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Egitto: “revolution till infinity”

The martyr (by Ammar Abu Bakr) and the killer (by El Zeft)
I rivoluzionari in Egitto ci sono e sono ben determinati, malgrado le mazzate prese in questi tre anni ormai.
In Egitto, anche visitando con i miei occhi la gioia di Tahrir, ho avuto immediata la sensazione che a casa non si sarebbe tornati.
Non è durata tanto l’illusione di Tahrir, ma a casa non si è tornati lo stesso: questo è quel che c’hanno dimostrato le lunghe giornate di Mohammad Mahmoud due anni fa… e quel che i rivoluzionari d’Egitto non smettono di dimostrare, malgrado il livello di repressione, arrivato alle stelle.
Nonostante i passaggi di potere di questi anni, nonostante le barbe e la loro pretesa di mutar la terra in sharia,
nonostante i cingoli che avanzano e che ieri si son presi la piazza con non molta difficoltà.
“Non vogliamo i fratelli musulmani, non vogliamo lo SCAF, non vogliamo i resti del regime di Mubarak!”, chi è impegnato ad abbattere il potere, è consapevole di quante forme possa avere, e le vuole abbattere tutto: dalla radice.
Le pagine sulle lotte rivoluzionarie in Egitto: QUI
Vi lascio l’articolo di Infoaut per il verso racconto delle ultime ore in piazza:
Una giornata, quella di ieri, molto importante per un Egitto diviso tra i due poteri – militari e Fratelli Musulmani – che, con la loro guerra, sembravano aver relegato ai margini della scena politica tutti coloro che continuano a sperare in un Egitto veramente libero.
Oggi cade il secondo anniversario degli scontri di Mohamed Mahmoud. Dal 19 novembre 2011 nei pressi del ministero degli interni 47 manifestanti vennero uccisi. Da quella battaglia sorse nuova coscienza popolare: il nemico non era solo il regime di un Mubarak allora
Caino e Abele… contro gli scontri interreligiosi _Via Mohammad Mahmoud_
appena imprigionato, ma anche lo SCAF, che con il suo Capo Supremo allora governava il paese da pochi mesi. Cinque giorni di scontri, di barricate, 47 morti, 3000 feriti. Con la successiva presa del potere da parte dei Fratelli Musulmani, e poi la loro spettacolare uscita di scena grazie ad un colpo di mano militare in gran stile populista, l’eredità di Mohamed Mahmoud si trova sballottata tra i palazzi del potere militare e la vittimizzazione dei Fratelli Musulmani di Rabaa e Nasser City.
Nei giorni scorsi si è assistito ad un immorale gioco mediatico. La propaganda di tutti i poteri forti che hanno cercato di rivendicare la paternità di quei morti, di volerne celebrare le gesta. I Fratelli Musulmani in questi giorni utilizzano la violenza della polizia per riabilitare la figura del “presidente di tutti” Morsi, spodestato dall’intervento dei militari. Allo stesso modo il regime militare dichiara martiri le 47 vittime e le 3 vittime registrate lo scorso anno, durante il primo anniversario. Lo stesso potere militare che prima uccide, poi onora la memoria delle vittime. Ma, mentre da giorni ormai il regime promuove, in TV e con immense gigantografie nelle strade, il raduno per questa mattina in Piazza Tahrir, tutt’altra è stata la direzione intrapresa dai giovani egiziani, scesi in piazza già da ieri pomeriggio.
Le giornate di Mohammad Mahmoud, oltre a decine di morti a terra, son passate alla memoria rivoluzionaria per “gli occhi”… tanti occhi quel giorno hanno perso la loro casa ma non la loro capacità di guardare il futuro
Ieri nelle strade c’erano i familiari delle vittime, gli amici, chi era insieme a loro sulle barricate. Ieri in piazza c’era chi non ha accettato di vivere in un paese regolato dalla Sharia o dall’Islam corrotto, ma anche chi non accetta il potere dei militari. Non l’accettavano 2 anni fa durante i 5 giorni di scontri in Mohamed Mahmoud, e non l’accettano adesso.In molti hanno marciato da piazza Abdeen, per poi dirigersi in Piazza Tahrir, dove hanno preso d’assalto un monumento, inaugurato la stessa mattina dal primo ministro Hazem El-Beblawi, su cui una grande scritta ricordava, con tutta l’ipocrisia dello stato militare, l’onore “dei martiri del 25 gennaio alla rivoluzione del 30 giugno”. L’ipocrisia di un regime che prima uccide e poi cerca di associare i valori della Piazza Tahrir del gennaio 2011 con gli eventi del 30 giugno 2013, da loro considerati una rivoluzione, ma da tanti altri visto, con senno di poi, nient’altro che come un colpo di stato.
