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Posts Tagged ‘esercito’

Arrivano 25 condanne ai compagni in Egitto. Maledetti!

24 febbraio 2015 1 commento

Bisogna sperare che venga accettata l’apertura del terzo grado di giudizio.

i volti dei condannati…

Bisogna sperare che la libertà avvolga ancora la vita di questi compagni, che tanto hanno fatto per l’Egitto e per la vittoria della libertà sul silenzio, nelle lotte di Tahrir e in quelle successive che hanno investito il Cairo, come tutta la zona del Delta, come anche il resto del paese.

I condannati di ieri sono 25 (tutte le condanne oscillano tra i 3 e i 15 anni, con il pagamento di 13.000$ a testa), i condannati di ieri sono tutti compagni che hanno sfidato il primo giorno di nuova legge sulle manifestazioni, nel novembre del 2013 e uno di loro, Alaa Abd El Fattah è un blogger ormai di fama mondiale, che dal primo giorno delle rivolte del gennaio 2011 nella grande piazza Tahrir si è esposto a livello internazionale per far conoscere e allargare la grande rivolta popolare che buttò giù Mubarak, per poi essere spazzata via dalle violenze dello Scaf, dal governo Morsi e dall’attuale al-Sisi, che ha confermato la sua vigliaccheria e infamia con le sentenze di ieri. Alaa è stato ripetutamente arrestato in questi anni, sotto ognuno dei leader egiziani che si sono avvicendati dalla caduta di Mubarak.
In primo grado erano stati condannati a 15 anni, ieri almeno 10 di questi ( ma non per tutti) son stati buttati nella spazzatura, ma la condanna è arrivata. Pesante. Un macigno di carcere e isolamento.
Tre condanne rimangono a 15 anni: 15 anni.
Di 25 condannati ben 24 parteciparono attivamente alla manifestazione autorizzata, consapevoli del rischio d’arresto,
consapevoli di poter perdere un occhio (era lo sport preferito dello Scaf quello di centrare bulbi oculari), consapevoli di rischiare la vita e quei brandelli di libertà conquistati.
Uno di loro no.
Uno di loro non era in piazza. Non aveva nemmeno scelto di essere in piazza quel giorno, ma quando ha visto il pestaggio di una donna da parte di agenti in borghese non è potuto rimanere con le mani in mano.

Mohammed Abdel-Rahman Noubi : ecco uno dei 25 processati nello “ShuraTrial”. Lui quel giorno non potè non tentare di salvare una ragazza da un pestaggio effettuato da un poliziotto in borghese. Mohammed nell’assistere ad un pestaggio non riuscì a non intervenire per cercare di salvarla. La sua condanna ammonta a 3 anni di carcere e 13.000 $ di spese.

Lui è il più giovane dei condannati e per i compagni porta il nome di Mohammed Yassin. Il suo nome completo è Mahmoud Mohamed Abdelaziz ed è uno studente. Almeno lo era. Visto che quando è stato arrestato aveva 17 anni, visto il pesante isolamento subito nel carcere di Tora e Athbs. E’ stato dal primo giorno della rivoluzione in piazza, da tutti conosciuto e amato.

Di Alaa abbiamo molto materiale su questo blog e tanto altro ancora si trova in rete.. (LEGGI)
materiale che consiglio di leggere ed approfondire per poter comprendere quanto questi compagni siano nostri compagni,
sangue nostro. Che va tirato fuori da quelle prigioni, che va fatto tornare libero,
Che deve continuare a lottare per abbattere l’oppressione.

TUTTI LIBERI.
SOLIDARIETA’ TOTALE AI CONDANNATI.
Mubarak, Morsi, Sisi: una faccia, una feccia.

Nikos ha vinto: SOLO LA LOTTA PAGA

10 dicembre 2014 5 commenti

Sono emozionata nello scrivere queste righe perchè sinceramente la vedevo nera, lo ammetto, soprattutto dopo le parole della corte suprema di ieri che rigettava l’appello presentato dal suo avvocato:

Il piantonamento di questi giorni davanti alla sua stanza d’ospedale

non mi sembrava una situazione con una semplice possibilità di uscirne vittoriosi, quindi vivi.
Nikos Romanos ha fatto capire la sua enorme determinazione dal primo istante e il governo greco sembrava fottersene totalmente e spudoratamente, senza lasciare a lui altra opzione che un proseguimento dello sciopero della fame e poi della seta ormai ai limiti della sopravvivenza.

Nikos invece ha vinto, ha ottenuto i permessi studio con un emendamento votato in extremis oggi dal parlamento greco: 6 mesi di e-learning e poi braccialetto elettronico per poter seguire i corsi all’università.
Una vittoria per lui, e per tutti i detenuti che vogliono accedere ai permessi studio: grazie Nikos, per la tua determinazione, per averci palesato ancora una volta che solo la lotta paga e paga anche bene!Ci racconta Petros Damianos (l’insegnante di Romanòs presso il carcere minorile di Avlonas)”Sono appena uscito dall’ospedale. La sua prima frase dopo la felicità. Signore Petros, che contattiamo la Facoltà, così non perdo il semestre”

Noi ti vorremmo libero,
fuori dal carcere, come tutti e tutte i compagni di prigionia!

Sapere che il tuo sciopero della fame è finito e che il tuo corpo potrà riprendersi rende il nostro cuore più leggero,
e il mio lo emoziona: hai strappato con ogni grammo del tuo corpo un pezzo della tua libertà e di quella di tutti i prigionieri!
Fino alla vittoria, Nikos…

LEGGI:
Solidarietà a Nikos
La corte suprema condanna a morte Nikos Romanos

P.S.: Vorrei ricordare a chi legge questo post che qui in Italia non sarebbe minimamente possibile ottenere quello che ha ottenuto Nikos. Per reati armati e politici che son quelli per cui lui è arrestato si sta in regimi di alta sorveglianza dove solitamente non sono ammessi più di 2 libri per volta. Figuriamoci recarsi in facoltà con un braccialetto elettronico: cose di altri mondi, comunque

La corte suprema condanna a morte Nikos

9 dicembre 2014 7 commenti

La Suprema Corte ha sentenziato la condanna a morte di un ragazzo di soli 21 anni,
che oggi è entrato nel trentesimo giorno di sciopero della fame e lei cui condizioni sono critiche in modo sempre più allarmante.
Una condanna a morte, perché Nikos Romanos, militante anarchico condannato a 16 anni per una rapina a mano armata, ha fatto capire che non smetterà la sua lotta,
anche dovesse esser l’ultima.

FUORI I COMPAGNI DALLE GALERE. LIBERTA’ PER NIKOS

A Nikos spirò un caro amico tra le braccia: e avevano solo 16 anni.
A Nikos lo stato greco uccise un amico con un proiettile regalato e immotivato e da quel giorno la sua vita cambiò per sempre:
fino a quell’arresto ridicolo, fino alla tortura, ai pestaggi, alla condanna grandissima
e ora a questo sciopero della fame solo per accedere ad un suo diritto:
lo studio.

Il suo avvocato, Frangiskos Ragousis, già parlava di poche speranze di successo con la Corte suprema e in effetti così è stato:
Nikos ha superato gli esami di ammissione all’università di Atene, come detenuto,
ma non potrà accedere allo studio e per ottenerlo sta andando incontro alla morte.

Tutta la solidarietà possibile a questo ragazzo,
la cui vita è stata distrutta dallo stato greco già nel 2008 con l’assassinio di Alexis,
Tutta la solidarietà a questo giovane combattente, perchè possa sentirla a tonnellate,
perché possa resistere. Resistere e ancora resistere.

DOLOFONOI!

AGGIORNAMENTI:
LA VITTORIA DI NIKOS

Alexis Grigoropoulous : 15 anni
Piccolo reportage da Atene
Non sparate sui nostri sogni
Un Natale asfissiante
Il sangue scorre e chiede vendetta
Contro Stato, Chiesa, esercito, polizia e democrazia
Merry crisis and a happy new fear
Atene, un anno dopo
Il suicidio di Savas
A Nikos

 

 

 

A Nikos, al martire che non deve diventare!

8 dicembre 2014 2 commenti

Ne è passato di tempo dall’assassinio di Alexis,
tanto che mi sembra impossibile sia volato così.

Foto di ORESTIS PANAGIOTOU: lo striscione recita ASSASSINI

Foto di ORESTIS PANAGIOTOU: lo striscione recita ASSASSINI

Perchè il mio ricordo ancora brucia in modo strano, sento ancora l’odore acre di lacrimogeni che mai avevo sentito prima,
sento ancora le palpitazioni per delle corse senza meta, in una città che non conoscevo e che mi accoglieva in modo schizofrenico:
facoltà, quartier, spazi e compagni che sembravamo conoscerci da sempre,
opliti, gas, fumi gialli e blu, camionette, manganelli, tanto tanto odio dalla parte opposta.

Quando mi ripenso nelle strade di Atene in battaglia penso a quella signora,
tutta pelliccia e pacchettini natalizi davanti alla carcassa del suo macchinone incendiato:
lei mi spiazzò più della pioggia di molotov che per giorni avevo davanti agli occhi e a cui non ero abituata.
Lei guardava la sua macchina dicendo “d’altronde, hanno ragione, quel ragazzo aveva solo 15anni”.
Già.
Solo 15 anni.

Accanto a lui, quando fu ucciso a freddo in quella simpatica piazzetta di Exarchia, senza alcuna ragione,
c’era Nikos, suo coetaneo, anche lui un giovane anarchico.
Lui ha visto morire Alexis davanti ai suoi occhi, un suo amico, un suo compagno,
uno che da quel giorno ha capito che indietro non si tornava più dopo quell’esperienza.
Probabilmente la sua vita sarebbe stata molto diversa senza quel 6dicembre: quel proiettile poteva centrare in pieno lui e invece prese il suo amico, che spirò immediatamente e tra le sue braccia.
Erano poco più che bambini, ma davanti a quel sangue, chi sopravvisse, non potè che iniziare un percorso rivoluzionario e contro lo Stato.

Il suo arresto, nel febbraio del 2013,  fu incredibile e indimenticabile, ne scrissi a riguardo un post quasi basito e silenzioso,
pubblicando il video di un’operazione di polizia che sembrava rivolta ad una cellula terroristica micidiale e invece portava in prigione un pugno di ragazzi appena maggiorenni.
Uno di loro era proprio Nikos, poi ripetutamente torturato e condannato a 16anni per una rapina in banca.
Il regime carcerario a cui è stato sottoposto dal primo istante è tra i più duri immaginabili

Nikos ora sta portando avanti una battaglia incredibile, dalla sua cella:
Una battaglia per il diritto allo studio, da prigionieri, a lui costantemente negato, malgrado abbia superato con successo i test d’ingresso all’università.

E’ in sciopero della fame dal 10 novembre: tra due giorni è un mese..
Già ricoverato da un po’ nel repartino detentivo dell’ospedale di Gennimatàs, le sue condizioni stanno velocemente peggiorando e rischiano di diventare irreversibili: lo sciopero della fame ti mangia dentro e nemmeno troppo lentamente.
Si rischia, anche prima del mese, un blocco renale e quindi un successivo blocco cardiocircolatorio: la situazione di Nikos è gravissima, il suo corpo di 21enne prigioniero sta iniziando ad arrancare in questa battaglia.
Però andrà avanti, questo è chiaro a tutti: anche a chi da giorni sta affrontando lo stato greco e i suoi armamenti per portare tra le strade tutta la solidarietà possibile, per fare in modo che arrivi fino al terzo piano di quell’ospedale.
Per fargli capire che non vogliamo martiri,
Che c’è bisogno di lui, che deve resistere, che deve rimaner vivo per poter continuare a lottare con noi,
nel ricordo del suo amico,
Alexis, compagno di tutti noi.

Resisti Nikos, ti vogliamo vivo,
ti vogliamo fuori,
ti vogliamo ancora a masticare asfalto in faccia allo Stato.
Nessun martire, nessun eroe: tutti e tutte, gomito a gomito, passo dopo passo.

Un messaggio da una manciata di mamme per te, Nikos
Caro Nikos, siamo con te. Resisti.
Non regalargli la tua vita. E’ quello che vogliono. Possono cancellarla un attimo dopo.
Non temono la tua morte. Temono che tu resti in vita a testimoniare.
Resisti, Nikos
La madre di Dax, ucciso da fascisti a Milano il 16 marzo 2003
La madre di Renato, ucciso da fascisti a Roma il 27 agosto 2006
La madre di Carlo, ucciso dallo Stato italiano a Genova il 20 luglio 2001
Le figlie di Pino Pinelli, ucciso dallo Stato italiano a Milano il 15 dicembre 1969
La sorella di Iaio, ucciso insieme a Fausto da ignoti (fascisti + servizi deviati) a Milano il 18 marzo 1978.
Cristina, mamma di Mattia, No Tav, incarcerato per terrorismo

Alexis Grigoropoulous : 15 anni
Piccolo reportage da Atene
Non sparate sui nostri sogni
Un Natale asfissiante
Il sangue scorre e chiede vendetta
Contro Stato, Chiesa, esercito, polizia e democrazia
Merry crisis and a happy new fear
Atene, un anno dopo

Egitto: “revolution till infinity”

20 novembre 2013 Lascia un commento

The martyr (by Ammar Abu Bakr) and the killer (by El Zeft)

I rivoluzionari in Egitto ci sono e sono ben determinati, malgrado le mazzate prese in questi tre anni ormai.
In Egitto, anche visitando con i miei occhi la gioia di Tahrir, ho avuto immediata la sensazione che a casa non si sarebbe tornati.
Non è durata tanto l’illusione di Tahrir, ma a casa non si è tornati lo stesso: questo è quel che c’hanno dimostrato le lunghe giornate di Mohammad Mahmoud due anni fa… e quel che i rivoluzionari d’Egitto non smettono di dimostrare, malgrado il livello di repressione, arrivato alle stelle.
Nonostante i passaggi di potere di questi anni, nonostante le barbe e la loro pretesa di mutar la terra in sharia,
nonostante i cingoli che avanzano e che ieri si son presi la piazza con non molta difficoltà.

“Non vogliamo i fratelli musulmani, non vogliamo lo SCAF, non vogliamo i resti del regime di Mubarak!”, chi è impegnato ad abbattere il potere, è consapevole di quante forme possa avere, e le vuole abbattere tutto: dalla radice.

