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Un altro stupratore in divisa… Dino Maglio, carabiniere

9 febbraio 2015 1 commento

Il nome di Massimo Pigozzi mi risuona spesso nella testa: il nome di un poliziotto stupratore mi rimane incastrato nei processi neuronali, la rabbia lo blocca tra le sinapsi, così che la memoria possa essere sempre bruciante e viva.
Perchè questi non vanno dimenticati: non vanno dimenticati i nomi dei maschi aguzzini e stupratori,
poi se son uomini di Stato, che calzano a pennello una divisa da tutori dell’ordine bhè…
lì il processo di memoria fa giri pindarici, e non si stacca più dal mio corpo.

Te la ricordi sta foto Ommemerd?? _foto di Baruda_

Oltre al nome di Massimo Picozzi, poliziotto; o di Francesco Tuccia, soldato dell’esercito italiano
possiamo aggiungere quello, ripugnante, di Dino Maglio, che indossava la divisa di Carabinieri e cha ha un storia molto particolare che è riuscita a “guadagnarsi” articoli sul Guardian.

Dino Maglio l’ha costruita bene la sua macchina di stupri seriali: era un internazionalista probabilmente questo playmobil dallo stupro facile perché aveva scelto come tecnica quella del Couchsurfing, parola che a molti sembrerà insulsa ma che rappresenta una piattaforma nata non da molto tempo ma con una fruizione in impennata, che permette ai viaggiatori lowcost di scambiarsi ospitalità, di offrire il proprio divano per una vacanza alternativa.
Lui ne ha ospitate diverse di ragazze, e sempre le drogava e violentava.

Il bello di tutta questa storia è che il fanciullo negli ultimi mesi era ai domiciliari proprio perchè denunciato da una sua ospite australiana di soli sedici anni: lui confessò anche di averla drogata e di aver avuto un rapporto sessuale con lei, minorenne.
Ma d’altronde è un carabiniere: ha continuato ad esserlo anche dopo questa denuncia,
ha continuato ad essere carabiniere anche quando con tutti i domiciliari in atto ha continuato ad adescare fanciulle con la stessa identica tecnica del Couchsurfing.
Il totale è 16 ragazze provenienti dalle più disparate zone del mondo.
Lui è Dino Maglio, 35 anni, Carabiniere.
Aho, tutte belle marcite e putrefatte ste mele di Stato!

Noi impariamo a difenderci, noi impariamo a non farci metter le mani addosso:
una manciata di giorni fa ho saputo che un uomo di merda che ha rovinato la mia vita per anni ha fatto di peggio su un’altra donna, che però è riuscita ad ottenere un allontanamento da lei e dalla sua bimba piccolissima.
Eppure lui è tra noi, nessuno lo è andato a prendere per il collo come sarebbe dovuto essere. Già molto tempo fa.
Anzi, ero matta io. E probabilmente, per quella brava gente che siamo, ora sarà matta lei.

lo schifo totale. Arriverà il giorno, pezzo di merda, arriverà…

LEGGI:
Pigozzi: il poliziotto stupratore
Omini di Stato, stupratori in divisa
Finanzieri che stuprano
Soldati americani e basi in Italia
Mario Placanica, assassino stupratore

 

 

Doni culinari avvelenati: tentata strage di una famiglia romena. Muore un bimbo di 5 anni.

16 marzo 2013 1 commento

Una notizia che da quando ho letto mi ha piantato nello stomaco una nausea rabbiosa.
Non si riesce nemmeno a leggere fino alla fine, perché inizia con un bimbo di 5 anni morto avvelenato, e dei suoi fratelli più grandi, fuori pericolo da poco ma sofferenti di atroci dolori da giorni.
Il tutto per un avvelenamento avvenuto con dinamiche che lasciano basiti.
Una scatola di cioccolatini richiusa malamente, una bottiglia di vino e tre arance, tutto lasciato sull’uscio della porta di casa di questa famiglia romena, in un paesino della provincia di Agrigento:
i bambini si sono avventati gioiosi su quei cioccolatini donati da chissà chi, il più piccolo dai racconti era così euforico che ha fatto in tempo ad iniziare il secondo prima di cominciare a contorcersi, seguito anche dai due fratelli maggiori poco dopo. Poi il calvario nei vari ospedali…e il più piccolo non ce l’ha fatta.

Avvelenati da un potente pesticida, facilmente reperibile nelle campagne.
Anche il vino conteneva lo stesso pesticida, le dosi erano quelle adatte ad una strage: la famiglia romena andava eliminata.
Forse un giorno ce ne racconteranno il motivo: per ora resta il vomito e la rabbia.
Ciao Sebastian.

