parte si organizza immediatamente un workshop di “scienza delle barricate”, quella in cui ognuno è maestro.
Arrivano compagni e compagne a sostegno da tutti gli spazi occupati di zona e l’ingombrante presenza delle forze del disordine a si sposta dalla strada di accesso al cinodromo ed infine se ne va.
Oggi, alle pecorelle senza pastore, non chiediamo scuse o numeri d’identificazione sulle divise ma vogliamo indietro ciò che ci hanno rubato.
Ancora una volta fascisti e polizia sono stati cacciati via… ora e sempre ACAB.
Laboratorio del Precariato metropolitano Acrobax
– “…pure la polizia che sta in giro, mica sta là per pestarvi, sta là per proteggervi.”
– “Come no. E da voi chi ci protegge?”
(da L’Odio)
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