In molti ieri sono scesi per le strade, per una giornata ribattezzata “Non dimenticare, ricorda sempre” che, riempiendo le mura del Cairo di scritte anti-militari e scandendo slogan contro i Fratelli Musulmani, si è infine diretta in Piazza Tahrir, riportandovi finalmente i contenuti rivoluzionari, e riversando la propria rabbia su quel monumento che rappresenta, ora più che mai, l’ipocrisia del regime militare. Ieri si è chiesto a gran voce giustizia per le vittime, processi per i crimini del regime e della sua polizia e fine dei processi militari ai civili. Si legge nell’appello della manifestazione: “La brutalità della polizia è rimasta la stessa… la polizia continua a torturare detenuti e arrestare arbitrariamente.. la repressione e l’impunità non sono cambiate. Mubarak, lo SCAF e i Fratelli Musulmani, sono tutte facce dello stesso regime”.
Non è stato facile, ma sembra che la coscienza popolare nata 2 anni fa negli scontri di Mohamed Mahmoud rinasca quest’oggi, guidata da tutti coloro che hanno perso un amico o un compagno in questi lunghi anni di lotta.
In queste ore manifestazioni contrapposte stanno nascendo nelle vicinanze di Piazza Tahrir. Le opposte fazioni si avvicinano e iniziano a scontrarsi. Seguiremo gli sviluppi da Infoaut. In serata aggiornamenti
Aggiornamenti:
In un clima di estrema tensione, con uccisioni e instabilità in tutta l’area desertica del Sinai, fin da ieri molta era la paura di nuovi morti e di una nuova, ennesima, repressione. Fino a questa mattina non si erano registrati grandi scontri, con l’esercito che ha preferito dispiegare le proprie forze a difesa delle istituzioni e dei palazzi del potere, non attaccando i manifestanti.
Diversa è stata invece la giornata di oggi, con l’apparato militare presente in forze nelle strade egiziane. Scontri si sono registrati al Cairo, a Alessandria e a Mansoura, (tra manifestanti e forze dell’ordine, tra sostenitori dei Fratelli Musulmani e polizia, tra pro-Morsi e familiari delle vittime), con un bilancio di una ventina di feriti.
Una nuova giornata di lotta, ma soprattutto una ritrovata contrapposizione di piazza tra i diversi schieramenti. Del regime e della sua propaganda, dei giovani Fratelli Musulmani – concentrati soprattutto nelle università – e dei giovani rivoluzionari, nelle strade della capitale. Tutti a commemorare un massacro i cui colpevoli sono da ricercare all’interno del regime, in tutte le forme che ha assunto dalla caduta di Mubarak.
Idea racchiusa in semplici parole, scritte a caratteri cubitali su un grande striscione all’entrata di piazza Mohamed Mahmoud [luogo simbolo dove in decine sono periti, 2 anni fa, sotto i colpi dello SCAF] “vietato l’ingresso ai Fratelli Musulmani, ai militari e ai resti del regime di Mubarak”.
La Palestina è con voi! Messaggio agli studenti e alle studentesse in lotta
Dal sito FreePalestineRoma, che vi consiglio di aggiungere ai vostri preferiti…
In nome di tutte/i le studentesse e gli studenti palestinesi, in particolare gli studenti di Gaza, salutiamo profondamente la vostra lotta in difesa dei legittimi diritti vi informiamo che siamo con voi e le vostre giuste richieste. Siamo certi che riuscirete a raggiungere i vostri nobili obiettivi.
Care compagne e cari compagni,
Crediamo che ogni lotta/mobilitazione studentesca ovunque sia giovi a favore degli studenti nel mondo e riteniamo che gli studenti siano una forza principale per il cambiamento delle nostre società. Per questo motivo i cacciabombardieri sionisti colpiscono in ogni aggressione le scuole e le università delle città palestinesi come sta succedendo in questi giorni a Gaza.
I sionisti pensano che colpire i giovani ed i ragazzi delle scuole e università possa intimorire le generazioni del futuro. Però, noi abbiamo giurato per noi stessi e per gli studenti caduti rinnovando anche a voi in lotta la nostra promessa di non arrenderci o piegarci di fronte alla micidiale macchina repressiva dell’occupante.
Noi, dalla terra della resistenza Palestina, vi chiediamo di resistere e continuare la vostra lotta per:
* boicottare la cooperazione accademica tra le vostre università e quelle dello stato d’apartheid israeliano.
* esigere dal vostro governo di fermare lo spreco di danaro pubblico della cooperazione scientifico militare con lo stato d’apartheid israeliano; tali soldi devono andare a favore della scuola pubblica, dell’università e della ricerca.
* creare mezzi d’informazione alternativa nelle scuole e università capaci di informare correttamente sui diritti del movimento studentesco internazionale incluso quel palestinese per smascherare le informazioni mediatiche del potere costituito.
Le vostre ed i vostri compagne/i studenti palestinesi.
23.11.2012
Il fronte d’azione studentesco progressista
Da Gaza e Betlemme… aggiornamenti
Al settimo giorno di guerra sulla popolazione palestinese,
quando l’elenco dei nomi degli uccisi inizia ad essere insostenibile all’occhio umano e a qualunque stomaco non assassino, vi metto il link della corrispondenza che ho fatto stamattina dai microfoni di Radio Onda Rossa con Gaza.
Sul sito della radio potete trovare anche tutte le altre corrispondenze effettuate nei giorni precedenti con gli altri attivisti, poi costretti ad uscire daalla Striscia di Gaza.
