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La rabbia che si riappropria delle strade d’Egitto: yalla!
L’Egitto torna in piazza urlando al nuovo faraone che la rabbia è tanta,
non meno di quella che lo scorso anno ha portato ai feroci scontri che per giorni sono avvenuti in via Mohammad Mahmoud, verso il Ministero dell’Interno.
Caddero corpi come mosche sotto i colpi delle armi dello SCAF, il Consiglio Supremo delle Forze Armate che doveva garantire la transizione dall’era Mubarak alle elezioni.
Molti altri persero la vista, colpiti con scientifica intenzione, agli occhi.
Non è la prima volta che l’Egitto ci riprova, non è la prima volta che diverse componenti della società egiziana, progressiste o anarchiche, organizzazioni giovanili e gruppi ultras, rivolgono la loro rabbia alla Fratellanza Musulmana, che dopo l’accordo di tregua tra Hamas e Israele ha assunto un ruolo internazionale non da poco.
Non è la prima volta che le strade dicono la loro sulla Fratellanza Musulmana.
La piazza non crede a nessuna delle promesse fatte, il proletariato egiziano non credo certo alle promesse di liberazione della Palestina del proprio Rais Morsi,
e insorge.
La piazza insorge contro un decreto che appare più come un colpo di stato.
Da ore la piazza è stracolma e gli scontri si succedono su Qasr al Aini, con un fitto lancio di gas lacrimogeni e già molti feriti che vengono trasportati venrso Tahrir,
tra poco gli ospedali da campo probabilmente torneranno a sbucare qua e là,
per le strade di una città che ha la capacità ormai di trasformarsi in un fitto campo di battaglia, spesso ben organizzato.
Molte le sedi politiche prese d’assalto e incendiate dalla folla,
anche la sede di Al-Jazeera ha avuto lo stesso trattamento
Una bandiera rosso-nera sventola dal quartier generale di Morsi,
le frange progressiste, come quelle anarchiche, hanno voglia di dire la loro.
E noi siamo al loro fianco.
W L’EGITTO CHE RESISTE!
LEGGI ANCHE da INFOAUT: QUI
Per altro materiale sull’Egitto: QUI
Roma sta con Tahrir: azione davanti all’ambasciata egiziana
Azione davanti all’ambasciata egiziana di via Salaria a Roma in solidarietà con la rivoluzione egiziana e per chiedere la libertà di tutte le prigioniere e prigionieri politici arrestati dall’esercito.
A poco meno di un anno dall’inizio della rivoluzione egiziana che ha portato alla caduta del regime dittatoriale di Mubarak, l’apparato dominante continua a schiacciare la popolazione e le piazze del Cairo e di tutto l’Egitto che continuano ad essere attraversate da centinaia di migliaia di uomini e donne che resistono alla brutale repressione da parte dell’esercito. Da gennaio ad oggi più di 12.000 persone sono state processate di fronte alla corte militare e quasi 5.000 sono ancora in stato di detenzione.
Più di 1.000 i morti solo nei primi giorni della rivoluzione e centinaia di altri in questi ultimi mesi. Non sono e non vogliamo che siano solo numeri, ma persone, uomini donne e anche bambini che lottano in strada ognuno per mille buoni motivi.
Si anche i bambini ci sono, e sono molti, tra i giovani che riempiono le strade e animano le lotte.
L’ultimo, Islam Abdel Hafeez di soli 11 anni, è stato ucciso ieri con un colpo di arma da fuoco che lo ha colpito al cuore, mentre molti altri minori restano rinchiusi nelle carceri in condizioni disumane, costretti a subire ogni tipo di violenza.
Tra le migliaia di persone arrestate, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, c’è anche Alaa Abd El Fattah, blogger e attivista, una delle voci della rivoluzione, accusato di aver criticato lo strapotere dell’esercito.
Vogliamo Alaa libero, così come vogliamo libere tutte le persone rinchiuse e torturate nelle carceri per aver desiderato e lottato per una rivoluzione appena iniziata.
La libertà non si arresta
La rivoluzione continua
Solidarietà a Piazza Tahrir e a tutta la popolazione in lotta.