Le pagine sulle lotte rivoluzionarie in Egitto: QUI
Vi lascio l’articolo di Infoaut per il verso racconto delle ultime ore in piazza:

Una giornata, quella di ieri, molto importante per un Egitto diviso tra i due poteri – militari e Fratelli Musulmani – che, con la loro guerra, sembravano aver relegato ai margini della scena politica tutti coloro che continuano a sperare in un Egitto veramente libero.

Oggi cade il secondo anniversario degli scontri di Mohamed Mahmoud. Dal 19 novembre 2011 nei pressi del ministero degli interni 47 manifestanti vennero uccisi. Da quella battaglia sorse nuova coscienza popolare: il nemico non era solo il regime di un Mubarak allora

Caino e Abele… contro gli scontri interreligiosi _Via Mohammad Mahmoud_

appena imprigionato, ma anche lo SCAF, che con il suo Capo Supremo allora governava il paese da pochi mesi. Cinque giorni di scontri, di barricate, 47 morti, 3000 feriti. Con la successiva presa del potere da parte dei Fratelli Musulmani, e poi la loro spettacolare uscita di scena grazie ad un colpo di mano militare in gran stile populista, l’eredità di Mohamed Mahmoud si trova sballottata tra i palazzi del potere militare e la vittimizzazione dei Fratelli Musulmani di Rabaa e Nasser City.

Nei giorni scorsi si è assistito ad un immorale gioco mediatico. La propaganda di tutti i poteri forti che hanno cercato di rivendicare la paternità di quei morti, di volerne celebrare le gesta. I Fratelli Musulmani in questi giorni utilizzano la violenza della polizia per riabilitare la figura del “presidente di tutti” Morsi, spodestato dall’intervento dei militari. Allo stesso modo il regime militare dichiara martiri le 47 vittime e le 3 vittime registrate lo scorso anno, durante il primo anniversario. Lo stesso potere militare che prima uccide, poi onora la memoria delle vittime. Ma, mentre da giorni ormai il regime promuove, in TV e con immense gigantografie nelle strade, il raduno per questa mattina in Piazza Tahrir, tutt’altra è stata la direzione intrapresa dai giovani egiziani, scesi in piazza già da ieri pomeriggio.

Le giornate di Mohammad Mahmoud, oltre a decine di morti a terra, son passate alla memoria rivoluzionaria per “gli occhi”… tanti occhi quel giorno hanno perso la loro casa ma non la loro capacità di guardare il futuro

Ieri nelle strade c’erano i familiari delle vittime, gli amici, chi era insieme a loro sulle barricate. Ieri in piazza c’era chi non ha accettato di vivere in un paese regolato dalla Sharia o dall’Islam corrotto, ma anche chi non accetta il potere dei militari. Non l’accettavano 2 anni fa durante i 5 giorni di scontri in Mohamed Mahmoud, e non l’accettano adesso.In molti hanno marciato da piazza Abdeen, per poi dirigersi in Piazza Tahrir, dove hanno preso d’assalto un monumento, inaugurato la stessa mattina dal primo ministro Hazem El-Beblawi, su cui una grande scritta ricordava, con tutta l’ipocrisia dello stato militare, l’onore “dei martiri del 25 gennaio alla rivoluzione del 30 giugno”. L’ipocrisia di un regime che prima uccide e poi cerca di associare i valori della Piazza Tahrir del gennaio 2011 con gli eventi del 30 giugno 2013, da loro considerati una rivoluzione, ma da tanti altri visto, con senno di poi, nient’altro che come un colpo di stato.

In molti ieri sono scesi per le strade, per una giornata ribattezzata “Non dimenticare, ricorda sempre” che, riempiendo le mura del Cairo di scritte anti-militari e scandendo slogan contro i Fratelli Musulmani, si è infine diretta in Piazza Tahrir, riportandovi finalmente i contenuti rivoluzionari, e riversando la propria rabbia su quel monumento che rappresenta, ora più che mai, l’ipocrisia del regime militare. Ieri si è chiesto a gran voce giustizia per le vittime, processi per i crimini del regime e della sua polizia e fine dei processi militari ai civili. Si legge nell’appello della manifestazione: “La brutalità della polizia è rimasta la stessa… la polizia continua a torturare detenuti e arrestare arbitrariamente.. la repressione e l’impunità non sono cambiate. Mubarak, lo SCAF e i Fratelli Musulmani, sono tutte facce dello stesso regime”.

Non è stato facile, ma sembra che la coscienza popolare nata 2 anni fa negli scontri di Mohamed Mahmoud rinasca quest’oggi, guidata da tutti coloro che hanno perso un amico o un compagno in questi lunghi anni di lotta.

In queste ore manifestazioni contrapposte stanno nascendo nelle vicinanze di Piazza Tahrir. Le opposte fazioni si avvicinano e iniziano a scontrarsi. Seguiremo gli sviluppi da Infoaut. In serata aggiornamenti

Aggiornamenti: 

In un clima di estrema tensione, con uccisioni e instabilità in tutta l’area desertica del Sinai, fin da ieri molta era la paura di nuovi morti e di una nuova, ennesima, repressione. Fino a questa mattina non si erano registrati grandi scontri, con l’esercito che ha preferito dispiegare le proprie forze a difesa delle istituzioni e dei palazzi del potere, non attaccando i manifestanti.

Diversa è stata invece la giornata di oggi, con l’apparato militare presente in forze nelle strade egiziane. Scontri si sono registrati al Cairo, a Alessandria e a Mansoura, (tra manifestanti e forze dell’ordine, tra sostenitori dei Fratelli Musulmani e polizia, tra pro-Morsi e familiari delle vittime), con un bilancio di una ventina di feriti.

Una nuova giornata di lotta, ma soprattutto una ritrovata contrapposizione di piazza tra i diversi schieramenti. Del regime e della sua propaganda, dei giovani Fratelli Musulmani – concentrati soprattutto nelle università – e dei giovani rivoluzionari, nelle strade della capitale. Tutti a commemorare un massacro i cui colpevoli sono da ricercare all’interno del regime, in tutte le forme che ha assunto dalla caduta di Mubarak.

Idea racchiusa in semplici parole, scritte a caratteri cubitali su un grande striscione all’entrata di piazza Mohamed Mahmoud [luogo simbolo dove in decine sono periti, 2 anni fa, sotto i colpi dello SCAF] “vietato l’ingresso ai Fratelli Musulmani, ai militari e ai resti del regime di Mubarak”.

Ad Alexis Grigoropoulous, che non dimenticheremo mai!

6 dicembre 2012 5 commenti

4 anni fa veniva assassinato a freddo un ragazzo di 15 anni,
colpevole probabilmente di stare in una piazzetta “a frequentazione anarchica”.
Ucciso, dal piombo della polizia greca, ucciso a 15 anni.
La città esplose in una lunga battaglia durata tre settimana, che giorno e notte ha visto università, quartieri popolari e periferie battersi contro lo stato con ogni mezzo possibile.

vi lascio un po’ di link di quello che ho vissuto in quelle giornate,
respirando i gas lacrimogeni dei MAT e vivendo le lunghe notti del politecnico.
Con il cuore ancora tra quelle strade, e sugli occhi dolci di un 15enne ammazzato a freddo.

Alexis Grigoropoulous : 15 anni
Piccolo reportage da Atene
Non sparate sui nostri sogni
Un Natale asfissiante
Il sangue scorre e chiede vendetta
Contro Stato, Chiesa, esercito, polizia e democrazia
Merry crisis and a happy new fear
Atene, un anno dopo

MPATSI GOURUNIA DOLOFONOI!
SE BRUCIANO LE CITTA’ CRESCONO I FIORI!

” We do not Forget, We do not Forgive, We are going on…the ghost of December is always here, Solidarity, Self-Organisation, Direct Democracy, Newspaper Drasi”

 

” The State continues assassinating, destroying everything – We struggle for everything, Authoritarian Movement of Athens (AK)”

 

” A Ghost is looming above the city” Thursday 6/12 March 10:30 on Democracy Avenue, Anarchists by the Schools of Agioi Anargyroi and Kamatero.”

 

” We do nto Forget we do not forgive, Local march in  St Tryfon Square, Terpsithea” (Glyfada: South Athens)

 

 

“We do not forget, We do not forgive, We go forward” March in Agios Dimitris Square,  Antifascists of Arta”

 

“Discussion-Event about December 2008 in Samos”

 

“Did you forget? We do not forget, murderers in uniform killed Alexis” poster from Chios

La Palestina è con voi! Messaggio agli studenti e alle studentesse in lotta

23 novembre 2012 1 commento

Dal sito FreePalestineRoma, che vi consiglio di aggiungere ai vostri preferiti…

In nome di tutte/i le studentesse e gli studenti palestinesi, in particolare gli studenti di Gaza, salutiamo profondamente la vostra lotta in difesa dei legittimi diritti vi informiamo che siamo con voi e le vostre giuste richieste. Siamo certi che riuscirete a raggiungere i vostri nobili obiettivi.

Care compagne e cari compagni,

Crediamo che ogni lotta/mobilitazione studentesca ovunque sia giovi a favore degli studenti nel mondo e riteniamo che gli studenti siano una forza principale per il cambiamento delle nostre società. Per questo motivo i cacciabombardieri sionisti colpiscono in ogni aggressione le scuole e le università delle città palestinesi come sta succedendo in questi giorni a Gaza.
I sionisti pensano che colpire i giovani ed i ragazzi delle scuole e università possa intimorire le generazioni del futuro. Però, noi abbiamo giurato per noi stessi e per gli studenti caduti rinnovando anche a voi in lotta la nostra promessa di non arrenderci o piegarci di fronte alla micidiale macchina repressiva dell’occupante.

Noi, dalla terra della resistenza Palestina, vi chiediamo di resistere e continuare la vostra lotta per:

boicottare la cooperazione accademica tra le vostre università e quelle dello stato d’apartheid israeliano.

* esigere dal vostro governo di fermare lo spreco di danaro pubblico della cooperazione scientifico militare con lo stato d’apartheid israeliano; tali soldi devono andare a favore della scuola pubblica, dell’università e della ricerca.

* creare mezzi d’informazione alternativa nelle scuole e università capaci di informare correttamente sui diritti del movimento studentesco internazionale incluso quel palestinese per smascherare le informazioni mediatiche del potere costituito.

Le vostre ed i vostri compagne/i studenti palestinesi.

23.11.2012
Il fronte d’azione studentesco progressista

Boicotta i prodotti israeliani! Non finanziare l’apartheid e le bombe su Gaza

21 novembre 2012 11 commenti

 

Qualcosa si può fare.
Qualcosa nel nostro piccolo possiamo sempre fare: e son piccoli gesti che dobbiamo trasmettere ai nostri figli, ai nostri amici, ai nostri familiari.
Boicottare i prodotti israeliani è ora più che mai un dovere vero e proprio;
deve diventare un gesto automatico e quotidiano, da collettivizzare e diffondere in ogni luogo,
supermercato, negozio d’abbigliamento, aula universitaria, farmacia.

E’ difficile trovare un elenco di prodotti soddisfacente per costruire una lista completa,
Ma almeno alcune cose impariamole a riconoscere al volo,
come il loro codice a barre, che inizia con 729.
Iniziando a chiedere la provenienza di certi prodotti, a pretendere che il supermercato dove siamo soliti rifornirci non li acquisti proprio.
Si può fare tanto per boicottare l’economia israeliana ed è ora di farlo.
Tutte e tutti,
boicottare in primis tutti i prodotti provenienti dalle colonie (vedi il sito BDS Italia),
tutti quelli con questo codice a barre,
tutte quelle aziende e multinazionali colluse con l’industria israeliana.
E quindi con la loro guerra permanente.
Non finanziate le bombe su Gaza, non finanziate il cemento del Muro dell’Apartheid,
non finanziate le loro divise, i loro anfibi, le pallottole dei loro cecchini,
i cingoli dei loro carriarmati.
BOICOTTA ISRAELE, IN OGNI TUO GESTO.

Da Gaza e Betlemme… aggiornamenti

21 novembre 2012 1 commento

Al settimo giorno di guerra sulla popolazione palestinese,
quando l’elenco dei nomi degli uccisi inizia ad essere insostenibile all’occhio umano e a qualunque stomaco non assassino, vi metto il link della corrispondenza che ho fatto stamattina dai microfoni di Radio Onda Rossa con Gaza.
Sul sito della radio potete trovare anche tutte le altre corrispondenze effettuate nei giorni precedenti con gli altri attivisti, poi costretti ad uscire daalla Striscia di Gaza.
Una breve chiacchierata, che ci racconta l’ultima pesante notte,
dove dal cielo e dal mare Israele ha rovesciato i suoi armamenti.
ASCOLTA

Poi, perché è una cronaca necessaria,
facciamo una zoomata anche sul resto della Palestina, sui Territori Occupati che da giorni sono per le strade a lottare contro l’occupazione militare in solidarietà con le sorelle e i fratelli gazawi: ieri sera erano già tre gli uccisi tra Tulkarem, Nabi Saleh e la zona di Betlemme. Decine e decine gli arresti.
Vi copio il dettagliato resoconto arrivato all’alba da Khaled, un caro compagno di Betlemme

[Leggi anche: Dizionario degli armamenti]

Questa è stata una notte da ‘corri e fuggi’ molto intensa, quindi ecco a voi gli aggiornamenti delle ultime 16 ore di Betlemme:

11:32
Iniziano duri scontri alla Tomba di Rachele tra ragazzi dei campi profughi di Betlemme e forze militari sioniste.

12:17
Gli scontri nella zona della Tomba di Rachele aumentano e le scuole mandano a casa gli studenti.

12:51
Un gruppo di forze speciali sioniste in borghese vestiti con Kefieh rosse provano ad infiltrarsi tra i ragazzi che fronteggiano i soldati sionisti vicino al campo profughi Aida senza successo.

13:13
Un gruppo di forze speciali sioniste in borghese prova ad infiltrarsi tra i ragazzi che si scontrano con l’esercito sionista nella zona del cimitero vicino alla Tomba di Rachele.

14:08
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di violenza e l’esercito israeliano ricorre all’uso di pallottole rivestite di gomma contro i ragazzi che li fronteggiano.

14:16
La resistenza palestinese colpisce con un razzo la base militare della colonia di Etzion a sud di Betlemme.