Una breve chiacchierata, che ci racconta l’ultima pesante notte,
dove dal cielo e dal mare Israele ha rovesciato i suoi armamenti.
ASCOLTA
Poi, perché è una cronaca necessaria,
facciamo una zoomata anche sul resto della Palestina, sui Territori Occupati che da giorni sono per le strade a lottare contro l’occupazione militare in solidarietà con le sorelle e i fratelli gazawi: ieri sera erano già tre gli uccisi tra Tulkarem, Nabi Saleh e la zona di Betlemme. Decine e decine gli arresti.
Vi copio il dettagliato resoconto arrivato all’alba da Khaled, un caro compagno di Betlemme
[Leggi anche: Dizionario degli armamenti]
Questa è stata una notte da ‘corri e fuggi’ molto intensa, quindi ecco a voi gli aggiornamenti delle ultime 16 ore di Betlemme:
11:32
Iniziano duri scontri alla Tomba di Rachele tra ragazzi dei campi profughi di Betlemme e forze militari sioniste.
12:17
Gli scontri nella zona della Tomba di Rachele aumentano e le scuole mandano a casa gli studenti.
12:51
Un gruppo di forze speciali sioniste in borghese vestiti con Kefieh rosse provano ad infiltrarsi tra i ragazzi che fronteggiano i soldati sionisti vicino al campo profughi Aida senza successo.
13:13
Un gruppo di forze speciali sioniste in borghese prova ad infiltrarsi tra i ragazzi che si scontrano con l’esercito sionista nella zona del cimitero vicino alla Tomba di Rachele.
14:08
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di violenza e l’esercito israeliano ricorre all’uso di pallottole rivestite di gomma contro i ragazzi che li fronteggiano.
14:16
La resistenza palestinese colpisce con un razzo la base militare della colonia di Etzion a sud di Betlemme.
14:20
La resistenza palestinese colpisce con un razzo la colonia di Gilo a nord di Betlemme.
16:09
Le forze sioniste arrestano Ahmad Zawahre dalla zona della Tomba di Rachele.
17:36
Le forze sioniste arrestano 3 ragazzi durante gli scontri alla Tomba di Rachele.
19:49
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di intensità dopo la notizia dell’uccisione di un sionista da un razzo della resistenza palestinese caduto nell’insediamento di Ashkol.
20:24
Le forze sioniste arrestano Hamze Shoke durante gli scontri alla Tomba di Rachele.
20:29
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di intensità dopo la notizia dell’uccisione di altro sionista da un razzo della resistenza palestinese caduto nell’insediamento di Ashkol.
20:36
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un veicolo sionista nella zona di Husan a sud di Betlemme ferendo un colono.
20:38
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un veicolo sionista nella zona della colonia di Etzion a sud di Betlemme ferendo dei coloni.
20:48
Le Brigate dei Martiri Al-Aqsa e le Brigate Ahmad Abu El-Rish di Betlemme rivendicano l’operazione contro i veicoli sionisti nelle zone di Husan e Etzion.
20:51
Le forze militari sioniste setacciano la strada 60 a sud di Betlemme.
21:00
Avvistate nella zona di Husan 4 ambulanze, il nemico sionista ammette l’uccisione di una colona, testimoni oculari invece affermano che il numero di morti é superiore.
21:03
Scontri tra ragazzi palestinesi ed un gruppo di soldati sionisti nella zona di Beit Sahour.
21:05
Ferita una colona sionista vicino alla zona di Husan.
21:37
Avvistato un grande numero di pattuglie sioniste ai confini della zona di Husan.
23:00
Le prime notizia di movimenti dell’esercito israeliano nella zona di Betlemme.
23:15
Avvistate 6 pattuglie del nemico sionista davanti al Checkpoint risiedente nella zona di Al-Nashah vicino al campo profughi Dheisheh e al villaggio Al-Khader.
23:16
Avvistate 7 pattuglie del nemico sionista vicino alla zona di Al-E’ebedieh.
23:51
Avvistate 15 pattuglie dell’esercito sionista nella zona di Al-Radi dirette verso il campo profughi Dheisheh.
23:52
La resistenza palestinese a Betlemme rivendica il ferimento di 4 coloni.
24:05
Avvistato un veicolo della polizia israeliana accompagnato da una camionetta militare sionista vicino alla moschea della zona di Al-Khader.
24:58
Avvistato un grande numero di soldati sionisti nella zona di Al-Balua’a e lancio di bombe illuminanti.
00:00
Avvistato l’esercito israeliano nella zona di Al-Doha.
00:01
Avvistate delle pattuglie sioniste che entravano nella zona di Betlemme dalla zona della Tomba di Rachele.
00:02
Notizie sull’apertura di fuoco da parte della resistenza palestinese verso la colonia sionista Gilo dalla zona di Beit Jala.
00:14
Avvistate forze sioniste nel campo profughi Aida.
01:00
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un gruppo di sionisti nella zona Al-Doha.
01:07
L’esercito israeliano setaccia la zona Al-Doha con bombe illuminanti in cerca dei combattenti della resistenza palestinese.
