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Un altro stupratore in divisa… Dino Maglio, carabiniere
Il nome di Massimo Pigozzi mi risuona spesso nella testa: il nome di un poliziotto stupratore mi rimane incastrato nei processi neuronali, la rabbia lo blocca tra le sinapsi, così che la memoria possa essere sempre bruciante e viva.
Perchè questi non vanno dimenticati: non vanno dimenticati i nomi dei maschi aguzzini e stupratori,
poi se son uomini di Stato, che calzano a pennello una divisa da tutori dell’ordine bhè…
lì il processo di memoria fa giri pindarici, e non si stacca più dal mio corpo.

Te la ricordi sta foto Ommemerd?? _foto di Baruda_
Oltre al nome di Massimo Picozzi, poliziotto; o di Francesco Tuccia, soldato dell’esercito italiano
possiamo aggiungere quello, ripugnante, di Dino Maglio, che indossava la divisa di Carabinieri e cha ha un storia molto particolare che è riuscita a “guadagnarsi” articoli sul Guardian.
Dino Maglio l’ha costruita bene la sua macchina di stupri seriali: era un internazionalista probabilmente questo playmobil dallo stupro facile perché aveva scelto come tecnica quella del Couchsurfing, parola che a molti sembrerà insulsa ma che rappresenta una piattaforma nata non da molto tempo ma con una fruizione in impennata, che permette ai viaggiatori lowcost di scambiarsi ospitalità, di offrire il proprio divano per una vacanza alternativa.
Lui ne ha ospitate diverse di ragazze, e sempre le drogava e violentava.
Il bello di tutta questa storia è che il fanciullo negli ultimi mesi era ai domiciliari proprio perchè denunciato da una sua ospite australiana di soli sedici anni: lui confessò anche di averla drogata e di aver avuto un rapporto sessuale con lei, minorenne.
Ma d’altronde è un carabiniere: ha continuato ad esserlo anche dopo questa denuncia,
ha continuato ad essere carabiniere anche quando con tutti i domiciliari in atto ha continuato ad adescare fanciulle con la stessa identica tecnica del Couchsurfing.
Il totale è 16 ragazze provenienti dalle più disparate zone del mondo.
Lui è Dino Maglio, 35 anni, Carabiniere.
Aho, tutte belle marcite e putrefatte ste mele di Stato!
Noi impariamo a difenderci, noi impariamo a non farci metter le mani addosso:
una manciata di giorni fa ho saputo che un uomo di merda che ha rovinato la mia vita per anni ha fatto di peggio su un’altra donna, che però è riuscita ad ottenere un allontanamento da lei e dalla sua bimba piccolissima.
Eppure lui è tra noi, nessuno lo è andato a prendere per il collo come sarebbe dovuto essere. Già molto tempo fa.
Anzi, ero matta io. E probabilmente, per quella brava gente che siamo, ora sarà matta lei.
lo schifo totale. Arriverà il giorno, pezzo di merda, arriverà…
LEGGI:
– Pigozzi: il poliziotto stupratore
– Omini di Stato, stupratori in divisa
– Finanzieri che stuprano
– Soldati americani e basi in Italia
– Mario Placanica, assassino stupratore
I quotidiani che rimuovono lo stupro e la condanna a Tuccia
Sembro una pazza, sfoglio sfoglio questi due quotidiani che ho davanti e rimango basita.
Io trovo infinite difficoltà a scrivere dopo una sentenza di tribunale, avendo un rifiuto totale per l’impianto giudiziario e ancor di più per quello carcerario: non sono capace a commentare la galera altrui,
soprattutto quando ad andarci sono stupratori, a maggior ragione se vestiti di qualche divisa di stato.
Per noi “contro il carcere” sempre e comunque non è mica facile da gestire una pagina di commento su otto anni di carcere ad un militare che ha lasciato una ragazza in fin di vita, sulla neve abruzzese, in piena notte, a morire là (cosa non avvenuta per un soffio)
La cosa che mi lascia sconvolta, e sfoglio sfoglio questi maledetti due giornali, è che a quanto pare anche il Corriere della Sera e Il Messaggero son così libertari e intrisi di pensieri abolizionisti che non reputano doveroso scriverne o non sanno come farlo.
