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Bahrain:anche Ippocrate va in galera
Non solo i manifestanti,
non solo gli organizzatori dei cortei e delle fiaccolate,

I medici del Bahrain condannati
non solo che pacificamente e non ha difeso villaggi, vicoli e diritto di parola.
Ora anche le condanne ai medici del Bahrain che hanno curato i manifestanti feriti dalle forze di sicurezza del monarca (autoincoronatosi monarca) al-Khalifa sono state confermate.
Tutte.
Colpevoli di aver mantenuto parola ad Ippocrate, colpevoli di aver curato,
colpevoli di aver occupato un ospedale per evitare che i feriti si trasformassero in cadaveri.
Accusati e condannati per aver “incitato la popolazione ad odiare il governo”
questo ovviamente mentre cucivano, rianimavano, strappavano alla morte qualche fanciulletto ribelle, colpevole di aver alzato la testa,
testa immediatametne colpita da un lacrimogeno, o da un proiettile.
Colpevoli.
In carcere anche Ippocrate!
ANCORA SUL BAHRAIN: LEGGI QUI!
La “pillola del giorno dopo” a Roma
Quella che trovate qui sotto è una parte di una vecchia inchiesta dei RadicaliRoma (è dello scorso anno)
Niente di nuovo per molte di noi che, per un motivo o un’altro, ci siamo trovate a che fare con l’obiezione di coscienza negli ospedali pubblici.
Una cosa inaccettabile…
io li ricordo uno ad uno: li ricordo perché NON sono medici, perché le risposte, i toni, gli sguardi, le parole che usano non sono quelle che un medico dovrebbe usare,
perchè non dovrebbe essergli permesso di lavorare,
perchè possono togliere calli, possono raccogliere riso, possono prendere il carbone, possono raccogliere pomodori,
c’è tanto da fare al mondo.
Gli ospedali li lasciassero ai MEDICI.
La “pillola del giorno dopo” di cui stiamo parlando, non è un farmaco abortivo, non ha alcun effetto se il processo di impianto è già iniziato (altrimenti non sarebbe nemmeno possibile venderlo nelle farmacie). Non causa aborto, punto.
Motivo per cui è illegale per i medici appellarsi all’obiezione di coscienza, per un farmaco che ha il solo potere di inibire e quindi ritardare l’ovulazione. E’ pieno diritto di qualunque donna averne prescrizione medica immediata ed urgente senza dover parlare di obiezione di coscienza con chicchessia..
Quello che leggete qui è ripreso a telecamere nascoste da una coppia, in vari ospedali romani…
Ospedale Casilino – 1 giugno 2008, ore 23.21
“Avrei bisogno di una ricetta per la pillola del giorno dopo…”. Quando ha avuto l’ultimo rapporto sessuale? Qualche ora fa.. si è rotto il preservativo”. L’infermiera all’accettazione chiede se la donna è maggiorenne e poi la informa che dovrà attendere perché è un codice bianco e prima hanno precedenza le donne gravide. Alla fine il farmaco sarà prescritto. “Dovrà pagare un ticket di 25 euro. Non oggi… poi in settimana” conclude l’infermiera.
Ospedale Cristo Re – 6 giungo 2008, ore 18.14
“Sono venuta questa mattina per la prescrizione della pillola del giorno dopo. E mi hanno detto che non c’è possibilità. Assolutamente no?”. L’infermiera conferma e da il consiglio di recarsi altrove: “Dovete andare o al San Filippo Neri o al San Camillo… Questo è un ospedale religioso”. La donna insiste: “Non è proprio possibile averla? Perché è il tutto giorno che giriamo, siamo andati pure al Gemelli”. Ma la dipendente del Cristo Re è categorica: “Impossibile! E no, pure quell’ospedale è religioso. Provi al San Camillo…”.
Ospedale Cto – 8 giugno 2008, ore 1.45
“Ho già detto al suo collega. Mi servirebbe la prescrizione per la pillola del giorno dopo…”. All’accettazione risponde un medico: “Un attimo solo…Eh no perché deve firmare un modulo e per questo deve andare al Nuovo Regina Margherita…”. La donna chiede spiegazioni: “Ma perché? Qui non si può?”. “No, mancano i moduli per il consenso informato per via degli effetti collaterali..”. Così la donna è costretta a rinunciare.