01:32
Rumori di esplosioni nella zona ovest di Betlemme.
02:01
Arresti e colpi di arma da fuoco nella zona di Beit Jala.
02:27
Rumori di bombe assordanti nella zona di Al-Radi.
03:00
L’esercito sionista arresta Murad Al-Khatib dal campo profughi Aida.
03:13
Avvistate delle forze sioniste al campo profughi Dheisheh nella zona del centro Ibdaa e nel vicinato Al-Walajieh.
03:18
Le forze sioniste lanciano bombe stordenti al campo profughi Dheisheh nella zona della moschea grande.
03:19
Un grande numero di forze speciali sioniste fanno irruzione nel campo profughi Aida.
03:22
Le forze sioniste fanno irruzione nella casa dell’ex prigioniero Mohannad Al-Khmour.
03:24
L’esercito sionista fa irruzione nel campo profughi Dheisheh.
03:26
Le forze sioniste si diffondono al campo profughi Dheisheh nel vicinato di Al-Walajieh.
03:28
Scoppiano violenti scontri tra ragazzi del campo profughi Dheisheh e forze militari sioniste.
03:33
Le forze sioniste arrestano Ahmad Al-Shobban nel campo profughi Dheisheh e arrivano rinforzi all’esercito.
03:36
Le forze sioniste arrestano Imad Abedrabbo nel campo profughi Dheisheh nel vicinato di Al-Muntazah.
03:40
Forze sioniste fanno irruzione in una casa nel Doha vicino alla moschea.
03:44
Le forze sioniste arrestano Fadi Ayyad nel campo profughi Dheisheh.
03:48
L’esercito israeliano fa irruzione nella casa di Saleh Abu Aker nel campo profughi Aida.
03:52
Avvistate forze sioniste nella zona di Al-Doha.
03:53
Le forze sioniste arrestano Karam Nasri nel campo profughi Dheisheh.
03:59
Avvistato un gruppo di forze speciali sioniste nella zona di Al-Doha.
04:00
Le forze sioniste arrestano Khalil Abu Aker dal campo profughi Aida.
04:01
L’esercito sionista si ritira dalla zona della moschea di Al-Doha.
04:16
Avvistate forze sioniste al campo profughi Aida.
04:20
Avvistate forze sioniste vicino al cimitero dei bambini di fronte al campo profughi Azzeh e vicino alla zona del palazzo Murra.
04:21
Le forze sioniste arrestano Ahmad Ewes dal campo profughi Aida.
04:26
Le forze sioniste arrestano Fadi Abu Wasfi dal campo profughi Aida.
04:49
Le forze sioniste arrestano Yahya Sa’adah dalla zona di Jabal Al-Mawaleh.
Omini di stato,stupratori in divisa…
Assolutamente difficile per me parlare dello stupro avvenuto in una balorda notte innevata a L’Aquila, città che amo profondamente.
Ne avevo scritto un po’, con somma fatica,
a fatti avvenuti da poco,
quando i playmobile del 33° Reggimento Aqui erano tornati in servizio, a pattugliare le strade di una città anch’essa stuprata,
malgrado ben tre di loro fossero coinvolti in uno stupro selvaggio,
che per una carrellata di eventi fortuiti non s’è trasformato in un omicidio.

La merda
Barbaro.
Di un uomo (uno??) che sevizia una donna, una giovanissima donna,
con un oggetto di ferro, fino a lasciarla agonizzante a terra, in una pozza di sangue a sporcar la neve,
fino a quelle tante ore di sala operatoria, a ricucire un utero totalmente sventrato dal caporale Francesco Tuccia,
da ieri agli arresti domiciliari.
Non mi piacciono i discorsi che paragonano le condanne e quindi le decisioni dei tribunali di sorveglianza..
ma sono a meno di un mese dal rigetto dell’affidamento in prova ai servizi sociali del mio compagno, Paolo Persichetti,
condannato per un fatto avvenuto nel lontano 1987,
e che ancora, a meno di tre anni dal fine pena, non ha diritto a dormire una notte con me e con il suo bambino.
Francesco Tuccia invece dorme nel suo letto…ed io, che son contro il carcere, che rabbrividisco per la privazione di libertà di chiccessia…rimango attonita.
Vorrei conoscere, ogni giorno di più, uno ad uno i giudici dei tribunali di sorveglianza di questo paese di merda, dove la galera te la fai (tutta, fino all’ultimo giorno) solo se i tuoi reati son politici, solo se contrasti lo Stato e i suoi apparati.
Qui si legge chiaramente che non è esclusa la possibilità di reiterazione del reato eppure si concedono i domiciliari : perfetto!
Un soldato, un uomo di Stato, un perfetto stupratore (leggete a questo link della conferma dei 12 anni di carcere per Massimo Pigozzi, poliziotto già condannato per le torture di Bolzaneto del G8, per violenza sessuale su quattro donne nelle camere di sicurezza di quella maledetta caserma) …
Vi allego il comunicato comparso sul sito 3e32 scritto dalle varie componenti del movimento aquilano:
La notizia della concessione degli arresti domiciliari al militare Francesco Tuccia, accusato di tentato omicidio e violenza sessuale nei confronti di una studentessa universitaria laziale ci induce a una serie di considerazioni con le quali intendiamo contribuire a mantenere viva l’attenzione su questa vicenda.