Ieri si è concluso il processo dello stupro di Pizzoli, contro il soldato Francesco Tuccia
processo discusso e da sempre presidiato da donne di tutta italia,
ieri la colpevolezza del bravo soldatino dal faccino pulito è stata sancita dai loro tribunali
eppure tutto tace.
Tutta questa carta e nessuno si è degnato di mettere nemmeno una breve.
Una breve che raccontasse cosa è accaduto, con quale forza e dignità quella ragazza ha deposto e vissuto tutto il processo,
nessuno nella stampa nazionale (parlo di quel che ho davanti ovviamente) si è degnato di raccontarcelo,
di mettere una foto dell’infinita solidarietà attiva fuori da quel tribunale aquilano. Nulla.
“il colloquio con i prof. si fa da casa via Skype” una pagina di questo c’è sul Corriere della Sera..
di spazio da buttare o riempire un po’ a caso ce ne stava tanto quindi..
uno così inizia a pensare che sia proprio una scelta politica, o no?
Abbiamo dei quotidiani illeggibili perchè intrisi di una cronaca becera e poi certe cose si omettono.
Otto anni per uno stupro selvaggio e mostruoso, effettuato da un soldato dell’esercito italiano,
vengono rimossi, almeno dal quotidiano più venduto d’Italia.
Vergognatevi
Pagine di questo blog che ne hanno parlato
Uomini in divisa, stupratori in divisa
Lo stupro di Pizzoli e le donne del PD di L’aquila
Ci riguarda tutte
Si apre il processo
Ieri, al tribunale di L’Aquila: apertura processo allo stupratore in mimetica
Ieri è stata una lunga giornata: alle 5.30 di mattina salto in motorino per attraversare la città, sotto un manto di stelle e lontana ancora dalle luci dell’alba.

Foto @baruda _Ieri, tribunale di L’Aquila_
Poi una bella partenza, di macchine e sorrisi, di compagne assonnate e determinate a raggiungere il tribunale di L’Aquila, ora sito tra i capannoni della zona industriale di Bazzano, proprio sotto al Gran Sasso e al suo panorama che ruba il cuore.
Determinate eccome, a presenziare all’apertura del processo contro Francesco Tuccia,
militare del 33° Reggimento Acqui, di stanza a L’Aquila, stupratore maledetto, torturatore, assassino mancato solo per una gran fortuna.
Tutte lì, da diverse parti d’Italia ad urlare a quella donna che siamo tutte con lei,
ad urlarle che non è sola, che siamo tutte state stuprate insieme a lei, in quella lunga maledetta e ghiacciata notte di Pizzoli.
Tutte presenti sì, col cuore in gola, a portare vicinanza a chi ha il coraggio di denunciare e testimoniare, di rialzarsi e reagire,
di deporre a volto scoperto e senza vergogna, per rispondere a violenza e menzogne,
Sul suo corpo, su quello di tutte noi.
Un presidio di donne, che malgrado le mille differenze di parole d’ordine e pratiche, si son ritrovate lì, perché non c’era altro posto dove dovevamo stare: davanti alle camionette di quell’esercito che nell’operazione “strade sicure” nella martoriata città di L’aquila, ha portato solo militarizzazione, rabbia, e il corpo di una donna maciullato da una violenza sessuale brutale,
avvenuta con metodologie che ricordano molto gli stupri di guerra.
Eravamo lì, torneremo lì: affinchè nessuna donna si senta sola, affinchè nessuno stupratore si senta tranquillo.
I vostri tribunali ci interessano poco, son gli stessi che carcerano a noi, quindi: Francesco Tuccia esci fuori adesso, te lo facciamo un bel processo!
Vi allego un testo, scritto da un compagno del 3e32, letto ieri sera cn molto piacere: lo sguardo di un uomo, di un compagno, di un terremotato, sull’arrivo colorato e determinato di una manciata di donne incazzate! Grazie Alessandro, grazie a te.
