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Ma tu guarda che foto: la casa di Osama pattugliata dai pakistani…
Non ha molto tempo questa foto, ed ora fa sorridere non poco.
Quella che vedete dietro alla jeep con i soldati pakistani è la famosa dimora di Osama Bin Laden, dove ci dicono fosse nascosto da circa 5/6 anni.
Sul tetto c’è pure un soldato…
mi sono stufata di questo sceneggiatore, inizia ad essere noioso.
Israele: un nuovo muro tra Sinai e Neghev e un campo per migranti, nel centro del nulla…
Un paio di giorni fa le agenzie internazionali ci raccontavano dell’inizio della costruzione di un nuovo muro, che seguirà il confine egizio-israeliano per tutti i 240 km complessivi che dividono i due paesi. Ce lo raccontava il ministro israeliano della Difesa, specificando la necessità di una separazione tangibile, fisica, tra i due paesi.
Un muro che non servirà a bloccare kamikaze, come c’hanno raccontato per quello che sventra i territori occupati palestinesi, ma per bloccare tutti coloro che entrano clandestinamente in Israele alla ricerca di lavoro. C’è un afflusso costante di “infiltrati” africani che affrontano il deserto del Sinai e poi quello del Neghev per cercare fortuna nel paese più ricco e sviluppato dello spicchio di mondo di cui parliamo.
Immigrazione clandestina, contrabbando di armi e quant’altro: questo quello che giustificherà l’ennesimo scempio geografico e politico: 270 milioni di euro in cemento armato e filo spinato, per dei lavori che lo stesso governo israeliano pretende “a ritmo serrato”.
Ed oggi infatti di notizia da quel democraticissimo stato ce n’è un’altra: Israele ha annunciato la costruzione di un grande “campo”, da costruire in pieno deserto, dove “raccogliere” gli oltre diecimila migranti clandestini provenienti dal continente africano. I dati che gli apparati di governo stanno facendo circolare parlano di 34.556 clandestini che attualmente vivono nello stato ebraico…
che bella democrazia esiste in Medioriente!
Intervista ad Avni Er, dal C.I.E. di Bari
82 le persone arrestate in Turchia, da dove risulta partita l’operazione, altre 59 fra Germania, Olanda, Belgio e Italia. Molti sono giornalisti della stampa di opposizione, appartenenti ad organizzazioni democratiche, avvocati, architetti, artisti, molti impegnati nella salvaguardia dei diritti umani e nella libera informazione.

Evni Er è accusato di far parte del Dhkp-c, un partito comunista della sinistra rivoluzionaria inserito nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. Infatti viene condannato a sette anni con l’accusa di “terrorismo internazionale” dal tribunale di Perugina. Fra i testimoni, a volto coperto, alcuni degli agenti speciali, spesso responsabili di torture, provenienti dalla Turchia. Nella condanna, confermata in appello è prevista l’espulsione di Evni Er a fine pena, ma la Turchia ne chiede l’estradizione che viene scongiurata anche grazie ad una vasta mobilitazione internazionale.
La liberazione giunge in anticipo, il 19 febbraio per buona condotta, ma il detenuto è immediatamente trasferito nel Cie di Bari per essere espulso. Ha chiesto asilo politico con l’aiuto del suo legale, teme fortemente per la sua vita in caso di rientro in patria. «Sono uscito da un carcere, per entrare in un altro carcere (il Cie) in attesa di essere portato nel carcere peggiore», racconta, «in Turchia mi aspettano e non certo per salutarmi. Il giorno successivo alla mia scarcerazione la agenzia governativa Anatolia mi ha “dedicato” una pagina, aspettano la mia espulsione».
E c’è qualcos’altro che sfugge ad ogni controllo e che dovrebbe far riflettere l’opinione pubblica italiana e pesare sulla decisione della Commissione: quando prendono un oppositore in Turchia è scontato che per almeno 4 giorni finisca per essere torturato. È capitato recentemente ad un ragazzo, Engin Ceber. Lo hanno preso mentre distribuiva una rivista legale, neanche legata al partito. È uscito morto dalle torture».
Dichiarano di processare i torturatori che hanno imperversato nella polizia e nell’esercito, ma poi i reati finiscono prescritti o spariscono le prove. A volte nei tribunali hanno anche il coraggio di dichiarare che non riescono a rintracciare gli agenti identificati. Temo veramente per la mia vita, ringrazio i tanti compagni che mi portano solidarietà e spero veramente di ottenere asilo politico».
Se le leggi e le disposizioni ratificate anche dall’Italia verranno rispettate, Evni Er non dovrebbe essere espulso in Turchia, sono infatti inespellibili coloro che rischiano di essere sottoposti a trattamenti disumani e degradanti, ma sull’altro piatto della bilancia ci sono gli ottimi rapporti fra il presidente del consiglio Berlusconi e il premier turco Erdogan e in questi casi – le relazioni con la Libia insegnano – c’è forte il rischio che si trovi l’escamotage per procedere al rimpatrio.
Un caso simile è accaduto con un’altra detenuta, questa legata ai movimenti kurdi, Nazan Ercan, ma in quel caso prevalse la voglia di non rendersi responsabili di un crimine e la donna, dopo un periodo di trattenimento nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, venne sì estradata, ma in Germania. O forse la situazione di Evni diventerà simile a quella di altri invisibili ancora presenti in Italia, che hanno espiato una pena, non possono essere rimpatriati nel proprio paese, non hanno ricevuto lo status di rifugiato, non possono avere un permesso di soggiorno. La sola speranza è che la commissione apposita, lo riconosca come rifugiato politico.
Le U.N. indagano sui centri di detenzione della C.I.A.
Le nazioni unite, attraverso il lavoro due relatori speciali, hanno aperto un’inchiesta sui centro di detenzione nel mondo, con l’attenzione rivolta soprattutto verso quelli gestiti dalla Agenzia d’Intelligence più famosa del mondo, la C.I.A.
Martedì è stato annunciato che l’inchiesta metterà sotto esame i voli di “traduzione” segreti verso paesi terzi di diversi sospettatati per reati di terrorismo internazionale, portati sotto interrogatorio illegalmente e sistematicamente vittime di torture.
Al-Jazeera riporta le dichiarazioni di Manfred Nowak, relatore speciale delle Nazioni Unite che si occupa di torture: “ Abbiamo chiesto a tutti I governi di cooperare, non solo per avere chiarire I fatti, ma anche per garantire che questo tipo di centri segreti di detenzione non verranno più usati in futuro”. Sotto la presidenza George W. Bush, con l’allarme terrorismo scattato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, si è avuta conferma che la Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Uomo è diventata carta straccia, con l’uso di questi centri di detenzione (soprattutto in Medioriente, Asia ed Africa) e le direttive interne sull’uso della tortura
Barack Obama, neoeletto presidente statunitense ha dichiarato chiusa l’epoca delle detenzioni facili compiute dalla Cia e la controversa prigione Americana di Guantanamo, in territorio cubano.
Parallelamente alla notizia di questa nuova indagine delle Nazioni Unite, è arrivata la notizia di una frettolosa chiusura di due prigioni segrete (sempre gestite dalla CIA) in Polonia e Romania, e dell’immediato trasferimento delle persone ristrette al loro interno, dopo pesanti rivelazioni di Human Rights Watch
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