Mentre il presunto colpevole continua a negare la violenza, sostenendo l’inverosimile teoria di un rapporto consenziente, il suo avvocato non ci dispensa neanche stavolta dalle ennesime parole fuorvianti e scorrette come quelle secondo cui dopo tre mesi di detenzione il suo assistito avrebbe “imparato la lezione”, quasi che fossimo di fronte alla marachella di un bambino.
Parole che ci sembrano la spia di un contesto culturale allarmante nel quale ben comprendiamo l’amarezza e i timori con cui la vittima e la sua famiglia hanno accolto la misura dei domiciliari all’ex-caporale.
A tal proposito ci chiediamo: se l’accusato si fosse macchiato dei soli reati di tentato omicidio e lesioni -magari durante un tentativo di rapina – quale sarebbe stata la valutazione del giudice?
Di fronte ai casi di violenza sessuale e stupro – reato gravissimo, anche se solo dal 1996 è considerato tra i reati contro la persona – i giudici (spesso maschi) sembrano più propensi al garantismo e inclini a un atteggiamento mentale e, quindi, “culturale”, non altrettanto inflessibile e severo, come per esempio nei reati contro il patrimonio. Come se i beni mobili o immobili valessero più dell’integrità fisica e mentale di una donna. Quello stesso garantismo che vediamo applicato in questi casi, vorremmo vederlo sempre e comunque, indipendentemente dalla natura del reato e dall’identità e appartenenza nazionale e sociale dell’indagato. Perché è difficile non chiedersi cosa sarebbe accaduto sin dall’inizio di questa vicenda se l’indagato non fosse stato un caporale dell’esercito.
Anche le modalità ed il linguaggio utilizzati dai mass media per parlare di casi di violenza contro le donne riflettono il livello di arretratezza culturale del nostro paese: morbosa curiosità per particolari che ledono sempre la donna ed il suo diritto alla riservatezza, grande affanno per stabilire se la donna violentata o uccisa sia una “brava persona”, perché, in caso contrario, scattano subito le attenuanti per il maschio e via via il disinteresse per una storia che non fa più notizia.
Mentre le donne continuano la lotta per superare le violenze subite, circondate dall’indifferenza complice di chi sceglie sempre di non vedere, perché la violenza degli uomini interroga in profondità le coscienze delle donne e degli uomini e, proprio per sottrarsi a ciò, si sceglie di non nominarla mai.
Rinnoviamo la nostra solidarietà alla ragazza ed alla sua famiglia e continuiamo a rivendicare il diritto per tutte e tutti di vivere libere/i dalla violenza maschile, che solo in Italia e solo dall’inizio dell’anno ha ucciso 58 donne.
Auspichiamo che l’informazione e i media vogliano tenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla violenza di genere, i cui dati allarmanti ci sembrano gravemente sottovalutati.
Collettivo Fuorigenere, Comitato 3e32 , Centro Antiviolenza per le Donne, Associazione Biblioteca delle Donne “Melusine”
La rivoluzione in Tunisia vuole ricominciare: “Via la nuova dittatura, ci vuole una nuova rivoluzione”
A tutti coloro che evitano di parlare delle “primavere arabe”,
a tutti coloro che lo fanno strumentalmente parlando solo di Libia e Siria per cercare di convincerci che ci sia per forza la mano occulta imperialista dietro a chi alza la testa,
a tutti coloro che si sentono proprietari della rivoluzione, intrisi di occidente becero, pronti a dare dei salafiti, come dei sionisti, a chiunque ci metta la faccia e il cuore per cercare di capire i cambiamenti del Nord Africa e del Medioriente,
a tutti coloro che si schierano con gli Hezbollah per difendere Assad, parlando di “asse del bene” usando gli stessi linguaggi e criteri geopolitici del dipartimento di stato americano,
a tutti coloro che attaccano chi scende in piazza dandogli dei pericolosissimi Fratelli Musulmani sunniti,
prendendo le loro parole dalle componenti sciite ( mamma mia si arriva anche a questo in Italia) senza nemmeno conoscere le varie componenti che da mesi e mesi riempiono le piazze arabe, da Tunisi a Manama…
leggete quel che accade nelle strade di Tunisi,
leggete come siamo solo all’inizio.
Leggete e capite quanto c’è da imparare ed amare nei giovani maghrebini e mashreqini che scendono in piazza
sfidando qualunque tipo di repressione.
LUNGA VITA ALLE RIVOLUZIONI CHE SI AFFACCIANO PER LE STRADE DEL MONDO,
E CHE COMBATTONO CONTRO TUTTO E TUTTI, PER LA LIBERTA’…quella vera.