I quotidiani che rimuovono lo stupro e la condanna a Tuccia

1 febbraio 2013 11 commenti

Sembro una pazza, sfoglio sfoglio questi due quotidiani che ho davanti e rimango basita.
Io trovo infinite difficoltà a scrivere dopo una sentenza di tribunale, avendo un rifiuto totale per l’impianto giudiziario e ancor di più per quello carcerario: non sono capace a commentare la galera altrui,
soprattutto quando ad andarci sono stupratori, a maggior ragione se vestiti di qualche divisa di stato.
Per noi “contro il carcere” sempre e comunque non è mica facile da gestire una pagina di commento su otto anni di carcere ad un militare che ha lasciato una ragazza in fin di vita, sulla neve abruzzese, in piena notte, a morire là (cosa non avvenuta per un soffio)

La cosa che mi lascia sconvolta, e sfoglio sfoglio questi maledetti due giornali, è che a quanto pare anche il Corriere della Sera e Il Messaggero son così libertari e intrisi di pensieri abolizionisti che non reputano doveroso scriverne o non sanno come farlo.
Ieri si è concluso il processo dello stupro di Pizzoli, contro il soldato Francesco Tuccia
processo discusso e da sempre presidiato da donne di tutta italia,
ieri la colpevolezza del bravo soldatino dal faccino pulito è stata sancita dai loro tribunali
eppure tutto tace.
Tutta questa carta e nessuno si è degnato di mettere nemmeno una breve.
Una breve che raccontasse cosa è accaduto, con quale forza e dignità quella ragazza ha deposto e vissuto tutto il processo,
nessuno nella stampa nazionale (parlo di quel che ho davanti ovviamente) si è degnato di raccontarcelo,
di mettere una foto dell’infinita solidarietà attiva fuori da quel tribunale aquilano. Nulla.

“il colloquio con i prof. si fa da casa via Skype” una pagina di questo c’è sul Corriere della Sera..
di spazio da buttare o riempire un po’ a caso ce ne stava tanto quindi..
uno così inizia a pensare che sia proprio una scelta politica, o no?

Abbiamo dei quotidiani illeggibili perchè intrisi di una cronaca becera e poi certe cose si omettono.
Otto anni per uno stupro selvaggio e mostruoso, effettuato da un soldato dell’esercito italiano,
vengono rimossi, almeno dal quotidiano più venduto d’Italia.
Vergognatevi

Pagine di questo blog che ne hanno parlato
Uomini in divisa, stupratori in divisa
Lo stupro di Pizzoli e le donne del PD di L’aquila
Ci riguarda tutte
Si apre il processo

Ieri, al tribunale di L’Aquila: apertura processo allo stupratore in mimetica

19 ottobre 2012 6 commenti

Ieri è stata una lunga giornata: alle 5.30 di mattina salto in motorino per attraversare la città, sotto un manto di stelle e lontana ancora dalle luci dell’alba.

Foto @baruda _Ieri, tribunale di L’Aquila_

Poi una bella partenza, di macchine e sorrisi, di compagne assonnate e determinate a raggiungere il tribunale di L’Aquila, ora sito tra i capannoni della zona industriale di Bazzano, proprio sotto al Gran Sasso e al suo panorama che ruba il cuore.
Determinate eccome, a presenziare all’apertura del processo contro Francesco Tuccia,
militare del 33° Reggimento Acqui, di stanza a L’Aquila, stupratore maledetto, torturatore, assassino mancato solo per una gran fortuna.
Tutte lì, da diverse parti d’Italia ad urlare a quella donna che siamo tutte con lei,
ad urlarle che non è sola, che siamo tutte state stuprate insieme a lei, in quella lunga maledetta e ghiacciata notte di Pizzoli.
Tutte presenti sì, col cuore in gola, a portare vicinanza a chi ha il coraggio di denunciare e testimoniare, di rialzarsi e reagire,
di deporre a volto scoperto e senza vergogna, per rispondere a violenza e menzogne,
Sul suo corpo, su quello di tutte noi.
Un presidio di donne, che malgrado le mille differenze di parole d’ordine e pratiche, si son ritrovate lì, perché non c’era altro posto dove dovevamo stare: davanti alle camionette di quell’esercito che nell’operazione “strade sicure” nella martoriata città di L’aquila, ha portato solo militarizzazione, rabbia, e il corpo di una donna maciullato da una violenza sessuale brutale,
avvenuta con metodologie che ricordano molto gli stupri di guerra.

Foto @baruda _ Tribunale di l’Aquila_

Eravamo lì, torneremo lì: affinchè nessuna donna si senta sola, affinchè nessuno stupratore si senta tranquillo.
I vostri tribunali ci interessano poco, son gli stessi che carcerano a noi, quindi: Francesco Tuccia esci fuori adesso, te lo facciamo un bel processo!
Vi allego un testo, scritto da un compagno del 3e32, letto ieri sera cn molto piacere: lo sguardo di un uomo, di un compagno, di un terremotato, sull’arrivo colorato e determinato di una manciata di donne incazzate! Grazie Alessandro, grazie a te.

Oggi a Bazzano (L’Aquila) ho assistito, tra l’altro, alla prima contestazione ad una camionetta di militari in quanto militari presenti su questo territorio. Non poteva che venire da delle donne sopratutto dopo quello che di tremendo è successo e il contesto dove ci trovavamo: fuori il tribunale di L’aquila per la prima udienza al militare stupratore di Pizzoli.
Queste donne venute da più parti, hanno fatto sentire con la loro presenza la vittima della violenza meno sola. Ma hanno fatto sentire meno sole anche tutte le altre donne di questo territorio militarizzato. Hanno fatto sentire meno soli anche noi uomini che ci troviamo, anche noi, su questo territorio – nostro malgrado – militarizzato. Forse era dovuta anche a questa frustrazione la presenza discreta e del tutto minoritaria di alcuni nella prima parte del presidio.
Volevamo dare la solidarietà a voi donne toccate per prime e direttamente sui corpi da questa infame militarizzazione.
Una lotta alla militarizzazione non può che partire dalla questione di genere perché secondo me è una lotta che attacca il genere portato alla sua massima costruzione ed esaltazione con la divisa militare.
Per questo reputo una bella vittoria l’ammissione a parte civile delle donne del centro antiviolenza al processo contro Francesco Tuccia. Allo stesso tempo, credo che, parallelamente, una tale lotta debba essere portata nelle strade militarizzate che viviamo nella sua dimensione intrinseca di conflitto sociale e materiale a partire dal genere, senza correre il rischio di essere disinnescata nelle aule di tribunale.