14:20
La resistenza palestinese colpisce con un razzo la colonia di Gilo a nord di Betlemme.

16:09
Le forze sioniste arrestano Ahmad Zawahre dalla zona della Tomba di Rachele.

17:36
Le forze sioniste arrestano 3 ragazzi durante gli scontri alla Tomba di Rachele.

19:49
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di intensità dopo la notizia dell’uccisione di un sionista da un razzo della resistenza palestinese caduto nell’insediamento di Ashkol.

20:24
Le forze sioniste arrestano Hamze Shoke durante gli scontri alla Tomba di Rachele.

20:29
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di intensità dopo la notizia dell’uccisione di altro sionista da un razzo della resistenza palestinese caduto nell’insediamento di Ashkol.

20:36
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un veicolo sionista nella zona di Husan a sud di Betlemme ferendo un colono.

20:38
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un veicolo sionista nella zona della colonia di Etzion a sud di Betlemme ferendo dei coloni.

20:48
Le Brigate dei Martiri Al-Aqsa e le Brigate Ahmad Abu El-Rish di Betlemme rivendicano l’operazione contro i veicoli sionisti nelle zone di Husan e Etzion.

20:51
Le forze militari sioniste setacciano la strada 60 a sud di Betlemme.

21:00
Avvistate nella zona di Husan 4 ambulanze, il nemico sionista ammette l’uccisione di una colona, testimoni oculari invece affermano che il numero di morti é superiore.

21:03
Scontri tra ragazzi palestinesi ed un gruppo di soldati sionisti nella zona di Beit Sahour.

21:05
Ferita una colona sionista vicino alla zona di Husan.

21:37
Avvistato un grande numero di pattuglie sioniste ai confini della zona di Husan.

23:00
Le prime notizia di movimenti dell’esercito israeliano nella zona di Betlemme.

23:15
Avvistate 6 pattuglie del nemico sionista davanti al Checkpoint risiedente nella zona di Al-Nashah vicino al campo profughi Dheisheh e al villaggio Al-Khader.

23:16
Avvistate 7 pattuglie del nemico sionista vicino alla zona di Al-E’ebedieh.

23:51
Avvistate 15 pattuglie dell’esercito sionista nella zona di Al-Radi dirette verso il campo profughi Dheisheh.

23:52
La resistenza palestinese a Betlemme rivendica il ferimento di 4 coloni.

24:05
Avvistato un veicolo della polizia israeliana accompagnato da una camionetta militare sionista vicino alla moschea della zona di Al-Khader.

24:58
Avvistato un grande numero di soldati sionisti nella zona di Al-Balua’a e lancio di bombe illuminanti.

00:00
Avvistato l’esercito israeliano nella zona di Al-Doha.

00:01
Avvistate delle pattuglie sioniste che entravano nella zona di Betlemme dalla zona della Tomba di Rachele.

00:02
Notizie sull’apertura di fuoco da parte della resistenza palestinese verso la colonia sionista Gilo dalla zona di Beit Jala.

00:14
Avvistate forze sioniste nel campo profughi Aida.

01:00
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un gruppo di sionisti nella zona Al-Doha.

01:07
L’esercito israeliano setaccia la zona Al-Doha con bombe illuminanti in cerca dei combattenti della resistenza palestinese.

01:32
Rumori di esplosioni nella zona ovest di Betlemme.

02:01
Arresti e colpi di arma da fuoco nella zona di Beit Jala.

02:27
Rumori di bombe assordanti nella zona di Al-Radi.

03:00
L’esercito sionista arresta Murad Al-Khatib dal campo profughi Aida.

03:13
Avvistate delle forze sioniste al campo profughi Dheisheh nella zona del centro Ibdaa e nel vicinato Al-Walajieh.

03:18
Le forze sioniste lanciano bombe stordenti al campo profughi Dheisheh nella zona della moschea grande.

03:19
Un grande numero di forze speciali sioniste fanno irruzione nel campo profughi Aida.

03:22
Le forze sioniste fanno irruzione nella casa dell’ex prigioniero Mohannad Al-Khmour.

03:24
L’esercito sionista fa irruzione nel campo profughi Dheisheh.

03:26
Le forze sioniste si diffondono al campo profughi Dheisheh nel vicinato di Al-Walajieh.

03:28
Scoppiano violenti scontri tra ragazzi del campo profughi Dheisheh e forze militari sioniste.

03:33
Le forze sioniste arrestano Ahmad Al-Shobban nel campo profughi Dheisheh e arrivano rinforzi all’esercito.

03:36
Le forze sioniste arrestano Imad Abedrabbo nel campo profughi Dheisheh nel vicinato di Al-Muntazah.

03:40
Forze sioniste fanno irruzione in una casa nel Doha vicino alla moschea.

03:44
Le forze sioniste arrestano Fadi Ayyad nel campo profughi Dheisheh.

03:48
L’esercito israeliano fa irruzione nella casa di Saleh Abu Aker nel campo profughi Aida.

03:52
Avvistate forze sioniste nella zona di Al-Doha.

03:53
Le forze sioniste arrestano Karam Nasri nel campo profughi Dheisheh.

03:59
Avvistato un gruppo di forze speciali sioniste nella zona di Al-Doha.

04:00
Le forze sioniste arrestano Khalil Abu Aker dal campo profughi Aida.

04:01
L’esercito sionista si ritira dalla zona della moschea di Al-Doha.

04:16
Avvistate forze sioniste al campo profughi Aida.

04:20
Avvistate forze sioniste vicino al cimitero dei bambini di fronte al campo profughi Azzeh e vicino alla zona del palazzo Murra.

04:21
Le forze sioniste arrestano Ahmad Ewes dal campo profughi Aida.

04:26
Le forze sioniste arrestano Fadi Abu Wasfi dal campo profughi Aida.

04:49
Le forze sioniste arrestano Yahya Sa’adah dalla zona di Jabal Al-Mawaleh.

Omini di stato,stupratori in divisa…

14 giugno 2012 12 commenti

Assolutamente difficile per me parlare dello stupro avvenuto in una balorda notte innevata a L’Aquila, città che amo profondamente.
Ne avevo scritto un po’, con somma fatica,
a fatti avvenuti da poco,
quando i playmobile del 33° Reggimento Aqui erano tornati in servizio, a pattugliare le strade di una città anch’essa stuprata,
malgrado ben tre di loro fossero coinvolti in uno stupro selvaggio,
che per una carrellata di eventi fortuiti non s’è trasformato in un omicidio.

La merda

Barbaro.
Di un uomo (uno??) che sevizia una donna, una giovanissima donna,
con un oggetto di ferro, fino a lasciarla agonizzante a terra, in una pozza di sangue a sporcar la neve,
fino a quelle tante ore di sala operatoria, a ricucire un utero totalmente sventrato dal caporale Francesco Tuccia,
da ieri agli arresti domiciliari.

Non mi piacciono i discorsi che paragonano le condanne e quindi le decisioni dei tribunali di sorveglianza..
ma sono a meno di un mese dal rigetto dell’affidamento in prova ai servizi sociali del mio compagno, Paolo Persichetti,
condannato per un fatto avvenuto nel lontano 1987,
e che ancora, a meno di tre anni dal fine pena, non ha diritto a dormire una notte con me e con il suo bambino.
Francesco Tuccia invece dorme nel suo letto…ed io, che son contro il carcere, che rabbrividisco per la privazione di libertà di chiccessia…rimango attonita.
Vorrei conoscere, ogni giorno di più, uno ad uno i giudici dei tribunali di sorveglianza di questo paese di merda, dove la galera te la fai (tutta, fino all’ultimo giorno) solo se i tuoi reati son politici, solo se contrasti lo Stato e i suoi apparati.
Qui si legge chiaramente che non è esclusa la possibilità di reiterazione del reato eppure si concedono i domiciliari : perfetto!
Un soldato, un uomo di Stato, un perfetto stupratore (leggete a questo link della conferma dei 12 anni di carcere per Massimo Pigozzi, poliziotto già condannato per le torture di Bolzaneto del G8, per violenza sessuale su quattro donne nelle camere di sicurezza di quella maledetta caserma) …

Vi allego il comunicato comparso sul sito 3e32 scritto dalle varie componenti del movimento aquilano:

La notizia della concessione degli arresti domiciliari al militare Francesco Tuccia, accusato di tentato omicidio e violenza sessuale nei confronti di una studentessa universitaria laziale ci induce a una serie di considerazioni con le quali intendiamo contribuire a mantenere viva  l’attenzione su questa vicenda.

Mentre il presunto colpevole continua a negare la violenza, sostenendo l’inverosimile teoria di un rapporto consenziente, il suo avvocato non ci dispensa neanche stavolta dalle ennesime parole fuorvianti e scorrette come quelle secondo cui dopo tre mesi di detenzione il suo assistito avrebbe “imparato la lezione”, quasi che fossimo di fronte alla marachella di un bambino.

Parole che ci sembrano la spia di un contesto culturale allarmante nel quale ben comprendiamo l’amarezza e i timori con cui la vittima e la sua famiglia hanno accolto la misura dei domiciliari all’ex-caporale.

A tal proposito ci chiediamo: se l’accusato si fosse macchiato dei soli reati di tentato omicidio e lesioni -magari durante un tentativo di rapina – quale sarebbe stata la valutazione del giudice?

Di fronte ai casi di violenza sessuale e stupro – reato gravissimo, anche se solo dal 1996 è considerato tra i reati contro la persona –  i giudici (spesso maschi) sembrano più propensi al garantismo e inclini a un atteggiamento mentale e, quindi, “culturale”, non altrettanto inflessibile e severo, come per esempio nei  reati contro il patrimonio. Come se i beni mobili o immobili valessero più dell’integrità fisica e mentale di una donna.  Quello stesso garantismo che vediamo applicato in questi casi, vorremmo vederlo sempre e comunque, indipendentemente dalla natura del reato e dall’identità e  appartenenza nazionale e  sociale dell’indagato. Perché è difficile non chiedersi cosa sarebbe accaduto sin dall’inizio di  questa vicenda se l’indagato non fosse stato un caporale dell’esercito.

Anche le modalità ed il linguaggio utilizzati dai mass media per parlare di casi di violenza contro le donne riflettono il livello di arretratezza culturale del nostro paese: morbosa curiosità per particolari che ledono sempre la donna ed il suo diritto alla riservatezza, grande affanno per stabilire se la donna violentata o uccisa sia una “brava persona”, perché, in caso contrario, scattano subito le attenuanti per il maschio e via via il disinteresse per una storia che non fa più notizia.

Mentre le donne continuano la lotta per superare le violenze subite, circondate dall’indifferenza complice di chi sceglie sempre di non vedere, perché la violenza degli uomini interroga in profondità le coscienze delle donne e degli uomini e, proprio per sottrarsi a ciò, si sceglie di non nominarla mai.

Rinnoviamo la nostra solidarietà alla ragazza ed alla sua famiglia e continuiamo a rivendicare il diritto per tutte e tutti di vivere libere/i dalla violenza maschile, che solo in Italia e solo dall’inizio dell’anno ha ucciso 58 donne.

Auspichiamo che l’informazione e i media vogliano  tenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla violenza di genere, i cui dati allarmanti ci sembrano gravemente sottovalutati.

Collettivo Fuorigenere, Comitato 3e32 , Centro Antiviolenza per le Donne, Associazione Biblioteca delle Donne “Melusine”


La rivoluzione in Tunisia vuole ricominciare: “Via la nuova dittatura, ci vuole una nuova rivoluzione”

9 aprile 2012 1 commento

A tutti coloro che evitano di parlare delle “primavere arabe”,
a tutti coloro che lo fanno strumentalmente parlando solo di Libia e Siria per cercare di convincerci che ci sia per forza la mano occulta imperialista dietro a chi alza la testa,
a tutti coloro che si sentono proprietari della rivoluzione, intrisi di occidente becero, pronti a dare dei salafiti, come dei sionisti, a chiunque ci metta la faccia e il cuore per cercare di capire i cambiamenti del Nord Africa e del Medioriente,
a tutti coloro che si schierano con gli Hezbollah per difendere Assad, parlando di “asse del bene”  usando gli stessi linguaggi e criteri geopolitici del dipartimento di stato americano,
a tutti coloro che attaccano chi scende in piazza dandogli dei pericolosissimi Fratelli Musulmani sunniti,
prendendo le loro parole dalle componenti sciite ( mamma mia si arriva anche a questo in Italia) senza nemmeno conoscere le varie componenti che da mesi e mesi riempiono le piazze arabe, da Tunisi a Manama…

leggete quel che accade nelle strade di Tunisi,
leggete come siamo solo all’inizio.
Leggete e capite quanto c’è da imparare ed amare nei giovani maghrebini e mashreqini che scendono in piazza
sfidando qualunque tipo di repressione.
LUNGA VITA ALLE RIVOLUZIONI CHE SI AFFACCIANO PER LE STRADE DEL MONDO,
E CHE COMBATTONO CONTRO TUTTO E TUTTI, PER LA LIBERTA’…quella vera.
Ringrazio Infoaut per l’articolo e per gli aggiornamenti che seguiranno:

Duri scontri nel centro di Tunisi tra manifestanti e polizia che sta facendo ampio uso di lacrimogeni caricando un partecipatissimo corteo. Sembra che alcuni militanti del sindacato UGTT ed esponenti della società civile e dei partiti della sinistra radicale (come Hamma Hammami del Partito dei lavoratori tunisini) siano stati selvaggiamente pestati e poi arrestati. Alle 10am l’appuntamento era sull’Avenue Mohamed V con l’obiettivo di dirigersi verso l’Avenue Bourguiba interdetta alle manifestazioni da un provvedimento imposto dal Ministero degli Interni. Quest’ultimo approfittando dello show architettato lo scorso 28 marzo dalle fazioni salafite nel centro della città aveva promulgato il divieto a manifestare sull’Avenue Bourguiba, decisione contestata dai movimenti di lotta che fin da subito hanno tentato di respingere la provocazione congiunta di salafiti e polizia

Sabato 7 aprile un grande presidio organizzato dal Coordinamento dei Diplomati Disoccupati era stato attaccato dalle forze dell’ordine che a suon di manganellate e lacrimogeni erano riusciti a scacciare dal centro (dopo una lunga resistenza) i disoccupati in lotta. E da settimane andava avanti la repressione contro l’associazione dei martiri e dei feriti della rivoluzione che più volte hanno tentato di avvicinarsi al Ministero dei Diritti dell’Uomo per far sentire le proprie ragioni contro un ministro che da quando si è insediato, al di là di qualche futile sortita mediatica, ha risposto ordinando pestaggi e provocazioni poliziesche contro l’associazione.