Ringrazio Infoaut per l’articolo e per gli aggiornamenti che seguiranno:
Duri scontri nel centro di Tunisi tra manifestanti e polizia che sta facendo ampio uso di lacrimogeni caricando un partecipatissimo corteo. Sembra che alcuni militanti del sindacato UGTT ed esponenti della società civile e dei partiti della sinistra radicale (come Hamma Hammami del Partito dei lavoratori tunisini) siano stati selvaggiamente pestati e poi arrestati. Alle 10am l’appuntamento era sull’Avenue Mohamed V con l’obiettivo di dirigersi verso l’Avenue Bourguiba interdetta alle manifestazioni da un provvedimento imposto dal Ministero degli Interni. Quest’ultimo approfittando dello show architettato lo scorso 28 marzo dalle fazioni salafite nel centro della città aveva promulgato il divieto a manifestare sull’Avenue Bourguiba, decisione contestata dai movimenti di lotta che fin da subito hanno tentato di respingere la provocazione congiunta di salafiti e polizia.
Sabato 7 aprile un grande presidio organizzato dal Coordinamento dei Diplomati Disoccupati era stato attaccato dalle forze dell’ordine che a suon di manganellate e lacrimogeni erano riusciti a scacciare dal centro (dopo una lunga resistenza) i disoccupati in lotta. E da settimane andava avanti la repressione contro l’associazione dei martiri e dei feriti della rivoluzione che più volte hanno tentato di avvicinarsi al Ministero dei Diritti dell’Uomo per far sentire le proprie ragioni contro un ministro che da quando si è insediato, al di là di qualche futile sortita mediatica, ha risposto ordinando pestaggi e provocazioni poliziesche contro l’associazione.
Insomma la misura era colma per la piazza di Tunisi che in queste ore è tornata a battersi gridando “ il popolo vuole la caduta del regime!”, “viva la Tunisia, viva i Martiri”, “no alla nuova dittatura, ci vuole una nuova rivoluzione”. Ma lo slogan che oggi assume un valore davvero importante per la Tunisia post Ben Ali è quello che recita: “il popolo tunisino è un popolo indipendente, noi non vogliamo né il Qatar né gli USA!”, il 9 aprile è infatti la data che ricorda i martiri tunisini della lotta anti-coloniale contro i francesi, una data dai fortissimi lineamenti politici che oggi viene intelligentemente curvata dal movimento tunisino contro quei paesi che tramite politiche di debito e investimento (orientato verso le lobby affaristiche delle fazioni islamiste più o meno moderate) stanno tentando di scippare la rivoluzione alla Tunisia alle prese con un fragile termidoro islamista.
In questi minuti apprendiamo che gli scontri si stanno allargando anche ai quartieri limitrofi del centro di Tunisi con il proletariato giovanile della zona impegnato a dare manforte come sempre al movimento rivoluzionario. E’ la stessa piazza che solo un anno fa ha imposto il “game over” al rais Ben Ali e che ora torna a muoversi per staccare direttamente la spina a quella macchina perversa di un regime che tramite elezioni farsa e vesti moderate islamiste credeva di poter ricominciare a rapinare impunemente il popolo tunisino. Il 9 aprile in Tunisia non è più da oggi una ricorrenza retorica ma sta divenendo barricata su barricata, pietra su pietra, slogan dopo slogan una giornata della rivoluzione, della nostra rivoluzione globale contro l’1% del vecchio regime…
Seguiranno aggiornamenti… intanto ci uniamo allo slogan “Tahya Tunes”, “Forza Tunisia” con l’augurio che sia l’inizio della fine di questo breve termidoro!
Yemen: defezioni a catena
A leggere solo ore e titoli di lanci di agenzia si rimane ad occhi aperti:
9.42: capo truppe terra passa con i manifestanti
10.19: alto ufficiale dell’esercito passa con i ribelli
10.29: il capo dell’esercito nella provincia di Amran passa con i manifestanti e lancia un appello affinché “tutti gli ufficiali e i soldati dell’esercito passino con l’opposizione
11.35: si unisce ai ribelli anche il governatore di Aden
poi da mezzogiorno in poi si perde il conto, i numeri si fan prendere dall’euforia “60 ufficiali nel sud-est”, “decine di ufficiali in piazza a Sana’a con i manifestanti”…poi la palla è rimbalzata ai diplomatici che qua e là, dalla Siria all’Arabia Saudita, passando per la Francia, hanno iniziato a dimettersi e dichiarare di pensarla proprio come i manifestanti che da due mesi non mollano la piazza, con una rabbia crescente.
La risposta di Ali Abdullah Saleh, al potere da più di trent’anni è stata lapidaria e ridicola come suo solito: “resto al mio posto, il popolo è con me.”
Per ora non resta che aspettare e capire…
Ben Ali in fuga …
23 anni al potere, e se l’è data a gambe senza nemmeno annunciare la rinuncia al potere. Ha assunto quella carica il 7 novembre 1987, dopo una carriera militare che l’aveva portato ad essere direttore generale della Sicurezza Nazionale per il ministero dell’Interno e poi ambasciatore in Polonia. A Parigi? A Malta sotto protezione libica? Nemmeno il buon gusto di far ancora sapere dove si trova. Rieletto nel 1999 con il 99,66% dei voti e nel 2004 con il 94,5% dei consensi, aveva imposto una riforma costituzionale nel 2002 che aboliva ogni limite di durata alla carica presidenziale.
