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Note a margine per i blateratori di jihad… soprattutto di Repubblica

vignetta di Khalid Albaih http://www.facebook.com/KhalidAlbaih?fref=ts
Piccola nota a margine in tutto questo blaterare di Islam.
Mi auguro che soprattutto la redazione de La Repubblica cada in queste 3 sole parole.
Jihad: sostantivo maschile.
Le ripeto che magari come diceva mi zia “siete duri de comprendonio”
Jihad: sostantivo MASCHILE ( il che tradotto in giornalistichese vuole dire che dovete scrivere IL jihad).
Buona giornata eh.
Il massacro di Charlie Hebdo e il triste delirio islamofobo

vignetta di @joepbertrams
Questa vignetta è genialità: perché la satira è questo, e quindi non muore. Anche se gli si taglia la testa.
A me rode più il culo che a tanti.
Perchè quel che è accaduto oggi a Parigi fa male dentro, perchè uomini come Wolinski non possono essere uccisi, da nessuno, tantomeno da qualche barbuto che già ha fatto in modo di sventrare tanto (troppo per chi ama visceralmente certi luoghi, storia, sguardi, sapori, sorrisi).
Oggi è un giorno triste ma anche agghiacciante: perché non si parla di 3 uomini armati di kalashnikov per le strade di parigi andati ad assassinare la satira in nome di Maometto.
No, non si parla di quei tre, non si sente discutere su chi sono, chi li avrà mandati, dove si sono addestrati, come sono arrivati e andati via dal luogo del massacro. NIENTE. Si parla di Islam, si chiede all’ “Islam moderato” di prendere le distanze da questa azione e da Daesh. Islam moderato? Prendere le distanze?