Mentre parlavo con una compagna romana che di teatri di guerra ne conosce, prendevo coscienza con amarezza di quanto per me tutto questo fosse divenuto normale: la militarizzazione, la violenza, i divieti, la frammentazione creata ad arte che ora ti impedisce di lottare. Un raggio di sole è uscito per primo oggi dalla nebbia di Bazzano: era dentro quelle urla di donne che forse per la prima volta a L’Aquila non facevano più sentire così sicuri quei signori in divisa.

Grazie compagne!!!
Alessandro

Foto @baruda _CI RIGUARDA TUTTE_

Ah….c’era sempre la richiesta delle donne del PD: non ve la dimenticate : QUI

A Michela che lotta per la vita, e che per questo paese è solo una puttana rumena

12 settembre 2012 6 commenti

Oggi provo ad aprire questo blog con un istante in più di tempo del solito,
Che ormai anche aggiornare questa pagina sembra diventato un gran lusso…
E allora prendo un post comparso da qualche ora su Femminismo A Sud, lo prendo così com’è, senza aggiungere una sola parola perché non ce la faccio, perché tutto ciò non smette di sconcertarmi,
no.
Non quello che riguarda il nostro corpo, non quella violenza cieca da stupratori, non quel che ne segue,
tra le chiacchiere della tanto brava gente, tra le donne pronte a condannare, tra chi tira fuori i distinguo, chi conta i centimetri delle gonne, chi decide chi è puttana e chi no, chi è solo rumena, chi è santa, chi è uno straccio da scoparsi e poi magari da dar fuoco.
Perché Michela, in fin di vita dopo che un balordo l’ha “appicciata”, è stata stuprata da ogni italiano e italiana che parla di puttane e di donne, di donne e di rumene, di “allarme prostituzione” quando a terra c’è il corpo di una donna.
E son sempre loro, è sempre il PD, son sempre le donne del PD…quindi prima di copiare qui sotto questo post delle compagne di Femminismo a Sud vi metto anche questo link,
che vien da L’Aquila, e che ha a che fare sempre con la solita solfa: stupro, allarme sicurezza, PD.
Oltretutto dopo uno stupro mostruoso, compiuto da uno di quei soldatini messi in città per la loro bastarda sicurezza.
Ora basta!
LA VIOLENZA SULLE DONNE NON SI COMBATTE CON LE “EMERGENZE SICUREZZA”,
LA VIOLENZA SULLE DONNE SI SCARDINA SCARDINANDO QUESTA VOSTRA MALEDETTA MENTALITA’,
DI MASCHI COME DI DONNE.
Non vogliamo altre divise, non vogliamo altra sicurezza, non vogliamo controllo.

[L’AQUILA: LE DONNE DEL PD VOGLIONO POLIZIA, POLIZIA E ANCORA POLIZIA]

 

Da pochi minuti ho letto la notizia di una donna picchiata e bruciata viva a Roma. I giornali la identificano come la “prostituta rumena”, un’espressione che ci ricorda che nella società in cui viviamo noi siamo il nostro lavoro, il nostro titolo, la nostra qualifica ancor prima di esser persone.

Per me Michela, questo è il nome con cui è conosciuta, è prima di tutto una donna che sta rischiando la vita perché qualcuno ha deciso di darle fuoco. Io non conosco la sua storia, non so se era costretta a prostituirsi, se lo faceva per motivi economici o altro, so solo che ciò che le è successo non può essere semplificato come un regolamento di conti tra bande rivali che gestiscono la prostituzione o un’intimidazione. L’atroce violenza che ha subito questa donna ci dice molto altro.

Il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli, dichiara che “il grave fatto di sangue avvenuto questa notte alla Borghesiana è l’ennesima dimostrazione di come la prostituzione a Roma sia sempre più un fenomeno dilagante e in crescita” e ci ricorda che un mese fa c’è stata una manifestazione dei cittadini dell’Eur contro “la prostituzione imperante nelle strade del quartiere”.

Quindi, in poche parole, ci si dice che Michela è stata bruciata perché faceva la prostituta: se te ne vai a zonzo per la città di notte, nelle strade buie, poco trafficate, a offrire servizi sessuali a chiunque come puoi non pensare di essere il bersaglio di qualche squilibrato? Se se ne stava a casa a fare la maglia questo mica le succedeva? O no?

E’ come dire che lo stupro accade per l’uso imperante della minigonna, dei jeans stretti, delle maglie scollate e dei tacchi alti. E’ come dire che una donna viene ammazzata da suo marito perché lo voleva lasciare, lo voleva denunciare. Se stai insieme a lui, sopporti le botte, le umiliazioni e le segregazioni nulla ti può accadere di male. O no? E’ come dire che l’essere prostituta giustifica di per sé ogni violenza che subirai.