Oggi non ci fa sapere nemmeno dove si è rifugiato. Non ha rilasciato una parola al suo paese, alla popolazione che da anni controlla e reprime e che da settimane teme. Portavoci presidenziali francesi fanno sapere di non essere assolutamente al corrente dell’arrivo in Francia dell’ormai ex presidente tunisino, mentre da Malta ancora non arriva nessuna smentita né conferma.
Dalle 19 è un continuo batter d’agenzie, tutte estremamente vaghe: da pochi minuti sappiamo però ufficialmente che Mohammed Ghannouchi è presidente ad interim (è stato prima ministro per la Cooperazione internazione e gli investimenti esteri e dal 1999 ricopre la carica di primo ministro) . Durante il suo primo annuncio si è rivolto alla popolazione e alle “sensibilità politiche e sociali del paese” chiedendo di unirsi attorno allo spirito della patria..
Tunisia (4): Stato d’emergenza in tutto il paese dalle 17

Davanti al ministero dell'Interno di Tunisi, poco fa (Photo credit should read FETHI BELAID/AFP/Getty Images)
FLASH ORE 19: AL-JAZIRA COMUNICA CHE BEN ALI STAREBBE PER LASCIARE LA GUIDA DEL PAESE. TRA POCHI MINUTI DOVREBBE ESSERCI L’ANNUNCIO UFFICIALE, MENTRE GIRANO VOCI CHE LUI SIA GIA’ A PARIGI o a MALTA SOTTO PROTEZIONE LIBICA. I SUOI FAMILIARI SONO STATI ARRESTATI
Ieri sera e questa mattina i nostri media cercavano di dirci che la situazione stava tornando sotto controllo, che il presidente avrebbe abbassato i prezzi, ordinato ad esercito e polizia di smettere di sparare, che non si sarebbe ricandidato alle prossime elezioni…addirittura cercavano di dire che le settimane turistiche primaverili prenotate nelle coste tunisine non dovevano essere annullate perchè la situazione sarebbe velocemente rientrata in tutto il paese. In realtà sono stati rimossi tutti i membri dell’attuale governo con la promessa di elezioni anticipate entro 6 mesi, in pieno pomeriggio è stato dichiarato lo stato d’emergenza (quindi anche il coprifuoco) in tutto il paese a partire dalle 17 e il conto dei morti solo a Tunisi degli scontri della tarda serata di ieri è di 13 ragazzi uccisi dai proiettili di polizia ed esercito. E’ stato tentato l’assalto da parte di molte centinaia di persone della sede della banca centrale e del Ministero dell’Interno che la polizia ha difeso con un massiccio lancio di lacrimogeni e molti spari.
Le ultimissime parlano di spazio aereo chiuso e aereoporto di Tunisi occupato dall’esercito, coprifuoco in TUTTO il paese dalle 18 alle 6 di domani mattina per “preservare la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia dei beni”. “E’ vietata ogni riunione di più di tre persone sulla pubblica via.
Le forze di sicurezza e dell’esercito nazionale possono fare uso delle armi contro qualsiasi persona sospetta che non rispetti l’ordine di fermarsi o che cerchi di fuggire”. Poco dopo l’annuncio dello stato d’emergenza, alle 17, si sono udite sparatorie nel centro di Tunisi di cui ancora si sa poco, mentre sta bruciando in questi minuti la stazione centrale (a pochi passi dall’ambasciata italiana) e una concessionaria di auto di proprietà di un familiare di Ben Ali. Ansamed ci dice da pochi minuti di incendi in corso a Le Kram (periferia settentrionale di Tunisi) vicino alla zona fieristica dove la popolazione sta accorrendo sulla spiaggia per sfuggire al fumo asfissiante di cui ancora non si conosce l’origine. Incendi anche a Radsh, dove bruciano due banche, il commissariato, il municipio e la sede locale dell’ufficio delle finanze, senza che alcun uomo in divisa si veda nei paraggi.
L’unica notizia positiva è la liberazione di Hamma Hammami, leader del Pcot, arrestato mercoledì mattina a Tunisi nella sua abitazione poco dopo aver rilasciato un’intervista.
QUI le precedenti notizie sulla rivolta del carovita tunisina di questi ultimi giorni
Tunisia (3): morti su morti, anche oggi. Un bollettino agghiacciante
Mentre il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali fa annunciare al suo primo ministro che si provvederà ad abbassare i prezzi di quei prodotti base che in questi ultimi giorni sono vertiginosamente aumentati, la situazione degenera ancora una volta. Le notizie si susseguono frettolose…Appena un’oretta fa si cominciava a parlare di fumi provenienti da barricate nel centro di Tunisi e anche del fischio di qualche pallottola, ora invece i bollettini hanno altre parole d’ordine, ogni momento più drammatiche. La polizia sta aprendo il fuoco contro un folto gruppo di manifestanti in Rue de la Libertè e in Rue Palestine (proprio così) in pieno centro e contemporaneamente sta blindando interi quartieri della capitale, come nella zona di via La Fayette. In pochi minuti siamo già ad altri due morti da aggiungere alla lunga lista pubblicata poco fa ed un ferito in condizioni drammatiche: tutti sembrerebbero essere stati colpiti in avenue de Lyon, così riferisce da pochi minuti FrancePresse.
