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“Dal letame nascono i fior”?? …sul carcere di Bollate
Pubblico con molto piacere una lettera di Carmelo Musumeci, a cui spesso do spazio in questo blog; ergastolano rinchiuso nel carcere di Spoleto.
Carmelo giustamente, nel leggere il Corriere della sera di martedì rimane un po’ sconcertato dello spazio dato alla notizia (ottima) di una gravidanza tra le sbarre. Come è potuto accadere? Due detenuti che hanno rapporti sessuali dentro il carcere! Il miracolo? Finalmente il diritto all’affettività per i detenuti anche nel nostro paese di merda?
No. Assolutamente !!
I due hanno avuto rapporti clandestini (pensa che palle, tutto estremamente di corsa e con qualche tonnellata di ansia)nell’aula scolastica :
i giornalisti, palesemente invidiosi del fatto che anche i detenuti hanno più orgasmi di loro, sono corsi ad urlare allo scandalo.
In prigione si sta meglio che in vacanza: si mangia, si riposa e si tromba pure!!!
In realtà il carcere di Bollate è un esperimento, unico nel nostro paese.
Quando parliamo di carcere sperimentale parliamo anche di un certo tipo di detenuti, di percorso rieducativo etc. etc. ,
insomma col cavolo che un detenuto “normale” finisce a Bollate!
Noi comuni mortali, noi che non ci venderemmo mai nessuno, noi che non ce piace chiacchierà … noi si finisce in 9 in cella a far l’amore con la claustrofobia e i blindati chiusi.
Perché nelle carceri italiane ci si può togliere la vita ma non si può fare l’amore?
di Carmelo Musumeci dal Carcere di Spoleto, marzo 2010
Nel Corriere della Sera di martedì 2 marzo 2010 ho letto che nel carcere di Bollate una detenuta è rimasta incinta da un detenuto.
Radio carcere sostiene che erano fidanzati e che si potessero vedere solo nell’aula scolastica dell’istituto.
La cosa mi ha fatto sorridere, perché fa tenerezza che in un luogo di sofferenza e dolore nasca l’amore e la vita.
Ho continuato a leggere l’articolo, ad un tratto ho smesso di sorridere.
-Il segretario del sindacato di polizia penitenziaria SAPPE, che ha denunciato l’accaduto, chiede che il ministro Alfano predisponga approfondimenti.
Incredibile!
Il carcere di Bollate, l’unico che in Italia funzioni e che applichi il principio rieducativo previsto dall’articolo 27 della Costituzione, fa scandalo perché i detenuti invece di ammazzarsi fanno l’amore.
Pazzesco!
Il segretario del sindacato di polizia penitenziaria invece di chiedere approfondimenti nei carceri dove si muore come mosche, (da gennaio dodici suicidi dietro le sbarre, al 26/02/2010) chiede approfondimenti nell’unico carcere dove non si è suicidato nessuno, ma è stata concepita una vita.
Tutti parlano e scrivono dei morti in zone di guerra in Afghanistan o in Iraq, ma nessuno ormai parla e scrive più dei morti in carcere in Italia.
Che strano paese è l’Italia: fa notizia che due detenuti invece di ammazzarsi fanno l’amore, ma nessuno scrive e parla del fatto che le persone che si sono tolte la vita nel nostro paese in carcere sono superiori ai soldati americani morti in Afghanistan o in Iraq.
Ricordo ai politici di questo nostro strano Paese che il desiderio d’amore è naturale e istintivo; che l’affettività è da sempre considerata un diritto fondamentale;
che la pena dovrebbe privare le persone soltanto della loro libertà;
che sono ormai tantissimi i Paesi nei quali sono permessi i colloqui intimi, persino paesi come l’Albania, considerato fanalino di coda dell’Europa;
che è disumano il divieto di dare e ricevere una carezza o un bacio dalla persona che ami;
che la mancanza di contatti intimi reca danni alla psiche e alla sfera emozionale;
che un individuo in carcere non perde il diritto di avere diritto;
che un carcerato resta un membro della famiglia umana: anche i detenuti, piangono, sorridono, si nutrono, respirano e pensano, eppure molti di noi non hanno rapporti intimi con le loro compagne da decenni.
Non è naturale questo modo di vivere: in carcere i detenuti non dovrebbero perdere il diritto di amare e di essere amati.
Perché nelle carceri italiane ci si può togliere la vita ma non si può fare l’amore?
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Ti spiegherò la pena di morte, nel tuo paese
Dovrò spiegargli che è nato in un paese dove esiste la pena di morte.