Dal sito Freepalestine.noblogs.org
Tahrir, la traduzione di un volantino da Infoaut
DA INFOAUT
(GRAZIE)
Pubblichiamo la nostra traduzione di un volantino distribuito dai Comitati Popolari per la Difesa della Rivoluzione in Egitto. Raccolto nelle strade intorno Piazza Tahrir il 18 novembre, si tratta dell’appello alla mobilitazione che poi sfocerà nella grande insurrezione ancora in corso nella capitale e nel resto del paese egiziano. In poche righe si condensa il programma della rivoluzione riconoscendo nell’ultimo paragrafo il grande lavoro di lotta e organizzazione che ha attraversato l’Egitto dalle giornate di gennaio fino ad oggi. L’esortazione è che quel lavoro rivoluzionario trovi finalmente la massima espressione politica e sociale per compiere il nuovo titanico passo avanti nel proseguimento degli obiettivi della rivoluzione, primo tra tutti lo scioglimento del Consiglio Militare.
Insieme per il Potere del Popolo
I Comitati Popolari per la Difesa della Rivoluzione partecipano alle manifestazionidi Venerdì 18 Novembre, per richiedere il passaggio di potere al governo dei civili, così realizzando gli obiettivi della rivoluzione che il popolo egiziano ha richiesto. I quali sono: giustizia sociale, libertà e dignità. Il Consiglio Militare sta bloccando la loro realizzazione a causa della propria parzialità verso i propri interessi che, necessariamente, sono in contraddizione con gli interessi del popolo. Il popolo vuole il suo pane quotidiano, ma essi vogliono accumulare ampie ricchezze nei loro conti bancari personali. Il popolo vuole libertà, ma essi non possono continuare a governare senza trascinare migliaia dei nostri ragazzi nelle loro prigioni. Il popolo vuole dignità, ma essi la schiacciano a terra migliaia di volte al giorno. Questa e la realtà nell’ombra del governo del Consiglio Militare, che protegge i lasciti di Mubarak, garantendo ad essi il controllo sul nuovo parlamento. Questo è ciò che ci ha spinto a dire con sicurezza che il Consiglio Militare è il primo nemico della rivoluzione, il vero leader della contro-rivoluzione, che non vuole il meglio per l’Egitto o per il suo popolo.
Al contrario, dal momento che il Consiglio Militare è salito al potere, esso ha preparato il sentiero catastrofico attraverso il quale siamo stati condotti, riguardo all’amministrazione del paese. E’ un sentiero basato sulla repressione; tribunali militari per i civili; esasperazione del conflitto settario tra cristiani e musulmani di quando in quando per distrarre il popolo dalle proprie vertenze di principio; degenerazione della sicurezza pre-programmata; assenza di processi per gli uccisori dei martiri; ritardo nel mettere a processo l’assassino Mubarak ed i suoi complici; e l’assassinio di cittadini, crivellati di colpi e travolti da mezzi corazzati che gli egiziani hanno comprato con i loro magri redditi.
Oggi, gli egiziani non hanno nulla, se non la loro unità e l’organizzazione dei propri gruppi rivoluzionari e comitati popolari in espansione in ogni strada d’Egitto, che si preparano a strappare il potere al Consiglio Militare e a stabilire un’autorità popolare rivoluzionaria che dia alla nazione ed ai cittadini la propria dignità ed il proprio diritto ad una vita libera e degna. Alcuni hanno ventilato che raggiungere questo obiettivo sia impossibile. Diciamo ad essi che è impossibile andare avanti sotto il peso di un governo autoritario che ha succhiato il sangue del popolo egiziano per più di trent’anni. E’ impossibile arrendersi sugli obiettivi della rivoluzione, che il popolo egiziano ha sognato per molti lunghi anni. Libertà e giustizia non sono troppo per gli egiziani, perché essi possono realmente strapparle alla morsa dei tiranni del Consiglio Militare, che si immaginano di essere al di sopra del popolo e di ogni responsabilità.
Insieme per un Governo Civile Rivoluzionario
Abbasso il Governo Militare
Tahrir: lacrimogeni o gas nervino? giudicate voi
AGGIORNAMENTO ORE 13
UN NEONATO, DI NOVE MESI, E’ MORTO IN BRACCIO ALLA SUA MAMMA MENTRE PASSAVA IN UNA STRADA ADIACENTE ALLA PREFETTURA, DOVE STAVANO AVVENENDO SCONTRI CON LE FORZE ARMATE.
I GAS L’HANNO UCCISO IN POCO TEMPO. E’ IL PIU’ GIOVANE MORTO DELLA RIVOLUZIONE EGIZIANA.
SI INIZIA A PARLARE UFFICIALMENTE DI NERVINO…
“To the doctors in the field (tahrir and elsewhere), my experience with the gas used by the police: It causes extra-pyramidal symptoms (involuntary jerks in extremities and trunk mimicking a convulsive seizure, occulo-gyric crisis, etc.) and little respiratory distress. The jerking is relieved by low-dose (3-5mg) diluted diazepam given slowly IV.