Insomma la misura era colma per la piazza di Tunisi che in queste ore è tornata a battersi gridando “ il popolo vuole la caduta del regime!”, “viva la Tunisia, viva i Martiri”, “no alla nuova dittatura, ci vuole una nuova rivoluzione”. Ma lo slogan che oggi assume un valoretunis_2 davvero importante per la Tunisia post Ben Ali è quello che recita: “il popolo tunisino è un popolo indipendente, noi non vogliamo né il Qatar né gli USA!”, il 9 aprile è infatti la data che ricorda i martiri tunisini della lotta anti-coloniale contro i francesi, una data dai fortissimi lineamenti politici che oggi viene intelligentemente curvata dal movimento tunisino contro quei paesi che tramite politiche di debito e investimento (orientato verso le lobby affaristiche delle fazioni islamiste più o meno moderate) stanno tentando di scippare la rivoluzione alla Tunisia alle prese con un fragile termidoro islamista.

In questi minuti apprendiamo che gli scontri si stanno allargando anche ai quartieri limitrofi del centro di Tunisi con il proletariato giovanile della zona impegnato a dare manforte come sempre al movimento rivoluzionario. E’ la stessa piazza che solo un anno fa ha imposto il “game over” al rais Ben Ali e che ora torna a muoversi per staccare direttamente la spina a quella macchina perversa di un regime che tramite elezioni farsa e vesti moderate islamiste credeva di poter ricominciare a rapinare impunemente il popolo tunisino. Il 9 aprile in Tunisia non è più da oggi una ricorrenza retorica ma sta divenendo barricata su barricata, pietra su pietra, slogan dopo slogan una giornata della rivoluzione, della nostra rivoluzione globale contro l’1% del vecchio regime…

Seguiranno aggiornamenti… intanto ci uniamo allo slogan “Tahya Tunes”, “Forza Tunisia” con l’augurio che sia l’inizio della fine di questo breve termidoro!

 

Tahrir: con i cadaveri trascinati dalla polizia nella spazzatura

20 novembre 2011 11 commenti

QUI SI CONTANO 8 CADAVERI

Nessuna parola, se non che dal primo giorno che ho vissuto e calpestato quei marciapiedi, pensavo che sarebbe per forza dovuta finire così.
Elezioni non ce ne saranno probabilmente: sarebbero state una farsa, io ero stretta stretta a braccetto con chi le avrebbe boicottate…
ma anche quello ora come ora non è che un miraggio…ad una settimana dall’inizio.
NO AL CONSIGLIO SUPREMO DELL’ESERCITO
NO SCAF
NO AI TRIBUNALI MILITARI


Tahrir: i proiettili (italiani) fischiano di nuovo!

20 novembre 2011 2 commenti

Purtroppo non ho modo di mettermi a scrivere.

La rabbia contro lo SCAF, fotografia di Hossam El Hamalawy

Zero tempo di condividere con voi quel che provo nel vedere i proiettili fischiare in piazza Tahrir,
nel vedere quella rabbia in quegli sguardi che ho conosciuto felici.
Non ho modo di dirvi quanto sostengo tutti coloro che si stanno mobilitando contro l’esercito, contro i tribunali militari che lavorano a pieno regime come se nulla fosse cambiato.
E infatti è cambiato poco: insieme a Mubarak bisognava spazzare via anche lo SCAF e il suo potere…
non l’avevano capito, si son fidati.
Ora è tutto più chiaro. Ora le strade son di nuovo piene, contro quello che sarebbe dovuto essere IL nemico dal primo secondo.
Ora si lotta per la libertà quella vera, iniziando dalla liberazione di tutti i prigionieri
FREE MAIKEL NABIL, FREE ALAA, FREE ALL POLITICAL PRISONERS!

Buonafortuna compagni cari.
Perchè di compagni ce ne son tanti, che la nostra stampa islamofobica proprio non lo vuole dire!

QUI l’archivio sull’Egitto e la sua rivoluzione tutta da fare

I proiettili di ieri...italianissimi!

Egitto: lo SCAF ha stufato, ora hanno Alaa. BASTA: TUTTI LIBERI!!

30 ottobre 2011 3 commenti

Ora c’è  ‘Alaa nelle mani del consiglio supremo delle forze armate egiziane (SCAF).
A pochissimi giorni dall’ennesimo funerale in piazza Tahrir, di un ragazzo ucciso dalla tortura, abbiamo un compagno, un comunista, un blogger, un giovane rivoluzionario nelle loro mani.

Ecco il bel faccione di Alaa, fotografato da Hossam el-Hamalawy

Appena una decina di giorni fa si trovava a San Francisco, invitato dagli attivisti delle accampate americane per un viaggio statunitense in cui avrebbe raccontato, e così è stato, la sua esperienza di “rivoluzionario” egiziano.
Alaa Abd El Fattah non è mai mancato per le strade, per gli scioperi, per le manifestazioni che hanno attraversato e mutato l’Egitto in questi ultimi mesi, da poco prima del 25 gennaio ad oggi: non son mai mancati i suoi commenti e le sue analisi, da militante comunista,
i suoi folti capelli ricci e neri non hanno mai smesso di riempire le fotografie delle mobilitazioni,
anche e soprattutto quelle contro l’esercito, che doveva garantire una transizione e invece sembra stia solo garantendo la prosecuzione del regime di Mubarak, senza il Faraone seduto sul trono.
Alaa mentre era in Egitto ha ricevuto la comunicazione di una chiamata in tribunale militare…
sulla sua pagina Twitter c’ha avvertito a tutti che stamattina si sarebbe obbligatoriamente dovuto recare lì, a rispondere a chissà che cosa.

Per ora ha ricevuto una condanna a quindici giorni, per essersi rifiutato di rispondere.
Carcere militare, tribunale militare: tutto quello contro lui l’amico Alaa ha sempre lottato e cercato di mobilitare più persone possibili.
Non poteva rispondere a domande di militare; non accetta quel tribunale, non lo riconosce da civile che è, giustamente.

La campagna FreeAlaa esisteva prima delle gloriose giornate della rivoluzione poi tradita dagli anfibi,
ora ci risiamo, sperando che questi quindici giorni siano effettivi, che non sia una sola ora di più,
e che a causa di questa detenzione Alaa possa assistere alla nascita di suo figlio,
visto che Manal, sua moglie, è all’ottavo mese di gravidanza.

Ricordiamoci che c’è ancora Maikel, in condizioni disperate
e che Mina invece non c’è più…
E che più di 12.000 persone son passate per i tribunali militari egiziani dal 25 gennaio

Egitto: attaccati i manifestanti. Il vecchio regime va a gonfie vele…

15 Maggio 2011 1 commento

Cavolo. Come si innervosisce facile questa polizia egiziana. Eppure non è stata così rapida nell’intervenire ad Imbaba, qualche giorno fa, in quel delirio interreligioso che ha fatto una manciata di morti. In tarda serata, oggi, un fittissimo lancio di lacrimogeni,praticamente tutti a colpire sul corpo dei manifestanti che presidiavano l’ambasciata israeliana, nel giorno della Nakba, e dell’uccisione di 10 persone, tra i diversi confini “violati” d’Israele (la Palestina occupata da Gaza, Libano e Giordania, e le Alture del Golan occupate). Nessun movimento brusco, nessuna provocazione od assalto, la piazza è stata attaccata improvvisamente: alla nostra mezzanotte si contano già 25 persone ferite e un ragazzo in fin di vita.
La quantità di manifestanti, da quel che batte la rete in modo frenetico è in continuo aumento, in un’atmosfera che in molti descrivono simile a quella di Tahrir, che visto il livello di repressione stasera sembra essere più che lontana. Il regime di Mubarak è solido al suo posto…per la liberazione c’è molto da fare ancora popolo di piazza Tahrir…

Siria: ora è Lattakia, ma sta entrando l’esercito

26 marzo 2011 Lascia un commento

Dall’Hauran da dove è iniziato tutto, estremo meridione del paese, le notizie più allarmante di oggi vengono da Lattakia, città marina e vicina al confine turco, ridente cittadina vacanziera e a maggioranza alawita, da cui proviene la famiglia Assad e quelle a lei alleata. 
L’ultimo testimone intervistato da al-Jazeera, Wael, racconta che suo fratello è stato ucciso con un colpo alla testa, e che dopo l’arrivo in ospedale non hanno più avuto modo nemmeno di riavere il corpo. Racconta, come molti altri testimoni, che forze di sicurezza e agenti in borghese hanno sparato indiscriminatamente sulle persone e che molti colpi letali sembrano esser giunti da un vero e proprio cecchinaggio.
Un ragazzo che stava partecipando ad un’assalto ad una sede del Baath è stato colpito alla testa ed è morto sul colpo (c’è il video su al-jazeera english), ma la polizia ha dichiarato di non esserne responsabile e che sarebbero stati “cecchini non identificati”, come nel caso di altri due ragazzi.
I giornalisti iniziano ad avere il fiato del governo sul collo: è già scattata l’espulsione per Khaled Oweis, capo ufficio della Reuters a Damasco.

ORE 22.00: drastico cambio della situazione. Il giornalista di al-jazeera Ali Wajih conferma che l’esercito è entrato a Latakia “in modo massiccio” per riportare l’ordine, cosa che ancora non era mai successa.
Fino a questo momento i militari erano rimasti ai margini delle proteste e controllavano prettamente la gestione dei posti di blocco vicino a Daraa e nelle altre città in fermento. Da pochi minuti sono entrati a Lattakia.

Qui una buona scheda su Lattakia, a firma di Lorenzo Trombetta dell’Ansa
Latakia, l’antica Laodicea, teatro oggi dell’uccisione di un numero imprecisato di civili da parte di ignoti cecchini appostati sui tetti della città, è il capoluogo della regione a maggioranza alawita, da cui provengono la famiglia presidenziale degli Al-Assad e i clan a lei alleati, al potere da quarant’anni. In Siria il cuore del regime non è controllato dagli alawiti in quanto comunità, ma dagli Assad e altre influenti famiglie alawite. Sono loro, minoranza nella minoranza, che tengono di fatto in pugno il Paese dietro la copertura ormai formale del Baath, partito al potere dal 1963.

Foto di Valentina Perniciaro _Esercito siriano_

Gli alawiti, una delle numerose branche della galassia sciita, assieme ai cristiani costituiscono la più consistente minoranza confessionale della Siria (il 12% della popolazione). Originari delle montagne intorno a Latakia, vivono ormai da decenni nelle principali città del Paese, mentre circa 50.000 si trovano nel vicino Libano. Da molti esponenti dell’ortodossia islamica ritenuti eretici, gli alawiti basano la loro fede su una complessa dottrina ricca di influssi cristiani, zoroastriani e anche pagani. Storicamente sedentari, si riferiscono più di tutto al loro villaggio d’origine, entità non solo geografica ma anche sociale. Ogni famiglia fa parte di un clan che, assieme ad altri, forma una tribù. Gran parte delle tribù sono organizzate in quattro grandi confederazioni, tra cui spiccano i Jurud, cui appartiene la tribù dei Kalbiyya e la famiglia Assad. Quando alla fine del 1920 i francesi smantellarono la provincia ottomana di Siria, crearono quattro staterelli confessionali, di cui uno fu ritagliato nell’area di Latakia, che divenne capitale dell’entità provvisoria. Gli alawiti in massa furono arruolati da Parigi nelle Troupes du Levant, un contingente coloniale cui partecipavano anche armeni e circassi e usato per reprimere le rivolte dei nazionalisti arabi. Da allora sugli alawiti della montagna – tradizionalmente malconsiderati dai siriani delle città, musulmani sunniti – è pesata per decenni l’etichetta di collaborazionisti del nemico. Con l’avvento al potere del Baath ma soprattutto con l’ascesa nel 1970-71 del generale Hafez al-Assad, gli alawiti hanno trovato riscatto. Arruolati per lo più nell’esercito e nelle sezioni locali del Baath, non tutti sono stati però ammessi ai circoli più alti del regime. Prima di assumere il potere con un golpe militare, il defunto presidente aveva sposato una giovane appartenente al clan rivale dei Makhluf, formando una delle più salde alleanze inter-alawite della storia locale. Ancora oggi, uno degli uomini più potenti e ricchi di Siria è Rami Makhluf, imprenditore miliardario, cugino dell’attuale rais Bashar al Assad. Questi è ai vertici di un regime protetto da quattro agenzie di controllo e repressione e da tre corpi speciali tutti comandati da suoi parenti o comunque da membri di clan alleati. Dalla metà degli anni ’60, Latakia si è trasformata da dimenticato porto del Mediterraneo con un entroterra agricolo e depresso, in uno dei centri urbani e militari più importanti della Siria. Durante la recente visita nel Paese di due navi iraniane, alcune fonti hanno riferito di un accordo tra Damasco e Teheran, alleati da 30 anni, per costruire un porto navale militare proprio nell’antica Laodicea

Yemen: defezioni a catena

21 marzo 2011 Lascia un commento

A leggere solo ore e titoli di lanci di agenzia si rimane ad occhi aperti:
9.42: capo truppe terra passa con i manifestanti
10.19: alto ufficiale dell’esercito passa con i ribelli
10.29: il capo dell’esercito nella provincia di Amran passa con i manifestanti e lancia un appello affinché “tutti gli ufficiali e i soldati dell’esercito passino con l’opposizione
11.35: si unisce ai ribelli anche il governatore di Aden
poi da mezzogiorno in poi si perde il conto, i numeri si fan prendere dall’euforia “60 ufficiali nel sud-est”, “decine di ufficiali in piazza a Sana’a con i manifestanti”…poi la palla è rimbalzata ai diplomatici che qua e là, dalla Siria all’Arabia Saudita, passando per la Francia,  hanno iniziato a dimettersi e dichiarare di pensarla proprio come i manifestanti che da due mesi non mollano la piazza, con una rabbia crescente.
La risposta di Ali Abdullah Saleh, al potere da più di trent’anni è stata lapidaria e ridicola come suo solito: “resto al mio posto, il popolo è con me.”
Per ora non resta che aspettare e capire…

 

Rivoluzione d’Egitto: scope e cestini!