E se a questo aggiungiamo che Michela è rumena, abbiamo chiuso il cerchio delle discriminazioni (donna-prostitura-rumena). Dato che per Miccoli la colpa è della prostituzione invita a dare un “impulso alla lotta” affinchè ce ne si liberi. Il segretario però non ricorda che questa lotta già c’è, che le ordinanze per il decoro nelle strade esistono, che le campagne di demonizzazione delle prostitute ci invadono, che le campagne per la moralità, quella sì imperante, sono fatte da chiunque, destra-sinistra-centro-lato, e che proprio questi elementi hanno portato le prostitute a spostarsi sempre di più nelle zone periferiche, marginalizzandole e rendendole sempre più esposte a ogni tipo di violenza.

La prostituzione non è mai stata accettata né come lavoro né come scelta. E’ sempre stata vista solo come un ricatto, un sopruso. Non nego che la tratta esista e che sia un cancro da debellare, non nego che Michela potrebbe esserne vittima, ma non capisco come queste ordinanze possano in qualche modo aiutare queste donne ad uscirne, possibilmente vive. Obbligare una prostituta a vestirsi in modo meno provocante, marginalizzarla nei sobborghi più degradati la aiuterebbe a liberarsi dai suoi ricattatori? Davvero lo credete possibile? E se Michela fosse una prostituta autodeterminata e dunque avesse scelto questo mestiere, pensate davvero che meriti queste violenze? Che meriti l’essere privata di qualunque diritto, dato che la prostituzione non è riconosciuta come lavoro?

Sono anni che le/i sex workers chiedono a questo paese di riconoscergli lo stato di lavoratori, di garantirgli quei diritti che li tutelerebbero molto di più delle ordinanze di decoro e cavolate varie. Ma probabilmente, e questo è il mio pensiero, qui non si vuole combattere la tratta, ma salvaguardare la finta moralità di un paese che è cattolico. Quello che i sindaci fanno è spostare le prostitute, come si spostò la munnezza a Napoli, dalle zone centrali a quelle periferiche, da quelle periferiche a quelle maggiormente degradate e così via, senza mai risolvere il problema dello sfruttamento delle vittime della tratta da un lato e della regolamentazione delle prostitute autodeterminate dall’altro.

Inoltre, forse Miccoli non lo sa, ma ci sono anche tante donne che per scappare dai loro paesi lacerati dalla guerra e dalla fame, pagano delle madame per raggiungere il paese più vicino in cui pensano di avere possibilità di riscatto. Ma 50milioni, questo è costo del viaggio, è difficile da racimolare e quindi che succede? Che la madame anticipa e poi, una volta arrivata in un paese come il nostro, senza documenti, né un posto di lavoro, cosa crede che queste donne possano fare per ripagarla? La prostituzione è l’unica possibilità. Aveva mai pensato, signor segretario, che il razzismo, la chiusura delle frontiere, i Cie, le deportazioni se da una parte non impediscono a persone disperate di raggiungere le nostre sponde, pensando di essere in un paese civile che poi si dimostrerà altro, incentivano dall’altro canto l’immigrazione clandestina e lo sfruttamento sessuale?

Lei cosa farebbe, signor segretario, se volesse scappare dalla miseria ma non avesse nè soldi nè conoscenze? A mio avviso la tratta si combatte in tanti modi, permettendo alle immigrate di accedere al permesso di soggiorno, di veder riconosciuti i loro titoli di studio, combattendo il razzismo che porta gli/le immigrat@ a svolgere i lavori che gli/le italian@ non vogliono più fare, con tanta educazione sessuale che insegnerebbe il rispetto dell’altro, con la regolamentazione della prostituzione e il riconoscimento di diritti indispensabili per la tutela dell’individuo, ed ect. Non con securitarismi, ordinanze e cacce alle streghe,che puzzano di fascismo e paternalismo.

P.S. L’ultimo mio pensiero lo lascio a Michela nella speranza che le sue condizioni migliorino e presto possa uscire da quell’ospedale.

Leggi anche: Roma: bruciano la puttana. Pd: “lotta contro il fenomeno della prostituzione”!

L’Aquila: le donne del PD vogliono polizia, polizia e ancora polizia.

10 luglio 2012 15 commenti

Se vi sentite pesanti,
se realizzate che l’ultimo pasto effettuato vi ha causato una presenza ingombrante nello stomaco che solo un bel conato di vomito può liberare,
bhè allora, senza recarvi in farmacia,
e completamente gratuito,
potete trovare il comunicato del Coordinamento provinciale donne del Pd, e parliamo di L’Aquila.
Il conato sarà immediato, il vostro stomaco si svuoterà come mai prima d’ora.
Perchè L’Aquila, da secolare città piena di vita e di cultura, dal 6 aprile del 2009 è un tappeto di macerie abbandonate,
è una comunità frammentata in uno spazio incredibile, all’interno di progetti abitativi d’emergenza che hanno completamente scompaginato la vita sociale dell’intera provincia.
Case, aule universitarie, strutture pubbliche, luoghi storici e d’aggregazione: tutto è inesistente da più di tre anni in quella città,
tutto è stato lasciato come il terremoto ha deciso di lasciare.

Lo stupratore soldato, Francesco Tuccia

Il territorio, devastato dal terremoto, invece di aiuti e ricostruzione, ha ricevuto militari, plotoni interi del nostro esercito a pattugliare, a “rendere sicure” le strade della città martoriata;
così sicure che proprio uno di questi omuncoli in divisa mimetica, insieme alla sua serale compagnia, ha lasciato stuprata e in fin di vita una giovanissima studentessa, abbandonata al suo destino, in piena notte, in un bosco ricoperto di neve.
Proprio una dose di sicurezza che L’Aquila necessitava.