Che dolore solo pensarci, non sarò sicuramente in grado di trovare le parole senza sentire un groppo in gola, un senso di nausea.
D’altronde non si può negare la verità ai propri figli, non si può pensare di nascondergli la realtà per far sembrare il tutto meno pesante, non potrò certo proprio io evitare di fargli capire che razza di mondo e paese siamo ormai…
Ed è quindi ormai un dato di fatto, devo cominciare sin da ora a cercare le parole adatte per spiegargli che qui, nel paese dove è nato, piccolo piccolo che non si può credere quanto si può esser piccoli, esiste la pena di morte, anche se ce lo nascondono.
Ma siamo al 16 gennaio e questi sono i dati, i numeri, i nomi e cognome: [fonte: Ristretti Orizzonti]
Con la morte di Mohamed El Aboubj, ritrovato esanime nel bagno della sua cella nel carcere di San Vittore salgono a 6 i detenuti suicidi dall’inizio dell’anno: una frequenza mai registrata prima.
Mohamed El Aboubj era stato condannato in primo grado a 6 mesi di carcere per aver partecipato alla “rivolta” avvenuta 5 mesi fa nel Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Via Corelli.Tra un mese sarebbe stato scarcerato, probabilmente senza che arrivasse la sentenza definitiva, quindi dopo aver “scontato” in custodia cautelare una vera e propria “anticipazione della pena”.
L’avvocato Mauro Straini – legale di El Aboubj – ha commentato ad Apcom la morte del suo assistito spiegando che “nel 2009 in Italia si è registrato un record di suicidi tra i reclusi, 72 casi, e in questo primo scorcio dell’anno si sono già verificati alcuni casi. Invece di discutere solo in merito alla costruzione di nuovi penitenziari – ha aggiunto il legale – bisognerebbe ripensare seriamente al senso della pena e della custodia cautelare che andrebbe applicata soltanto in casi estremi ridimensionando la facilità con la quale viene disposta oggi“.
6 detenuti suicidi in soli 15 giorni (1 morto ogni 60 ore, in media): una frequenza mai registrata prima, a fronte della quale non c’è alcun “piano carceri” che tenga, anche perché gli interventi recentemente annunciati dal ministro Alfano non prevedono alcun rafforzamento dell’attività “trattamentale” verso i detenuti, quindi l’assunzione di psicologi, educatori, assistenti sociali. Si edificheranno nuove celle (“se” e “quando” si edificheranno), si assumeranno nuovi agenti di polizia penitenziaria (“se” e “quando” si assumeranno), in modo da poter “contenere” e “sorvegliare” fino a 80.000 detenuti. Che possano arrivare vivi al termine della pena – possibilmente conservando anche un po’ di salute fisica e mentale – non sembra essere tra le preoccupazioni di chi governa (il Paese e le carceri).
Cognome | Nome | Età | Data morte | Causa | Istituto |
Mohamed | El Aboubj | 25 anni | 15-gen-10 | Suicidio | Milano San Vittore |
Abellativ | Eddine | 27 anni | 13-gen-10 | Suicidio | Massa Carrara |
Attolini | Giacomo | 49 anni | 07-gen-10 | Suicidio | Verona |
Tammaro | Antonio | 28 anni | 07-gen-10 | Suicidio | Sulmona (AQ) |
Frau | Celeste | 62 anni | 05-gen-10 | Suicidio | Cagliari |
Ciullo | Pierpaolo | 39 anni | 02-gen-10 | Suicidio | Altamura (BA)
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Il guardasigilli sospende il secondino “picchiatore”
Dal blog Insorgenze
Il ministro della Giustizia Alfano ha sospeso dal servizio il responsabile degli agenti del carcere di Castrogno, Giovanni Luzi
Il comandante della polizia penitenziaria della casa circondariale di Teramo, Giovanni Luzi, in un concitato colloquio rimproverava un assistente di polizia penitenziaria per aver pestato un detenuto in sezione, davanti agli altri reclusi, invece di averlo portato “sotto”, cioè nel reparto di isolamento, dove abitualmente al riparo da sguardi indiscreti avvengono i pestaggi, le “punizioni”.
Preso in castagna
Secondo il comandante, l’agente aveva solo sbagliato il luogo dove massacrare il recluso. Registrato con un telefonino, l’audio riversato su un cd, è perveuto in forma anonima al quotidiano locale La Città. La voce riconosciuta è quella del comandante delle guardie che ha ammesso la circostanza e le frasi dette:
“Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto…” (ascolta in integrale L’audio: “il detenuto si massacra di sotto, non davanti a tutti”)
Giovanni Luzi è stato sospeso dal servizio. Una inchiesta della magistratura teramana è in corso per chiarire le circostanze del pestaggio del detenuto.
