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Archive for novembre 2015

Colorado springs: ogni religione ha il suo Isis

28 novembre 2015 Lascia un commento

Nessuno che chiede ad intere comunità di “prendere le distanze”.
Nessuno che chiama questo fatto con il suo nome.
Nessuno che azzarda paralleli con le Brigate Rosse.
Un’attenzione e una delicatezza incredibile nello scegliere di non usare mai, mai, le parole terrorismo, fondamentalismo cattolico: non vedo chiari ed espliciti riferimenti ai “pro life”.
I veri esecutori di quello che non si può non definire un massacro,  tentativo di una vera e propria carneficina.

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Una scelta nostra. Una scelta solo nostra.

Immaginate l’odore di pulito, i corridoi luminosi, i camici, le stanze e le salette d’attesa: immaginate infermieri ed utenti, medici e sale operatorie.
Immaginate poi un kalashnikov (sembra che sia questa l’arma utilizzata) e il suo indistinguibile suono, immaginate quel che è un corridoio di una clinica per il controllo delle nascite cosa diventi in pochi secondi.
Tra sangue, cadaveri, urla, fuggi fuggi, altri spari, altri morti e quasi una decina di feriti: il luogo di questo che sembra uno dei soliti deliri americani con spari all’impazzata chiarifica immediatamente la scena.
Il luogo non è stato scelto a caso perchè la Planned Parenthood è una struttura medica per il controllo delle nascite dove si praticano aborti, già presa di mira dai militanti pro-life nel passato.

kkk_2868392bQuindi un chiaro attacco alla donna, all’autodeterminazione, alla libertà di scelta: ma non è un bistrot parigino, il killer è “solo” un appartenente alla destra fondamentalista, vicino al Ku Klux Klan, non un barbuto islamico da cui milioni di persone si trovano costrette a “prender le distanze” solo perché appartenenti allo stesso credo.
8 dipendeneti di cliniche dove si praticano aborti son stati uccisi negli Stati Uniti negli ultimi 30 anni, molte e molte di più son le donne che muoiono per praticare aborti clandestini anche nel nostro paese.
La guerra che le religioni combattono contro il corpo delle donne non ha diverse bandiere ma una sola: quella del patriarcato e quella di oggi è solo un’altra bella pagina di terrorismo cattolico mascherato da raptus.

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Treviso SmartCity? Giammai, che poi si riempie di “africani pericolosi”

25 novembre 2015 1 commento

Ci son sempre notizie che lasciano basiti e fanno un po’ vergognare di essere parte di un paese, poi se capita di leggerle di ritorno dalla prima esperienza in una città come Berlino le parole fanno proprio fatica ad uscire.
Treviso diventa Smart City: wi-fi gratuito in molte piazze, che andrà ad allargarsi velocemente a tutta la città. Un passo avanti, una città m0derna, europea e come si suol dire “smart”. L’assessore della città ha festosamente dichiarato che l’estensione della connessione anche ad altre piazze è per “dare a quanti più cittadini possibile la possibilità di accedere a internet, che significa metterli nelle condizioni di accedere più facilmente al sapere”.

Peccato che l’esser Smart passi obbligatoriamente per l’evoluzione, quella celebrale, neurologica, umana, sociale.
Senza un minimo di intelligenza ci si fa poco col wi-fi libero: diciamo che senza un minimo di intelligenza è impossibile capire il concetto principale di tutta questa operazione: la libertà.

La libertà non piace ai fascisti,
la libertà non piace ai razzisti, agli xenofobi, a quelli che sentono di far parte di qualcosa di superiore, di “eletto”.
E così Treviso una mattina si sveglia e oltre a un po’ di “libero” elettromagnetismo si ritrova tappezzata di foglietti anonimi di cui vi allego l’immagine: il Wi-Fi non piace ai cittadini e il motivo è più che chiaro.
Ne usufruiscono gli “Africani”.

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ditemi se ci son parole…

Le scale delle chiese, le panchine, i parchi pubblici ora vedono la presenza di esseri umani, per di più con pelle nera, che osano usare i propri smartphone per comunicare, sentire musica, fare i cazzi propri.
E questo non va bene: navigare liberamente in internet è, per questi ceffi il modo per trasformare la piazza in un “ritrovo di persone pericolose per la nostra sicurezza”.
L’appello è chiaro ed esplicito: le reti vanno chiuse, disabilitate, SI DEVE INSERIRE UNA PASSWORD.