21 febbraio 2011 1 commento

Foto di Valentina Perniciaro _Tutto il potere al popolo_

Foto di Valentina Perniciaro _Tutto il potere al popolo_

La prima vittoria schiacciante è quella di essersi riappropriati delle strade, della parola, della socialità.
Tre settimane a dormire fianco a fianco e Il Cairo ora non riesce a smetterla con questa promiscuità, con quest’esaltazione dello stare insieme, finalmente, senza badare a nulla e  nessuno, tantomeno all’orologio e al coprifuoco.
Il “coprifuoco all’egiziana” è divertente perché non lo rispetta nessuno. Le strade si svuotano svogliatamente, più per quel senso di spossatezza che comunque inizia a colpire dopo questo mese senza quasi mai tornare a casa.
La prima vittoria schiacciante, dicevo, è proprio stare insieme e tutti, senza distinzioni religiose né di genere.
C’è la scusa di pulire poi! Ed è dilagata nel paese intero, dalla capitale ad Iskyndriya (Alessandria), dalle città dal Delta alla ribelle Suez, la più incazzosa e radicale nei giorni della rivoluzione.

Foto di Valentina Perniciaro _Mubarak chi?? 😉

Ora i giovani e i giovanissimi, che poi compongono la stragrande maggioranza di questo paese, hanno deciso che quelle sporchissime strade (incredibili!! Anche a causa degli scioperi costanti delle settimane precedenti) le ripuliranno una ad una…
e così a migliaia li vedi, a gestire le loro città e ripulirle: le piazze e le strade dove, pettorina e guanti, scope pennelli e vernice, hanno anche una fitta autorganizzazione per la gestione del traffico!
Al centro delle rotonde, questi neo-ventenni gestiscono il traffico della città dimostrando l’inutilità di tutte le divise che infestavano la città (e ci tengono a sottolinearlo in ogni conversazione)… nel frattempo volantinano e vendono i gadget della rivoluzione che qua e là producono per finanziare tutti quei barattoli di vernice con cui stanno ricolorando marciapiedi e ringhiere, panchine e pali …
Poi i giornali…è un continuo correre di ragazzini e fanciulle con fasci di giornali al braccio.
“Il popolo della rivoluzione”, “L’alba” … ogni giorno ne spunta qualcuno, venduti da attivisti e militanti in tutti i locali, infilati nelle macchine, nei milioni di taxi, tirati ai soldati che stazionano sui tank agli angoli delle strade.
Si parla, si scrive, si volantina…
i quattordicenni buttati nelle aiuole mettono per iscritto la LORO Costituzione: se ne scriveranno centinaia al giorno. In ogni strada e marciapiede, in ogni aula di scuola, nei tetti sbilenchi che vedono il sole filtrato dallo smog e dalle tempeste di sabbia dell’inizio primavera…
che atmosfera…..

Foto di Valentina Perniciaro _VIA!ANDATE VIA! L'Egitto è un paese nuovo e mai tornerà come prima!__

Il mio Egitto tra le strade…primi racconti

21 febbraio 2011 4 commenti

Difficile stare al passo con i tempi in questi giorni, soprattutto quando si prova a capire quel che accade, con i propri occhi, in un paese e nel frattempo anche tutti quelli intorno vengono giù, come tasselli di domino con la base incrinata.
Sono tornata dall’Egitto solo ieri sera e in questa settimana di aria di rivoluzione non ho mai avuto modo di aggiornare queste pagine, di riportare le conversazioni fatte, le sensazioni provate, le rivendicazioni ascoltate: poco tempo per elaborare quel bombardamento di colori e parole che ho condiviso con loro.

Foto di Valentina Perniciaro _ora che possiamo abbracciarci liberamente..._

Inizio oggi a raccontarvi un po’, a mostrarvi un po’ di quelle immagini….

Foto di Valentina Perniciaro _la missione non è terminata_

Foto di Valentina Perniciaro _la missione non è terminata_

Il nostro arrivo è stato nel pieno della preparazione del giorno della gioia e della continuazione, che venerdi ha portato, solo in Midan Tahrir al Cairo, circa tre milioni di persone.
Era un appuntamento importante ed è andato al di sopra di tutte le aspettative: inizialmente chiamata come la manifestazione in ricordo dei martiri delle giornate della rivoluzione, poi la piattaforma è mutata rapidamente.
Non una manifestazione CONTRO l’esercito, che non è proprio il caso di definirla così, sarebbe errato e controveritiero,  ma sicuramente un messaggio chiaro lanciato contro la giunta militare e le sue teste.
Tutto il potere al popolo urlavano, anche abbracciando i soldati sopra i tank che sorvegliano la città da giorni e bonariamente…
un messaggio chiaro che l’esercito deve aver recepito.
Non si torna indietro…l’esercito deve garantire la transizione, deve garantire l’arrivo alle elezioni, deve garantire ORA che le organizzazioni che stanno nascendo abbiano tempi e luoghi per costruirsi e crescere, ma deve stare al posto suo.
Il potere totale che ha ora deve rapidamente passare nelle mani del “popolo della rivoluzione”. Punto.
Su questo nessuno in quella piazza sembrava transigere , malgrado il rispetto e l’amore che sembrano tutti avere per i soldati.
C’è un rispetto infinito per quei soldati soprattutto per il comportamento che hanno avuto nei giorni della rivoluzione: tanti sono stati gli ordini non eseguiti, nulla è stato mai fatto per fermare il popolo di Tahrir, anzi.
Quel popolo ha visto i soldati non credere ai loro occhi e lanciare la propria divisa per buttarsi tra la gente (ai loro colleghi è “toccato” arrestarli per qualche ora poi)…quel popolo ha visto i capi dell’esercito chiedere di sparare sulla piazza per far tornare tutti a casa e ha visto i soldati puntare i fucili dalla parte opposta, verso la Baltagheyya a cavallo che voleva bloccare il processo rivoluzionario.

Foto di Valentina Perniciaro _Egitto libero e unito_

Quell’esercito è amato perchè è stato palesemente dalla loro parte in quelle giornate, ed anche se questo non può bastare, è stato importante in quei giorni e non possono dimenticarlo: non più un poliziotto, quello era l’obiettivo di tutti.
Quello si è ottenuto…e l’esercito non ha mosso un dito per fermare questo moto inarrestabile contro quelle divise.
L’infinito potere della polizia è cessato…non più divise blu per quelle strade, non più minacce, non più mazzette, non più violenza gratuita su tutti e tutte, sempre.
Il primo passo di questo processo di liberazione è stato spazzarli via, bruciare ogni caserma, ogni camionetta, ogni galera; nella capitale come nei piccoli centri…piazza pulita, piazza libera, piazza liberata.
Il secondo quello di stare tutti uniti, di fare per la prima volta del popolo egiziano un popolo solo, senza divisioni…e per ora la vittoria su questo fronte è schiacciante e meravigliosa.
Fratelli Musulmani, copti, comunisti … il popolo egiziano ora è uno. Variegato e felice…speriamo sappia sfruttare questo momento…

(a tra un po’, che ce ne abbiamo di cose da raccontarci…!)

Foto di Valentina Perniciaro _mai sorriso così tanto_

Le donne di Piazza Tahrir

16 febbraio 2011 4 commenti

“Scusateci, abbiamo pensato per una vita intera che voi eravate nemiche del popolo egiziano e musulmano. Scusateci se non abbiamo capito che siamo una cosa sola, anche se diversi!”

E’ stata una delle frasi più ripetuta nelle giornate e notta di Piazza Tahrir.
Chissà che colpo per un islamico integralista, per un componente della Fratellanza Musulmana, trovarsi a vivere una rivoluzione (qui, chi è più abituè della politica parla di Intifada e non di Thaura “rivoluzione…giustamente) così spontanea e soprattutto stracolma di donne.
Per notti e giorni interi uomini e donne, velate e non, hanno dormito fianco a fianco per terra, hanno rischiato la vita, si sono divisi le pietre da lanciare per difendersi… e queste sono le loro continue scuse, sia degli esponenti che della gente che ti ferma a parlare per strada.
Mai nessuno avrebbe immaginato ci fossero tutte queste donne in Egitto, te lo dicono gli uomini con visi felici ed increduli…sono tante, sono tutte bellissime, sono diverse.
C’è stato di tutto in piazza Tahrir..gli uomini dalle barbe maomettane, integralisti sunniti, hanno dovuto convivere con quelle che hanno sempre considerato puttane, serve dell’occidente: da loro invece sono stati ricuciti, da loro hanno preso volantini, accanto a loro e ai loro capelli sciolti hanno dormito e rischiato la vita.
Questa è la più bella delle rivoluzioni che ho visto in queste ore egizie: le donne guardano dritte negli occhi, le donne prendono i megafoni e urlano, le donne alzano la voce e soprattutto ridono.
C’è una forte riappropriazione della propria libertà, in tutti i campi.
Questo è un popolo che non ha mai potuto parlare, ballare, bere e giocare, nè tantomeno organizzarsi e fare politica: è un popolo che nella sua millenaria storia ha vissuto solo oppressione e repressione.
Ora hanno cacciato via tutte le divise…
ora si riuniscono, creano movimenti e partiti, non mollano le strade, non mollano le rivendicazioni nei posti di lavoro…non mollano.
E come si potrebbe tornare indietro…ormai la libertà la stanno assaggiando, gli sguardi di un intero popolo sono cambiati.
Ora qui arrivano solo i megafoni e le urla, gli slogan e i clacson festanti e in teoria tra 2 ore inizia il coprifuoco!

Belli e soprattutto BELLE!! Buon lavoro, che non state che all’inizio!
Niente foto che tempi e connessione non me lo permettono, ma tanto vi  bombarderò di scatti, solo un po’ di pazienza

S’E’ DIMESSO! L’EGITTO SEMBRA LIBERO!

11 febbraio 2011 1 commento

“Cittadini, in nome di Dio misericordioso, nella difficile situazione che l’Egitto sta attraversando, il presidente Hosni Mubarak ha deciso di dimettersi dal suo mandato e ha incaricato le forze armate di gestire gli affari del paese. Che Dio ci aiuti”
ecco le parole di Sulemain…..e piazza Tahrir esplode di gioia!

AFP PHOTO/PATRICK BAZ

Mubarak prende in giro il suo paese, ancora una volta

11 febbraio 2011 1 commento

Ascoltando e guardando le immagini in diretta da Al-Jazeera vengono i brividi. Guardando questo video vengono i brividi, almeno a me: si vede da ognuno di quei sorrisi che la rivoluzione sta passando tra le loro mani. Qualunque fine faccia questo movimento di rivolta e liberazione, sta mutando il volto di quel popolo.

E’ il diciottesimo giorno che piazza Tahrir respira quell’aria rivoluzionaria di riappropriazione della propria libertà, ma sembra essere già il più imponente. Gli inviati dell’emittente qariota ci descrivono una piazza insolitamente piena per l’orario: ma il discorso di ieri sera di Hosni Mubarak ha mobilitato anche i più timidi a scendere per le strade. La rabbia ieri è esplosa nuovamente: le parole del presidente hanno deluso tutti, le mancate dimissioni hanno lasciato attonita la piazza e il mondo intero.
Ieri sera, con una parlata quasi irriconoscibile, il presidente ha illuso per qualche minuto tutti ma poi ha dichiarato che non lascerà totalmente la presidenza fino alle nuove elezioni, passerà i poteri al suo vicepresidente, ma non se ne andrà : non se ne va, non c’è niente da fare. Un discorso quasi da martire, un discorso centrato sul dire che lui non lascerà mai il suo suolo natale, che è vissuto per l’Egitto e per l’Egitto morirà. Ha anche detto ” ai giovani e agli eroi d’Egitto” di tornare alle proprie case senza ascoltare le emittenti televisive che incitano alla sedizione. Doveva essere il discorso dell’addio, la piazza se lo aspettava in questi termini ed invece è apparsa l’ennesima presa in giro, a reti unificate.
Piazza Tahrir è impazzita di rabbia. Gli slogan sembravano rimbombare per tutto il Sahara a leggere i racconti di chi se la sta vivendo (e la mia invidia supera ormai tutti i livelli sopportabili).
La diretta tv della mattianta è chiara, le telecamere e i microfoni che raccontano queste giornate mostrano centinaia di migliaia di persone pronte a restare, a continuare, a non tornare a casa finché non ci sarà un paese libero, libero almeno da quella classe dirigente di corrotti e torturatori che hanno tenuto il timone per decenni. Non se ne vanno, malgrado anche l’esercito abbia chiesto di rientrare nelle proprie case…non se ne vanno.La libertà non si restituisce al proprio carceriere, la si tiene stretta.

El-Baradei, illustre figura dell’opposizione ed ex capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha lanciato su twitter un appello quasi disperato dopo il discorso di Mubarak: “L’Egitto esploderà. L’esercito deve salvare il paese”. I suoi commenti sulle parole di Hosni sono lapalissiani: una presa in giro colossale dichiarare di passare i poteri ad Omar Suleiman (vice presidente) senza però dimettersi, “come si può essere un presidente senza poteri?” chiede in diretta alla Cnn.
L’esercito è sempre più schierato da parte dei manifestanti: da ieri hanno messo nero su bianco il loro sostegno alla protesta e il loro supporto. Stamattina il maggiore Ahmed Ali Shouman ha riferito di “15 ufficiali ( i gradi vanno da capitano a tenente colonnello) hanno aderito alla protesta; i nostri scopi e quelli del popolo sono gli stessi, il popolo e l’esercito sono uniti”. E in effetti queste parole sembrano confermarsi da diciotto giorni dalle migliaia di immagini che arrivano da tutto il paese oltre che dalla piazza ormai simbolo di questa orgogliosa rivolta per la libertà.
Ad Alessandria, seconda città egiziana, le strade stanno già esplodendo dalle nove di questa mattina:
questo venerdì sarà bollente

Ci riaggiorniamo più tardi.

