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Al-Aswani ci racconta quest’Egitto della controrivoluzione …
Un articolo interessante, comparso pochi giorni fa sulle pagine del giornale indipendente egiziano Al-Masry al-youm, a firma del noto scrittore Alaa al-Aswani, noto anche per essere uno tra i fondatori del partito Kifaya (“basta!”), “movimento egiziano per il cambiamento”, nato nel 2004. NOn per sposare ogni sua parola, ma per dare un ulteriore elemento per capire quello che sta accadendo lungo le sponde del Nilo, da qualche mese a questa parte…
Parlavamo già un po’ di tempo fa del rischio che sta correndo il popolo di piazza Tahrir, che per un attimo e forse troppo ingenuamente, ha sentito la rivoluzione tra le dita delle mani. L’abbiamo raccontata col più sincero degli entusiasmi, ma allo stesso col terrore che possa essere, come dice in questa pagina al-Aswani, un’occasione sprecata. Una panoramica, che fa trapelare la rabbia per come l’esercito ha gestito l’arrivo ai referendum, il volta faccia dei Fratelli Musulmani, l’attesa popolare per un’incriminazione di Mubarak che continua a non arrivare…
Dopo la riuscita rivoluzione del 1919, e dopo che le forze d’occupazione britanniche ebbero ceduto alla volontà del popolo egiziano, re Faruq istituì una commissione incaricata di redigere una nuova costituzione. Essa venne nominata anziché eletta. Il leader nazionalista Saad Zaghloul si oppose, chiedendo che venisse eletta un’assemblea costituente per garantire che la costituzione rispecchiasse la volontà del popolo. Ma re Faruq insistette sulla sua posizione. La commissione nominata redasse la costituzione del 1923, che diede al re il diritto di sciogliere il parlamento in qualsiasi momento. Questa grave carenza costituzionale guastò la vita politica trasformando il parlamento in uno strumento nelle mani del re. Il partito Wafd di Zaghloul, che aveva la maggioranza dei seggi in parlamento, prese il potere una sola volta nel corso dei successivi 30 anni.
Stranamente, Zaghloul accettò la costituzione del 1923, nonostante i suoi difetti. In qualità di leader incontrastato dell’Egitto in quel momento, egli avrebbe potuto invitare gli egiziani a insistere sul loro diritto a una costituzione giusta e democratica. Ma l’occasione andò persa.
Dopo la rivoluzione del 1952, l’Egitto sprecò un’altra occasione di democratizzazione. La corrente antidemocratica presente all’interno degli Ufficiali Liberi dominò la rivoluzione, e il 16 gennaio 1953 emanò la decisione di sciogliere tutti i partiti politici e di confiscare il loro denaro e i loro uffici. Il partito Wafd era il partito di maggioranza all’epoca, ed era in grado di mobilitare l’opinione pubblica contro la dittatura, nel qual caso gli Ufficiali Liberi avrebbero ritirato la propria decisione e il sistema democratico in Egitto sarebbe stato preservato. Ma il partito Wafd non sollevò obiezioni. Fu un’altra occasione sprecata per l’Egitto. Invece, il paese rimase sotto il dominio autoritario per i successivi 60 anni.
Purtroppo, la storia dell’Egitto è piena di opportunità di democratizzazione sprecate. Ora abbiamo un’altra opportunità, che mi auguro non venga persa. La rivoluzione del 25 gennaio ha costretto Hosni Mubarak a dimettersi. Centinaia di egiziani hanno sacrificato la loro vita per amore della libertà. Fin dai suoi inizi, tuttavia, la rivoluzione si è trovata di fronte a una feroce controrivoluzione – sia all’interno dell’Egitto che all’estero.
Pochi giorni fa, il quotidiano kuwaitiano ‘Al-Dar’ ha riferito che le autorità egiziane stanno subendo enormi pressioni da parte dei governanti arabi, in particolare dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, affinché Mubarak non venga processato. Secondo il giornale, questi Stati arabi hanno apertamente minacciato di congelare tutti i rapporti con il Cairo, di tagliare tutti gli aiuti finanziari, e di ritirare i loro investimenti dall’Egitto. Tali regimi si sono spinti addirittura a minacciare di licenziare i 5 milioni di egiziani che lavorano nei loro paesi, se Mubarak dovesse essere processato.