Mi viene in mente quel cartone che spesso ho visto con mio figlio e descrive il tentativo di una famiglia preistorica di sopravvivere: i cari Croods son popolo mooooolto più intelligente e smart di questi illustri cittadini della municipalità di Treviso,
che bramano ardentemente un rapido ritorno al Medioevo.
Ce li farei tornà volentieri, col tortore proprio!
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Paralleli Isis-Br sulla stampa italiana: un commento di Barbara Balzerani

25 novembre 2015 21 commenti

Senza aggiungere parola alcuna, perche’ sarebbe inutile e ridondante, vi lascio con un testo di Barbara Balzerani.
Un commento a uno dei tanti articoli di merda usciti dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi

In questi ultimi giorni, dopo gli attentati di Parigi, abbiamo dovuto misurare il livello raggiunto dai media, dai commentatori, dai politici, nella gara di mistificazione dello stato di salute delle “relazioni internazionali”. Naturalmente i nostri illustri maître à penser non si sono lasciati scappare l’occasione per sbandierare il parallelo tra l’Isis e le Brigate Rosse, con relativo pannicello caldo dei rimedi democratici già sperimentati negli anni ’70. Tra i tanti spicca un articolo comparso su Il Secolo XIX a firma Marco Peschiera. Qui si passa di livello e l’attenzione si accentra sul fenotipo del terrorista: dal brigatista Dura ad Abaaoud, il terrore fa rima con kalashnikov, recita il titolo dell’articolo.11146616_863831070373438_5944984602612390121_n
Ho dovuto aspettare prima di poterlo commentare per non farmi travolgere dalla furia e dalla tentazione di difendere la memoria di Roberto, perché Marco Peschiera non è all’altezza di un nemico e perché Roberto non ha bisogno di essere difeso. La miseria che ha guidato tanta penna è difficilmente raggiungibile, dalla sottolineatura lombrosiana della somiglianza fisica, gli occhi, la barbetta, il sorriso, dei due psicopatici serial killer, fino a informarci di altre strabilianti similitudini: stessa età e stessa ora in cui sono stati ammazzati. Il giornalista ci dice che Riccardo Dura è stato un bambino abbandonato dal padre, cresciuto da una madre con cui aveva un rapporto difficile. Un disadattato cresciuto in una periferia di emarginati. Fino ad incontrare le Brigate Rosse. E’ vero, Roberto non è venuto fuori da una famigliola con la gallina e il mulino bianco, faceva parte di una generazione che ha buttato all’aria convenzioni e istituzioni, come la famiglia, ma ha trovato il modo di ricostruirsene una, facendosi amare dai compagni che l’hanno conosciuto e farsi “adottare” da nonna Caterina, la cui altezza mette ancora più in evidenza l’evidente nanismo del signor Peschiera. E’ vero Roberto non si era adattato, e che difetto sarebbe? Roberto non era un borghese, più o meno piccolo, adattato al sistema più ingiusto nella storia dell’umanità e neanche un emarginato conformato agli ingranaggi dell’esclusione delle nostre periferie. Roberto era un comunista, un rivoluzionario ed era in numerosa compagnia nella sua disaffezione ad adattarsi. Non ancora pago l’articolista ci dice che, nonostante i suoi titoli da killer esperto, non aveva partecipato al sequestro di Aldo Moro perché neanche Mario Moretti, “l’enigmatico capo delle Br ricco di contatti con ambienti massonici e di spionaggio”, si fidava di lui, nonostante l’avesse “usato” anche per i rifornimenti in medio oriente di carichi di armi, soprattutto i famosi Kalashnikov. Armi usate non solo dall’Isis ma soprattutto a via Fani! E qui la professionalità del signor Peschiera raggiunge il culmine, visto che ormai anche i bambini sanno la marca e l’efficienza dei mitra usati quel 16 marzo. Ma non è certo la corrispondenza ai fatti che preoccupa il giornalista. Gli basta il fango per esporre le sue tesi.

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Il cadavere di Riccardo Dura, giustiziato dallo Stato nel sonno.

Siamo alla fine del racconto. Roberto muore ammazzato insieme agli altri compagni “crivellato di colpi in un covo, in mutande e maglietta” con “tre buchi nella testa”. E’ vero Roberto era in mutande e non solo perché stava dormendo ma anche perché i comunisti come lui, per straordinaria simbologia, non hanno tasche, né conti all’estero. Disadatti al grande affare della politica. A Roberto hanno sparato in testa Sono entrati di notte, mentre dormiva e non con l’intenzione di neutralizzarlo. Come è stato per altri e altre. A quei tempi sarebbe stato strano il contrario. E allora perché non si dice invece di straparlare di sistemi democratici per combatterci? Ma è giusto così, perché con gli strumenti della democrazia un pugno di potenti ha saccheggiato, compiuto assassinii e genocidi, affamato e depredato risorse, scatenato guerre, comprato e corrotto…

Di recente sono andata sulla tomba di Roberto, a Staglieno. Ho carezzato la lapide, la foto, la dedica dei suoi compagni, ho risentito per intero lo stesso dolore. Se ne faccia una ragione signor Peschiera. Per tanti non adatti Roberto è stato un fratello, un compagno fidato, amato, rispettato, mai dimenticato. Si auguri di meritare la stessa fortuna.