The type of gas used is still uncertain but it is certainly very acidic and is not the regular tear gas used in January. Please try to capture as many videos as possible of the symptoms for documentation (and eventually legal action).”
Queste son le considerazioni di alcuni medici degli ospedali cairoti, riguardo i sintomi provocati dai gas che invadono l’aria di tutta la zona adiacente a piazza Tahrir.
Cosa c’è nelle centinaia di candelotti lanciati?
Non certo gas lacrimogeni, visto quante morti ci son state per asfissia: gli effetti sono drammatici, questi gas bloccano il sistema nervoso con paralisi che durano ore, che causano soffocamento e ripetuti conati di vomito.
Le immagini parlano da sole.
Oltre ai proiettili rivestiti che fanno saltare occhi su occhi dei manifestanti che non vogliono mollare la piazza, questi maledetti gas stanno cercando di spazzare via questa rivoluzione: che non è la seconda.
E’ semplicemente la prima, al 302esimo giorno di svolgimento!
Peccato solo che si son fidati così tanto, peccato che hanno dato per mesi fiducia a quelli che -come immaginavamo- ora godono nel vederli cadere a terra morti.
THAWRA HATTA AL-NASR
I Fratelli musulmani disertano: non scendono a Tahrir ad affrontare l’esercito
Se nelle ultime settimane i Fratelli musulmani avevano progressivamente acquisito visibilità per le loro posizioni critiche contro i militari, ora sembrano intenzionati a fare un passo indietro. Un atteggiamento ambiguo, ma non sorprendente.
di Anthony Santillida OsservatorioIraq
Dall’inizio del mese di novembre e sino a venerdì scorso la Fratellanza aveva svolto un ruolo di leadership nelle iniziative volte a contestare l’esercito, in particolare dall’apparizione del famoso “documento al-Selmi”.
La loro visibilità su tutti i media nazionali e internazionali era in crescita, anche in vista delle prossime elezioni. Da quando tuttavia sono cominciati gli scontri tra la piazza e gli apparati di sicurezza egiziani, gli Ikhwan hanno deciso di fare un passo indietro.
Mentre i movimenti salafiti e la sinistra più radicale erano per le strade, e il numero dei morti e dei feriti aumentava inesorabilmente, i Fratelli musulmani si sono limitati ad una “ferma condanna” delle violenze in corso.
Non si possono dimenticare le affermazioni del Segretario generale del partito della Giustizia e della Libertà [braccio politico degli Ikhwan] di domenica scorsa. Il dr. Sa’ad Katatny aveva infatti criticato la pratica dei sit-in prolungati che avrebbero, a suo dire, “paralizzato la città”.
Una velata critica a chi aveva deciso di rimanere in piazza la notte tra venerdì e sabato, quando invece i Fratelli si erano già ritirati.
Intanto gli scontri continuavano. Costretta a schierarsi, la Fratellanza ha emesso numerosi comunicati, solo apparentemente contraddittori. In un loro comunicato di ieri [21 novembre, ndr] gli Ikhwan hanno affermato di ritenere “il Consiglio supremo delle forze armate il principale responsabile di tutto quanto accaduto” e “il governo provvisorio il secondo principale responsabile di questi sanguinosi eventi”.
Tra le principali richieste vi erano l’immediata cessazione di qualsiasi atto di aggressione verso i manifestanti, il ritiro delle truppe dalla piazza, le dimissioni del governo provvisorio, una road map che definisca in maniera dettagliata il ritiro dei militari, e la costituzione di un governo civile entro la metà del 2012.
Tuttavia, in un altro comunicato sempre di ieri si affermava che “la Fratellanza si asterrà dal partecipare a qualsiasi sit-in o protesta che potrebbe causare altri scontri”. Questo atteggiamento apparentemente ambiguo riflette in realtà una tendenza in seno alla Fratellanza che da tempo oramai sembra prevalere nel dettare i comportamenti dell’elite dirigente.
I Fratelli musulmani intendono agire nel solco della legalità. La loro lotta contro il documento al-Selmy partiva da presupposti giuridici ben definiti che la Fratellanza ha sempre manifestato in maniera trasparente. La sostanza delle critica portata al documento era che, in uno stato di diritto, non si può condizionare la sovranità popolare attraverso documenti dettati dall’alto.