Facce di bronzo
“Continuo a pensare che siamo di fronte a un episodio di mero eccesso verbale, per quanto ingiustificato e ingiustificabile perché anche con le parole si può esercitare violenza”, ha sostenuto il segretario generale della Uil Penitenziaria, Eugenio Sarno. Il segretario del sindacato autonomo di polizia penitenziaria Donato Capece, invece, punta il dito contro “i corvi”, che fanno più male che bene al corpo di polizia penitenziaria: “Penso che esistessero altri modi per denunciare la situazione”.
Quali?
Nelle carceri è rivolta: “Amnistia”!
Dopo la prigione di Lucca, fuochi e tumulti al Bassone di Como e Solliciano
Paolo Persichetti, Liberazione 19 agosto 2009
Al calar della sera si sono accesi i primi bagliori di rivolta. È successo lunedì scorso, nemmeno 24 ore dopo la più grande visita parlamentare mai avvenuta nelle carceri italiane dal dopoguerra. Prima nella casa circondariale Bassone di Como, poi in quella di Sollicciano a Firenze. Ieri è stato il turno di Capanne, il penitenziario di Perugia. È allarme generale ma non una sorpresa: «Da giorni, settimane, mesi ripetiamo che la situazione penitenziaria del Paese, a causa del costante sovraffollamento, è ogni giorno sempre più critica», ha ribadito in un comunicato il segretario del Sappe, una delle maggiori sigle sindacali della polizia penitenziaria. L’incendio scoppiato all’interno di una cella del carcere di Capanne ha richiesto l’intervento di alcune squadre dei vigili del fuoco. Secondo le prime informazioni ad appiccare le fiamme sarebbero stati alcuni detenuti. A quanto pare l’episodio sarebbe circoscritto, a differenza di quanto è invece accaduto a Sollicciano tra le 23 e l’una di notte di lunedì. La battitura delle inferiate, programmata dai detenuti per dare voce alla protesta contro il sovraffollamento e rivendicare l’amnistia, si è rapidamente trasformata in una mezza sommossa.
Per far sentire oltre le mura il respiro affannato di chi è rinchiuso, l’impasto di sudore e afa, le brande infuocate, l’aria densa e immobile che affoga gli spazzi stracolmi delle celle, i detenuti hanno deciso la protesta del rumore, una delle più classiche e antiche manifestazioni che danno voce al mondo dei rinchiusi. Una battitura ritmica delle inferiate realizzata con pentole, coperchi, bombolette del gas vuote, sgabelli e quant’altro si può percuotere contro le sbarre delle finestre o i blindati. Il tutto accompagnato da urla, fischi, slogan in favore dell’amnistia e dell’indulto. Presi dall’adrenalina altri hanno, invece, cominciato a dare fuoco a tutto quello che si poteva incendiare: giornali, lenzuola, stracci da mostrare alla città. No, non c’era nessun piano, nessun complotto in una situazione dove spesso manca la stessa grammatica per organizzare una protesta. Solo disperazione, tanta rabbia che esplode e accende gli animi. Provate voi a stare accatastati in quel modo, in pochi metri quadrati anche solo per qualche giorno. 950 persone rinchiuse in una struttura che ha una capienza massima di 400. In quelle stanze non circola aria ma grisù. Basta un nulla che prende fuoco. Lo sanno gli agenti di custodia, e lo dicono ormai da diverso tempo. Lo sanno i direttori degli Istituti, lo sanno i dirigenti del Dap.
Lo sa il ministro Alfano. Lo sanno tutti. E sanno anche qual’è l’unica soluzione. Ma fino ad oggi hanno deciso di fare finta di nulla accampando un piano carceri che, anche se solo riuscisse a decollare in parte dopo i tanti rinvii, non risolverebbe nulla se non gonfiare i portafogli di quegli imprenditori che avranno gli appalti. A Sollicciano lunedì sera la tensione è salita alle stelle. Le cronache raccontano l’attivazione di un immediato piano sicurezza. La casa circondariale è stata subito circondata da gazzelle del nucleo radiomobile dei carabinieri e da agenti delle volanti. Altri rinforzi sono arrivati dal reparto mobile della polizia. Attorno al carcere è stato costituito un fitto cordone di sicurezza, neanche avessero dovuto fare fronte a una guerra civile. Ma forse è un po’ a questa idea che i governanti vogliono prepararci. Già ad ogni crocicchio e semaforo di strada si vedono mimetiche dell’esercito armate di tutto punto. Nell’immediato dopoguerra alcune rivolte esplose in diverse carceri sovraffollate come oggi vennero sedate a colpi di cannone. Ci fu un massacro.