Ospedale Gemelli – 13 giugno 2008, ore 23.51
“Senta ho un problema urgente… Mi servirebbe la prescrizione della pillola del giorno dopo…”. La risposa che la donna riceve al pronto soccorso è chiara: “Guardi noi siamo un ospedale cattolico. E siamo tutti obiettori di coscienza e non la prescriviamo”. E alle ulteriori richieste di spiegazioni l’operatore spiega: “Francamente mi risulta che anche negli altri ospedali romani c’è questo problema… Qui da noi non la prescrive nessuno, il medico di famiglia la può prescrivere…”. E la donna: “Ma io il mio medico l’ho appena chiamato ma essendo tardi mi ha consigliato di rivolgermi a un pronto soccorso al più presto perché altrimenti non serve…”. Il medico replica spiegando che in realtà la donna ha 72 ore di tempo dal rapporto per prendere il farmaco. Ma su internet potete trovare informazioni e anche il numero di telefono di qualcuno che te la può prescrivere d’urgenza”.
Ospedale Fatebenefratelli – 27 giugno, ore 16.55
La donna assieme al compagno spiegano di essere già stati all’ospedale San Camillo e di aver trovato medici solo obiettori…”. L’infermiere del pronto soccorso risponde con una battuta: “Perché sei stata sfortunata… Se no te l’avrebbe data: alcune volte c’è il medico obiettore altre no. Ma qua proprio no: la pillola non la danno mai, mai…”.
Ospedale Grassi – 29 giugno 2008, ore 1.07
L’infermiera al pronto soccorso spiega che deve vedere se ci sono obiettori in servizio. La coppia deve attendere e al ritorno l’infermiera spiega:” Il dottore dice che se la vuoi te la può prescrivere ma solo se prima fai il prelievo del sangue perché vuole accertare che tu non sia già in gravidanza”. La donna obietta che il proprio medico non le farebbe fare alcuna analisi e che il farmaco impedisce solo la fecondazione dell’ovulo. Il sanitario insiste: “Prescrivere la pillola del giorno dopo a una paziente che è incinta significa provocare un aborto. Capisci che è una cosa ben diversa. Se vuoi puoi parlare con il dottore comunque la condizione è questa…”.
Ospedale Sandro Pertini – 29 giugno, ore 2.07
È uno dei pochi ospedali dove il personale medico non fa alcun tipo di problema e si limita a chiedere i dati per poi chiamare la ginecologa. Dopo poco tempo il medico spiega alla donna le modalità per l’uso del farmaco. “È un’unica compressa, puoi prenderla a stomaco vuoto o pieno. Non è un problema. Considera che non ha una copertura del 100% arriva a un massimo del 95-97%. Prima si prende e meglio è. Prima delle 12 ore è meglio. Comunque si ha tre giorni di tempo per prendere il farmaco. Quindi ora via in farmacia e lo prendi con un po’ d’acqua. Potrebbe darti un po’ di nausea, potrebbe darti alterazioni del ciclo e te lo può anticipare di molto. Una volta assunto potresti trovare delle macchiette di sangue perché comunque sono ormoni e possono alterare un po’ lo stato del ciclo…. Ma se il ciclo ritarda di qualche giorno è meglio fare le analisi perché il farmaco non dà un copertura del 100%″. “Questo è il farmaco…”. La donna mette una firma su un modulo ed esce dall’ospedale con la prescrizione.
Ospedale Regina Margherita – 30 giugno, ore 17.10
Al pronto soccorso l’infermiera chiede un documento e il codice fiscale. La prescrizione della pillola del giorno dopo viene effettuata senza alcuna difficoltà.
Ospedale Sant’Andrea – 31 giugno, ore 17
Anche in questo caso viene richiesto di firmare il modulo per il consenso informato e poi viene data la prescrizione.
Ospedale Figlie di San Camillo – 1 luglio, ore 12.47
La risposta alla richiesta del farmaco è netta. “No, questo è un ospedale religioso, non te la fanno sono tutti obiettori”. L’infermiera poi aggiunge:”L’unica parte dove è facile non trovare obiettori è l’Umberto I negli altri ospedali te la rischi… Oppure puoi provare al San Giovanni”.
Ospedale San Giovanni – 2 luglio, ore 22.40
Anche al San Giovanni ottenere la prescrizione non è semplice e comporta perdere tempo prezioso. Al pronto soccorso un infermiere invita a ritornare il giorno dopo: “Guardi domani mattina qui da noi per fortuna è aperto il nostro consultorio: tutta la mattina di sabato. Quindi può andare tranquillamente lì perché le apriranno una cartella, le spiegheranno poi tutti gli effetti collaterali e poi la metteranno anche in lista per ulteriori controlli…”.
