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Posts Tagged ‘musulmani’

Egitto: altro rinvio per Maikel Nabil ormai allo stremo, e grandi mobilitazioni in solidarietà di Alaa

1 novembre 2011 1 commento

Ieri la mobilitazione in sostegno di @Alaa, blogger e attivista politico di spicco nel movimento di piazza Tahrir condannato a scontare quindici giorni per essersi rifiutato, da civile, di rispondere alle domande postegli dalla corte militare, è stata massiccia. Alaa è un personaggio molto noto, che aveva già conosciuto le carceri egiziane del regime di Hosni Mubarak e le manifestazioni in suo sostegno ci son state al Cairo, ad Alessandria e in Tunisia, oltre alla grande mobilitazione avvenuta in rete. Il fratello, altro noto attivista, che è riuscito ad avere un colloquio con lui, ci racconta di una cella priva di luce, con la possibilità di uscire per recarsi al bagno solo due volte al giorno, per venti minuti.
Migliaia di persone si sono riunite in piazza Talaat Harb, a pochi passi da piazza Tahrir, per manifestare solidarietà al compagno e amico Alaa e urlare la propria rabbia cntro il Consiglio Supremo delle Forze Armate, la grande delusione (anche troppo scontata per quel che ci riguarda) della rivoluzione del gennaio di quest’anno.
Tra i cingolati dei carri armati dello Scaf trovavano riparo e letto le migliaia di persone che per settimane hanno abitato i marciapiedi e l’asfalto della downtown del Cairo, nelle mani di quei soldati hanno imprudentemente consegnato la loro lotta, convinti che gli sarebbe stata garantita una transizione pacifica verso delle elezioni democratiche a cui tutti sono impreparati.
Ma insomma, era un po’ come crede alle favole e il sogno dell’esercito buono dalla parte del popolo e contro agli ancestrali meccanismi e mandri di un regime quarantennale si è spappolato come le teste dei coopti che manifestavano davanti alla sede nazionale della Tv di stato, pochissime settimane fa.
Decine di morti, molti schiacciati sotto le ruote dei blindati di quell’esercito tanto amato: quella sera è stata definitivamente tirata una linea di demarcazione, e lo SCAF è dalla parte del regime, del potere, della repressione, del carcere, della tortura, degli assassinii.
E i nomi iniziano ad esser troppi, da quella lunga notte in cui fu ucciso anche il giovane blogger Mina Daniel, tra quelle 40 persone, accorse immediatamente in sostegno dei copti colpiti.
Maikel Nabil è un altro blogger, un ragazzo coraggioso che dalle sue pagine ha denunciato per primo il test della verginità sui corpi delle donne che venivano fermate in piazza, o negli scioperi: tre anni di condanna inflittagli da un tribunale militare, contro il quale ha iniziato uno sciopero della fame. Una storia processuale un po’ rocambolesca, un continuo posticipare le udienze – proprio come avvenuto anche questa mattina- che sta portando il corpo di Maikel a non farcela più.
Oggi, allo sfiorar del settantesimo giorno senza cibo, lo scheletrico Maikel Nabil Sanad s’è visto schiaffeggiare con un altro rinvio: altre due settimane, forse quelle fatali viste le sue condizioni.

Questi alcuni dei casi, insieme a quello di Essam, il ragazzo torturato a morte di cui si son fatti i funerali nella piazza simbolo della rivoluzione nemmeno una settimana fa, che stanno facendo esplodere la rabbia egiziana verso l’esercito.
Ancora una volta è l’inaspettato ad aver la meglio nelle mobilitazioni: mai si sarebbe pensato a slogan contro Mubarak fino allo scorso anno e abbiamo visto quel che è stato.
Mai si sarebbe pensato, nei mesi successivi alla sua caduta, di sentire migliaia di persone urlare per l’abbattimento dell’esercito con tanta determinazione: ora è quello di cui risuonano le strade.