“Oggi a Bazzano (L’Aquila) ho assistito, tra l’altro, alla prima contestazione ad una camionetta di militari in quanto militari presenti su questo territorio. Non poteva che venire da delle donne sopratutto dopo quello che di tremendo è successo e il contesto dove ci trovavamo: fuori il tribunale di L’aquila per la prima udienza al militare stupratore di Pizzoli.
Queste donne venute da più parti, hanno fatto sentire con la loro presenza la vittima della violenza meno sola. Ma hanno fatto sentire meno sole anche tutte le altre donne di questo territorio militarizzato. Hanno fatto sentire meno soli anche noi uomini che ci troviamo, anche noi, su questo territorio – nostro malgrado – militarizzato. Forse era dovuta anche a questa frustrazione la presenza discreta e del tutto minoritaria di alcuni nella prima parte del presidio.
Volevamo dare la solidarietà a voi donne toccate per prime e direttamente sui corpi da questa infame militarizzazione.
Una lotta alla militarizzazione non può che partire dalla questione di genere perché secondo me è una lotta che attacca il genere portato alla sua massima costruzione ed esaltazione con la divisa militare.
Per questo reputo una bella vittoria l’ammissione a parte civile delle donne del centro antiviolenza al processo contro Francesco Tuccia. Allo stesso tempo, credo che, parallelamente, una tale lotta debba essere portata nelle strade militarizzate che viviamo nella sua dimensione intrinseca di conflitto sociale e materiale a partire dal genere, senza correre il rischio di essere disinnescata nelle aule di tribunale.
Mentre parlavo con una compagna romana che di teatri di guerra ne conosce, prendevo coscienza con amarezza di quanto per me tutto questo fosse divenuto normale: la militarizzazione, la violenza, i divieti, la frammentazione creata ad arte che ora ti impedisce di lottare. Un raggio di sole è uscito per primo oggi dalla nebbia di Bazzano: era dentro quelle urla di donne che forse per la prima volta a L’Aquila non facevano più sentire così sicuri quei signori in divisa.
Grazie compagne!!!
Alessandro
Ah….c’era sempre la richiesta delle donne del PD: non ve la dimenticate : QUI
Omini di stato,stupratori in divisa…
Assolutamente difficile per me parlare dello stupro avvenuto in una balorda notte innevata a L’Aquila, città che amo profondamente.
Ne avevo scritto un po’, con somma fatica,
a fatti avvenuti da poco,
quando i playmobile del 33° Reggimento Aqui erano tornati in servizio, a pattugliare le strade di una città anch’essa stuprata,
malgrado ben tre di loro fossero coinvolti in uno stupro selvaggio,
che per una carrellata di eventi fortuiti non s’è trasformato in un omicidio.

La merda
Barbaro.
Di un uomo (uno??) che sevizia una donna, una giovanissima donna,
con un oggetto di ferro, fino a lasciarla agonizzante a terra, in una pozza di sangue a sporcar la neve,
fino a quelle tante ore di sala operatoria, a ricucire un utero totalmente sventrato dal caporale Francesco Tuccia,
da ieri agli arresti domiciliari.
Non mi piacciono i discorsi che paragonano le condanne e quindi le decisioni dei tribunali di sorveglianza..
ma sono a meno di un mese dal rigetto dell’affidamento in prova ai servizi sociali del mio compagno, Paolo Persichetti,
condannato per un fatto avvenuto nel lontano 1987,
e che ancora, a meno di tre anni dal fine pena, non ha diritto a dormire una notte con me e con il suo bambino.
Francesco Tuccia invece dorme nel suo letto…ed io, che son contro il carcere, che rabbrividisco per la privazione di libertà di chiccessia…rimango attonita.
Vorrei conoscere, ogni giorno di più, uno ad uno i giudici dei tribunali di sorveglianza di questo paese di merda, dove la galera te la fai (tutta, fino all’ultimo giorno) solo se i tuoi reati son politici, solo se contrasti lo Stato e i suoi apparati.
Qui si legge chiaramente che non è esclusa la possibilità di reiterazione del reato eppure si concedono i domiciliari : perfetto!