Ben Ali in fuga …

14 gennaio 2011 1 commento

23 anni al potere, e se l’è data a gambe senza nemmeno annunciare la rinuncia al potere. Ha assunto quella carica il 7 novembre 1987, dopo una carriera militare che l’aveva portato ad essere direttore generale della Sicurezza Nazionale per il ministero dell’Interno e poi ambasciatore in Polonia.  A Parigi? A Malta sotto protezione libica? Nemmeno il buon gusto di far ancora sapere dove si trova. Rieletto nel 1999 con il 99,66% dei voti e nel 2004 con il 94,5% dei consensi, aveva imposto una riforma costituzionale nel 2002 che aboliva ogni limite di durata alla carica presidenziale.
Oggi non ci fa sapere nemmeno dove si è rifugiato. Non ha rilasciato una parola al suo paese, alla popolazione che da anni controlla e reprime e che da settimane teme. Portavoci presidenziali francesi fanno sapere di non essere assolutamente al corrente dell’arrivo in Francia dell’ormai ex presidente tunisino, mentre da Malta ancora non arriva nessuna smentita né conferma.

Dalle 19 è un continuo batter d’agenzie, tutte estremamente vaghe: da pochi minuti sappiamo però ufficialmente che Mohammed Ghannouchi è presidente ad interim (è stato prima ministro per la Cooperazione internazione e gli investimenti esteri e dal 1999 ricopre la carica di primo ministro) . Durante il suo primo annuncio si è rivolto alla popolazione e alle “sensibilità politiche e sociali del paese” chiedendo di unirsi attorno allo spirito della patria..

Tunisia (4): Stato d’emergenza in tutto il paese dalle 17

14 gennaio 2011 1 commento

Davanti al ministero dell'Interno di Tunisi, poco fa (Photo credit should read FETHI BELAID/AFP/Getty Images)

FLASH ORE 19: AL-JAZIRA COMUNICA CHE BEN ALI STAREBBE PER LASCIARE LA GUIDA DEL PAESE. TRA POCHI MINUTI DOVREBBE ESSERCI L’ANNUNCIO UFFICIALE, MENTRE GIRANO VOCI CHE LUI SIA GIA’ A PARIGI o a MALTA SOTTO PROTEZIONE LIBICA. I SUOI FAMILIARI SONO STATI ARRESTATI

Ieri sera e questa mattina i nostri media cercavano di dirci che la situazione stava tornando sotto controllo, che il presidente avrebbe abbassato i prezzi, ordinato ad esercito e polizia di smettere di sparare, che non si sarebbe ricandidato alle prossime elezioni…addirittura cercavano di dire che le settimane turistiche primaverili prenotate nelle coste tunisine non dovevano essere annullate perchè la situazione sarebbe velocemente rientrata in tutto il paese.  In realtà sono stati rimossi tutti i membri dell’attuale governo con la promessa di elezioni anticipate entro 6 mesi,  in pieno pomeriggio è stato dichiarato lo stato d’emergenza (quindi anche il coprifuoco) in tutto il paese a partire dalle 17 e il conto dei morti solo a Tunisi degli scontri della tarda serata di ieri è di 13 ragazzi uccisi dai proiettili di polizia ed esercito. E’ stato tentato l’assalto da parte di molte centinaia di persone della sede della banca centrale e del Ministero dell’Interno che la polizia ha difeso con un massiccio lancio di lacrimogeni e molti spari.

Le ultimissime parlano di spazio aereo chiuso e aereoporto di Tunisi occupato dall’esercito, coprifuoco in TUTTO il paese dalle 18 alle 6 di domani mattina per “preservare la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia dei beni”. “E’ vietata ogni riunione di più di tre persone sulla pubblica via.

(Photo credit should read FETHI BELAID/AFP/Getty Images

Le forze di sicurezza e dell’esercito nazionale possono fare uso delle armi contro qualsiasi persona sospetta che non rispetti l’ordine di fermarsi o che cerchi di fuggire”. Poco dopo l’annuncio dello stato d’emergenza, alle 17, si sono udite sparatorie nel centro di Tunisi di cui ancora si sa poco, mentre sta bruciando in questi minuti la stazione centrale (a pochi passi dall’ambasciata italiana) e una concessionaria di auto di proprietà di un familiare di Ben Ali. Ansamed ci dice da pochi minuti di incendi in corso a Le Kram (periferia settentrionale di Tunisi) vicino alla zona fieristica dove la popolazione sta accorrendo sulla spiaggia per sfuggire al fumo asfissiante di cui ancora non si conosce l’origine. Incendi anche a Radsh, dove bruciano due banche, il commissariato, il municipio e la sede locale dell’ufficio delle finanze, senza che alcun uomo in divisa si veda nei paraggi.

L’unica notizia positiva è la liberazione di Hamma Hammami, leader del Pcot, arrestato mercoledì mattina a Tunisi nella sua abitazione poco dopo aver rilasciato un’intervista.

QUI le precedenti notizie sulla rivolta del carovita tunisina di questi ultimi giorni

Tunisia (3): morti su morti, anche oggi. Un bollettino agghiacciante

13 gennaio 2011 2 commenti

Mentre il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali fa annunciare al suo primo ministro che si provvederà ad abbassare i prezzi di quei prodotti base che in questi ultimi giorni sono vertiginosamente aumentati, la situazione degenera ancora una volta. Le notizie si susseguono frettolose…Appena un’oretta fa si cominciava a parlare di fumi provenienti da barricate nel centro di Tunisi e anche del fischio di qualche pallottola, ora invece i bollettini hanno altre parole d’ordine, ogni momento più drammatiche. La polizia sta aprendo il fuoco contro un folto gruppo di manifestanti in Rue de la Libertè e in Rue Palestine (proprio così) in pieno centro e contemporaneamente sta blindando interi quartieri della capitale, come nella zona di via La Fayette. In pochi minuti siamo già ad altri due morti da aggiungere alla lunga lista pubblicata poco fa ed un ferito in condizioni drammatiche: tutti sembrerebbero essere stati colpiti in avenue de Lyon, così riferisce da pochi minuti FrancePresse.

Nelle ultime ore invece arrivano diverse notizie dalla città di Gafsa e altre, più drammatiche da Gabes.

Una violenta manifestazione in quest’ultima città (importante centro minerario del paese) avrebbe già un bilancio di 6 morti. Da Gafsa ci arrivano notizie attraverso le parole di un sindacalista in collegamento telefonico con al-Jazeera “«In questo momento la città di Gafsa versa in uno stato di anarchia completa con bande che stanno saccheggiando liberamente i negozi del centro. Questa mattina c’era stata una manifestazione sindacale caricata dalla polizia che è intervenuta con il lancio di gas, ferendo 4 persone – ha affermato – subito dopo la polizia si è ritirata e sono giunte in città bande di incappucciati che stanno saccheggiando i negozi». Secondo il sindacalista «si tratta di bande organizzate e legate al governo perché hanno come obiettivo quello di screditare il movimento di protesta e di portare il terrore tra i cittadini».

Io quando posso provo ad aggiornare

Tunisia…siamo arrivati a 66 morti

13 gennaio 2011 5 commenti

Ci sono 58 nomi e cognomi, quindi almeno questo numero purtroppo si può confermare. Cinquantotto morti ammazzati dalle pallottole e dalla repressione del governo, della polizia e dell’esercito tunisino, dall’inizio dei tumulti contro il carovita, iniziati il 17 dicembre scorso.
E’ al-Arabiya che, citando fonti di alcune organizzazioni per i diritti umani tunisine, ci racconta nome per nome gli ultimi minuti di questi giovanissimi uccisi. E’ lo stesso Souhayr Belhassen, presidente del FIDH (Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell’uomo) a dirci che a questo bilancio vanno aggiunti altri otto nomi, di persone uccise nel corso della lunga notte precedente, nella periferia di Tunisi.
Oggi ci sono stati diversi momenti di scontri finchè l’esercito non ha deciso di battere in ritirata lasciando nel centro città la gestione alle poche camionette di polizia posizionate nei punti nevralgici: poco fa è ricominciato un finto lancio di lacrimogeni intorno a Rue de Rome dove centinaia di manifestanti stavano tentando di arrivare ad Avenue Bourguiba. La situazione più critica stamattina sembra essere a Biserta, città vicino a Tunisi dove l’esercito è schierato per le strade da ieri sera in modo massiccio: le agenzie di tutto il mondo non fanno altro che battere notizie sui saccheggi che sono avvenuti nella cittadina appena la polizia s’è ritirata per lasciare mano libera all’esercito, che non sta ancora intervenendo.
Poco dopo però (lo riferisce l’Ansa) alcune decine di giovani hanno formato un corteo spontaneo per tentare di fermare i saccheggi e la distruzione dei negozi: molti tra la popolazione sostengono che siano stati organizzati e pianificati dalla polizia, «Non vogliamo saccheggi, la polizia è andata via perchè qualcuno li potesse fare. Noi non vogliamo saccheggi, sono atti premeditati». Non fanno altro che ripetere questo.
Sousse invece, terza città del paese, posizionata sulla costa mediterranea, sta vivendo un partecipato sciopero generale, indetto dai sindacati di Ugtt a sostegno del movimento di protesta che sta infiammando la Tunisia: domani a Tunisi sono previste due ore di sciopero generale. La rivolta sta avvolgendo anche località famose perchè importanti centri turistici: ieri anche ad Hammamet si sono registrati due morti, mentre a La Marsa e Sidi Bou Said la situazione sta rapidamente precipitando. Forse con questi nomi e queste località in fiamme il mondo si accorgerà di qualcosa.
Yalla Shabab, non vi lasciamo soli

AGGIORNAMENTI QUI

Strage di civili nel Delta del Niger

4 dicembre 2010 Lascia un commento

E’ strage vera e propria in Nigeria, nella regione del Delta del Niger, roccaforte dei ribelli del Delta del Niger.

L’incursione dell’esercito è stata decisamente pesante e le notizie che arrivano nel nostro occidente completamente mediatizzato sono contrastanti e vaghe. Misna ci parla di bombardamenti da ieri mattina e di 50 morti bruciati vivi dentro le case nel villaggio di Ayakoromo: l’unità speciale dell’esercito cerca i ribelli bruciando vive famiglie.
L’Ansa riferisce di 150 vittime civili,
L’obiettivo principale dell’incursione era catturare John Togo, uno dei principali comandanti militari della Forza di liberazione del Delta del Niger (Ndlf), organizzazione che, al contrario del Mend, non ha aderito al programma di amnistia avviato lo scorso anno dal governo. Il quotidiano nazionale nigeriano The Vanguard invece minimizza l’azione delle squadre speciali, parlando di appena quattro morti in villaggi usati come base dal gruppo ribelle.
Basta, poco altro si riesce a sapere da quelle terre lontane e fertili, dove il petrolio sgorga come il sangue dei civili, vittime di uno sfruttamento territoriale che sta risucchiando le energie di un’intera popolazione.

 

Brutte notizie dalla Turchia

11 dicembre 2009 1 commento

Tanto perchè pochi giorni fa avevo pubblicato notizie positive dalla Turchia, di un’iniziale apertura verso la popolazione kurda, con l’apertura di una televisione e la possibilità di parlare ed ascoltare la propria lingua.

I giorni scorsi nelle strade di un po’ tutte le  città e i villaggi kurdi nella zona occupata dalla Turchia, si è manifestato e la popolazione ha fatto scoppiare la propria rabbia per le condizioni di detenzione di Ocalan dopo 10 anni di totale isolamento nel carcere di Imrali e per il processo che si stava aprendo contro il DTP, principale partito kurdo. A Diyarbakir hanno manifestato decine di migliaia di persone con momenti anche di forte tensione e scontri con la polizia caratterizzati dal lancio di pietre e molotov e dalla risposta con gas lacrimogeni, spari in aria, uso degli idranti e pesanti cariche hanno portato la morte di un ragazzo di 23 anni e il grave ferimento di un 17enne.

Aysel Tugluk, deputata del DTP

DI POCHI MINUTI FA E’ INVECE QUESTA GRAVE NOTIZIA:
La Corte Costituzionale turca, la massima istanza della magistratura, ha deciso oggi la chiusura del Partito per una Società Democratica (Dtp), il principale partito filo-curdo del Paese, accusato di collegamenti con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk, separatista e fuorilegge). Lo ha reso noto l’emittente privata Ntv. La decisione della Corte Costituzionale turca prevede che la maggior parte dei 21 deputati del Dtp e 37 membri del partito non possano partecipare alla vita politica per i prossimi cinque anni. Più dure le sanzioni decise nei confronti del leader del partito, Ahmet Turk, e della deputata Aysel Tugluk, che hanno perso il diritto di essere ancora eletti al Parlamento. Inoltre tutti i beni del partito saranno confiscati e versati nelle casse del Tesoro.

Da Hurriyet leggiamo:
Il caso di chiusura è basato su una lista di 141 denunce presentate da Abdurrahman Yalcinkaya, procuratore capo della Corte Suprema d’Appello. Il partito è stato accusato di collegamenti con il fuorilegge Partito dei lavoratori curdi, o PKK, che combatte le forze armate turche nel sud-est del paese da oltre due decenni.
I membri del DTP a cui è stata interdetta l’attività politica sono: Abdulkadir Firat, Abdullah İsnaç, Ahmet Ay, Ahmet Ertan, Ahmet Turk, Ali Bozan, Ayaz Ayhan Aydin Budak, Ayhan Karabulut, Aysel Tugluk, Bedri Firat, Cemal KUHA, Deniz Yesilyurt, Ferhan Turchia, Fettah Dadas , Hacı temono che, Halit Kahraman, Hatice Adıbelli, Hussein Bektaşoğlu, Huseyin Kalkan, Izzet Belge, Kemal Aktas, Leyla Zana, Mehmet processo Veysi Dilek, Metin Tekçe, Murat Avci, Murat Taylor, Moses Farisoğlullar, Necdet Atalay, Demirtas Nurettin e Selim Sadak.
“Come partito non hanno sufficientemente chiarito la loro lontananza dalla violenza”, ha detto il capo della Corte costituzionale Hasim Kilic  in una conferenza stampa Venerdì. “Un partito con collegamenti al terrorismo deve essere chiuso”.