Ecco motivata la loro richiesta di costituire una commissione d’inchiesta per accertare le responsabilità delle violenze di questo lungo week-end. Ecco perché hanno deciso di non supportare, almeno ufficialmente, le mobilitazioni in programma per oggi in tutto l’Egitto.
Non vogliono presentarsi come dei semplici agitatori, ma come partner affidabili a livello interno e nel panorama internazionale, sostenitori quindi del processo elettorale che, a loro avviso, non deve essere sospeso.
Tuttavia, in un momento delicato come quello che sta vivendo l’Egitto, il loro atteggiamento non è certo condiviso da chi in piazza ha lasciato morti e feriti. Bisognerà allo stesso tempo vedere quello che la stessa base della Fratellanza deciderà di fare.
E’ emblematico tuttavia quanto accaduto a piazza Tahrir ieri pomeriggio. In un primo momento la Fratellanza aveva declinato l’invito a scendere in piazza. Ma quando Muhammad al-Beltagi, una delle più eminenti figure della Fratellanza, aveva deciso di entrare in piazza, pur senza un folto seguito, i manifestanti hanno deciso di cacciarlo.
La scissione che si ebbe nei primi giorni delle mobilitazioni, che portarono lo scorso febbraio alla cacciata di Mubarak, è nota. Da una parte i quadri del movimento non vollero sostenere le proteste, mentre le generazioni più giovani decisero di “disobbedire” scendendo per strada. Il sostegno ufficiale alla rivolta, dato solo a posteriori, rappresentò una vittoria della base.
Nelle prossime ore capiremo come le differenti correnti in seno al movimento, assieme agli altri gruppi, reagiranno alla tradizionale ambiguità imposta dall’alto.
Tahrir: con i cadaveri trascinati dalla polizia nella spazzatura

QUI SI CONTANO 8 CADAVERI
Nessuna parola, se non che dal primo giorno che ho vissuto e calpestato quei marciapiedi, pensavo che sarebbe per forza dovuta finire così.
Elezioni non ce ne saranno probabilmente: sarebbero state una farsa, io ero stretta stretta a braccetto con chi le avrebbe boicottate…
ma anche quello ora come ora non è che un miraggio…ad una settimana dall’inizio.
NO AL CONSIGLIO SUPREMO DELL’ESERCITO
NO SCAF
NO AI TRIBUNALI MILITARI
Tahrir: i proiettili (italiani) fischiano di nuovo!
Purtroppo non ho modo di mettermi a scrivere.
Zero tempo di condividere con voi quel che provo nel vedere i proiettili fischiare in piazza Tahrir,
nel vedere quella rabbia in quegli sguardi che ho conosciuto felici.
Non ho modo di dirvi quanto sostengo tutti coloro che si stanno mobilitando contro l’esercito, contro i tribunali militari che lavorano a pieno regime come se nulla fosse cambiato.
E infatti è cambiato poco: insieme a Mubarak bisognava spazzare via anche lo SCAF e il suo potere…
non l’avevano capito, si son fidati.
Ora è tutto più chiaro. Ora le strade son di nuovo piene, contro quello che sarebbe dovuto essere IL nemico dal primo secondo.
Ora si lotta per la libertà quella vera, iniziando dalla liberazione di tutti i prigionieri
FREE MAIKEL NABIL, FREE ALAA, FREE ALL POLITICAL PRISONERS!
Buonafortuna compagni cari.
Perchè di compagni ce ne son tanti, che la nostra stampa islamofobica proprio non lo vuole dire!
QUI l’archivio sull’Egitto e la sua rivoluzione tutta da fare
Egitto: altro rinvio per Maikel Nabil ormai allo stremo, e grandi mobilitazioni in solidarietà di Alaa
Ieri la mobilitazione in sostegno di @Alaa, blogger e attivista politico di spicco nel movimento di piazza Tahrir condannato a scontare quindici giorni per essersi rifiutato, da civile, di rispondere alle domande postegli dalla corte militare, è stata massiccia. Alaa è un personaggio molto noto, che aveva già conosciuto le carceri egiziane del regime di Hosni Mubarak e le manifestazioni in suo sostegno ci son state al Cairo, ad Alessandria e in Tunisia, oltre alla grande mobilitazione avvenuta in rete. Il fratello, altro noto attivista, che è riuscito ad avere un colloquio con lui, ci racconta di una cella priva di luce, con la possibilità di uscire per recarsi al bagno solo due volte al giorno, per venti minuti.