La donna fa presente di essere stata consigliata dal medico curante di far presto ad assumere il farmaco e quindi di recarsi al pronto soccorso. “Quando è successo il fattaccio?” domanda l’infermiere. “Oggi pomeriggio” risponde la donna. “Ha tre giorni di tempo, domani o dopodomani – ribatte il sanitario – ma domani mattina va bene. Quando è venerdì preferiamo mandare la paziente al nostro centro di pianificazione perché viene edotta dei rischi, degli effetti collaterali e viene poi indirizzata per ulteriori accertamenti se dovesse avere un ritardo e per fare una ecografia o una beta…”. “Ma pensavo che la pillola dovesse essere presa subito” ribadisce la donna. “No. Vada domani mattina e gliela farà sicuramente…” rassicura l’infermiere.
Ospedale San Carlo – 8 luglio, ore 00.24
“Questo è un ospedale religioso, non la fanno la prescrizione…”. È la risposta che riceve la donna che chiede: “Ma io come faccio?”. L’infermiere consiglia di recarsi in un “ospedale grosso come al San Filippo Neri. Tra parentesi ci vuole un ginecologo e noi non ce l’abbiamo”.
Ospedale Policlinico Tor Vergata – 9 luglio, ore 24
“Ok, mi dà un documento. Noi glielo dico prima non abbiamo il pronto soccorso di ginecologia. Bisogna cercare un medico generico poi decide se prescrivere o meno. Non so in base a cosa decide, non sono un medico”. La donna chiede se ci sono obiettori per evitare un’attesa inutile. “Ci sono parecchi obiettori. Ma le ripeto deve parlare con il medico”. Poi l’infermiere cerca di sapere se c’è un medico disponibile e spiega: “Il medico c’è però l’attesa è lunga. Cioè tu sei un codice bianco e aspetti un bel po’. Te lo dico perché può essere che al Casilino se c’è il ginecologo fai un iter diverso”.
Ospedale Sant’Eugenio – 9 luglio, ore 1.05
“La dottoressa purtroppo non c’è: la prescrive però è in sala parto e sta facendo un parto cesareo. Tra una mezz’ora avrà finito” spiega una infermiera. La coppia chiede se possano rivolgersi a un altro ospedale e l’infermiera spiega che è difficile “dipende da ospedale a ospedale e si sono uno o due medici che la prescrivono. Qui da noi sono tre che la prescrivono”.
Ospedale San Filippo Neri – 9 luglio, ore 2.18
“Ci servirebbe urgentemente la prescrizione per la pillola del giorno dopo” spiega la donna con il suo compagno. “Aspetti non so se gliela fa” risponde una infermiera che poco dopo ritorna e informa la coppia che il medico è disponibile: “Ha detto va bene, che ve la fa…”.
Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – 10 luglio, ore 16.41
“Sono già venuta stamattina per la prescrizione della pillola del giorno dopo e mi hanno detto che qui non la fate però il ragazzo era molto gentile e ci ha indicato altri ospedali e siamo andati ma ci hanno detto di no. Volevo sapere se qui proprio non la fate”. Anche in questo caso la risposta che la donna riceve al pronto socoroso è categorica: “No. Provate al Gemelli. Mi dispiace”.
Ospedale San Giacomo – 11 luglio, ore 10.34
“Ho un grave problema mi servirebbe proprio urgentemente la prescrizione della pillola del giorno dopo” spiega la donna in accettazione. “Non so se oggi abbiamo i medici che la fanno. Alcuni sono contrari per l’obiezione di coscienza. Lei non può andare contro a quella che ha il medico” risponde una infermiera. La donna fa presente che non si tratta di un aborto. “Ma c’è anche il medico di base che la prescrive – ribatte il sanitario – Qui dentro non tutti la fanno è una scelta insindacabile. Negli ospedali vaticani è inutile andarci”. Solo successivamente dopo che la donna insiste nel richiedere il farmaco, l’infermiera contatta il medico che risponde di essere disponibile a prescrivere la pillola.
Aurelia Hospital – 11 luglio, ore 18
“Qui il medico è obiettore di coscienza. Andate in un altro ospedale purché non sia religioso” fanno subito presente al pronto soccorso. “Ma questo è un ospedale religioso?” chiede la coppia. “No ma il medico essendo obiettore non prescrive. Mi spiace andate al San Camillo ed escluda i religiosi: il San Filippo Neri, il Gemelli, il Cristo Re. Escluda tutto quello dove ci sono preti,monache…” conclude il sanitario.
