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Siria: proprio nel mio Hauran scontri e morti

20 marzo 2011 3 commenti

Foto di Valentina Perniciaro _Brache calate(!), simbolo druso, nella regione dell'Hauran_

Ieri si sono svolti i funerali dei manifestanti siriani uccisi dalla polizia, (Wissam Ayyash, Mahmud Jawabra, Ayham al Hariri e Adnan Akrad) a Dara’a, la città più importante della provincia meridionale dell’Hauran: il pezzo di Siria che più conosco, che più amo, che più m’ha accolto.
L’Hauran, terra di drusi e beduini, di basalto e polvere rossa: la mia oasi di pace, regno di Bosra ash-sham, la meraviglia nera. Granaio del paese per molto tempo, poi colpita e falcidiata da una forte siccità
Ieri migliaia di siriani si sono riversati in quella polverosa città di frontiera per dar l’ultimo saluto ai “martiri caduti sotto il piombo delle forze di sicurezza”. Numero di morti che è poi salito la notte precedente ai funerali , a cinque persone; tutto il paese inizia a scendere per le strade, pochi a Damasco, ma tanti ad Homs, nel sud, a Banyas (città sulla costa, a prevalenza alawita).
I funerali a Dara’a dei tre rivoltosi ammazzati sono stati immediatamente attaccati con molti lacrimogeni (grazie alla Reuters che ce li racconta…che Al-jazeera è un po’ sorda ultimamente sulla Siria) appena i manifestanti hanno provato ad incamminarsi verso il centro città: molti testimoni raccontano che sulla strada -cavolo, migliaia di volte l’ho fatta- che divide Damasco dall’Hauran (sono poco più di 150 km) c’è una lunga colonna di tank che si avviano verso il sud.
Dara’a vive uno stato d’assedio da due giorni, circondata e privata di tutte le comunicazioni, sia con cellulari che con telefoni fissi. Ce lo racconta Mazen Darwish sulle pagine di Al-Jazeera: lui, noto attivista per i diritti umani parla di una città da dove non si può né entrare né uscire.
Contemporaneamente, l’Osservatorio nazionale per la difesa dei diritti umani siriano (ondus) ci riferisce che dieci attiviste arrestate durante una manifestazione a Damasco lo scorso mercoledì, hanno iniziato lo sciopero della fame ( aggregandosi a quello iniziato da altri dodici prigionieri politici) in carcere contro le accuse di “attentato all’immagine dello stato, incitazione alla sedizione e minaccia della sicurezza nazionale. Non voglio pensare cosa e quanto rischiano: in un paese dove le carceri sono fantasmi nel deserto e i detenuti spesso carne da macello da far sparire come si vuole.
In quella terra vive buona parte del mio cuore, nell’Hauran ho imparato cos’è il mondo arabo, quant’è bello svegliarsi tra i beduini e le loro colazioni di prelibatezze faticate una ad una dalle mani grasse di donne dalle lunghe vesti.
Quella terra in rivolta non riesco ad immaginarla, perché la conosco sorniona e calma, lenta e apparentemente priva di conflitti: felice di pensare che anche da quelle parti c’è voglia di alzare la testa!
Con voi, passo dopo passo…

Foto di Valentina Perniciaro _L'Hauran e la più bella delle sue città gioiello_

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