L’ultimo saluto a Mina Daniel … ucciso dall’esercito egiziano

10 ottobre 2011 8 commenti

Mina Daniel è il nome più noto tra la ventina di cadaveri stesi nell’obitorio del Cairo.
Era un attivista, un blogger, un giovanissimo militante della rivoluzione egiziana: sempre presente nelle piazze e capace di dar copertura costante di ciò che accadeva per quelle strade.
E’ stato ammazzato negli “scontri” di ieri, che sappiamo perfettamente che non erano scontri tra copti e musulmani, ma un becero attacco della Baltagheyya (le squadracce di Mubarak) e dello SCAF (il Comando generale delle forze armate) che dovrebbe garantire la transizione e che invece sta mandando avanti una pesante politica di repressione e carcerazione dei militanti che non pensano che la rivoluzione si sia fermata l’11 febbraio, giorno in cui Mubarak s’è ritirato dalle scene dopo 40 anni di regime.
Ecco Mina Daniel, questa foto lo ritrae durante gli scontri del 28 gennaio, quelli che hanno cambiato per sempre la storia d’Egitto.
Alle 11 di questa mattina ci saranno i suoi funerali. (#perdio)

QUI il resoconto di ieri: LEGGI

Mina Daniel, per le strade del Cairo, il 28 gennaio 2011

Il Cairo: una serata di sangue. Attaccato il corteo copto, l’esercito fa più di dieci morti

9 ottobre 2011 9 commenti

La polizia egiziana e il palazzo della televisione di Stato (Maspero) AFP

Una nottata come non si vedevano da mesi per le strade d’Egitto, sia per il gran numero di morti e il troppo sangue a macchiare l’asfalto, sia per la ricomparsa delle squadracce in borghese, quella “baltagheyya” di regime che si era fatta conoscere al mondo per la “battaglia dei cammelli”, la settimana dopo l’inizio della rivoluzione di piazza Tahrir, nei primi giorni di febbraio di quest’anno. Oggi, giorno di festa per i cristiani copti d’Egitto, era stata convocata una loro manifestazione di protesta davanti alla sede della televisione di Stato, che porta il nome di Maspero, visti i ripetuti attacchi contro le chiese avvenuti degli ultimi dieci giorni. Primo tra tutti l’attacco nel villaggio Merinab, vicino Assuan, del 29 settembre, che come gli altri fa pensare a qualcosa di organizzato dagli scagnozzi del vecchio regime per far credere che ci sia una reale pericolosità per la popolazione copta e quindi creare scompiglio. Non si capisce bene la dinamica dei fatti, come la battaglia e la mattanza sia iniziata: ma quello che appare chiaro dai racconti dei manifestanti è che il corteo è stato attaccato a colpi d’arma da fuoco e poi dall’attacco -coltelli alla mano- delle squadracce fedeli ad Hosni Mubarak, che ricominciano a far capolino sempre quando si tratta di provocare scontri interreligiosi. In ospedale sono già arrivato diciassette corpi senza vita, tutti feriti da armi da fuoco e da tagli, tra cui anche due soldati: alcuni mezzi blindati sono andati in fiamme dopo che la manifestazione copta ha reagito alla violenza con una fitta sassaiola e il lancio di alcune bottiglie molotov. La situazione alle 22 è ancora tesa e difficile da capire, con migliaia di manifestanti che stanno cercando di ricompattarsi in questi minuti verso piazza Tharir, cercando di proteggerla con un cordone di macchine nei punti d’accesso per cercare di limitare l’eventuale avanzata dei mezzi pesanti del Consiglio Supremo delle Forze Armate.