Ma torniamo al vostro mal di stomaco, e alla necessità impellente di vomitare,
e quindi al comunicato di queste donzelle aquilane del PD,

“L’Aquila, città “spalmata” per decine di km, ha tra le sue necessità primarie, come dovrebbe essere chiaro a tutti, la sicurezza.

Episodi delinquenziali, fino a qualche anno fa’ del tutto estranei alla nostra città, richiedono una presenza capillare delle Forze dell’Ordine.
Il problema degli aggregati, donne e uomini della Polizia di Stato in servizio all’Aquila, giunti in città a dar manforte ai colleghi già operanti sul territorio, ma il cui numero inesorabilmente si riduce da tempo – perchè non viene loro rinnovato il permesso di restare – è quindi un tema che investe tutti noi; cittadine e cittadini che affrontando tutte le difficoltà e i disagi del post-sisma, qui hanno scelto di restare, investire, vivere.  Nonostante sia stata confermata la proroga per 39 agenti fino al prossimo 30 luglio, riteniamo urgente una soluzione che vada ben oltre il brevissimo periodo- e lo stesso sindaco Massimo Cialente, ha investito del problema il Minitro Cancellieri, ritenendo anch’egli la sicurezza un elemento di primaria importanza.

Inimmaginabile pensare che poche decine di poliziotti possano garantire presenza adeguata su un territorio così esteso e ciò a rischio della sicurezza sia dei cittadini che degli stessi uomini delle Forze dell’Ordine”

bhè?
Vi sentite meglio?
vomitato tutto tutto?
Io non ho parola alcuna per commentare questo comunicato, che ora hanno intenzione di volantinare per la città e per i moduli abitativi che la circondano.
Spero solo che gli aquilani sappiano cosa si fa in questi casi:
si accetta gentilmente il volantino, alla vista del titolo lo si appallottola,
poi si prende il volto della volantinatrice,
le si apre la bocca e le si infila il volantino tutto giù nel gargarozzo.
Così che, anche loro possano capire cosa si prova con un conato di vomito che ti parte dallo stomaco ed esplode ….

ANDATE A FARE IN CULO, DONNE DEL PD,
VOI E LA VOSTRA SICUREZZA!!

Leggi:
Uomini di Stato, stupratori in divisa
Tornano in servizio gli stupratori del 33° Reggimento

ANCORA STUPRATORI ITALIANI: e il minimo della pena

14 marzo 2009 Lascia un commento

Sei anni e otto mesi di reclusione ai danni di un 41enne che avrebbe piu’ volte molestato sessualmente la figlia della convivente. I fatti risalgono al 2004, in un comune del bolognese, quando la ragazzina aveva dodici anni. All’uomo venne trovato materiale pedo-pornografico e anche munizioni detenute illecitamente. Secondo l’accusa l’uomo, che di professione fa il militare, avrebbe toccato la ragazzina costringendola anche a rapporti non completi. Poi lei racconto’ quello che aveva subito ad un amichetto, che a sua volta riferi’ ai genitori e cosi’ partirono le indagini.

MERDE! SEI ANNI E OTTO MESI. E SE ERA RUMENO? MERDE MERDE
MERDE VOI E LE VOSTRE INDAGINI FASULLE, MERDE VOI E I MAGISTRATI.
SEMPRE E SOLO SUL CORPO DELLE DONNE, DEGLI OPPRESSI E DEGLI EMARGINATI.

GENOVA: I SERVI CHE PRENDONO PAROLA

16 gennaio 2009 3 commenti

IL FORUM DELLA POLIZIA PARLA DEL G8 DI GENOVA: INFINITO LO SCHIFO CHE SI PROVA NEL LEGGERE QUESTE RIGHE

C. DA ROMA Non capisco perché non vogliate parlare degli errori commessi. Qui si tratta di dire chiaramente:
I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?

Foto di Valentina Perniciaro _PushBushOut, Roma_

Foto di Valentina Perniciaro _PushBushOut, Roma_

I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?
I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?
La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di “Uno a zero” dimostra di essere intelligente?
Su queste cose non ci può essere ambiguità!!! L’esistenza è battaglia e sosta in terra straniera.

Clic.

E. DA PADOVA Caro C., rispondo alle tue domande:
“I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?”
No. Non mi vergogno del fatto che in polizia ci siano dei coglioni. Non più del fatto che ci siano in Italia. Sono fiero di essere celerino e italiano, nonostante loro!
“I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?”
No. Per questa domanda, oltre a valere la risposta sopra, concedimi anche il beneficio del dubbio. Chi prenderebbe seriamente un tentativo di violenza a una capra malata? Il popolo antagonista non brilla certo per l’attaccamento all’igiene! Non credo a quello che, sicuramente in malafede, sostengono questi personaggi!
“I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?”

