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Luca Abbà, un anno dopo quel traliccio
Ad un anno di distanza dallo sgombero della Baita Clarea e dall’incidente che mi ha visto coinvolto con la caduta dal traliccio, mi rivolgo a tutti coloro che mi hanno seguito e sostenuto in questo anno, dicendo che il mio stato di salute è in lento ma continuo miglioramento, anche se, di fatto, questo episodio ha segnato per sempre il corso della mia vita. 
Di ciò posso “ringraziare” le forze dell’ordine presenti quella mattina in Val Clarea, i veri responsabili della mia attuale invalidità che spero sia solo una condizione temporanea.
Ripercorrendo quei momenti grazie ai ricordi e alle diverse testimonianze che mi sono giunte in seguito, ho potuto ricostruire i fatti ed accertare alcune verità che è importante consegnare alla storia perché restino nella memoria collettiva.
Il video girato dalla questura è stato palesemente tagliato e non mostra il momento della folgorazione, con il poliziotto ormai arrivato a pochi metri da me.
Questo agente di Polizia, che grazie agli attivisti di Anonymous ha un nome (Zampieri Andrea, II reparto mobile di Padova), ha avuto la brillante idea di inseguirmi su quel traliccio dove stazionavo tranquillamente a pochi metri d’altezza, costringendomi a salire sempre più in alto per evitare un contatto corpo a corpo.
Dai documenti resi pubblici dagli hacker si scopre che il verbale compilato dal comandante delle truppe quel giorno, Vincenzo Di Gaetano, è pieno di bugie e falsità.
I lavori NON sono stati interrotti neppure di fronte a un momento tragico come quello, in cui nessuno sapeva se io sarei sopravvissuto.
Nonostante un esposto presentato dal mio avvocato, la procura torinese nella persona del PM Ferrando non ha mai indagato per chiarire l’operato della Polizia di Stato in quell’occasione.
Di tutto ciò non mi stupisco, perché è sempre più evidente, a chi lo vuole capire, qual’è la vera natura del potere politico ed economico, che qui a Chiomonte vuole imporre quest’opera e che dovunque devasta i territori e sfrutta le popolazioni.
Sta a noi continuare a resistere, lottando per il nostro presente e per il futuro delle prossime generazioni, auspicando una vita in armonia con la terra nel segno della libertà.
Un esempio di come si possa fare si è visto nei giorni seguiti a quel terribile 27 febbraio, dove tanta passione e ardore hanno unito migliaia di persone sulle barricate in un’unica forza.
Con quella forza e determinazione sono certo vinceremo anche questa battaglia.
Val Clarea, Chiomonte 27 febbraio 2013
Luca Abbà
Luca Abbà ci scrive dal letto d’ospedale
A poco più di tre settimane dai fatti accorsi in Clarea il lunedì 27 febbraio scorso, mi sembra opportuno comunicare a tutti gli amici e compagni che mi sono vicini alcune notizie più precise sul mio stato di salute.
Come già si sa da qualche giorno sono fuori pericolo di vita, ma seppur la situazione vada migliorando le mie condizioni risultano ancora abbastanza serie.
Le ferite maggiori che mi trovo a dover guarire sono la conseguenza delle ustioni provocate dal folgoramento da corrente elettrica, i danni da caduta sono ormai in via di miglioramento definitivo.
Nei prossimi giorni subirò ulteriori interventi di chirurgia plastica per sistemare le aree del corpo ancora soggette a ustioni.
Mi trovo tuttora ad essere inchiodato a letto e non auto sufficiente nei movimenti degli arti e quindi dipendente da infermieri e familiari per le mansioni quotidiane.
Desidero comunque ringraziare tutti coloro che finora mi sono stati vicini e che mi hanno fatto sentire la loro presenza e solidarietà.
Chiedo a tutti ancora un po’ di pazienza (il primo ad averne dovrò essere io), per potervi riabbracciare e salutare in piena forma.
Un ringraziamento particolare va ai miei familiari e alla mia compagna Emanuela che hanno dovuto superare un momento non facile, anche per questo chiedo a tutti di allentare la pressione nei suoi confronti visto che si trova già a gestire molteplici ruoli di questa vicenda.
Sarà mia cura contattarvi personalmente nel momento in cui le cose si fossero messe al meglio per potervi incontrare e abbracciare con più calma.
In questo momento sono giustamente sottoposto alle severe disposizioni dei “reparti speciali” del CTO di Torino e quindi con forti limitazioni alle visite, riservate a parenti ed amici stretti.
Chiedo che questo scritto possa girare tra tutte le varie situazioni che hanno seguito l’evolversi della mia vicenda sperando però che non diventi oggetto di speculazione giornalistica. Sono ben contento di ricevere notizie e contatti vostri ma non garantisco di rispondere a tutti entro breve.
