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Posts Tagged ‘Imrali’

Per salvare la vita di AVNI ER, oppositore turco, giornalista comunista.

2 marzo 2010 Lascia un commento

LA SOLIDARIETÀ È UN’ ARMA: USIAMOLA!
APPELLO per AVNI ER

Qualche giorno fa è stato trasferito nel CIE di Bari il cittadino turco Avni Er rispetto al quale il governo turco di Ankara ha avanzato tempo addietro formale richiesta di estradizione.
Avni Er è colpevole solo di aver svolto nel corso degli anni una puntuale denuncia delle violazioni dei diritti umani e della libertà d’informazione in Turchia.
Avni Er è un oppositore politico, accusato di appartenere al partito comunista DHKP-C . Il 1° aprile 2004 un’operazione repressiva ha provocato l’arresto di 82 persone in Turchia ed altre 59 persone tra Germania, Olanda, Belgio, Grecia ed Italia.
Tra loro giornalisti dell’opposizione, membri di organizzazioni democratiche e per la difesa dei diritti umani, avvocati ed artisti.
Avni Er, a seguito di un processo scandaloso durante il quale testimoniarono contro di lui, a volto coperto, i torturatori turchi, fu condannato dalla Corte di Assise di Perugia nel 2006 con successiva conferma della Corte d’Appello di Perugia.

Seguì una vasta campagna di mobilitazione e sensibilizzazione cui aderirono diverse associazioni nazionali (Arci, CRVG- Conferenza nazionale del volontariato della giustizia, Antigone) e vari esponenti politici; ci fu una dichiarazione a tutela dell’incolumità di Avni Er e per il rispetto delle norme internazionali a difesa dei diritti dell’individuo da parte dell’europarlamentare Giulietto Chiesa; ci furono molti ordini del giorno da parte del Consiglio provinciale di Lecce (19 marzo 2008), del Consiglio Regionale della Toscana, della Sardegna e della Campania.
Anche il Consiglio Regionale della Puglia, in data 24 giugno 2008, sottoscrisse una mozione contro l’estradizione di Avni Er in Turchia, con esplicito riferimento all’art.10 della Costituzione italiana che recita:
” Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Ricordiamo che secondo associazioni internazionali ed autorevoli come Human Rights Watch, Amnesty International, nonché la Commissione ONU per i diritti umani ed il comitato Europeo per la prevenzione della tortura, in Turchia vi è il fondato timore di violazioni dei diritti, di trattamenti inumani e degradanti, di tortura.
Ricordiamo inoltre che il curdo Ocalan, nonostante il riconoscimento dell’asilo costituzionale rilasciato dal governo italiano, è da 11 anni detenuto in regime di isolamento totale nell’isola di Imrali. Infine, a dimostrazione della condizione politica in Turchia, citiamo il tentativo di qualche giorno fa dell’ennesimo colpo di stato manu militari.
Allo stato attuale, Avni Er ha inoltrato formale richiesta d’asilo nel nostro paese e, per quanto affermato, – anche in considerazione che la Corte d’Appello d’Anversa il 7 febbraio 2008, impegnata a giudicare 11 militanti del DHKP-C, si è rifiutata di riconoscere tale organizzazione quale “gruppo terroristico”, prosciogliendo tutti gli imputati;
CHIEDIAMO
a tutte le forze democratiche, ai partiti, alle associazioni, alla società, ai sindacati, di aderire e sottoscrivere l’appello in favore di Avni Er, affinchè GLI VENGANO RICONOSCIUTE TUTTE LE FORME DI TUTELA ED IL PRINCIPIO DI NON RESPINGIMENTO.