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Se non quelli che moriranno con me …

15 ottobre 2011: chiesto risarcimento per ingiusta detenzione!

17 novembre 2015 2 commenti

Vi ricordate gli scontri del 15 ottobre 2011 penso.
Quella giornata bella e dolorosa che ha cambiato un po’ di carte in tavola, almeno dentro qualcuno di noi, per sempre.
Gli scontri del corteo del 15 ottobre videro i Cobas schierarsi, e lo fecero sia con il loro atteggiamento in piazza e la loro richiesta alla polizia di intervenire contro chi si iniziava a muovere in modo non consono alla piattaforma prestabilita per quella giornata, che con i comunicati nelle ore successivi, dalle parole indimenticabili.
Pesanti macigni.

Ma ora non parliamo di quei macigni, anche se non riesco ad evitare di rimembrarli se si parla di quelle giornate. Parliamo di uno dei tanti processi che son seguiti,
il solo per ora conclusosi con un’assoluzione.2981014407_2a5e02ced3

6 anni in primo grado, assolto poi sia in appello che in Cassazione.
Peccato però che Mirco Tomassetti, della provincia di Teramo abbia scontato ben 653 giorni di arresti domiciliari, abbia perso il suo posto di lavoro (ha 35 anni), e subito danni fisici e psicologici.
Ora vuole i soldi e ha ragione!
La scorsa settimana è stata depositata in tribunale la pratica di risarcimento: Mirco vuole indietro dallo Stato 360mila euro per ingiusta detenzione.

Su quelle giornate e la repressione che ne è seguita:
Il comunicato su Giovanni Caputi
Pin va al 15 ottobre
Ecco la prima condanna
Cobas contro Cobas
Un commento di Oreste Scalzone
Presidio a Regina Coeli
Infoaut risponde al comunicato dei Cobas
I “terroristi urbani”

i testi caldi 🙂  son qui:
Delazione e rimozione della propria storia
Gli scontri, i Cobas e la violenza dei non-violenti

Per approfondimenti sui processi: Rete Evasioni

 

Il mappamondo tragico, triste realtà

17 novembre 2015 1 commento

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un’immagine che parla da sola (link)

Leggi anche:
Facebook e il Safety Check pe’ cchi ce pare a noiCacciati xenofobi fascisti dalle piazze francesi

Facebook e il Safety Check “pe’ cchi ce pare a noi”

16 novembre 2015 1 commento

E’ un’idea grandiosa per chi come me ha amici sparpagliati in ogni latitudine del pianeta, Medioriente in primis.
Un semplice click su un messaggino permette in un istante di dire a tutti i tuoi contatti che stai bene, che il disastro avvenute nelle tue vicinanze non ti ha toccato.
Non ti costringe a prender parola, a commentare, a trovare il tempo di scrivere uno status nel trambusto del momento: un semplice click e anche il parente americano di sei generazioni fa sa che stai bene.
Una semplce notifica che arriva a tutti i cellulari presenti nella zona del disastro, un semplice OK da cliccare: quanta genialità.

In quella lunga serata di parigi, che si è trasformata in una notte in bianco per molti e soprattutto per chi come noi in quella città ha vissuto tanto, è stato utile: non c’era bisogno di chiamare e cercare tutti, qualcuno appariva da solo, con un “sto bene”.

Peccato che io ho un sacco di amici a Beirut, a Damasco, al Cairo: TANTI.
E mai questi social network mi son stati utili per cercare qualche amico: eppure anche a Beirut ci son teatri e caffè, anche e soprattutto a Beirut si muore per la strada perché salta in aria una macchina, un pacco o uomo bomba, arriva un missile.
Il Safety Check Botton sarebbe proprio interessante in quelle latitudine, ma niente.

L’ipocrisia che ci avvolge ogni tanto è talmente ridicola che si fa fatica a commentarla.
Chissà quanto poco ci vuole per i programmatori per inserire anche la zona mediorientale, o keniota, o nigeriana in questo simpatico programmino. Pensate agli studenti universitari kenioti, falciati a centinaia in una sola mattinata quanto sarebbe stato utile per ritrovare amici, fratelli, figli.
Non mancano le risorse nè probabilmente tempo e voglia. Manca proprio il pensiero, manca completamente l’empatia e la solidarietà, lo sgomento e l’indignazione quando i morti sono al di là del mare,
o dentro, nel suo profondo ventre.