Da parte sua, Israele ha sempre difeso Hosni Mubarak, uno dei suoi migliori alleati. La stampa israeliana non nasconde le sue preoccupazioni di fronte al significativo cambiamento democratico in Egitto. L’amministrazione americana ha una posizione simile. Sia i funzionari americani che quelli israeliani riconoscono il potenziale dell’Egitto e sanno che diventerebbe una potenza regionale nel giro di pochi anni, se diventasse una democrazia.
Sul quotidiano britannico ‘Guardian’, il noto intellettuale americano Noam Chomsky ha sostenuto che gli Stati Uniti appoggiano l’autoritarismo in Egitto, non perché temono l’estremismo islamico, come solitamente affermano, ma perché temono un Egitto indipendente che non faccia affidamento sul sostegno americano. L’amministrazione USA si impegnerà a fondo – Chomsky ha aggiunto – per garantire che il prossimo presidente dell’Egitto resti fedele agli interessi americani.
Oltre alle minacce internazionali contro la rivoluzione in Egitto, ci sono anche seri problemi interni. Le basi del regime di Mubarak sono ancora intatte. L’ex Partito Nazionale Democratico (NDP) rimane radicato in tutto l’Egitto. Centinaia di migliaia di membri dell’NDP faranno del loro meglio per riconquistare il potere, sia pure sotto una nuova denominazione. Centinaia di agenti della sicurezza statale, che hanno perso i loro posti di lavoro, sono ora liberi di provocare devastazioni. Decine di migliaia di consiglieri comunali, governatori, rettori e presidi di università (nominati dall’apparato di sicurezza), oltre a esponenti dei media, leader d’impresa e di falsi sindacati, stanno ora cospirando contro la rivoluzione.
Quali sono gli obiettivi della controrivoluzione? Le dichiarazioni di Mubarak alla stampa internazionale, prima che egli si dimettesse, sono particolarmente significative.
“Voglio farmi da parte, ma temo il caos in Egitto … ho paura che i Fratelli Musulmani possano arrivare al potere”.
La controrivoluzione sta ora implementando un piano per trasformare in realtà le paure di Mubarak al fine di mostrare che l’ex presidente aveva ragione. Questo piano comprende:
1. Fomentare il caos e terrorizzare gli egiziani per farli sentire insicuri. Ciò serve a farli stancare della rivoluzione e a spingerli ad accettare le mezze soluzioni per motivi di stabilità. Questo piano ha avuto inizio con il ritiro delle forze di polizia in tutto l’Egitto e con la liberazione di 40.000 criminali dal carcere, che sono stati armati e hanno ricevuto istruzioni di attaccare la popolazione civile. Il piano è rimasto in vigore durante il mandato di Ahmed Shafiq come primo ministro. Quando Essam Sharaf ha preso il suo posto, hanno avuto luogo diversi episodi di vandalismo e di tensioni settarie, umiliando in tal modo il governo post-rivoluzionario. Nonostante i grandi sforzi intrapresi dal nuovo ministro degli interni, Mansur Al-Issawi, la polizia rimane in gran parte assente. Il rifiuto della polizia di proteggere questa nazione costituisce un tradimento. Gli agenti di polizia possono astenersi dal compiere il proprio lavoro solo se gli viene dato un ordine in tal senso. E’ chiaro che coloro che ordinano agli agenti di polizia di non compiere il proprio dovere sono ancora più influenti dello stesso ministro degli interni.
Gli episodi di criminalità e di teppismo in Egitto non sono casuali. Sono per lo più pianificati e mirati. Ad esempio, il personale di sicurezza di fronte al seggio di Moqatam non è intervenuto quando il sostenitore delle riforme Mohammad ElBaradei è stato attaccato dai sostenitori dell’NDP il giorno del referendum. Nel quartiere di Shubra, nei due giorni precedenti il referendum, alcuni teppisti sono stati autorizzati a bloccare le strade, a terrorizzare la gente e a sparare a casaccio colpi di arma da fuoco, causando diversi morti. Non un singolo funzionario di polizia o soldato dell’esercito è intervenuto per proteggere i cittadini. Il fatto che molti copti vivano a Shubra e che i leader copti avessero annunciato la loro opposizione agli emendamenti costituzionali non ha nulla a che fare con questi attacchi? Gli attacchi erano forse mirati a terrorizzare i copti per costringerli ad accettare gli emendamenti, o avevano l’obiettivo di punirli per aver insistito sul diritto degli egiziani ad avere una nuova costituzione?