Un soldato, un uomo di Stato, un perfetto stupratore (leggete a questo link della conferma dei 12 anni di carcere per Massimo Pigozzi, poliziotto già condannato per le torture di Bolzaneto del G8, per violenza sessuale su quattro donne nelle camere di sicurezza di quella maledetta caserma) …
Vi allego il comunicato comparso sul sito 3e32 scritto dalle varie componenti del movimento aquilano:
La notizia della concessione degli arresti domiciliari al militare Francesco Tuccia, accusato di tentato omicidio e violenza sessuale nei confronti di una studentessa universitaria laziale ci induce a una serie di considerazioni con le quali intendiamo contribuire a mantenere viva l’attenzione su questa vicenda.
Mentre il presunto colpevole continua a negare la violenza, sostenendo l’inverosimile teoria di un rapporto consenziente, il suo avvocato non ci dispensa neanche stavolta dalle ennesime parole fuorvianti e scorrette come quelle secondo cui dopo tre mesi di detenzione il suo assistito avrebbe “imparato la lezione”, quasi che fossimo di fronte alla marachella di un bambino.
Parole che ci sembrano la spia di un contesto culturale allarmante nel quale ben comprendiamo l’amarezza e i timori con cui la vittima e la sua famiglia hanno accolto la misura dei domiciliari all’ex-caporale.
A tal proposito ci chiediamo: se l’accusato si fosse macchiato dei soli reati di tentato omicidio e lesioni -magari durante un tentativo di rapina – quale sarebbe stata la valutazione del giudice?
Di fronte ai casi di violenza sessuale e stupro – reato gravissimo, anche se solo dal 1996 è considerato tra i reati contro la persona – i giudici (spesso maschi) sembrano più propensi al garantismo e inclini a un atteggiamento mentale e, quindi, “culturale”, non altrettanto inflessibile e severo, come per esempio nei reati contro il patrimonio. Come se i beni mobili o immobili valessero più dell’integrità fisica e mentale di una donna. Quello stesso garantismo che vediamo applicato in questi casi, vorremmo vederlo sempre e comunque, indipendentemente dalla natura del reato e dall’identità e appartenenza nazionale e sociale dell’indagato. Perché è difficile non chiedersi cosa sarebbe accaduto sin dall’inizio di questa vicenda se l’indagato non fosse stato un caporale dell’esercito.
Anche le modalità ed il linguaggio utilizzati dai mass media per parlare di casi di violenza contro le donne riflettono il livello di arretratezza culturale del nostro paese: morbosa curiosità per particolari che ledono sempre la donna ed il suo diritto alla riservatezza, grande affanno per stabilire se la donna violentata o uccisa sia una “brava persona”, perché, in caso contrario, scattano subito le attenuanti per il maschio e via via il disinteresse per una storia che non fa più notizia.
Mentre le donne continuano la lotta per superare le violenze subite, circondate dall’indifferenza complice di chi sceglie sempre di non vedere, perché la violenza degli uomini interroga in profondità le coscienze delle donne e degli uomini e, proprio per sottrarsi a ciò, si sceglie di non nominarla mai.
Rinnoviamo la nostra solidarietà alla ragazza ed alla sua famiglia e continuiamo a rivendicare il diritto per tutte e tutti di vivere libere/i dalla violenza maschile, che solo in Italia e solo dall’inizio dell’anno ha ucciso 58 donne.
Auspichiamo che l’informazione e i media vogliano tenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla violenza di genere, i cui dati allarmanti ci sembrano gravemente sottovalutati.
Collettivo Fuorigenere, Comitato 3e32 , Centro Antiviolenza per le Donne, Associazione Biblioteca delle Donne “Melusine”
Stupri Made in Italy e nessuna condanna esemplare..
@Stuprò una romena, condannato a cinque anni Accusato di aver stuprato una romena di 38 anni dopo averla minacciata con un taglierino, un italiano, Alessio Amadio, di 40 anni, è stato condannato a cinque anni di reclusione dai giudici della settima sezione del tribunale di Roma presieduti da Gennaro Romano. Accolte in pieno, quindi, le richieste del pm Antonella Nespola.