Atene e il suo albero di Natale

11 dicembre 2009 Lascia un commento

 

Lo scorso natale ateniese

Questa agenzia è verameeeeeente carina! Sempre dalla Grecia, questa volta sono notizie sull’albero di Natale di piazza Syntagma.
Quello che lo scorso anno è stato dato alle fiamme due volte 😉

Foto di Valentina Perniciaro _Atene 2008: dopo le fiamme l'albero di Syntagma è presidiato dai cordoni di polizia. Due giorni dopo sarà di nuovo in fiamme_

ANSA, 13.14_ ATENE: Il grande albero di Natale alto 15 metri che sorge al centro di Atene, nella piazza Syntagma, davanti al parlamento, è stato posto sotto «stretta sorveglianza» dalla polizia greca, per timore che si ripeta quanto avvenuto lo scorso anno, quando gruppi di anarchici lo dettero alle fiamme sulla scia dei disordini seguiti all’uccisione del giovane Alexander Grigoropoulos. «Vogliamo impedire che questo possa succedere ancora» hanno detto all’Ansa fonti della polizia, sottolineando che non solo l’albero, ma «tutto il Natale è sotto accresciuta protezione» nel centro della capitale. «Abbiamo posto in atto un dispositivo di sicurezza per garantire feste tranquille a commercianti e clienti» hanno spiegato le fonti. Lo scorso dicembre negozi, banche, supermarket e automobili erano stati danneggiati o distrutti dalla furia della protesta. Ieri, in occasione di due delle ricorrenti manifestazioni studentesche, una ventina di agenti della polizia speciale erano stati posti intorno al grande albero, che continuerà ad essere pattugliato durante tutto il periodo delle feste. L’abete è inoltre protetto dalle guardie di un’impresa privata, la ‘Champion Security’. «Siamo stati sempre noi a garantire la sicurezza dell’albero, anche gli scorsi anni, ma dopo quanto successo l’ultima volta, adesso c’è anche la polizia a darci manforte» ha detto all’Ansa uno dei due agenti privati che 24 ore su 24 sorvegliano il grande simbolo del Natale, che quest’anno è inoltre circondato da una barriera metallica protettiva.

Atene, al terzo giorno di insurrezione

8 dicembre 2009 Lascia un commento

Photo di Milos Bicanski

 

Ancora dall’Ellade che insorge.
Intanto vi consiglio di cercarvi video delle manifestazioni, per capire realmente l’imponenza della cosa
Questa mattina c’è stata una manifestazione di studenti medi davanti al carcere di Koridallos, con pesanti cariche e scontri.
Una buona notizia è che i 22 compagni del Resalto sono tutti liberi per decisione della magistratura, visto che il presidente del municipio di Keratsini (dove si trova lo spazio sociale autogestito) ne rivendica la legittimazione e denuncia l’abuso di potere compiute dalle forze dell’ordine durante il raid. 

Ieri in piazza è scesa buona parte della Grecia: cortei a Mitilene, Lefkada, Paros, Larissa, Rodi, Chania, Iraklion, Kalamata, Katerini, Zante, Tripoli, Samos, Volos. A Kozani comune occupato. Salonicco brucia!

Pochi minuti fa invece è stata battuta quest’interessante agenzia: Agenti in borghese e incappucciati dei reparti speciali (Mat) hanno coadiuvato la polizia nella repressione delle manifestazioni di ieri a Chania, Creta. Lo rivela un video diffuso dalla emittente TVXS nel quale si vedono chiaramente uomini con gli stessi cappucci indossati solitamente dagli anarchici affiancare la polizia durante una manifestazione ieri per l’anniversario dell’uccisione del giovane Alexandros Grigoropoulos. Nel video si ode la folla di studenti insultare i poliziotti mascherati definendoli «nazisti incappucciati» e «assassini».
 

Foto di Milos Bicanski

Da Atene, nel secondo giorno di fuoco e lotta, per Alexis

7 dicembre 2009 Lascia un commento

Provo a fare un piccolo resoconto della giornata di oggi, attraverso i racconti di Anubi, che si trova in corteo e le agenzie che vengono battute qua e là.

Il corteo partito due ore fa “contro la nuova Giunta” è stato mastodontico ed è ancora in corso, con l’appoggio di 3 ore di sciopero generale proclamate dalla metà di sindacati. Un corteo composto da decine di migliaia di studenti medi, uniti a quelli universitari e ai docenti: i più piccoli hanno attaccato la polizia con arance e pietre a Propileia. Un commissariato è stato attaccato a Pathison, e poi sono partite cariche pesante dei MAT schierati ovunque, soprattutto nella zona di Syntagma.
Raid e arresti continuano incessantemente.

 Ieri avevamo parlato di un’aggressione subita dal rettore dell’università di Atene, il 64enne Christos Kittas, docente di istologia ed embriologia. Le agenzie stampa parlavano di gravissime condizioni a seguito di alcune sprangate in testa e anche di un arresto cardiaco immediatamente successivo all’aggressione. Dopo poche ore dal primo lancio di agenzia un’altro dichiarava che le sue condizioni sembravano decisamente gravi. In realtà non s’è fatto proprio nulla, come è possibile constatare dalle foto pubblicate su Indymedia Athens in cui si vede chiaramente che esce dall’ateneo camminando con il telefono in mano, sorretto da due persone. Certo non un uomo in fin di vita con la testa aperta, non un “tentativo di assassinio” come tutta la stampa si era mobilitata a dichiarare immediatamente. 

Gli italiani arrestati l’altro ieri sera alla vigilia del grande corteo di ieri, sono stati rilasciati a piede libero in attesa di processo, che inizierà il 16 dicembre.

 La situazione in questo momento è “stabile” nel suo delirio. Le facoltà sono isolate l’una dall’altra: Legge è completamente circondata dai MAT e dal gruppo Delta con le sue moto, che arrestano chiunque provi ad avvicinarsi: il Politecnico è ancora luogo d’asilo per tutti, ma sotto un bombardamento di lacrimogeni che non è praticamente mai cessato da ieri…
Vi metto un altro comunicato proveniente dal Politecnico

COMUNICATO DEL POLITECNICO OCCUPATO, ATENE 07/12/2009

Visto che i governanti non dichiarano nulla, lo faremo noi.
Visto che i media non collegano nulla, lo faremo noi.
Il raid militare contro lo spazio anarchico Resalto a Keratsini.
Uno spazio di intervento e controinformazione che, come tutti gli spazi di lotta, non ha mai nascosto la sua ostilita’ a chi reprime e la sua solidarieta’ ai repressi, apertamente e pubblicamente.
… qualcosa che disturba il governo.
L’arresto, la stessa notte, di tutti quelli che si sono riuniti in appoggio ai compagni in una piazza vicina e dintorni, nella sede del municipio di Nikea, cosi’ come di tutti quelli convenuti sul luogo dell’assassinio di Alexis Grigoropoulos un anno fa.
… qualcosa che disturba il governo.
Atene occupata dalla polizia, i 13mila agenti, le perquisizioni corporali, il blocco del Politecnico, la loro ansia di reprimere la manifestazione del 6 dicembre.
… ma il governo sara’ ancora piu’ irritato.
Il piano di terrore che egli ha messo in pratica e’ destinato a fallire.
I colleghi dell’assassino che razziano Atene oggi non provocano paura, provocano rabbia.
Gli arresti dei compagni e le pesanti accuse a loro carico non provocano disagio, inducono alla solidarieta’.
Gli attacchi a spazi, occupazioni e luoghi di lotta non portano isolamento, ma sempre maggiore tenacia e cospirazione.

– NESSUNO OSTAGGIO NELLE MANI DEGLI ASSASSINI
– LIBERTA’ PER I 22 COMPAGNI DI RESALTO ACCUSATI DI REATI GRAVI E AI 43 COMPAGNI SOLIDALI CHE SONO STTO PROCESSO PROPRIO ORA DAVANTI ALLA CORTE DEL PIREO.
– LIBERTA’ PER I 12 ARRESTI AD EXARCHIA NELLO SHOW FABBRICATO DALLA POLIZIA.
– CONTRASTARE IL LORO PIANO CON UNA RESISTENZA TOTALE.
– RISPOSTA DI MASSA AGLI ASSASSINII, AI PESTAGGI, AGLI ARRESTI, ALLE MENZOGNE DEI MEDIA.
LORO STANNO PERDENDO LA SCOMMESSA DEL CONSENSO SOCIALE.

TUTTI NELLE STRADE.

Le compagne e i compagni del Politecnico Occupato di Atene

AGGIORNAMENTI ORE 20.00: Grazie ad Anubi si continuano ad avere aggiornamenti dalle strade in fiamme di Atene. Dopo ore di scontri tra la facoltà di giurisprudenza e Syntagma, migliaia di manifestanti si sono rifugiati all’interno del Politecnico, con al seguito migliaia di agenti dei MAT che sono entrati praticamente nel cortile.
Per non rimanere in trappola all’interno del Politecnico (lo scorso anno l’assedio del Politecnico negli ultimi giorni della rivolta fu insostenibile, soprattutto per l’aria satura di lacrimogeni, all’interno dell’edificio e tutt’intorno), con una serie di azioni e sortite, i compagni sono riusciti a creare un tunnel con il lancio fitto di pietre e bottiglie incendiarie per far uscire in corteo migliaia di persone, che hanno raggiunto  piazza Omonia per poi disperdersi. Gli scontri sono in tutti gli accessi al quartiere di Exarchia come a Stadios, Akademias e al Pireo. Anche questa serata e questa nottata si prevedono lunghe.

Le agenzie italiane non danno alcuna notizia a riguardo, ma sempre il “nostro inviato speciale” ( 😉 ) ci racconta di un ragazzo, uno studente medio, che durante il fermo è stato pestato a sangue. Sembrerebbe riversare in gravi condizioni anche se le fonti ufficiali dicono non sia in pericolo di vita.

Anche da Salonicco diverse notizie dopo due giorni di scontri e occupazioni: oggi è stato occupato il rettorato dell’università dopo la terza violazione del diritto costituzionale d’asilo all’interno degli atenei e una giornata di piazza estremamente dura, con diversi fermi collettivi. 

😉

Ultimo aggiornamento della giornata da Atene

7 dicembre 2009 Lascia un commento

Piccolo aggiornamento della situazione ateniese, intorno alla mezzanotte del primo anniversario della morte di Alexis

Atene, questo pomeriggio

 

Indymedia Atene ha ricominciato, per ora a funzionare ed ha aggiornato con molte notizie ed immagini della lunga giornata di oggi, dalla capitale, da Salonicco e dalle altre città greche.

I BATSI (maiali) si vedono all’opera con tutte le loro tecniche e i loro armamenti chimici, ai quali si è aggiunto un uso delle motociclette spaventoso, simile a quello che si è visto recentemente nelle piazze iraniane. 
Cortei spontanei si susseguono: un paio d’ore fa un corteo spontaneo è partito dall’angolo dell’uccisione di Alexis e gli scontri sono iniziati pochi minuti dopo, con barricate di cassonetti e pietre e i MAT sparsi per tutto il quartiere: la cappa di lacrimogeni sta, come lo scorso anno, invadendo ogni vicolo, nitida allo sguardo, come una nuvola immobile e densa.  Si parla di circa 550 fermi nell’arco della giornata e la polizia è palesemente a caccia, anche e soprattutto di internazionali. Le vie intorno al Politecnico (comunicato del Politecnico), così come all’ASOEE sono un continuo botta e risposta di molotov e lacrimogeni da ore.
La situazione è sempre più simile a quella dello scorso anno. La nottata è appena iniziata. Dei 22 presi ieri all’interno del Resalto si è venuto a sapere che sono tutti imputati di terrorismo….

PER TUTTI I PRECEDENTI ARTICOLI SULLA RIVOLTA DI ATENE CLICCARE QUI 

Atene: è ricominciata la festa! Scontri e occupazioni in tutta la città!

6 dicembre 2009 1 commento

Primo resoconto dell’inizio delle manifestazioni ad Atene, di Anubi che si trova lì!
Seguiranno aggiornamenti.

(AP Photo/Thanassis Stavrakis)

Ad un anno dall’assassinio di Alexis, dentro uno stato d’assedio, un corteo che in Italia sarebbe stato venduto d’1 milione di persone, sicuramente grande almeno come quello del 21 luglio 2001 a Genova, aperto da uno spezzone del Politecnico occupato pari al corteo di via Tolemaide del 20/07/01, alla faccia del governo “democratico” del Pasok che ha dichiarato “opera di 2-300 anarchici venuti dall’estero” gli “eventuali disordini” mentre affama i salariati e i senza reddito e dopo che ieri ha sequestrato il quartiere di Exarhia, razziato un centro occupato, bastonato e rapito 200 persone 75 delle quali ancora trattenute fra cui 4 compagni e 1 compagna italiani… 

Questo corteo infinito, debordante di giovani dai 15 ai 30 anni ma anche di tanti altri, di studenti universitari e medi, d’insegnanti, di ragazzi delle periferie, di donne autodeterminate, di migranti, di proletari, di precari, di “general intellect” metropolitano, senza mai scomporsi nel corso di 3 ore e mezza ha:
– occupato il rettorato a Propileia su cui sventola la bandiera dell’anarchia;
– combattuto la polizia lungo il corso di Akademias a fuoco per mezzo pomeriggio;
– riempito i lunghi viali di Venizelos e Stadios, riempito due volte l’enorme piazza Syntagma;
– assediato governo e parlamento presidiati all’inversosimile;
– resistito ai gas e a 15 cariche laterali e in coda dei Mat;
– colpito a ritmo d’esplosioni i reparti intorno, le banche, le finanziarie e gli shop di lusso…
Ora la folla occupa piazza Omonia, le laterali di Akadimias, il corso Pathision e tutta Exarhia, in attesa della sera. Stay tuned… 

Alexis Zei!
Oloi Stous Dromous, Ghia Ti Eleutheria!
We Wont Forgive, We Wont Forget!
Merry Crisis And A Happy New Fear!
Remember Remember The 6th Of December…

 Diretta con Anubi su Radio Onda Rossa dopo le 17.30

ORE 16.00: qualche piccolo aggiornamento sulla situazione. Diverse cariche intorno a Syntagma, anche con un uso incredibile delle motociclette (da parte dei M.A.T. che lo scorso anno non c’era). I cortei si sono sciolti e ricompattati diverse volte in diversi punti della città, con centinaia di licei e facoltà occupate come punti di riferimento.
Scontri con la polizia non si sono mai fermati sia in pieno centro storico (distrutte decine di vetrine tirate a lucido per lo shopping natalizio e banche) che verso Eksarxia, che continua ad essere completamente circondata da più di 7.000 agenti.
Le poche agenzie italiane che circolano battono come notizia il ferimento del rettore dell’università di Atene, colpito alla testa da un gruppo di studenti mentre occupavano la sede amministrativa dell’università.
NEL FRATTEMPO E’ STATA OSCURATA INDYMEDIA ATENE! andiamo bene!
Dal Politecnico giunge voce che è sotto un fitto bombardamento di lacrimogeni

ORE 17.15: appena battuta un’ANSA che ci dona qualche notizia sui 5 italiani arrestati ieri.
I cinque italiani, quattro uomini e una donna, arrestati ieri durante incidenti ad Atene alla vigilia delle dimostrazioni per l’anniversario dell’uccisione del giovane Alexandros Grigoropoulos, saranno processati domani per direttissima. I cinque, che fanno parte del gruppo di anarchici europei di cui le autorità avevano segnalato la presenza in Grecia, sono comparsi oggi davanti ad un magistrato, con l’assistenza di un avvocato messo a disposizione dell’ambasciata d’Italia e la presenza del console italiano Francesco Latronico. Il magistrato ha convalidato il loro arresto per varie imputazioni fra cui violenza contro pubblico ufficiale e distruzione di beni pubblici. Al momento del fermo sono stati trovati in possesso di cappucci e bastoni.