Migliaia di persone si sono riunite in piazza Talaat Harb, a pochi passi da piazza Tahrir, per manifestare solidarietà al compagno e amico Alaa e urlare la propria rabbia cntro il Consiglio Supremo delle Forze Armate, la grande delusione (anche troppo scontata per quel che ci riguarda) della rivoluzione del gennaio di quest’anno.
Tra i cingolati dei carri armati dello Scaf trovavano riparo e letto le migliaia di persone che per settimane hanno abitato i marciapiedi e l’asfalto della downtown del Cairo, nelle mani di quei soldati hanno imprudentemente consegnato la loro lotta, convinti che gli sarebbe stata garantita una transizione pacifica verso delle elezioni democratiche a cui tutti sono impreparati.
Ma insomma, era un po’ come crede alle favole e il sogno dell’esercito buono dalla parte del popolo e contro agli ancestrali meccanismi e mandri di un regime quarantennale si è spappolato come le teste dei coopti che manifestavano davanti alla sede nazionale della Tv di stato, pochissime settimane fa.
Decine di morti, molti schiacciati sotto le ruote dei blindati di quell’esercito tanto amato: quella sera è stata definitivamente tirata una linea di demarcazione, e lo SCAF è dalla parte del regime, del potere, della repressione, del carcere, della tortura, degli assassinii.
E i nomi iniziano ad esser troppi, da quella lunga notte in cui fu ucciso anche il giovane blogger Mina Daniel, tra quelle 40 persone, accorse immediatamente in sostegno dei copti colpiti.
Maikel Nabil è un altro blogger, un ragazzo coraggioso che dalle sue pagine ha denunciato per primo il test della verginità sui corpi delle donne che venivano fermate in piazza, o negli scioperi: tre anni di condanna inflittagli da un tribunale militare, contro il quale ha iniziato uno sciopero della fame. Una storia processuale un po’ rocambolesca, un continuo posticipare le udienze – proprio come avvenuto anche questa mattina- che sta portando il corpo di Maikel a non farcela più.
Oggi, allo sfiorar del settantesimo giorno senza cibo, lo scheletrico Maikel Nabil Sanad s’è visto schiaffeggiare con un altro rinvio: altre due settimane, forse quelle fatali viste le sue condizioni.
Questi alcuni dei casi, insieme a quello di Essam, il ragazzo torturato a morte di cui si son fatti i funerali nella piazza simbolo della rivoluzione nemmeno una settimana fa, che stanno facendo esplodere la rabbia egiziana verso l’esercito.
Ancora una volta è l’inaspettato ad aver la meglio nelle mobilitazioni: mai si sarebbe pensato a slogan contro Mubarak fino allo scorso anno e abbiamo visto quel che è stato.
Mai si sarebbe pensato, nei mesi successivi alla sua caduta, di sentire migliaia di persone urlare per l’abbattimento dell’esercito con tanta determinazione: ora è quello di cui risuonano le strade.
Egitto: la repressione colpisce i blogger
Ieri è arrivata l’ennesima condanna ad un blogger, più grave delle altre perché questa volta non è stato il regime di Mubarak a sancire il carcere per questo ragazzo. La condanna decisa per questo ragazzo, colpevole delle parole usate online, è la prima da quando il Consiglio supremo delle forze armate tiene le redini del potere, in attesa delle elezioni.
Maikel Nabil è stato condannato da un tribunale militare a ben tre anni di prigione per aver postato su internet, attraverso il suo blog (intitolato “L’esercito e il popolo non sono mai dalla stessa parte”)e alcuni social network, messaggi che criticavano il ruolo dell’esercito sia nell’era del regime, sia durante e dopo le settimane della cosiddetta rivoluzione di piazza Tahrir. Gli avvocati, peraltro non informati dell’udienza e quindi non presenti in aula, hanno detto che ricorreranno in appello per tentare di bloccare la repressione su Maikel. Oggi le notizie che giungono dal paese del grande fiume ci raccontano di Safwat el-Sharif, uomo chiave del rerime, che da oggi si trova in regime di custodia cautelare per accuse riguardanti appropriazioni indebite di denaro: insieme a lui anche l’ex presidente dell’Assemblea del popolo Fathi Sorour e l’ex capo di gabinetto Zakaria Azmi.
In piazza Tahrir, dove alcuni manifestanti cercavano di rimanere dalla manifestazione dello scorso venerdì, l’esercito si sta dispiegando in numero più massiccio per eliminare traccia di qualunque accampamento. Le notizie dell’ultima ora ci parlano anche di un ricovero di Mubarak nell’ospedale si Sharm el-Sheik… ancora una volta
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