Foto di Valentina Perniciaro _la nostra polizia_

Foto di Valentina Perniciaro _la nostra polizia_

No. Pur essendo convinto assertore della totale inutilità di infierire su un manifestante inerme (questo è l’unico sbaglio, sprecare le forze su uno solo), sappi che è impossibile farsi rivelare dal manifestante durante la carica, se è un “povero illuso pacifista” o meno. È inoltre abbastanza difficile, dopo ore di sassaiole subite, magari con fratelli feriti anche gravemente, beccare uno dei personaggi che ti stanno avanti e picchiarli solo un pochettino. Quello che dico è che il povero illuso, visti gli stronzi che stavano con lui, poteva tornarsene a casa invece di manifestarci insieme! Se gli è andato bene fare da scudo per questi delinquenti, allora non si può lamentare di subirne le conseguenze! Che poi qualche collega si sia comportato come un qualsiasi essere umano sotto stress non mi sembra né incomprensibile né disdicevole. Sicuramente qualcuno avrà commesso sbagli. Sai quanti poliziotti c’erano a Genova? Di sicuro non mi vergogno per i loro errori!
“La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di “Uno a zero” dimostra di essere intelligente?”
 No. Ma come si dice a Roma, sti cazzi! Hanno messo a ferro e a fuoco una città, rischiando di farci fare una figura di merda a livello internazionale, provocando danni, feriti, spese enormi e si preoccupano della frase di una telefonista? Non mi vergogno per quello che ha detto.
Mi vergogno perché oggi la madre di un teppista imbecille, dimostrando una mancanza di scrupoli e un cinismo degni di una Kapò, è riuscita a
farsi eleggere senatrice della Repubblica; perché un partito italiano ha fatto intitolare un’aula all’imbecille!
Non voglio i soldi di questi politici. Non voglio i soldi da questo governo (e da un altro come questo). A difendermi ci penso da me, con
l’aiuto di Dio e dei fratelli celerini, che mi stanno accanto e non mi tradiscono nel momento del bisogno.

 

Once in the Celere, always in the Celere.

il resto qui: http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/g8/parole-celerini/parole-celerini.html

Come corrono!!!

21 settembre 2008 1 commento

Sarei proprio voluta esserci…perchè l’idea che se la sono data a gambe in questo modo rocambolesco mi mette proprio di buon umore. Poi proprio a Koln, una città che ho visto con i miei occhi come convive con le tante etnie rifugiate. Una città che mi ha accolto per un mese, avvolta da migranti kurdi, e che ha dimostrato ogni momento la piena tolleranza, l’amichevole convivenza, l’ospitalità che ha stupito anche me.
Una città dove sono più i migranti dei tedeschi, dove si vive bene, dove si respira un’aria piacevole, assolutamente non razzista, xenofoba, conflittuale.
E sono proprio scappati, usando i battelli, salpando con la coda tra le gambe: da buoni fascisti.
Scappano si, perchè non hanno altro da fare su questa terra, loro, feccia immonda di quest’Europa medievale e reazionaria.
La sola trentina che si è presentata in piazza ieri erano italiani, capitanati da Borghezio che si aggirava con la sua “bibbia”, -La Rabbia e L’Orgoglio- di Oriana Fallaci.
Solo loro, nascosti da una parte, circondati da migliaia di antifascisti.
Pubblico sul blog quest’articolo preso da PeaceReporter perchè m’ha fatto sorridere..
i miei complimenti all’autore
e buon divertimento a chi li può veder correre, tornare nelle fogne.
Solidarietà ai topi di Colonia, che forse non accettano nemmeno loro questi nuovi amici tra la merda. 

COLONIA, I FASCISTI INVISIBILI

 

Hanno giocato al gatto col topo per tutta la mattinata. Inseguiti da polizia, giornalisti e movimenti antifascisti. La conferenza stampa di presentazione della grande manifestazione anti-islamizzazione prevista per domani a Colonia, nel Nord Reno-Westfalia, era fissata per le 11 di mattina nella circoscrizione di Nippes, vicino alla grande cattedrale gotica, unica vestigia della città medievale rimasta in piedi dopo i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale. Pro-Koeln, questo il nome dell’organizzazione ‘civica’ populista formatasi cinque anni fa per protestare contro la costruzione della più grande moschea tedesca nel quartiere di Ehrenfeld, ha preso tutti di sorpresa. Per evitare le contestazioni degli anti-fascisti (ne sono attesi 50 mila domani nella piazza del mercato), ha deciso all’insaputa di tutti di tenere la ‘conferenza stampa internazionale’ cinque chilometri più a sud. La nuova sede avrebbe dovuto essere la circoscrizione di Roedenkirchen, sulle sponde del Reno. Qui si sono radunati tutti, soprattutto una manciata di militanti antifascisti che, precedendo persino i giornalisti della Ard, il canale nazionale tedesco, della Zeit e vari altri, li hanno accolti con slogan e fischietti, minacciando di aggredirli fisicamente. La fuga, a quanto racconta l’unico giornalista che ha assistito alla scena, il corrispondente locale della Tageszeitung, Pascale Beucker, è stata precipitosa. La decina di politici e attivisti di Pro-Koeln ha in fretta e furia lasciato Rodenkirchen per salire su un battello sul Reno e dirigersi verso il porto fluviale di Nihl, sei chilometri più a nord. Beucker è l’unico ad aver assistito agli insulti e alla sassaiola degli antifascisti, che ha costretto quelli di Pro-Koeln a mollare gli ormeggi più in fretta che potevano.
A Colonia, la maggioranza della popolazione è favorevole alla moschea, e non nutre alcuna ostilità nei confronti degli immigrati. I musulmani sono il 12 percento, su un  milione di abitanti, ma la loro presenza è stata da sempre caratterizzata dal dialogo e dall’integrazione con i residenti. Fino a quando la lista civica di Pro-Koeln non ha messo i bastoni tra le ruote al progetto dell’architetto tedesco Paul Bohem di una grande moschea che, secondo gli oppositori di destra, avrebbe ‘oscurato’ la grande cattedrale gotica e ‘stravolto lo skyline’ di Colonia.
 