L’indirizzo cui scrivere è: Frazione Cels Ruinas 27 – 10050 Exilles (TO)
Da un letto di ospedale, 21.03.2012
Forza e gioia a tutti. Luca Abbà
Del movimento notav e del PD: senza parole per commentare
Mai mi son sentita offesa per dichiarazioni o comportamenti di persone facenti parte del PD o partiti simili, raramente ho badato alle loro parole, MAI li ho sentiti parte di me, di quel che io penso sia esser compagni e così via…non serve nemmeno sprecare parole a riguardo.
Mi pare scontato.
Però questa volta mi pare che si stia cercando di esagerare, mi pare (questo il mio umile e nervoso parere) che questi quattro ceffi dalla vita garantita dal primo vagito stiano provocando in modo becero, eccessivo, infame.
Perché nessuno gli chiede di solidarizzare con la lotta notav e la popolazione della Valle, ma almeno la chiudessero quella loro bocca, se la cucissero, se la riempissero delle loro belle ricche pietanze e basta.

L'ultimo bollettino medico di Luca è buono: è stato svegliato e ha mosso le parti del corpo che i medici hanno chiesto di muovere, le fratture vertebrali sono dunque recuperabili. Oggi pomeriggio la risonanza magnetica accerterà quanto la folgorazione sia riuscita ad intaccare i tessuti: FORZA LUCA!!
Stefano Esposito è un consigliere regionale del PD, di cui ormai mi incuriosisce anche il curriculum.
Le sue parole ve le riporto per intero perché bisogna leggerle ed anche ricordarle bene.
La sola risposta che meritano lui, come la Finocchiaro, Zanda e LaTorre dello stesso partito, che hanno chiesto al comando generale dell’arma dei carabinieri di “poter stringere la mano in segno di solidarietà e di ringraziamento al carabinieri che ieri in Val Susa è stato vigliaccamente insultato da un dimostrante privo d’onore.”
Parlano di onore, loro, che schifo…intanto leggetevi Stefnao Esposito, lui e lo spauracchio del “salto strategico” sbandierato peggio di come farebbero Libero o Il Giornale…eccolo qui:
“Di fronte alla scelta del movimento No Tav di alzare la tensione, bloccando l’autostrada, e alle preoccupanti minacce che stanno circolando sui siti antagonisti (alcuni dei quali pubblicano minacce di morte nei confronti dei poliziotti, come nel caso di Indymedia) o attraverso le dichiarazioni deliranti dei vari Perino e soci, occorre una risposta corale e netta da parte della politica. Tutti, il Governo, le istituzioni locali e i partiti devono dire, in modo forte e chiaro, che la legalità deve essere rispettata e che nessuna azione violenta e illegittima potrà essere minimamente tollerata.
Anche in occasione della conferenza stampa dei comitati No Tav abbiamo avuto un’ulteriore dimostrazione della natura di questi soggetti che, dietro l’ipocrita paravento gandhiano, adoperano un linguaggio allusivo e pericoloso e annunciano una risposta militare per rispondere alla legittima azione dello Stato. Purtroppo quasi tutti i media hanno scelto di ‘mitizzare’ il povero Luca Abbà descritto come un contadino attaccato alla terra, un luddista postmoderno con scarsa dimestichezza con l’elettricità e le altre conquiste della tecnologia. Quasi tutti si sono dimenticati di dire che il coltivatore diretto di Exilles ha un curriculum giudiziario alquanto lungo e interessante, che è un pregiudicato e un pluridenunciato per fatti violenti. Né il circo mediatico – tranne rare eccezioni – si prende il disturbo di ricordare ai vari Plano e Perino, che ogni giorno parlano di illegalità del cantiere, che il cosiddetto legal team dei No Tav in questi anni ha presentato più di 50 ricorsi a tutti i livelli giudiziari, ricorsi sempre e costantemente respinti.
Deve essere a tutti chiaro che in Valle di Susa si stanno ponendo le basi per uno scontro molto duro e pericoloso. Che tutta la galassia anarco-insurrezionalista e i vari gruppi sovversivi che fanno capo al centro sociale Askatasuna hanno trasformato la vicenda della Tav nella loro ‘battaglia di tutte le battaglie’ e stanno utilizzando la vicenda di Luca Abbà come pretesto per aggredire violentemente le forze dell’ordine e le istituzioni. Descrivere l’Italia bloccata dai No Tav senza vedere che stiamo parlando di alcune centinaia di persone che appartengono al network antagonista, significa accreditare qualcosa che non esiste. Le iniziative che sono state annunciate per il fine settimana potrebbero rappresentare l’occasione per tali gruppi di tentare un ‘salto strategico’ dagli imprevedibili esiti. In questa vicenda né la pietà umana verso le sorti di Luca Abbà né i comportamenti di pochi amministratori che hanno abdicato alle loro responsabilità istituzionali possono in alcun modo condizionare chi rappresenta lo Stato e la democrazia italiana.