Poco fa, sotto il palazzo della televisione di Stato #Maspero

Gli slogan che ora risuonano per una città avvolta dall’aria irrespirabile di centinaia di lacrimogeni lanciati per disperdere, invano, i manifestanti copti e musulmani che si stanno riversando nelle strade: chi non c’era sta accorrendo, per portare massima solidarietà alle componenti copte sotto attacco e per ribadire con forza e tutti uniti che musulmani e cristiani sono una cosa sola, e che vogliono spazzare via l’esercito che avrebbe dovuto garantire la transizione e che invece sta reprimendo con sempre maggior forza chiunque non vuole smettere di rivendicare i propri diritti e il proprio desiderio di cambiare realmente il paese. “Non lasceremo che i fratelli cristiani prendino in faccia il piombo dell’esercito senza di noi” , queste alcune delle tante parole urlate dai cortei spontanei che si stanno muovendo per la città, tra i caroselli dei blindati, i fumi di gas lacrimogeni e i pestaggi sui marciapiedi. Quest’esercito deve sparire, questa finta transizione può anche terminare se questo è quello che sta portando avanti, con decine di giovani condannati dai tribunali militari, con l’isolamento in carcere, i pestaggi e gli attacchi indiscriminati a chiunque voglia manifestare: saranno delle elezioni farsa, una grande opera teatrale che tutti coloro che da mesi vivono per le strade, al Cairo come a Suez, a Mahalla come ad Alessandria, iniziano a comprendere e quindi a voler boicottare. Quello che sta accadendo in questi minuti è l’ennesima prova che il regime di Mubarak è comodamente seduto sulle sue poltrone, e il piombo che sta uccidendo chi alza la testa non è molti differente da quello che ha terrorizzato il paese per quarant’anni.
Sarà una lunga notte… mentre i carri armati iniziano ad ammassarsi intorno al Maspero e verso piazza Tahrir, e chi l’ha vissuto inizia ad aver la sensazione di rivivere il 28 gennaio…
le piazze aumentano, i cortei stanno arrivando da tutti i quartieri della città..

contro l’esercito, contro i tribunali militari, contro il tentativo tutto “di Stato” di creare disordini inter-religiosi.

NON CI DIMENTICHIAMO DI MAIKEL NABIL!

Oslo: il terrorismo non è più islamico. E mo come se fa?

23 luglio 2011 10 commenti

Come la mettiamo?
Sono 10 anni che facciamo la “war on terror”, dieci anni che ci dicono che bisogna eliminare il terrorismo di matrice islamica,
che per colpa del terrorismo, di Bin Laden, dei barbudos musuRmi, dei lettori di Corano, delle donne velate, degli uomini in vestito bianco e così via, siamo costretti a vivere nel terrore.

Il Giornale e la sua prima pagina di oggi! Hanno ragione, "sono sempre loro".... 😀

Costretti a non sentirci sicuri a casa nostra, nei nostri paesi ordinati e puliti, magari anche un po’ ariani.
Da dieci anni ci bombardano (ma soprattutto, bombardano) ed hanno vinto su molti fronti: il livello culturale di questo occidente mortaccino e puzzolente di sfruttamento e capitalismo s’è lasciato incartare velocemente, ha creduto al volo a teorie e complotti, ad aereoplanini e scuole del terrore con bimbi scalzi e alfabeti indecifrabili: ci hanno detto che sarebbero venuti a colpirci a casa, nelle nostre metropolitane, nei cinema…che tutti noi, uno ad uno, rischiavamo la nostra vita.
Che nessuno di noi era al sicuro, che non avremmo mai saputo se lasciando il nostro bimbo all’asilo l’avremmo ritrovato o sarebbe stato rapito per essere indottrinato e poi fatto esplodere in qualche strada afgana.
C’hanno detto che dovevamo fidarci dei nostri bravi soldatini, dei nostri prodi eroi che rischiano la vita in guerra per tutelarci dai musulmani cattivi, i nostri valorosi portatori di democrazia: i tanti Parolisi che poi rientrano a casa dalle proprie mogli, dopo la missione, per accoltellarle e seviziarle a morte nei boschi d’addestramento.
Ce ne hanno dette tante in questi anni, ed io purtroppo ho anche una gran memoria.
Non dovevamo parlare di sfruttamento, di capitale, di lavoro e migrazioni: ma di pericolo di matrice islamica, di terrore, di apocalisse.