Ce mancava questo sui campi profughi…
Un po’ più di un miliardo di persone dovrebbero prendere le distanze da quel che è accaduto oggi, quello scempio intriso di barbarie che oggi quei kalashnikov hanno fatto.
Hanno urlato “Allah Akbar” e la nostra illuminata Euriopa vuole che gli islamici prendano le distanze da ciò: gli islamici in Qatar, i contadini yemeniti, una marea di Indonesiani quindi, qualche minoranza cinese, le comunità nei paesi slavi, quelle di casa nostra, anche un alieno se ha velleità islamiche è pregato oggi di fare un gesto forte per prendere le distanze da tutto ciò.
Se odio questi tre, oltre per la barbarie compiuta -incommentabile- è perchè la vostra islamofobia ignorante ed inascoltabile diromperà e con lei Daesh, o lo Stato Islamico così come voi lo chiamate.
Se odio quei tre è perché sembrano mandati più da un Salvini che da un commando jihadista del cazzo,
se odio quei tre è perché se già non ci si barcamenava nel medioevo delle vostre parole sul mondo arabo, sull’Islam, sugli arabi in generale anche se non islamici, o sugli islamici in generale anche se non arabi…
Da oggi sappiamo che sarà peggio, domani lo sarà ancora di più e io non riesco a sostenerlo.
Io, da arabista mancata, da folle e disperata amante per il Medioriente, le sue mescolanze, i suoi popoli e i suoi minareti che battagliavano con le campane delle chiese in buona parte del paese: io oggi soffro ancora di più.
Mentre la neve ricopre Yarmouk e ve ne fottete, mentre la Siria ha 9 milioni di profughi (sotto la neve oltretutto) e ve ne fottete,
mentre il mediterraneo si prosciuga per i troppi cadaveri caduti a picco, voi chiedete di prender le distanze, di fare gesti importanti e visibili al mondo tutto.
Non vi si può ascoltare.
Voi non difendete Charlie Hebdo con quel che dite e scrivete,
voi non fermate lo stato islamico ma gli date un grandissimo potere,
voi alimentate l’odio e delirate e io non so manco più come leggervi.
Non ho sentito nessuno parlare di quei tre, nessuno. Continuate a riempirvi la bocca con deliri, continuate a infilare caricatori nei kalashnikov sotto cui altri moriranno.
Scusate lo sfogo inutile dopo mesi di silenzio.
Tutta la mia solidarietà a quel che è rimasto di quella redazione, alla satira tutta perché è intoccabile e sacra come per qualcuno la parola di Dio: mi piace pensare che tutti quei disegnatori ora farebbero di tutto per fermare il delirio che si sta dicendo, ora ironizzerebbero e colpirebbero il loro nemico con armi sottili e straordinarie…
loro, compagni di Naji al Ali e di Ali Ferzat e di chiunque con un sorriso ha provato ad abbattere i re, i padroni, gli occupanti e pure Dio.
Damasco, raccontata 700 anni fa…
“Il giovedì 9 del venerabile mese di Ramadan dell’anno giunsi a Damasco di Siria e presi alloggio nella màdrasa malikita, nota come al-Sharabishiyya [dei fabbricanti di sharbush, copricapo tipico degli emiri]. Damasco supera le altre città in bellezza e le oltrepassa con il suo splendore.
Ogni descrizione, per quanto precisa, è sempre troppo limitata per dirne tutta l’avvenenza, ma non vi sono parole più squisite di quelle di Abu al-Husayn ibn Jubayr, che così si espresse: “Sì, Damasco è il paradiso d’oriente, il luogo dell’origine della sua splendida luce; l’ultimo paese dell’Islam in cui siamo giunti, sposa novella fra le città che svelammo. Agghindata di fiori di piante odorose, spunta dai giardini avvolta in drappi di broccato e per la sua bellezza occupa un posto d’alto rango, s’asside sul trono nuziale con splendidi ornamenti. S’onora d’aver dato rifugio al Messia e a sua madre su un’altura tranquilla e irrigata di fonti, dove l’ombra è fitta e l’acqua paradisiaca. Qui i ruscelli serpeggiano ovunque e la brezza leggera dei giardini infonde vita agli animi. Damasco mostra il proprio fascino a chi l’ammira in tutto il suo splendore e dice: “Orsù venite qui, ove beltà risiede sia la notte che il dì!” La sua terra è a tal punto sazia d’acqua che quasi desidera aver sete, e poco ci manca che anche i duri e aspri sassi dicano: “Percuoti col piede la terra: ne sgorgherà acqua fresca buona a lavarti e per bere!” [Corano]. I giardini la circondano come l’alone che cinge la luna, sembrano petali tutto intorno ad un fiore. Verso
oriente si estende a perdita d’occhio la sua Ghuta verdeggiante e ovunque si volga lo sguardo, si resta ammaliati dallo splendore dei frutti maturi. Oh sì, ben son nel vero quanti di lei dissero: “Se il paradiso è qui sulla terra, esso per certo si trova a Damasco, ma se non può stare altrove che in cielo, in bellezza Damasco lo sfida quaggiù.”
Ibn Juzary aggiunge che un poeta di Damasco ha composto a tale proposito questi versi:
Se l’Eden eterno è qui sulla terra,
esso è a Damasco, e in nessun altro luogo.
Se invece è nei cieli, su Damasco ha disperso
la sua lieve brezza e le sue qualità.
Ecco un paese stupendo e un Maestro indulgente!
Gioiscine dunque da mane a sera!
Ibn Juzary afferma inoltre: “Quel che hanno detto i poeti descrivendo le bellezze di Damasco è così tanto che non lo si può contare. Mio padre era solita descriverla declamando i versi di Sharaf al-Din ibn Muhsin:
Damasco! Mi rodo di struggente desiderio
come oppresso da calunnia e dal biasimo assillato…
Ah paese dove i ciottoli son perle e la terra appare d’ambra!
Vi frizza l’aria quale dolce vinello,
l’acqua vi scorre in libertà,
e rinfresca i giardini di un lieve soffio di vento!
E infine Nur al-Din:
Damasco:
Siccome l’Eden è per lo straniero,
che qui si scorda il paese natio.
Ah, qui suoi sabati tanto famosi
stupendo spettacol di grande beltà!
Qui non si vedon che amanti e amati,
colombe che tuban sui rami al vento
e, tra gioia ed effluvi, superbi fiori “
Questo brano è tratto da “I VIAGGI” di Ibn Battuta, steso a partire dal 1325. Personaggio incredibile, di origine berbera, passò 28 anni della sua vita percorrendo l’equivalente di quarantaquattro stati moderni (Africa, Medioriente, India, Cina, Isole Maldive, territori del Volga…). Il celebre libro fu steso da uno scriba del sultano che annotava con ordini i racconti e le sue osservazioni.
Prima poi metterò sul blog un altro piccolo omaggio alla mia amata Damasco… con qualche stralcio di poesie di Nizar Qabbani, straordinario poeta siriano scomparso poco più di dieci anni fa
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