Non è la Tav ad essere illegale, ma l’illegalità è di chi ha scelto la via della violenza e del teppismo per opporsi non a un’invasione nemica, ma alla costruzione di una ferrovia. Sento da più parti appelli al dialogo, ma qualcuno si è chiesto come si può dialogare con chi pretende l’annullamento del progetto Torino-Lione, oppure con chi cerca di accusare le forze dell’ordine dell’incidente avvenuto al militante No Tav? Nonostante le immagini siano chiare ed inequivocabili, nonostante la registrazione della telefonata dimostri il contrario, anche la tv pubblica tende a far passare una tesi inesistente.
Quello che sta succedendo e che succederà da qui a sabato segnerà uno spartiacque tra chi difende la legalità e lo Stato e chi li ritiene invece principi à la carte, buoni a seconda della giornata e del luogo.”
(si nota il color MERDA?)
Sabato 3 marzo, ore 15:00, corteo NO TAV, partenza da Piazzale Tiburtino, ROMA
GIOVEDI 1 MARZO : LA SEDE NAZIONALE DEL PD, DI ROMA, E’ STATA OCCUPATA DA UN GRUPPO DI SOLIDALI AI NOTAV.
DAJE! UN PO’ DI VITA IN QUELLA SEDE DALL’ODOR DI CIMITERO.
LA VAL SUSA E’ OVUNQUE! SIAMO TUTTI NOTAV!
TUTT@ LIBER@
un fiore rosso per Osvaldo, Giangiacomo Feltrinelli
15 marzo 1972
Località Cascina Nuova, Segrate, Milano
Ai piedi del traliccio dell’altra tensione n.71, all’alba, viene rinvenuto il corpo di un uomo dilaniato da una carica esplosiva. Dalla carta d’identità che porta con sé, risulta chiamarsi Vincenzo Maggioni. Ventiquattro ore dopo il rinvenimento, gli inquirenti sono però in grado di stabilire che si tratta di Giangiacomo Feltrinelli, militante dei Gruppi d’Azione Partigiana.
NOME DI BATTAGLIA OSVALDO, FORMA LA PRIMA ORGANIZZAZIONE ARMATA CLANDESTINA, CHE COMPARE SULLA SCENA ITALIANA TRA L’APRILE E IL MAGGIO 1970. TRA LA FINE DEL ’70 E L’INIZIO DEL ’71, I GRUPPI D’AZIONE PARTIGIANA SI PROCURANO UN CERTO NUMERO DI RADIO MODIFICATE PER INTERFERIRE SUI CANALI DELLE RETI NAZIONALI, PER POTER COSI’ INCORAGGIARE ALTRI GRUPPI ALL’AZIONE CLANDESTINA.
26 MARZO 1972: IL SALUTO DALLE PAGINE DI POTERE OPERAIO
Un rivoluzionario è caduto
Lo dipingono ora come un isolato, un avventuriero, come un deficiente o come un crudele terrorista. Noi sappiamo che dopo aver distrutto la vita del compagno Feltrinelli ne vogliono infangare e seppellire la memoria – come si fa con i parti mostruosi. Si, perchè feltrinelli ha tradito i padroni, ha tradito i riformisti. Per questo tradimento è per noi un compagno. Per questo tradimento i nostri militanti, i compagni delle organizzazioni rivoluzionarie, gli operai di avanguardia chinano le bandiere rosse segno di lutto per la sua morte. Un rivoluzionario è caduto.