Nelle ultime ore invece arrivano diverse notizie dalla città di Gafsa e altre, più drammatiche da Gabes.
Una violenta manifestazione in quest’ultima città (importante centro minerario del paese) avrebbe già un bilancio di 6 morti. Da Gafsa ci arrivano notizie attraverso le parole di un sindacalista in collegamento telefonico con al-Jazeera “«In questo momento la città di Gafsa versa in uno stato di anarchia completa con bande che stanno saccheggiando liberamente i negozi del centro. Questa mattina c’era stata una manifestazione sindacale caricata dalla polizia che è intervenuta con il lancio di gas, ferendo 4 persone – ha affermato – subito dopo la polizia si è ritirata e sono giunte in città bande di incappucciati che stanno saccheggiando i negozi». Secondo il sindacalista «si tratta di bande organizzate e legate al governo perché hanno come obiettivo quello di screditare il movimento di protesta e di portare il terrore tra i cittadini».
Io quando posso provo ad aggiornare
Tunisia…siamo arrivati a 66 morti
Ci sono 58 nomi e cognomi, quindi almeno questo numero purtroppo si può confermare. Cinquantotto morti ammazzati dalle pallottole e dalla repressione del governo, della polizia e dell’esercito tunisino, dall’inizio dei tumulti contro il carovita, iniziati il 17 dicembre scorso.
E’ al-Arabiya che, citando fonti di alcune organizzazioni per i diritti umani tunisine, ci racconta nome per nome gli ultimi minuti di questi giovanissimi uccisi. E’ lo stesso Souhayr Belhassen, presidente del FIDH (Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell’uomo) a dirci che a questo bilancio vanno aggiunti altri otto nomi, di persone uccise nel corso della lunga notte precedente, nella periferia di Tunisi.
Oggi ci sono stati diversi momenti di scontri finchè l’esercito non ha deciso di battere in ritirata lasciando nel centro città la gestione alle poche camionette di polizia posizionate nei punti nevralgici: poco fa è ricominciato un finto lancio di lacrimogeni intorno a Rue de Rome dove centinaia di manifestanti stavano tentando di arrivare ad Avenue Bourguiba. La situazione più critica stamattina sembra essere a Biserta, città vicino a Tunisi dove l’esercito è schierato per le strade da ieri sera in modo massiccio: le agenzie di tutto il mondo non fanno altro che battere notizie sui saccheggi che sono avvenuti nella cittadina appena la polizia s’è ritirata per lasciare mano libera all’esercito, che non sta ancora intervenendo.
Poco dopo però (lo riferisce l’Ansa) alcune decine di giovani hanno formato un corteo spontaneo per tentare di fermare i saccheggi e la distruzione dei negozi: molti tra la popolazione sostengono che siano stati organizzati e pianificati dalla polizia, «Non vogliamo saccheggi, la polizia è andata via perchè qualcuno li potesse fare. Noi non vogliamo saccheggi, sono atti premeditati». Non fanno altro che ripetere questo.
Sousse invece, terza città del paese, posizionata sulla costa mediterranea, sta vivendo un partecipato sciopero generale, indetto dai sindacati di Ugtt a sostegno del movimento di protesta che sta infiammando la Tunisia: domani a Tunisi sono previste due ore di sciopero generale. La rivolta sta avvolgendo anche località famose perchè importanti centri turistici: ieri anche ad Hammamet si sono registrati due morti, mentre a La Marsa e Sidi Bou Said la situazione sta rapidamente precipitando. Forse con questi nomi e queste località in fiamme il mondo si accorgerà di qualcosa.
Yalla Shabab, non vi lasciamo soli
AGGIORNAMENTI QUI
Strage di civili nel Delta del Niger
E’ strage vera e propria in Nigeria, nella regione del Delta del Niger, roccaforte dei ribelli del Delta del Niger.
L’incursione dell’esercito è stata decisamente pesante e le notizie che arrivano nel nostro occidente completamente mediatizzato sono contrastanti e vaghe. Misna ci parla di bombardamenti da ieri mattina e di 50 morti bruciati vivi dentro le case nel villaggio di Ayakoromo: l’unità speciale dell’esercito cerca i ribelli bruciando vive famiglie.
L’Ansa riferisce di 150 vittime civili,
L’obiettivo principale dell’incursione era catturare John Togo, uno dei principali comandanti militari della Forza di liberazione del Delta del Niger (Ndlf), organizzazione che, al contrario del Mend, non ha aderito al programma di amnistia avviato lo scorso anno dal governo. Il quotidiano nazionale nigeriano The Vanguard invece minimizza l’azione delle squadre speciali, parlando di appena quattro morti in villaggi usati come base dal gruppo ribelle.
Basta, poco altro si riesce a sapere da quelle terre lontane e fertili, dove il petrolio sgorga come il sangue dei civili, vittime di uno sfruttamento territoriale che sta risucchiando le energie di un’intera popolazione.
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