2. Celebrare processi selettivi, la maggior parte dei quali si svolge sotto i riflettori dei media. I media statali (che erano anch’essi sotto il controllo dell’apparato di sicurezza dello Stato) si sono precipitati a fotografare gli ex-membri dell’NDP Ahmed Ezz, Zoheir Garana, e Ahmed Maghrabi nelle loro uniformi da detenuti, durante le indagini nei loro confronti. Lasciando da parte il fatto che ciò è andato contro tutti gli standard professionali, lo scopo era quello di assorbire la rabbia degli egiziani e convincerli che si stava facendo giustizia. Con tutto il rispetto per il procuratore generale, ci sono molte domande senza risposta a questo proposito.
Perché Mubarak e i suoi familiari non sono stati indagati? Perché gli ex-leader dell’NDP Zakaria Azmi, Fathi Sorour e Safwat al-Sherif non sono stati messi sotto processo? Perché il procuratore generale non ha indagato a proposito delle 24 denunce presentate dai lavoratori dell’aviazione civile contro Ahmed Shafiq, accusato di sprecare il denaro pubblico? Durante il mandato di Ahmed Shafiq come primo ministro, perché il procuratore generale non ha compiuto alcuna indagine sugli agenti di polizia accusati di aver ucciso i manifestanti? Dopo che Shafiq ha presentato le dimissioni, perché la procura ha rilasciato gli agenti accusati di omicidio? Il loro rilascio non permetterà loro di nascondere le prove che potrebbero essere usate per incriminarli? Qual è lo scopo di processare funzionari corrotti e assassini in maniera selettiva?
3. Agli egiziani non è stato permesso di eleggere un’assemblea costituente in grado di redigere una nuova costituzione che rifletta la volontà del popolo e che porti l’Egitto verso un’era di democrazia. Invece, il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha sorprendentemente adottato la proposta di Mubarak di compiere limitati emendamenti costituzionali. Il processo di elaborazione e di approvazione degli emendamenti è stato afflitto da una serie di mancanze. In primo luogo, i membri della commissione incaricata di formulare gli emendamenti non sono stati selezionati sulla base di criteri chiari. In secondo luogo, il referendum si è svolto in tutta fretta dopo l’annuncio delle modifiche proposte, rendendo difficile per i cittadini comprendere appieno le problematiche coinvolte. Terzo, i cittadini potevano solo accettare o respingere l’intero pacchetto degli emendamenti, e non votarli singolarmente. In quarto luogo, la Fratellanza Musulmana e l’NDP si sono ritrovati uniti per la prima volta nell’appoggiare l’approvazione degli emendamenti. I Fratelli Musulmani hanno dimostrato di essere pronti a modificare la loro posizione a seconda dei propri interessi. Dopo aver raccolto le firme per mesi per sostenere la campagna di riforma di ElBaradei, essi hanno voltato le spalle a tutto questo e si sono alleati con l’NDP.