Per adesioni e sottoscrizioni del documento inviare e-mail presso csidf@libero.it Info: 339 8277593

__AUDIO DA RADIO BLACKOUT__Diretta con Avni Er, dal Cie di Bari, comunista, ma soprattuto nel suo paese, la Turchia,  un giornalista; un paese in cui la libera opinione non può avere espressione. Qui in Italia ha scontato la pena a cui era stato condannato, ma uscito dal carcere, non avendo permesso di soggiorno rinnovato, è stato trasferito al Cie da dove verrà rimpratiato; si invitano i solidali a spingere per far si che gli venga riconosciuto lo status di rifugiato politico, per evitargli la morte al ritorno al suo paese.


Sugli arresti in Italia contro la comunità kurda!

27 febbraio 2010 Lascia un commento

COMUNICATO STAMPA DELLA CONFEDERAZIONE COBAS

E’ dalle elezioni del marzo 2009 in Turchia – quando il DTP/partito “ filokurdo” ha ottenuto l’8% dei voti nazionali e 22 deputati(13 donne); il 75% dei voti nel Kurdistan – che le massime istituzioni militari e il Governo Erdogan , hanno accentuato la repressione nei confronti del popolo kurdo.
Lo scioglimento del DPT deciso dalla Corte Suprema controllata dai militari, la decadenza dei deputati Kurdi, oltre 500 arresti di dirigenti e attivisti del DTP, la distruzione di numerosi villaggi e ancora migliaia di profughi, oltre 1500 bambini-ragazzi arrestati/condannati a enormi pene, ne sono le conseguenze.
Ora il disegno repressivo Turco – si rivolge contro le Comunità Kurde in esilio in Europa, nonostante la “ road map”di Ocalan ( da oltre 10 anni nel lager di Imrali) e del PKK , proponenti la “ soluzione democratica” , ovvero una Turchia con una costituzione democratica (non più sottoposta ai diktat delle gerarchie militari) in cui convivano e si rispettino le “ minoranze Kurde, Aluite,Armene,…(oltre 50 milioni)”.
Da ieri in tutta Italia è scattato un blitz, con arresti e perquisizioni di centinaia di kurdi – di espulsioni in Turchia per coloro senza permesso di soggiorno( nonostante il “ divieto internazionale” verso gli stati che torturano e/o applicano la pena di morte) – per una ipotesi di reato assurda , quella “ di aver organizzato campi di addestramento per futuri guerriglieri inquadrati nel PKK”.
Essendo a conoscendo della situazione delle comunità kurde in Italia appare inverosimile questa accusa: la guerriglia in Kurdistan ha tutto il territorio che gli occorre , non ha minimamente bisogno di “ basi in Europa”.
Questa “ retata” , ci appare più dettata dalla ragion di stato, a cui si piegano il governo e gli inquirenti nostrani , proni agli affari con la Turchia e dimentichi dell’assoluta mancanza del rispetto dei diritti umani-civili-politici di un paese che attende di entrare in Europa e che ha collezionato ancora nel 2009 centinaia di sentenze colpevoli da parte della Corte Europea di Giustizia.

Il comunicato delle Comunità Kurde in Italia che segue, testimonia l’impegno al “ progetto democratico” in Turchia, sconfessando i blitz e i teoremi politico-giudiziari italiani.
Alle Comunità Kurde perseguitate e demonizzate va la solidarietà e l’incoraggiamento della Confederazione Cobas , l’impegno di contribuire a far cadere questa montatura per far prevalere senza tentennamenti la “ strategia democratica”.
Alla vigilia del 1° marzo , giornata di mobilitazione nazionale a sostegno dei diritti degli immigrati e degli asilanti, nelle iniziative già programmate rivendichiamo oltremodo la liberazione degli arrestati e il blocco delle espulsioni.