Stiamo attenti, dunque. Per fortuna l’altra sera la situazione si è placata nel giro di alcune ore, la polizia penitenziaria è entrata sezione dopo sezione per spegnere i focolai d’incendio. La protesta è di nuovo ripresa alle 10 e 30 del mattino successivo con una nuova battitura. Il garante per i detenuti Franco Corleone dopo un sopralluogo ha spiegato che le proteste nascono da una somma di carenze, diffuse un po’ ovunque nei penitenziari della penisola, aggravate dall’affollamento: la riduzione dei colloqui con familiari e delle ore di passeggio causa ferie del personale di custodia, la mancanza di docce, l’impossibilità di avere visite mediche rapide, sommata alla mancanza di spazi, l’impossibilità di lavorare o svolgere attività, la sordità delle magistrature di sorveglianza che negano i benefici penitenziari. Non stupisce allora se anche a Como, una delle strutture penitenziarie più degradate d’Italia, la protesta è durata tre giorni. Dalla battitura iniziale e lo sciopero della fame intrapreso da alcuni, si è passati nei giorni successivi all’esplosione delle bombolette di gas in dotazione per i fornellini da cucina fino alla rottura dei neon delle celle col tentativo di provocare cortocircuiti, almeno secondo quanto riferito da un esponente della Uil penitenziaria.
Angelo Urso, in una nota ha ricordato come nel carcere di Como «in questi anni non sono mai stati realizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Pertanto la fatiscenza e l’insalubrità dei locali non può che aggravare la condizioni detentive». Qualcosa di simile era già accaduto nella prigione di Lucca nei primi giorni di agosto. Anche lì, una protesta dimostrativa si era trasformata in un piccolo tumulto con il lancio di bombolette e focolai d’incendio nelle sezioni. Insomma si assiste ad una fisiologica tendenza all’inasprimento delle forme di lotta conseguenza dell’esasperazione suscitata dalle condizioni d’invivibilità. Nonostante questi ripetuti segnali e i continui appelli lanciati da tutti gli operatori del settore, dal cielo della politica non vengono risposte. Il governo è in vacanza, come i vertici del Dap e del ministero. Intervistato dal Gr della Rai, Ionta ha ribadito le virtù del suo piano straordinario d’edilizia carceraria, senza però indicare date precise sulla sua presentazione. Un’incertezza dietro la quale si nasconde l’assenza di copertura finanziaria e una sostanziale mancanza di credibilità. L’opposizione dovrebbe mobilitarsi con una grande iniziativa politica per impedire che nelle carceri avvengano tragedie. È ora di riaprire la vertenza sull’amnistia
Per ascoltare la battitura dei detenuti del carcere di Sollicciano
Rivolta nel carcere di Trapani
Disordini sono avvenuti ieri sera nel carcere di Trapani dove un gruppo di detenuti tunisini, nella sezione Mediterranea dove si trovano molti extracomunitari, avrebbe aggredito le guardie penitenziarie. Cinque agenti sono rimasti feriti: uno di loro ha riportato la frattura scomposta dell’avambraccio destro mentre gli altri hanno prognosi che vanno dai 5 ai 10 giorni. Lo dice Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa penitenziari. «La situazione – aggiunge – è tornata sotto controllo , ma quanto accaduto deve far riflettere sull’opportunità di interventi immediati atti a deflazionare il grave sovrappopolamento delle carceri italiane o episodi come quello registrato ieri sera saranno cronaca quotidiana.
I detenuti hanno cominciato a battere sulle porte blindate pentole e altre stoviglie e hanno dato vita ad una rumorosissima protesta. I cinque detenuti accusati delle aggressioni sono stati arrestati e isolati. Nella sezione Mediterranea, con gli ultimi venti arrivi, vi sono 316 detenuti a fronte di una capienza di 180 posti. Nell’istituto vi sono 502 persone su una capienza di 282 detenuti. La Uil penitenziari da tempo ha lanciato l’allarme sulla ingestibilità degli istituti di pena. «Dopo quanto accaduto a Trapani – dice Sarno – il ministro Alfano, il Governo e tutto il Parlamento hanno il dovere di aprire immediatamente un confronto parlamentare sulle possibili soluzioni per evitare una catastrofe annunciata. L’emergenza penitenziaria va risolta con interventi immediati e mirati».
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