Tre settimane fa il via libera del sindaco della Cdu, Fritz Schramma. La moschea si farà. A Ehrenfeld, storico quartiere musulmano a maggioranza turca. A finanziarla saranno proprio i turchi. La Commissione per gli affari religiosi del governo turco, con una sua ‘branca’ nell’organizzazione Ditib, che opera a Colonia, verserà la gran parte dei 20 milioni di euro destinati a edificarla. Tra gli altri finanziatori, oltre 800 donazioni da varie altre organizzazioni musulmane. In risposta alla delibera comunale, Pro-Koeln ha chiamato a raccolta una messe di politici di estrema destra da ogni parte d’Europa: da Jean Marie Le Pen (che ha poi declinato l’invito), a Heinz-Christian Strache, austriaco dell’Fpo (Partito per la libertà), a Filip Devinter del belga Vlaams Belang (Interesse fiammingo), all’italiano Mario Borghezio della Lega. Sono tutti attesi nella piazza del mercato, a pochi metri dalla cattedrale, domani alle 11, dove, assieme a un migliaio di neo-nazi, naziskin e varie altre sigle fasciste, dovrebbero tenere l’annunciata adunata di piazza.
 
Il problema è che la mobilitazione antifascista è stata talmente rumorosa e imponente (50 mila persone, nella contro-manifestazione dei sindacati, per non parlare dei movimentisti-antagonisti-belligeranti antifascisti che, in un tam-tam generale, cercheranno in ogni modo di impedirne lo svolgimento), che neanche la polizia sa più che pesci prendere. 

25 aprile 2005, Roma

Foto di Valentina Perniciaro: 25 aprile 2005, Roma

Stamani, decine di camionette attendevano il battello, che ironicamente si chiamava ‘Moby Dick’, per l’attracco. Ma il capitano Achab-Marcus Wiener, leader di Pro-Koeln, eludeva giornalisti e agenti rimanendo al largo. Per tre ore, invano, tutti attendevano lo sbarco, in un gioco dell’oca che aveva come percorso la mappa della città di Colonia. I politici locali di Pro-Koeln hanno dovuto aspettare a lungo in mezzo al fiume. Finchè non hanno attraccato a Bastion, un molo vicino allo zoo comunale. Blindati e cinturati dai poliziotti, sono rimasti invisibili ai più, noi compresi. Forse solo i pochi giornalisti rimasti, pazienti e irriducibili, senza poterli avvicinare più di tanto hanno potuto vederli da lontano. Come si guarda un animale esotico dentro una gabbia dello zoo.

Aggressione Fascista all’iniziativa per Renato

30 agosto 2008 5 commenti

Questa notte, intorno alle 4,30 7 fascisti hanno aggredito quattro compagni che uscivano dall’iniziativa per Renato Biagetti che si svolgeva a Pirateria, dopo il concerto al parco della Basilica di San Paolo. Uno dei compagni ha preso 3 coltellate su una coscia ed è ricoverato in ospedale.
Brutte carogne!
Erano nei parcheggi ad aspettare di accoltellare i primi che gli capitavano per le mani.
Fascisti bastardi.

Comunicato  del L38:

AGGREDITI 4 COMPAGNI, ACCOLTELLATO COMPAGNO DEL L38 SQUAT
Alle 4,30 della notte del 30 Agosto di ritorno dall’iniziativa al parco di San Paolo, che dal  pomeriggio aveva visto partecipare migliaia di persone e che ha ricordato la  vile aggressione che porto’ alla morte di Renato Biagietti all’uscita della  festa reggae sulla spiaggia di Focene, con coltelli e bastoni circa 10 topi di  fogna hanno atteso nascosti nel buio che tutti fossero andati via per colpire  alle spalle quattro compagni isolati che tornavano alle macchine. Il primo atto dell’aggressione è stata una serie di coltellate alla gamba da dietro  senza provocazione e senza dire una parola alla pronta reazione dei compagni  gli infami sono scappati. Questo gesto evidentemente vuole rivendicare  “politicamente” la matrice infame e fascista e la vile pratica della lama  dell’omicidio di Renato. Il nostro affetto e la nostra rabbia ai nostri  compagni aggrediti, con Renato nel cuore, NIENTE RESTERA’ IMPUNITO! L38SQUAT

Comunicato di Indymedia Roma:
A margine della iniziativa in ricordo per Renato Biagetti

L’infamità veste di nero, del nero dei fascisti, questo ormai è lapalissiano.

La serata di ieri al Parco Schuster è stata bella, emozionante e partecipata, con centinaia di persone passate a ricordare Renato Biagetti e la sua storia.
La serata poi è proseguita lì vicino a Pirateria, a qualche centinaio di metri sulla via ostiense.
Stanotte verso le 4.30/5 4 compagni che tornavano all’altezza del parco per recuperare l’auto, sono stati aggrediti coltelli alla mano da un gruppetto di una decina di fascisti.
Un ragazzo ha ricevuto 3 coltellate su una coscia e ha dovuto ricorrere ad alcuni punti di sutura. “I giovani leoni” sono successivamente fuggiti, mostrando così tutta la loro squallida infamia.
Ancora coltelli, ancora fascisti, la storia di Renato non ha insegnato niente a nessuno.
Solidarietà ai ragazzi.
Antifascismo attivo.