Roma 27 marzo 2010 Confederazione Cobas

COMUNICATO STAMPA delle comunità kurde in Italia

La Turchia ha avviato una campagna di criminalizzazione della popolazione kurda in Europa e di tutte le sue espressione associative che promuovono eventi e manifestazioni di carattere sociale e culturale.
Riteniamo che l´operazione di polizia di questa mattina, che ha portato al fermo di diverse persone, rientri in quest´ottica e che l´unico obbiettivo che si tenta di perseguire attraverso ciò, non sia altro che attaccare con forza il diritto del popolo kurdo di auto-organizzarsi e di rendere ancora più difficile la vita di una popolazione che è stata obbligata con la forza a lasciare il proprio paese.
Riteniamo che questo atteggiamento, parallelo a quello che ha portato in Turchia all´arresto di oltre 1500 tra sindaci, amministratori locali, rappresentanti politici, sindacali e della società civile kurda, sia un ostacolo serio allo sviluppo di una dialettica democratica e dia forza esclusivamente al partito della guerra che, in Turchia, vede la vera minaccia alla sua esistenza nella pace e nel dialogo.
Dalle prime informazioni trapelate dalla stampa viene affermato che, in Italia, non sarebbero state trovate armi ed allora sembra divenire anche un crimine il solo incontrarsi per discutere di cultura, politica o delle condizioni socio economiche del popolo kurdo in Europa ed in Kurdistan.

La comunità kurda, che in Italia persegue esclusivamente un disegno di promozione sociale e proprio miglioramento economico, non ha nessun interesse, tantomeno nessuna intenzione, di creare delle minacce per la Turchia e si batte per la convivenza civile e pacifica delle due popolazioni e perché possa essere raggiunta una soluzione equa e democratica della questione kurda in Turchia.
Siamo comunque fiduciosi nel lavoro della magistratura italiana e speriamo che questa situazione possa essere presto risolta in maniera positiva senza discriminare ulteriormente il popolo kurdo.
Tale operazione, inoltre, rende assai più difficile l´attività solidaristica di tutte quelle organizzazioni non governative ed associazioni che si battono per la pace in Turchia ed in tutto il Medio oriente.
Chiediamo alla società civile italiana ed alla opinione pubblica di agire per far si che i diritti fondamentali del popolo kurdo vengano rispettati. Il popolo kurdo è costretto a vivere in esilio a causa di una guerra, scatenata dalla Turchia contro la popolazione civile kurda e che, con la scusa della lotta al terrorismo ha portato, sino ad oggi, alla distruzione di oltre 4500 villaggi ed all´esodo di circa 5 milioni di profughi.
Speriamo che, almeno l´Europa, possa garantire il diritto del popolo kurdo all´esistenza e ad un futuro di libertà.

Le comunità kurde in Italia

 

Brutte notizie dalla Turchia

11 dicembre 2009 1 commento

Tanto perchè pochi giorni fa avevo pubblicato notizie positive dalla Turchia, di un’iniziale apertura verso la popolazione kurda, con l’apertura di una televisione e la possibilità di parlare ed ascoltare la propria lingua.

I giorni scorsi nelle strade di un po’ tutte le  città e i villaggi kurdi nella zona occupata dalla Turchia, si è manifestato e la popolazione ha fatto scoppiare la propria rabbia per le condizioni di detenzione di Ocalan dopo 10 anni di totale isolamento nel carcere di Imrali e per il processo che si stava aprendo contro il DTP, principale partito kurdo. A Diyarbakir hanno manifestato decine di migliaia di persone con momenti anche di forte tensione e scontri con la polizia caratterizzati dal lancio di pietre e molotov e dalla risposta con gas lacrimogeni, spari in aria, uso degli idranti e pesanti cariche hanno portato la morte di un ragazzo di 23 anni e il grave ferimento di un 17enne.

Aysel Tugluk, deputata del DTP

DI POCHI MINUTI FA E’ INVECE QUESTA GRAVE NOTIZIA:
La Corte Costituzionale turca, la massima istanza della magistratura, ha deciso oggi la chiusura del Partito per una Società Democratica (Dtp), il principale partito filo-curdo del Paese, accusato di collegamenti con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk, separatista e fuorilegge). Lo ha reso noto l’emittente privata Ntv. La decisione della Corte Costituzionale turca prevede che la maggior parte dei 21 deputati del Dtp e 37 membri del partito non possano partecipare alla vita politica per i prossimi cinque anni. Più dure le sanzioni decise nei confronti del leader del partito, Ahmet Turk, e della deputata Aysel Tugluk, che hanno perso il diritto di essere ancora eletti al Parlamento. Inoltre tutti i beni del partito saranno confiscati e versati nelle casse del Tesoro.