Ospedale Santo Spirito – 11 luglio, ore 17.30
“Ho chiamato il medico di base mi ha detto di rivolgermi alla guardia medica e mi hanno detto di andare al pronto soccorso per farmi prescrivere la pillola del giorno dopo” spiega la donna in accettazione. Ma la risposta è negativa: “Non la prescriviamo! Non tutti i pronti soccorso le prescrivono in base all’obiezione di coscienza”.
Ospedale Umberto I – 12 luglio, ore 19
Al pronto soccorso spiegano che la prescrizione è possibile averla. “È un prestazione a pagamento. Costa 25 euro e dopo dieci giorni riceverà a casa il bollettino per il pagamento” si limitano a spiegare.
HANNO GIUSTIZIATO IPPOCRATE, di Vittorio Arrigoni
DA IL MANIFESTO del 10 GENNAIO 2009
A FIRMA DI VIK, VITTORIO ARRIGONI:
A Gaza, un plotone di esecuzione ha messo al muro Ippocrate, ha puntato e fatto fuoco. Le allucinanti dichiarazioni di un portavoce dei servizi segreti israeliani secondo cui l’esercito ha ottenuto via libera a sparare sulle ambulanze perché a bordo presenti presunti membri della resistenza palestinese, danno il quadro di che valore dà alla vita Israele in questi giorni, le vite dei nemici, s’intende. Vale la pena ripassare cosa dichiara il giuramento di Ippocrate,

Gaza _clinica mobile bombardata_
a cui è tenuto ogni medico prima di iniziare a esercitare la professione, in particolare questi passi: “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica”. Sono sette fra i dottori e infermieri volontari i camici bianchi uccisi dall’inizio della campagna di bombardamenti, una decina le ambulanze colpite dall’artiglieria israeliana. I sopravvissuti tremano di paura, ma non si tirano indietro. I lampeggianti cremisi delle ambulanze sono gli unici squarci di luce lungo le strade nelle notti oscure di Gaza, esclusi i lampi che precedono le esplosioni. Riguardo a questi crimini, l’ultima denuncia è partita da Pierre Wettach, capo della Croce Rossa a Gaza; le sue ambulanze sono potute accorrere sul luogo di un massacro, a Zaiton, est di Gaza city, solo dopo 24 ore dall’attacco israeliano. I soccorritori dichiarano di essersi trovati dinnanzi uno scenario raccapricciante: “quattro bambini piccoli vicini ai corpi senza vita delle loro madri in una delle case. Erano troppo deboli per tenersi in piedi. E’ stato trovato vivo anche un uomo, anche lui troppo debole per tenersi in piedi.

Gaza _le corsie degli ospedali_
In tutto sui materassi giacevano 12 corpi”. I testimoni di questa ennesima carneficina raccontano come i soldati israeliani, penetrati nel quartiere, hanno radunato le decine di membri della famiglia Al Samouni in un solo edificio e poi lo hanno ripetutamente bombardato. Con i miei compagni dell’ISM sono giorni che giriamo sulle ambulanze della mezzaluna rossa, abbiamo subito molteplici attacchi e perso un caro amico, Arafa, colpito in pieno da un colpo di obice sparato da un carro armato. Altri tre paramedici nostri amici rimangono ricoverati negli ospedali dove fino a ieri lavoravano. Sulle ambulanze il nostro dovere è raccogliere feriti, non accogliere a bordo guerriglieri. E quando troviamo riverso per strada un uomo ridotto una poltiglia di sangue, non si ha il tempo di controllare i suoi documenti, chiedergli se parteggia per hamas o fatah. Anche perchè quasi sempre i feriti non rispondono, come i morti. Alcuni giorni fa caricando un ferito grave ha cercato contemporaneamente di salire sull’ambulanza anche un altro uomo, ferito in maniera lieve. Lo abbiamo spintonato fuori, proprio perché sia chiaro a chi ci spia dal cielo che non fungiamo da taxi per il trasporto di membri della resistenza, bensì accogliamo sopra le nostre ambulanze solo feriti gravi, il cui rifornimento da parte di Israele non cessa un istante.