Squadristi in città con spranghe e coltelli 

di Paolo Persichetti     Liberazione 31 agosto 2008  [http://insorgenze.wordpress.com]

Allarmi siam fascisti… Era negli anni venti lo slogan delle squadracce nere all’attacco delle case del popolo, delle camere del lavoro, delle sedi dei partiti del movimento operaio e della lega delle cooperative, devastate, bruciate, chiuse con la forza. Qualcosa del genere sta tornando in Italia? 
La domanda ha raggiunto recentemente l’onore delle cronache grazie ad un articolo di Asor Rosa che ha fatto scorrere un po’ d’inchiostro. Il professore però non si riferiva alla violenza squadristica. Il suo ragionamento era più complesso. Si trattava di un drastico giudizio di valore sulla destra politica attuale, da lui ritenuta peggiore del fascismo perché priva del progetto di società che l’ideale “totalitario” fascista conteneva. Secondo Asor Rosa la destra attuale, sommatoria di spinte diverse e contraddittorie, offre uno spettacolo decadente. Nel fascismo c’era una risposta alla terribile crisi che aveva travolto il vecchio mondo liberale. Una modernizzazione autoritaria dell’economia, una nazionalizzazione totalitaria delle masse. Visione tragica, dittatoriale, ma pur sempre visione. Oggi forse presente, ma solo in rapidi squarci, in qualche trovata di Tremonti. Altri hanno preferito ricorrere a formule nuove: c’è chi ha scelto «regime dolce». 
Il filoso Alain Badiou ha parlato di «petenismo trascendentale» a proposito del sarkozismo. In realtà ciò che è venuto meno è l’antifascismo. L’effetto domino provocato dalla caduta del muro di Berlino ha ridato forza all’anticomunismo e reso evanescente l’antifascismo. A seppellire definitivamente “l’arco costituzionale”, cioè quel complesso di forze politiche che avevano partecipato alla fondazione della repubblica e alla 

Genova caccia i fascisti, giugno 1960

Genova caccia i fascisti, giugno 1960

 scrittura del compromesso costituzionale, è stato l’attacco delle procure della repubblica in nome di un giustizialismo populista e di un emergenzialismo penale che ha sdoganato la destra. La vecchia destra neofascista uscita definitivamente dall’angolo, liberata dai complessi del minoritarismo e del reducismo storico e “obbligata” così a divenire destra europea, destra di governo. Altre destre sono apparse dalle pieghe del territorio, dalle valli del Nord. Destre identitarie, rancorose.
Va detto che a questo bel risultato ha largamente contribuito il “partito storico dei giudici”, cioè quel Pci-Pds-Ds-Pd che della via penale alla politica e dell’alleanza con le procure aveva fatto l’asse centrale della sua strategia. Ma questa è un’altra storia che andrà prima o poi raccontata. 
La fine dell’antifascismo ha prodotto l’effetto “zoo liberato”. Si sono aperte le gabbie, o forse scoperte le pattumiere, insomma sono riemersi dalla storia chincaglierie, cimeli, reliquie che sopravvivevano nelle catacombe del paese. Ma poi si è scoperto che tanto catacombe non erano. La costruzione del sistema politico bipolare, l’introduzione del maggioritario ha fatto il resto. Per vincere ogni voto era buono. Berlusconi è stato il più abile e spregiudicato. Ha messo insieme tutto ciò che esisteva a destra e alla sua destra, comprando, finanziando apertamente o sottotraccia. 
La destra ha persino messo fine ai suoi anni di piombo. Ha messo fuori tutti (meno due o tre) i militanti dei suoi gruppi eversivi; alcuni li ha arruolati, altri eletti. E’ questo contesto politico che ha rilegittimato valori del passato prerepubblicano e preantifascista e ridato alla violenza politica proveniente da destra una nuova legittimazione sociale che si traduce in disattenzione, sottovalutazione se non comprensione e connivenza. Forse altri Novecento sono finiti ma quel Novecento lì c’è ancora e ha superato il giro di boa, tanto che dal 2000 si registrano 2 morti, due giovani di sinistra uccisi da mani fasciste. Chi contesta queste etichette, lo fa in nome di una rappresentazione della politica che non c’è più. Nessuno tra gli aggressori, come tra gli aggrediti, ha più tessere politiche in tasca perché le forme della partecipazione sono cambiate. 
Alle vecchie sedi si sono sostituiti i centri sociali, le occupazioni non conformi, le curve degli stadi. Sono cambiati i luoghi di aggregazione ed anche la fisionomia della partecipazione. Tutto è più confuso e approssimativo, le idee sono anche più rozze ma le coltellate sono vere, le lame di puro acciaio e il sangue non è pomodoro. Davide Cesare (Dax) e Renato Biagetti sono stati uccisi nel 2003 e nel 2006. Dal 2005 almeno 262 le aggressioni recensite attribuibili alla destra: 88 attacchi a sedi e centri sociali di sinistra; 76 aggressioni razziste e 98 gli atti vandalici. Senza dimenticare Carlo Giuliani e Federico Aldovrandi. Anch’essi da annoverare in questa tragica contabilità. Vittime di un clima di violenza che è tornata pratica diffusa negli apparati di polizia, come i fatti di Genova del 2001 hanno dimostrato al mondo intero.

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