Da Hurriyet leggiamo:
Il caso di chiusura è basato su una lista di 141 denunce presentate da Abdurrahman Yalcinkaya, procuratore capo della Corte Suprema d’Appello. Il partito è stato accusato di collegamenti con il fuorilegge Partito dei lavoratori curdi, o PKK, che combatte le forze armate turche nel sud-est del paese da oltre due decenni.
I membri del DTP a cui è stata interdetta l’attività politica sono: Abdulkadir Firat, Abdullah İsnaç, Ahmet Ay, Ahmet Ertan, Ahmet Turk, Ali Bozan, Ayaz Ayhan Aydin Budak, Ayhan Karabulut, Aysel Tugluk, Bedri Firat, Cemal KUHA, Deniz Yesilyurt, Ferhan Turchia, Fettah Dadas , Hacı temono che, Halit Kahraman, Hatice Adıbelli, Hussein Bektaşoğlu, Huseyin Kalkan, Izzet Belge, Kemal Aktas, Leyla Zana, Mehmet processo Veysi Dilek, Metin Tekçe, Murat Avci, Murat Taylor, Moses Farisoğlullar, Necdet Atalay, Demirtas Nurettin e Selim Sadak.
“Come partito non hanno sufficientemente chiarito la loro lontananza dalla violenza”, ha detto il capo della Corte costituzionale Hasim Kilic  in una conferenza stampa Venerdì. “Un partito con collegamenti al terrorismo deve essere chiuso”.

La Turchia accenna un’apertura verso il Kurdistan

14 novembre 2009 Lascia un commento

Un po’ di aggiornamenti dal Kurdistan, perennemente nel mio cuore e raramente sulle pagine del mio blog.

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Tv satellitare kurda

Questa mattina Peacereporter aggiorna le sue pagine dicendoci che questa nuova apertura del governo turco verso il Kurdistan sta iniziando a passare anche per la televisione: sono state ridotte le restrizioni per i programmi tv in lingua non turca.
Potranno quindi, sulle reti private, andare in onda trasmissioni in lingua kurda senza l’obbligo dei sottotitoli e i limiti di tempo prestabiliti.
Come riporta l’agenzia Anatolia, rimane però il divieto per le trasmissioni educative in idiomi diversi dal turco.
Mercoledì scorso c’era un interessante articolo della Casagrande. Non sono riuscita a leggerlo in rassegna stampa, ve lo ripropongo su queste pagine.

Turchia: Debutta l’“iniziativa kurda”
di Orsola Casagrande, Il Manifesto, 11 novembre 2009

Striscioni, urla, insulti. Il parlamento turco ieri si è trasformato in una sorta di ring. All’ordine del giorno l’annuncio ufficiale, per molti versi storico, da parte del ministro degli interni Besir Atalay della cosiddetta “iniziativa kurda”, ovvero il pacchetto di misure messe a punto dal governo per “risolvere” la questione kurda. Il ministro Atalay non è riuscito a pronunciare che poche parole prima di essere letteralmente travolto dagli insulti e dalle urla dell’opposizione.
Che protestava sia per la proposta (ancora non annunciata pubblicamente) del governo sulla questione kurda, sia per la scelta di discutere di questa proposta nel giorno del settantunesimo anniversario della morte del padre della patria, Mustafa Kemal Ataturk. Due affronti ritenuti inaccettabili dai kemalisti del Chp (partito della repubblica del popolo), all’opposizione, che guidati dal loro leader Deniz Baykal hanno costretto il presidente del parlamento prima a sospendere a più riprese la seduta e quindi ad aggiornarla a oggi, mentre giovedì sarà il premier Recep Tayyip Erdogan a intervenire.
kurdistan_map
La settimana scorsa il partito al governo, l’islamico moderato Akp (Partito della giustizia e dello sviluppo), aveva presentato una mozione parlamentare richiedendo la convocazione per ieri per discutere con i partiti di opposizione della proposta governativa per una soluzione della questione kurda. Da mesi ormai il governo dice di avere pronto un pacchetto di misure per risolvere il conflitto che insanguina la Turchia da un quarto di secolo. In realtà di questo pacchetto ben poco si sa. Il governo si era affrettato a dire di avere pronta una proposta tre mesi fa, dopo l’annuncio che il presidente del Pkk, Abdullah Ocalan (rinchiuso dal 1999 nel carcere-isola di Imrali, in Turchia) stava scrivendo una sua “road map” che avrebbe pubblicamente presentato, tramite i suoi avvocati, a settembre.