Gaza _militanti di Hamas?_
La notte scorsa è arrivata all’ospedale Al Quds di Gaza City Miriam, 17 anni, in preda alle doglie. Al mattino erano passati nello stesso ospedale suo padre e sua cognata, entrambi cadaveri, vittime di uno dei tanti bombardamenti indiscriminati. Durante la notte Miriam a partorito un bel bimbo, inconsapevole del fatto che mentre lei si trovava in salo parto, un piano più in basso, all’obitorio era giunto anche il giovane marito. Alla fine persino le Nazioni Unite si sono accorte che qui a Gaza siamo come tutti immersi nello stesso catino, bersagli mobili per ogni cecchino. Siamo arrivati a quota 789 vittime, 3300 i feriti, 410 vertono in situazione critica, 230 i bambini uccisi, decine e decine i dispersi. Il computo delle vittime civile israeliane, fortunatamente, è fermo a quota 4. Per bocca di John Ging capo dell’Unrwa (Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi), le Nazioni Unite hanno annunciato di sospendere le loro attività umanitarie lungo la Striscia. Ho incrociato Ging negli uffici dell’agenzia di stampa Ramattan, e l’ho visto sdegnato agitare il suo indice accusatorio contro Israele dinnanzi alle telecamere. L’ONU cessa le sua attività a Gaza dopo che due dei suoi operatori sono stati uccisi ieri, beffa vuole durante le tre ore di una tregua che Israele ha annunciato e al suo solito non rispetta. “I civili di Gaza hanno a disposizione 3 ore al giorno per cercare di sopravvivere, i soldati israeliani le restanti 21 per cercare di sterminarli” ho sentito Ging dichiarare a due passi da me. Da Gerusalemme mi scrive Yasmine, moglie di uno dei numerosi giornalisti in fila al valico di Erez, giornalisti ai quali per chissà perchè Israele non concede il lasciapassare per venire qui a filmare e a raccontare l’immane catastrofe innaturale che da tredici giorni ha colpito. Queste le sue parole: “L’altro ieri sono andata a vedere Gaza dal di fuori. I giornalisti del mondo sono tutti ammucchiati su una collinetta di sabbia a un paio di km dal confine. Decine di telecamere che puntano verso di voi. Aeri che ci sorvolano, si sentono ma non si vedono, sembrano solo illusioni mentali finché non si vede il fumo nero salire all’ orizzonte, Gaza. La collina e’ diventata anche meta turistica per gli Israeliani di zona. Con grandi binocoli e macchine fotografiche vengono a vedere i bombardamenti dal vivo.” Mentre sto trascrivendo in fretta e furia questa mia corrispondenza una bomba cade nel palazzo a fianco a quello in cui mi trovo. I vetri tremano, le orecchie dolgono, mi affaccio dalla finestre e vedo che hanno colpito l’edificio dove sono raccolti i principali media arabi. E’ uno dei palazzi più alti di tutta Gaza city, l’Al Jaawhara building. Sul tetto tengono fissi una troupe con una telecamera, li vedo ora contorcersi tutti a terra, agitare le braccia invocando aiuto, avvolti da una cappa nera di fumo. Paramedici e giornalisti, le professioni più eroiche in questo spicchio di mondo. All’ospedale Al Shifa ieri sono andato a trovare Tamim, reporter sopravvissuto ad un bombardamento aereo. Mi ha spiegato come secondo lui Israele sta adottando le stesse identiche tecniche terroristiche di Al Al-Qaeda, bombarda un edificio, attende l’arrivo dei giornalisti e dei soccorsi, quindi fa cadere un’altra bomba che fa strage di quest’ultimi. Per questo motivo a suo avviso si sono registrate molte vittime fra i paramedici e i reporters, gli infermieri attorno al suo letto facevano cenni di consenso. Tamim mi ha mostrando sorridendo, i suoi moncherini. Ha perso le gambe, ma è felice d’ essersela cavata, il suo collega Mohammed è morto con in mano la macchina fotografica, la secondo esplosione lo ha ucciso. Nel frattempo mi sono informato sulla bomba appena caduta nel palazzo qui vicino, sono rimasti feriti due giornalisti, entrambi palestinesi, uno di Libyan tv l’altro di Dubai tv. Giusto un altro sonoro avvertimento da chi esige che questo massacro di vittime civili non venga in alcun modo raccontato. Non mi resta che augurarmi che nel quartier generale dei vertici militari israeliani non si legga Il Manifesto, ne vi siano affezionati visitatori del mio blog. Restiamo umani. Vik
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