Ed ora?
Ora che abbiamo 91 morti già accertati rimasti uccisi in un duplice attentato ad Oslo, la città dei premi Nobel, la città delle aringhe, dell’ordine e dei diritti…ora che ci sono cadaveri di giovanissimi ancora caldi al suolo, ammazzati dal piombo di un biondo, nazista, fondamentalista cattolico…
ora che ci venite a raccontare?
Mandiamo qualche contingente al Vaticano? Chi bombardiamo?
L’avete visto il volto dell’attentatore…quando i servizi norvegesi si sono affannati a cercare collegamenti tra la sua vita e l’Islam hanno tentato un suicidio collettivo. Era proprio un bravo ragazzo lui, uno pure biondo, pure cattolico, pure d’estrema destra.

Anders Behring Breivik

Ora poi, alla luce della più ridicola delle guerre di questi ultimi decenni: stiamo bombardando la Libia, partner preferito per accordi commerciali e politici fino all’altro ieri. Tribunali internazionali che s’affrettano a dichiarare Gheddafi ricercato n.1 per “crimini contro l’umanità” e nemmeno 40 giorni dopo  il ministro degli esteri francese Alain Juppè ci dice che nooooooooooooooo, in realtà può anche rimanere in Libia, “a patto che si discosti nettamente dalla vita politica del paese”…
insomma, anche il gas e il petrolio libico è stato incassato, al punto che il rais può pure rimanere dov’è, se sa comportarsi.
Chi bombardiamo allora?
Chi è il prossimo?
Ora di chi dobbiamo avere “terrore”?
M’avete stufato, non mi va nemmeno di starvi dietro.
Andateveneaffanculo! (nel nuovo linguaggio è: #fanculo)

Il Cairo, strade piene di cortei, prive di polizia…

25 febbraio 2011 1 commento

Foto di Valentina Perniciaro, Il Cairo ... cristiani e musulmani uniti

Oggi, ad un mese esatto da quel 25 gennaio che ha segnato la storia d’Egitto, piazza Tahrir è tornata ad esplodere di volti e bandiere, richieste e slogan.Un mese fa si sarebbe dovuta festeggiare la festa della polizia, come ogni 25 gennaio degli ultimi anni: la solita dimostrazione di forza di un corpo maledetto e detestato nel suo paese.
La festa je l’hanno fatta, non c’è che dire: non una caserma è rimasta in piedi, al Cairo come a Suez, ad Iskyndria come a Port Said.L’odio per la polizia e la Baltagheyya aspettava solo di poter esplodere, così la festa della polizia s’è trasformata nella sua scomparsa. Non c’è un poliziotto per le strade del Cairo: le caserme son vuote e bruciate.

Nei primi giorni di normalità qualcuno in divisa s’è anche visto… qualcuno ha provato a tornare alla solita caffetteria con i tavolini sul marciapiede per un thè zuccherato e una fumata, ma non  ha ricevuto buon’accoglienza.

Foto di Valentina Perniciaro _Il nuovo Egitto passa notte e giorno per la strada_

I bar strabordano di giovani, di militanti, di neo attivisti; i piccoli sbilenchi tavolinetti da due, tre persone si trasformano facilmente in tavolate dove si parla e si discute, ci si prepara per le assemblee o i volantinaggi. L’atmosfera di quei tipici luoghi del Cairo è mutata rapidamente e completamente.
E’ pieno di donne poi, cosa rara su quelle sedie tra una shisha e un caffè arabo fino a poco fa. Bhè, se un poliziotto in divisa prova a sedersi si crea il vuoto in un attimo: in tanti mi hanno raccontato di queste scene, nel centro del Cairo. Intere strade che si svuotano, per creare un buco di silenzio intorno a quei pochi che hanno ancora il coraggio di vestire quella divisa. E’ divertente parlare della scomparsa della polizia dalle strade con un egiziano: Ma fi, Qalas! Non ci sono, è finita!
Non devono farsi vedere!
Poi in realtà riposizionare i topi nelle rispettive fogne non è lavoro poi tanto semplice, in Egitto come altrove. L’altro ieri sono anche scesi in piazza per chiedere la riammissione in servizio dopo tre settimane di nulla: la manifestazione s’è conclusa davanti al ministero dell’Interno, attaccato anche con bottiglie molotov a quanto pare. Notizie di spari dall’interno, nessun ferito e tutto tornato come prima, almeno leggendo le agenzie…