Il ministro degli interni Atalay aveva frettolosamente e vagamente citato le linee guida di questo pacchetto: riconoscimento della lingua kurda attraverso l’istituzione di corsi, una sorta di “perdono”, non amnistia, per quei militanti del Pkk che avessero abbandonato le armi e di fatto abiurato la lotta armata, l’istituzione di un istituto di kurdologia all’università di Mardin. Nei fatti l’iniziativa del governo ha come obiettivo principale quello di “facilitare” il ritorno dei militanti del Pkk in Turchia. Il test sulla genuinità di questo obiettivo è stato fatto qualche settimana fa quando 34 guerriglieri del Pkk scesi dalle montagne del Kurdistan iracheno sono entrati in Turchia, salutati da una folla immensa a Diyarbakir.

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Bandiera del PKK

L’arrivo dei “gruppi di pace” è stato subito bloccato dal governo dopo le critiche dell’opposizione che sosteneva che “i terroristi tornano a casa a festeggiare la vittoria”. Nelle intenzioni dell’esecutivo i guerriglieri non sarebbero arrestati ma mandati a seguire un “programma di riabilitazione” di tre mesi. L’arresto sarebbe evitato perché i guerriglieri dovrebbero prima dire di essersi pentiti della scelta fatta (come previsto dall’articolo 221 del Codice Penale, noto come “legge del pentimento attivo”). Tra gli altri punti dell’iniziativa del governo lo svuotamento, sotto la supervisione delle Nazioni unite, del campo profughi di Mahmur (oltre dodicimila persone), in nord Iraq, ritenuto dalla Turchia il rifugio dei guerriglieri kurdi. Proprio ieri, mentre il ministro Atalay cercava di parlare, è arrivata la notizia che molti profughi avevano cominciato a lasciare il campo diretti verso la Turchia, in una sorta di nuovo “gruppo di pace”. Il ministro Atalay ieri non è riuscito a parlare, lo farà probabilmente oggi o domani. Comunque è chiaro che in Turchia sta accadendo qualcosa di nuovo. E di storico, perché mai era accaduto che in parlamento si discutesse di questione kurda con una ipotesi (per quanto vaga o inadeguata) di risoluzione del conflitto. Al massimo se ne era parlato per approvare nuove operazioni militari o prolungare lo stato d’emergenza nelle zone kurde.

Accusando il governo di denigrare il padre della patria, Ataturk, il leader del Chp, Baykal ha urlato che “per la prima volta nella storia della Turchia viene messo in atto un complotto da parte del partito di governo contro le conquiste della repubblica. Stanno mettendo in pratica questo complotto in nome dello sviluppo della democrazia”, ha tuonato Baykal, mentre i suoi colleghi di partito srotolavano striscioni che dicevano “Ataturk, noi seguiamo il tuo cammino” e “La Repubblica è la tua eredità e noi la porteremo avanti”. Inutili i richiami del presidente del parlamento che alla fine si è visto costretto a rinviare la seduta a oggi.

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