Parigi: “la beautè est dans la rue”. La xenofobia non ha terreno.

16 novembre 2015 Lascia un commento

Ancora una volta possiamo dire che queste parola rappresentano la Francia,
non il suo governo, non il suo stato d’emergenza, non la chiusura delle frontiere, non i bombardamenti.
Ma la bellezza per le strade.

La città di Parigi ha subito un attacco pesante, simultaneo, militare: si è trasformata in pochi secondi nella capitale del terrore occidentale. Pensate se fosse stata Roma, o Milano, Verona, Torino, Bari.
Provate ad immaginare se fossero entrati all’Olimpico, e magari contemporaneamente avessero falciato tutti quelli seduti ai tavolini del Marani, o del bar dello sport di qualche quartiere, uno a caso tra i tanti.
Immaginate le reazioni, le prime pagine (che già a distanza abbiamo dato il massimo),
immaginate la fuoriuscita dei nazisti dell’Illinois, della xenofobia,
immaginate i titoli oltre alle sirene, le ambulanze, le perquisizioni, i posti di blocco, gli elicotteri bassi, l’assedio. Non c’è cosa che più rappresenta il “terrore”.

Io se penso a Roma protagonista di una cosa simile immagino solo il terrore del giorno dopo,
il terrore che solo la fascistizzazione di un intero popolo può mettere, altro che i Kalashnikov.

Pensate alla prima pagina di Libero, pensate agli interlocutori in televisione, pensate a quante volte avete sentito dire la parola Islam nei nostri telegiornali, articoli, editoriali, blablabla vari: qui parliamo della Fallaci, e altre parole non servono.
Date un occhiate, oltre che al sangue sui marciapiedi, a come i francesi e la stampa descrivono la situazione: cerchiamo di imparare almeno a parlare da un popolo che mai si è fatto fregare nella quotidianeità delle sue strade, alla faccia delle decisioni dei suoi governi.

E per dimostrare questo basta questo piccolo video,
basta vedere quattro fascistelli xenofobi come son stati trattati dalla piazza:

la beautè est dans la rue, si urlava nel ’68 lanciando sampietrini.
Questo video dimostra che ce ne è rimasta un po’ di quella bellezza: questa è la sola risposta possibile e non certo la polverizzazione della centrale elettrica di Raqqa. Spazzare via dalle nostre strade l’esclusione, la xenofobia, i fascismi vecchi e nuovi.
Proteggere i rifugiati, il loro diritto al cammino, abbattere le frontiere, distruggere i centri di detenzione.

… e avrà i tuoi occhi

13 novembre 2015 3 commenti

Per sempre.

Per sempre.

“Verra’ la morte e avrà i tuoi occhi” leggevamo insieme anni fa.
E quando è giunta la tua eravamo occhi negli occhi: da qualche giorno ormai il tuo sguardo era offuscato, da qualche ora ormai il tuo sguardo era andato già altrove, in un dolore lontano da noi vivi,
ma in quel momento, in quel preciso momento il nostro sguardo si è fuso.
Hai aperto quegli occhi e quante cose ci siam dette in quel battito di ciglia silenzioso, con attorno tanti,
tanti che di noi mai sapranno nulla.
Di quel che i nostri occhi si son detti da quel primo mio sguardo al mondo, al tuo ultimo. E’ venuta la morte e i nostri occhi erano insieme.

Le parole hanno abbandonato la mia vita passo passo in questi duri due anni in cui tutto si è sbriciolato,
la tua improvvisa fuga dal presente ha sbaragliato ancora più tutto,
ha privato la mia vita di parole, delle tante nostre parole, e anche delle mie
quelle che pensavo mie e che ora non trovo con molta facilità.
Ci proverò a riappropriarmi dello scorrere delle lettere, ci proverò tra queste mura che son sempre state solo nostre, mie e tue, e solo noi sappiamo quanto, e perchè.
E’ dura esser madre da orfana: ogni gioia si lascia contaminare da una malinconia silenziosa che non so condividere con nessuno. Mai niente sarà come prima.

Categorie:Personale

Dall’attivo all’atipico

13 novembre 2015 Lascia un commento

Ogni generazione deve averne una a quanto pare.

Siamo passati dall’era del malore attivo, a quella dello strangolamento atipico.

La cosa che è rimasta invariata e rimarrà tale nei secoli è la vostra infamità !
QUI su Andre Soldi

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