Foto di Valentina Perniciaro, Mahalla al-kubra

Ed oggi piazza Tahrir, e quindi tutte le piazza Tahrir d’Egitto (ogni città ora ha la sua!) è tornata ad urlare la sua voglia di cambiamento: è caduto il regime di Mubarak ma con lui ancora c’è molto da far cadere e la lotta vuole andare avanti, urlano i manifestanti. Le piazze non si svuotano come messaggio chiaro al Consiglio Supremo delle Forze Armate che ha il potere nelle mani e deve garantire l’arrivo alle elezioni, c’è la pressione costante di milioni di manifestanti! Le nuove organizzazioni politiche, i fratelli musulmani, i copti, tutti vogliono che cadino le teste dei ministri di Difesa, Giustizia, Interni ed Esteri: la vecchia guardia deve sparire subito, non dopo le elezioni preventivate per settembre. E poi chiedono ancora il rilascio di TUTTI i detenuti politici, le dimissioni dell’attuale primo ministro Shafiq e un processo rapido per il vecchio rais, nascosto tra le sue mura a Sharm el-Sheikh.

Buona manifestazione, popolo di Tahrir (che nostalgia!)

Foto di Valentina Perniciaro _The Gang, in piazza Tahrir, al Cairo_

Maometto e la polizia

25 Maggio 2010 Lascia un commento

POI DICI PERCHE’ MI SONO MESSA A STUDIARE ARABO! GRAZIE RAFIQQ PER QUESTO REGALONE!

Il profeta Muḥammad al vedere un lupo in paradiso gli domandò:

“Un lupo in paradiso?”

Il lupo rispose: “Ho mangiato il figlio di un poliziotto”

Commentò Ibn ʿAbbās:
“Questo ed era solo il figlio: se avesse mangiato il padre sarebbe stato innalzato fino al paradiso supremo”

من حديث المعراج
النص العربي هو التالي
رأى النبي محمد (ص س) ذئبا في الجنة فسأل
ذئب في الجنة؟
فأجابه :أكلت ابن شرطي
علق ابن عباس في الحكاية: هذا وقد أكل ابنه، لو أكله لرفع في العليين
وأخذته من كتاب -المستطراف الجديد، مختارات من التراث – للكاتب العراقي هادي العلوي

Foto di Valentina Perniciaro _Genova 2001: piazzale Kennedy. Fiondate sui servi di Stato_

Fine Ramadan a Via Mattia Battistini, nel medioevo romano

20 settembre 2009 2 commenti

Non sono nemmeno le nove di mattina: grigia domenica di settembre. Attraverso un po’ di periferia per raggiungere la fermata della metropolitana di Battistini.
L’attesa è più lunga del previsto, ma meno fastidiosa di quanto potevo credere: ferma con le 4 frecce ad un angolo ancora non trafficato, mi viene naturale dar le spalle alla ridicola pattuglia dell’esercito appostata sul  marciapiede.
Lo spettacolo che si apre al mio sguardo nell’evitare le mimetiche è inaspettatamente straordinario: sono in tanti a dirigersi verso la Metropolitana.