Giangiacomo Feltrinelli è morto. Da vivo era un compagno dei GAP (Gruppi d’Azione Partigiana) – una organizzazione politico-militare che da tempo si è posta il compito di aprire in Italia la lotta armata come unica via per liberare il nostro paese dallo sfruttamento e dall’ingiustizia. A questa determinazione Feltrinelli era arrivato dopo una bruciante e molteplice attività – dalla partecipazione alla guerra di liberazione, alla milizia nel PCI, all’impegno editoriale, alla collaborazione con i movimenti rivoluzionari dell’ America Latina. L’indimenticabile ’68, lo aveva spinto ad un ripensamento di tutta la sua milizia politica; la breve ma intensa confidenza con Castro e Guevara gli forniva gli strumenti teorici attraverso cui analizzare il fallimento storico del riformismo e, ad un tempo, la prospettiva da seguire per una ripresa del movimento rivoluzionario in Europa. La forte passione civile, la rivolta ad ogni forma di sopraffazione e di ingiustizia ( si pensi all’ attenzione con cui ha sempre seguito le rivendicazioni autonomiste delle minoranze linguistiche italiane ) lo spingevano a saltare i tempi, a bruciare le mediazioni. E’ l’inquietudine di cui parla oggi con disprezzo misto a compatimento il <<Corriere della sera>>. In realtà è l’inquietudine che porta con sè ogni uomo che non si adatti a vivere come un bue, che nutre un odio profondo per tutti i cani ed i porci dell’ umanità. Certo nell’azione di questo compagno ci sono stati errori, ingenuità, improvvisazioni. Grave soprattutto ci è sembrata e ci sembra, nel programma politico dei GAP, la sottovalutazione delle lotte operaie, della loro capacità di andare oltre il terreno rivendicativo per porre la questione dei rapporti di forza tra le classi cioè del potere politico. Ma i suoi errori, la sua impazienza, appartengono al movimento rivoluzionario e operaio; <<assalto al cielo>> che da qualche anno migliaia di militanti hanno cominciato a ricostruire dopo decenni di oscurità e di paura. Fanno parte di questo cammino che, come diceva Lenin, non è diritto e piano ma tortuoso e difficile, e dove accanto all’estrema determinazione di percorrerlo non v’è alcuna certezza sui tempi necessari a mandare in rovina lo stato delle cose presenti.
Il compagno Feltrinelli è morto. E gli sciacalli si sono scatenati. Chi lo vuole terrorista e chi vittima. Destra e sinistra fanno il loro mestiere di sempre. Noi sappiamo che questo compagno non è né una vittima, né un terrorista. E’ un rivoluzionario caduto in questa prima fase della guerra di liberazione dello sfruttamento. E’ stato ucciso perchè era un militante dei GAP. E carabinieri, polizia, fascisti esteri e nostrani lo sapevano e lo sanno benissimo. E’ stato ucciso perchè era un rivoluzionario che con pazienza e tenacia, superando abitudini, comportamenti, vizi, ereditati dall’ambiente alto-borghese da cui proveniva, s’era posto sul terreno della lotta armata, costruendo con i suoi compagni i primi nuclei di resistenza proletaria.E’ probabilmente vero che la ricerca affannosa che, da mesi, fascisti e servizi segreti vari avevano scatenato per prendere Feltrinelli, si è intensificata dopo il contributo ulteriormente portato dei GAP nello smascheramento dei mandanti e degli esecutori della strage del dicembre del ’69. E’ probabilmente vero che questo compagno ha commesso, per generosità, errori fatali di imprudenza – cadendo così in un’ imboscata nemica la cui meccanica è a tutt’ oggi oscura. Quello che è certo è che di questo assassinio si sono fatti complici tutti coloro che cercavano un <<mandante ed un finanziatore>> per l’attività dei gruppi rivoluzionari. Dal Secolo all’ Unità in una paradossale unità d’intenti dopo la manifestazione del giorno 11 a Milano, tutti hanno latrato : vogliamo il mandante, vogliamo il finanziatore. Come se la lotta di strada, la lotta di piazza avesse bisogno di finanziatori. Le bottiglie <<molotov>> sono generi di largo consumo nell’ Italia degli anni 70. Costano poche centinaia di lire. Come dire alla portata di qualsiasi militante. Sono le attrezzatissime bande fasciste, sono i giornali di partito senza lettori, sono le costose campagne di pubblicità elettorale, sono i mastodontici apparati di Partito che richiedono e trovano i finanziamenti di Cefis, di Agnelli, di Borghi, di Ravelli – oltrechè il generoso contributo delle casse statali e parastatali. Comunque loro – destra e sinistra – volevano il mandante, il finanziatore. Fascisti e servizi segreti glielo hanno trovato. Un cadavere straziato di un pericoloso rivoluzionario che aveva deciso di far sul serio è diventato utile per la bisogna – perchè era Giangiacomo Feltrinelli discendente di una delle famiglie più ricche del paese. Ed i giornali della borghesia si sono affrettati a sputare sopra il cadavere. Con tutto l’odio che si sente per un traditore. Perchè è vero. Giangiacomo Feltrinelli li aveva traditi. Aveva rotto con il suo ed in tre anni densi di attività minuta, continua e coraggiosa era diventato un rivoluzionario. E i miliardari che finanziano i partiti, si drogano al <<Number One>>, vogliono l’ordine e la morale nelle fabbriche e nelle scuole – e per questo utilizzano le bande fasciste – non possono perdonare questo figlio degenere.
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