Aggiornamenti costanti in inglese sono qui.

Comunicato del Politecnico occupato di Atene

6 dicembre 2009 Lascia un commento

COMUNICATO DEL POLITECNICO OCCUPATO DI ATENE di ieri sera, Sabato 5 dicembre 2009

Circa 160 persone sono state catturate nell’intento di spargere il terrore e dissuadere gli altri a partecipare alle manifestazioni che segnaleranno l’anniversario dell’assassinio di un giovane di 15 anni da parte della polizia greca un anno fa.
Un anno dopo l’assassinio di Alexandros Grigoropoulos per mano dello Stato greco, l’esercito di polizia del regime sta cercando di insediarsi in ogni angolo della citta’. Assassini perfettamente organizzati hanno assaltato il centro sociale autogestito “Resalto” a Keratsini, hanno attaccato intanto i giovani, hanno bloccato le entrate e le uscite dei luoghi di lotta politica e sociale, hanno colpito Exarhia e il Politecnico e continuano tuttora ad affettuare un gran numero di arresti e fermi.
Quelle marionette dello Stato che sono i media di comunicazione di massa non mancheranno di ritrasmettere la propaganda ufficiale del potere fabbricando tutta un’atmosfera di terrore e paura.

Ieri, nel luogo dell'uccisione di Atene (AP Photo/Kostas Tsironis)

A un anno dalla rivolta del dicembre 2008 il sistema di sfruttamento e oppressione prova una volta di piu’ a riaffermare la sua autorita’. Il governo sta tentando di rafforzare uno stato permanente di emergenza per gestire cosi’ l’indignazione sociale e imporre il silenzio dei cimiteri all’insieme della societa’.

In risposta all’invasione della citta’ noi ci ritroviamo ad occupare il Politecnico.
Facciamo un appello ad ogni persona che desidere resistere perche’ lo faccia con ogni mezzo necessario.
Proseguiamo a mantenere questo spazio nello nostre mani cosi’ come a dichiarare la nostra solidarieta’ incondizionata con tutte e tutti quelli che debbono affrontare la persecuzione dello Stato.
Esigiamo la liberazione immediata di tutte e tutti gli arrestati e i fermati.

TUTTI IN STRADA, ALLA MANIFESTAZIONE DI DOMANI 6 NOVEMBRE A PROPILEIA ALLE 13.30.
NOI NON DIMENTICHIAMO E NON PERDONIAMO.
TUTTO CONTINUA.

Il Politecnico Occupato

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Alexis Grigoropoulous: UN ANNO DOPO NOI NON DIMENTICHIAMO

5 dicembre 2009 2 commenti

Atene si sta preparando.

Con Salonicco e tutte le città che un anno fa stavano per riempire le strade per tre settimane, giorno e notte.
Domani è l’anniversario della morte, dell’uccisione, di Alexandros Grigoropoulous: ragazzo di soli 15 anni, colpevole di nulla.
Il luogo dell’assassinio è il quartiere ateniese di Eksarxia, luogo di ritrovo da decenni di compagni, anarchici, studenti e migranti.
Luogo anche di decenni di provocazioni, retate, arresti, cariche da parte della polizia, di una polizia greca mai stata tenera con i compagni.
Ma lo scorso anno è cambiato un po’ tutto e questo blog è partito per andare a vedere con i propri occhi quello che accadeva.
Non vi sto quindi a riscrivere la dinamica di quei giorni, scoppiata un minuto dopo l’ultimo dei tre spari che raggiunse il giovanissimo Alexis al petto.
Atene ha vissuto tre settimane di rivolta che non dimenticherà facilmente ed ora è totalmente blindata, dopo mesi di attacchi e provocazioni “di stato”, dopo un cambio di governo che non ha migliorato di certo il clima.
L’anniversario, il primo anniversario della morte di questo ragazzo, divenuto simbolo di una rivolta di massa che ha letteralmente dato fuoco alla città, è temuto non poco dal nuovo governo. Più di mille agenti della polizia e dei reparti speciali sono schierati in attesa dell’inizio delle manifestazioni e degli incidenti.
Sassaiole, lanci di molotov e attacchi incendiari contro banche e sedi di governo o della polizia sono state all’ordine del giorno per tutti questi 12 mesi, così come arresti, perquisizioni, retate e pesanti restrizioni della libertà per molti attivist@
Da venerdì un po’ tutte le facoltà e molti licei della città sono occupati sia ad Atene e Salonicco che in molte altre città greche.

@ Anche questa sera ci sono stati diversi arresti:  una pesante retata ad Eksarxia ha portato all’arresto di 90 persone. Poco fa si è venuto a sapere che tra questi sembrano esserci anche 5 italiani (4 uomini e una donna). Confermato, gli italiani presi dalla polizia in Exarhia ad Atene sono 5 di cui 1 donna, in arresto per 24 ore come si usa in Grecia… Gli arresti sono invece 74 , tutti in Exarhia e intorno a Politecnico, Assoe e Nomiki, su un totale di 163 fermati, dei quali 101 nelle strade e 63 in due raid inoccupazioni sociali…

Domani queste pagine saranno costantemente aggiornate.
Con Alexis nel cuore.
Sono in quelle strade, anche se quest’anno solo con il cuore.

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MPATSI GOURUNIA DOLOFONOI!

Foto di Valentina Perniciaro, a prender confidenza con la sbirraglia greca

IL SANGUE SCORRE E GRIDA VENDETTA

 

Foto di Valentina Perniciaro, salutando Alexis

SE BRUCIANO LE CITTA’, NASCONO I FIORI 

Foto di Valentina Perniciaro, le lunghe notti ateniesi

 

Pochi minuti fa Anubi ha mandato in rete un articolo che sarebbe dovuto uscire domani su Liberazione, ma che invece non ci sarà.
Lo pubblico qui, è fresco fresco di scrittura…chissà, forse dal solito internet point, tra una piazzetta satura di lacrimogeni e una facoltà occupata…

E’ vero, ad Atene, la capitale greca che si affaccia oggi sull’anniversario di un anno dall’assassinio per mano della polizia antisommossa del 15enne Alexis Grigoropoulos, ci sono migliaia di individui travisati, con passamontagna e maschere antigas, coi caschi calzati sulle teste, pronti al finimondo. Per la precisione, sono 10mila. Tanti infatti ne ha schierati il governo, il neoinsediato esecutivo del socialista Pasok, per “prevenire” il ripetersi di quella rivolta giovanile che pure ha segnato la parabola del predecessore governo di centrodestra consegnandolo alla crisi politica e alla recente sconfitta elettorale. Sono dappertutto, i poliziotti: quelli “normali” in blu e altrettanti in verde, i Mat, gli antisommossa che detengono un discreto primato nell’essere detestati dalla maggioranza dei giovani – e anche da molti meno giovani – in Grecia. Sono dappertutto nel tesisimmo sabato di vigilia ad Atene, dove le principali arterire del commercio e dell’intrattenimento del centro appaiono straordinariamente disertate dalla gente, quella che ha ancora qualche soldo da spendere nel Paese del vecchio nucleo dell’Unione europea che versa nella condizione peggiore quanto a conti economici e a bilancio sociale della crisi globale.
I 10mila della pretesa di “ordine pubblico”, però, si materializzano, quasi tutti, solo a sera. E si materializzano proprio là dove Alexis fu assassinato un anno meno un giorno (quello odierno) prima: ad Exarhia, il centralissimo quartiere alternativo che s’è guadagnato la fama d’essere il più ribelle d’Europa. E là dove la repressione e il suo volto assassino, quella notte del 6 dicembre 2008, fece trovare ai primi rivoltosi d’Exarhia la sponda naturale e immediata:

Atene, piazza Syntagma (Ap Photo)

 

il Politecnico di Atene. Così, fin dalla vigilia, l’appello lanciato dal neo-premier Ghiorghios Papandreu, un nome illustre e un’eredità politica totalmente trasfigurata lungo le generazioni, ha rivelato tutta la sua vuotezza. Papandreu, per mettere le mani avanti di fronte ad un anniversario la cui qualità è annunciata in modo inequivoco dal semplice dato che praticamente tutte le università e le scuole greche sono state occupate nel corso dell’ultimo mese, ma anche per cercare di districarsi dalla perfetta identificazione col predecessore e destro Karamanlis (altro erede dinastico), aveva in effetti parlato al Paese venerdì per dire che il governo socialista è “contro la violenza”, aggiungendo “sia di Stato sia individuale”, e per invocare quindi un “fronte sociale unito” in grado di “prevenire”, appunto, nonché “isolare” nuove scintille di rivolta. Dev’essere che il solo “fronte” a rispondere è stato quello fra i reparti mobilitati…
Persino il ministro dell’Interno, Mihalis Chryssochoydis, s’era in effetti speso ancora ieri nella stessa direzione. Ricordando l’assassinio di Alexis come “un caso di estrema violenza poliziesca” che ha “segnato la vicenda del Paese” e “colpito la fiducia del popolo nella capacità dello Stato di proteggerlo” (fiducia piuttosto immaginaria, vista l’immediata estensione della rivolta d’un anno fa…); lui che non può fare altrimenti avendo dovuto, dopo aver promesso (e disposto) fuoco e fiamme sulla “normalizzazione” di Exarhia, far dimettere il capo della polizia che il governo Pasok aveva esentato dallo “spin-off” pur essendo lo stesso del dicembre 2008, dopo un “errore” come l’arresto in piazza Exarhion dell’antico speaker della radio pirata del Politecnico occupato contro la giunta fascista nel 1973 e attuale esponente di Syriza. Chryssochoydis aveva poi argomentato che “i giovani avevano diritto di prendersi le strade per esprimere il loro disagio e la loro rabbia”, un anno fa; ma “oggi” fa “la differenza” il fatto che “la leadership che provocò questa situazione non è più presente” e dunque “c’è una nuova speranza”. Praticamente, un’apologia preventiva. Il tutto per sintetizzare che le “sole minacce” a dargli “preoccupazioni” sarebbero provenute da “circa 500 elementi anarchici e estremisti stranieri”, in afflusso verso Atene. E così, mentre lo stesso presidente della Repubblica Karolos Papoulias lanciava a sua volta un appello a “ricordare pacificamente l’assassinio di Alexis Grigoropoulos”, dopo averlo definito “una lezione per tutti noi su dove l’arbitrio può portare” e nell’esprimere “solidarietà” alla “famiglia” (che intanto ha dovuto subire l’ennesimo rinvio del processo al poliziotto omicida, spostato esplicitamente per “ragioni d’ordine pubblico” a gennaio e per di più a 150 km da Atene), la capitale greca e dentro di essa le capitali del dissenso e dei comportamenti sociali “pericolosi”, ossia Exarhia e le Università, venivano messe in stato d’assedio.
Così, ancora, l’unica manifestazione fissata per quella pesantissima vigilia che è stata la giornata di ieri, precisamente sul luogo dell’uccisione di Alexis nella piazza Missoloungi che da un anno ha preso il suo nome sulle targhe autoprodotte e nelle menti di tante e tanti, una manifestazione stanziale convocata dalle associazioni dei residenti del quartiere, non ha trovato alcun gesto che parlasse di “dialogo”, intorno a sè. E anziché trovare un allentamento della pressione intollerabile stabilita da mesi con “cordoni sanitari” e raid quotidiani, come quello che giovedì ha scatenato la reazione dei giovani in piazza Exarhion finendo peraltro col bilancio di due poliziotti in ospedale di cui uno grave per il trauma cranico riportato in seguito alle sassate ricevute, la manifestazione nel cuore di Exarhia è stata soffocata. Da un cordone ancora più stretto e moltiplicato esponenzialmente quanto a numeri di poliziotti schierati (2mila fin da subito, anzi prima), subito tramutato in un ulteriore raid approfittando delle prime scaramucce lungo le strade che collegano il quartiere al corso di Akademias e a quello di Pathision.

Il risultato è il frutto dell’intenzione. La cui evidenza non ha fatto che confermare le ragioni della rabbia determinata e della volontà di dare continuità alla rivolta, che animano da sempre il movimento studentesco e non ad Atene e in Grecia. Dunque la capitale ellenica ieri sera, di nuovo, è tornata ad essere il proscenio di quella rabbia e di quella rivolta. Con la novità della prontezza e dell’ulteriore pesantezza dell’intervento poliziesco, che ha letteralmente spazzato il quartiere e chiuso su sé stessi gli Atenei occupati del Politecnico, delle facoltà giuridiche e dell’Assoe, la scuola economica che pure il rettore aveva tentato di tenere sbarrata venerdì e che ha dovuto cedere ai collettivi dopo durissimi scontri con la polizia chiamata a presidiarla. Migliaia di poliziotti e centinaia di pompieri, costretti a seguirli per spegnere subito gli incendi. Solo che ieri doveva ancora venire la notte. E, soprattutto, in attesa delle grandi manifestazioni convocate consecutivamente per oggi alle 13 e 30 e per domani alla mezza ai Propileia, poche centinaia di metri distante dal Parlamento e dal governo, ieri era solo la vigilia: nel Paese sul quale da 2 settimane i vertici economici dell’Ue discutono di come evitare il declassamento dei titoli di stato, per un debito pubblico pari e per un deficit di non molto superiore a quelli dell’Italia.
Anubi D’avossa Lussurgiu, Atene 5 dicembre 2009 

 

 

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