Foto di Valentina Perniciaro _abluzioni prima della preghiera nella Grande Moschea di Damasco_

Foto di Valentina Perniciaro _abluzioni prima della preghiera nella Grande Moschea di Damasco_

E sono splendidi…mi basta far due conti rapidamente per capire che è il giorno dell’ ‘Aid, la fine del Ramadan.
Roma, in una delle sue tristi e involgarite periferie, stamattina sembra una metropoli europea con tutti i crismi. Ad attraversare la strada sono centinaia di sfumature: turbanti e vesti bianche per gli uomini, colori e strati di stoffe per le donne. Ognuno ha per mano i propri figli e lo sguardo è da giorno di festa.
Le bimbe hanno i ciucci colorati ai capelli, i maschietti si atteggiano a grandi e attraversano accanto ai loro candidi papà
Non so quanto tempo sono stata a guardarli, ma ero felicemente compiaciuta della mia città che mi trasmette solo fastidi e vergogna.
Poi giro la testa: non ci posso credere!
La maggiorparte di loro è davanti alla camionetta dei nostri valorosi soldati: fermati.
La mia reazione è immediate: scendo dalla macchina e mi vado ad impicciare.

Foto di Valentina Perniciaro _Buon pasto di fine Ramadan a tutt@_

Foto di Valentina Perniciaro _Buon pasto di fine Ramadan a tutt@_

Con quel poco di arabo che ancora ricordo provo a capire la situazione, poi vado dal primo soldato e gli chiedo se ci sono problemi, spacciandomi per una mediatrice culturale.
Il tipo si innervosisce immediatamente, non capisce perchè mi sto intrufolando nella sua “missione” e mi guarda con sguardo che tenta di intimorire.
Mi innervosisco prima io e cerco, povera stupida, di spiegargli che oggi per loro è Natale. Che stanno andando a festeggiare la fine del digiuno, che l’unico pericolo che c’è è per il loro colesterolo che schizzerà alle stelle in qualche secondo dopo una luna di restrizioni alimentari. Un giorno di festa: il più bello.
“Hai presente il Natale? A te non ti mandano in licenza per festeggiare con la tua famiglia? Loro oggi stanno andando a mangiare tutti insieme, col vestito buono e la pelle appena lavata. Qual è il problema?”
La risposta è da barzelletta : “Ah, mica lo sapevo! Ma a lei signorì je pare normale che vanno tutti in giro mascherati?”

Rimango un secondo in silenzio: lo guardo dal basso all’altro (dall’anfibio lucido al berretto sbilenco) e dall’alto al basso (berretto – anfibio).
Ma come fa uno in mimetica, con 4 kg di fucile in spalla, al centro di un incrocio di una città che non vede guerre da diversi lustri … si io mi chiedo come può non capire che è lui il mascherato?
E son fatta così, apro bocca e gli do fiato:
“Scusa ma secondo me sei più mascherato tu!”

Mi guarda con odio.
Capisce pure che è meglio che la finiamo qui…e con gesto da pizzardone lascia i festosi migranti tornare per la loro strada … e anche la fastidiosa fanciulla che non si faceva gli affari suoi.
Loro sono i soli a rimanere lì, ostentando loro ridicoli costumi da Carnevale
عيــــــد مبـــــارك

Al-khalil. Il dramma di Hebron, la città divisa

20 novembre 2008 2 commenti

La situazione della città di Hebron, Al-Khalil, sta nuovamente precipitando senza che nessuno o quasi se ne accorga. La città della divisione, la città simbolo delle violenze dei coloni, di come uno Stato sia nato sulla pelle di un popolo, di come una terra sia stata stuprata, giorno dopo giorno da più di 60 anni.

Il centro storico di Hebron

Dalla rete: Il centro storico di Hebron

Prima di passare ai fatti di questa notte bisognerebbe scrivere cosa il mondo ha permesso ad Israele in quella città, ciò che si sono presi, strappandolo via ad un popolo che non aveva certo gli strumenti per capire, per organizzarsi, per difendersi e contrattaccare come sarebbe naturale fare.
Facile, troppo facile per un pachiderma foraggiato da tutti, calpestare le umili aiuole di qualche pastore, di qualche contadino che aveva come sola ricchezza il succo prezioso delle sue olive.
Erano 5000 anni che la vita procedeva in quel modo, ad Hebron.