Alla parte lesa è stato riconosciuto, sotto forma di provvisionale, un risarcimento di 15 mila euro. Magdalena, questo il nome della parte lesa, denunciò di essere stata violentata il 15 maggio 2008 in un call center, del quale è titolare la convivente dell’imputato, nei pressi di Piazza Vescovio, dove lavorava come addetta alle pulizie. “Non solo sono stata violentata alle sei del mattino mentre facevo le pulizie – ha dichiarato la donna, assistita dall’avvocato Carlo Testa Piccolomini, durante il processo – ma ho perso anche il posto di lavoro.
E poi, il Comune si era impegnato ad aiutarmi ed invece non si è costituito nemmeno parte civile. Io non chiedo nulla, solo riavere il mio posto di lavoro e continuare a vivere in maniera dignitosa”. (18 marzo)
@Il gup del Tribunale di Sciacca(Agrigento) Cinzia Alcamo ha condannato a sei anni di reclusione al termine del processo celebrato con il rito abbreviato V.V. di 54 anni, accusato di avere abusato sessualmente della figlia che all’epoca dei fatti non aveva compiuto i 14 anni. Secondo quanto emerso durante il dibattimento, l’uomo avrebbe minacciato la bambina dicendole che se avesse raccontato a qualcuno delle sue turpi abitudini “papa’ e mamma divorziano e tu resti in mezzo alla strada”. La vicenda si sarebbe svolta nell’estate del 2005 quando l’uomo aveva cominciato a dare alla figlia lezioni di guida dello scooter. I giudici hanno disposto per il condannato anche il divieto di dimora in Sicilia e la decadenza dalla potesta’ genitoriale.(20 marzo)
@Un turista italiano di 60 anni e’ stato arrestato ieri pomeriggio in Thailandia per crimini legati allo sfruttamento sessuale dei minori. E’ accaduto nella famosa localita’ marittima di Pattaya, dove la polizia locale ha stretto le manette ai polsi dell’uomo accusato di aver tentato di avere rapporti sessuali con un bambino. Il 21 gennaio un altro italiano era stato arrestato per la terza volta per sfruttamento sessuale di bambini: era stato colto in flagrante mentre faceva sesso con un 12enne. Secondo l’Ecpat, la rete internazionale di organizzazioni impegnate nella lotta allo sfruttamento sessuale dei bambini, in vetta alla triste classifica degli habitue’ del turismo sessuale nei paesi asiatici restano americani ed australiani. Bangkok, Pattaya, Chiang Mai, Chiang Rai and Phuket le mete preferite: in base alle ultime stime, sono circa 250mila i bambini e gli adolescenti fatti prostituire o “usati” per realizzare immagini e video porno. Il mercato del sesso con minori mostra una diminuzione delle minori thailandesi trafficate nel business sessuale locale, se non per un gruppo di minoranza etnica che vive nel Nord. In aumento invece bambini e adolescenti provenienti da Cambogia, China (provincia dello Yunnan), Laos, Myamar e Vietnam. La Thailandia si conferma uno maggiori produttori e distributori di video e foto pedopornografici (21 marzo)
@Violenza sessuale aggravata dall’uso di sostanze alcoliche ed affidamento di arma da sparo a persona minore. Per queste accuse il gip del tribunale di Chieti ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Antonio D’Alessio, 31 anni. All’uomo gli uomini della Squadra mobile hanno sequestrato una pistola Beretta calibro 9×21, modello 98 FS, che il teneva regolarmente nella sua abitazione per uso sportivo. Secondo quanto si spiega in una nota, D’Alessio era solito frequentare una comitiva di adolescenti. In passato di intrecciare una relazione sentimentale con alcune ragazze del gruppo. La sera del 2 febbraio scorso, poi, dopo una serata passata presso la sua abitazione, in compagnia di due ragazze del gruppo, dopo averle indotte a bere una ingente quantità di sostanze alcoliche, restava solo con una giovane, appena maggiorenne ed abusava di lei, mentre la ragazza era in stato di malessere per la sbornia. Dopo lo stupro la giovane si decide a denunciare, dopo che la sua comitiva si reca sotto l’abitazione di D’Alessio a chiedere spiegazioni per il suo comportamento. Solo l’intervento della volante ha evitato il linciaggio. L’accusa è conessa al fatto che D’Alessio ha fatto esplodere alcuni colpi di pistola ad un ragazzino del gruppo. (21 marzo)
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