Dal 1967 in poi, dopo periodi di violenti scontri tra il 1929 e il ’36, la situazione muta completamente. Un gruppo di coloni si finge gruppo turistico ed occupa il principale albergo della città, per poi occupare una base militare abbandonata che trasformeranno in poco tempo nel primo “mattone” dell’insediamento Kyriat Arba. Saranno le donne israeliane, colone illegali, ad occupare un’altra parte della città e a strappare l’appoggio assoluto dell’esercito che ha poi sempre coperto e legittimato il processo di espansione ebraica, mai terminato. Se guardiamo i dati del 2005 possiamo capire facilmente come è mutata la vita dei palestinesi residenti nel centro di Hebron o nelle aree limitrofe: ora sono più di 20 gli insediamenti, per un numero di coloni sempre più alto.
s7301137I coloni sono diversi dai normali cittadini. I coloni sono militanti di estrema destra (nella maggior parte dei casi), che soprattutto nel caso del centro di Hebron, occupano passo passo quel che riescono, girano armati fino ai denti permettendo che i loro figli prendano a sassate le case e le scuole dei loro coetanei arabi.
La parte palestinese della città è facilmente riconoscibile.
E’ un carcere. Un carcere vero e proprio, dove tutte le case, le finestre e le porte di ogni edificio pubblico e privato, le strade percorse….tutto è avvolto da fitte reti metalliche, per salvarsi dai ripetuti lanci dei coloni, soprattutto di donne e bambini. 
La vita di queste persone è distrutta da qualche decennio, il commercio è inesistente, le saracinesche tutte abbassate, i bambini vivono come piccoli detenuti, impossibilitati anche a giocare per strada, per le loro strade, le poche che gli sono concesse…. «Le violenze contro le famiglie arabe sono all’’ordine del giorno», racconta un ’attivista statunitense per i diritti umani. «I palestinesi hanno le inferriate alle finestre perché erano puntualmente prese a sassate dai coloni. I soldati dovrebbero intervenire, ma si limitano a raccogliere a voce le denunce». Idris, un macellaio che vive  nella zona alta di Tel Rumeida, mostra la bocca senza denti. «La mia vicina israeliana è entrata nella mia casa e mi ha colpito più volte con un bastone, accusandomi di occupare la sua terra», dice. «Quando sono arrivati i soldati hanno portato via uno dei miei ragazzi dicendo che l’’aveva provocata»

Hebron è un caso unico nell’assurdo conflitto israeliano. La città della divisione, delle reti metalliche, dell’odio infinito verso un popolo gemello, abitante delle stesse colline. Da troppo tempo.

Ma passiamo ai fatti di questa notte:
decine di coloni e di attivisti di estrema destra si sono scontrati la scorsa notte a Hebron con palestinesi e con soldati e poliziotti israeliani:  hanno sconsacrato tombe in un antico cimitero musulmano, scritto sul muro di una moschea slogan offensivi contro la religione musulmana “Maometto maiale” e “Morte agli arabi”,  danneggiato automezzi dell’esercito e della polizia.

Ovviamente la polizia e l’esercito sono intervenuti per calmare la situazione, sono impegnati a togliere le scritte e ripristinare l’ordine: nessuno è stato arrestato fino ad ora, malgrado questi scontri siano stati provocati dai coloni dopo che l’Alta Corte di Giustizia israeliana aveva imposto lo sgombero di uno stabile di quattro piani, illegalmente occupato. Da tutto lo stato israeliano, decine di attivisti di estrema destra stanno raggiungendo Hebron per aiutare i coloni  ad impedire lo sgombero.

Tutto tace da questa mattina: questo blog proverà a seguire gli sviluppi della situazione.

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