I principi dell’Islam sembrano essere sospesi per i Fratelli Musulmani durante la stagione elettorale, in quanto essi sembrano essere pronti a tutto pur di ottenere il potere. La Fratellanza Musulmana ha accusato i suoi oppositori di essere agenti stranieri. Ha distribuito zucchero e olio ad alcuni elettori, ha terrorizzato altri, e addirittura si è spinta a definire alcuni di loro ‘apostati’. La dimostrazione di forza della Fratellanza, anche se non è del tutto indicativa della sua influenza in tutto l’Egitto, sta servendo gli obiettivi della
controrivoluzione. Da un lato, il movimento sta polarizzando gli egiziani sulla base della religione. Sta minando l’unità nazionale che la rivoluzione aveva invece alimentato. Dall’altro, esso dimostra ai simpatizzanti della rivoluzione in Occidente che Hosni Mubarak era davvero l’ultimo baluardo contro gli estremisti. Coloro che sono rimasti frustrati dalla calda accoglienza che i media hanno riservato al leader e assassino della Jihad Islamica Abud al-Zumur, dopo la sua liberazione dal carcere la scorsa settimana, devono riconoscere che queste immagini offrono un sostegno alla controrivoluzione. Al-Zumur, la cui lunga barba ricorda quella di Osama bin Laden, ha annunciato in televisione che uccidere in nome della religione è legittimo. Quest’affermazione ha terrorizzato milioni di occidentali che simpatizzavano con la rivoluzione egiziana, ma che ora sono pronti ad accettare il ritorno del vecchio regime in nome dell’esigenza di proteggere l’Egitto dagli estremisti.
Coloro che erano a favore degli emendamenti costituzionali hanno vinto il referendum. Pur rallegrandomi per la grande affluenza alle urne e rivolgendo il mio rispetto agli elettori, è mio dovere affermare che portare avanti il processo di transizione con un ritmo così rapido è contro gli interessi dell’Egitto e della rivoluzione.
Se coloro che sono al potere vogliono veramente sostenere il cambiamento democratico, il nostro sistema elettorale incentrato sui candidati deve essere cambiato. Questo sistema permetterà all’NDP e ai Fratelli Musulmani di aggiudicarsi la maggior parte dei seggi alle prossime elezioni. Che siano costoro a ricevere l’incarico di redigere la nuova costituzione egiziana è inaccettabile. La maggior parte dei giuristi ha sostenuto che una costituzione redatta da un parlamento eletto attraverso il sistema attuale non rappresenterebbe la volontà del popolo egiziano. Il loro ammonimento deve essere preso sul serio. La grande rivoluzione egiziana non diventerà un’altra occasione sprecata. Se il processo di transizione ci riporterà indietro, nessuno potrà impedire al popolo egiziano, che ha costretto Hosni Mubarak a dimettersi, di ottenere da sé la propria libertà.
La democrazia è la soluzione.
Tradotto da Medarabnews
Egitto: il referendum non doveva andare così!
Ci son rimasta male, anche se inizio ad avere una certa età per credere nei sogni con così tanto fervore; poi ci rimango male.
La chiamata alle urne in Egitto non è andata come doveva andare anche se tutte le autorità mondiali giocano a chi fa prima d sbrodolarsi dicendo che è l’opzione migliore per la transizione e l’arrivo alle nuove elezioni. Io non la penso così e con me tutto il popolo di piazza Tahrir, quello che ha mosso lo spirito del nuovo Egitto, esclusa i Fratelli Musulmani.
Tutti i sondaggi e i pronostici davano il no per favorito: ma facciamo un po’ di chiarezza.
Se avesse vinto il NO tutto sarebbe stato da ridiscutere: l’intera Costituzione si sarebbe rivista ed era il desiderio delle giovani organizzazione nate durante la rivoluzione, il desiderio dei lavoratori che in massa hanno scioperato per settimane, il desiderio delle donne che avrebbero potuto ridiscutere pezzo pezzo il loro “accesso” alle libertà individuali in modo diverso. Passando il No sarebbe andato al vaglio anche l’art. 2 della Costituzione che sancisce la legge islamica alla base della legislazione nazionale: motivo per cui tutta la comunità copta ha votato compattamente per la riscrittura. Insomma, l’intero popolo della rivoluzione del 25 gennaio, quello che ha mandato a casa Mubarak dopo 30 anni, confidava in un secco NO.
Quello si che sarebbe stato un bello schiaffone al vecchio regime, all’esercito, agli attuali aspiranti candidati (anche se entrambi i potenziali candidati hanno dato la preferenza al NO) e uomini della nuova pagina di quel paese così strategicamente importante, così centrale nella scacchiera mediorientale.
E invece la reazione alla fine ha prevalso ed anche con percentuali più che ampie (pare che la vittoria ruoti intorno al 77%): colpevoli sicuro i Fratelli Musulmani che hanno appoggiato il SI insieme al partito del potere, del regime, dell’ex rais. Si sperava in un comportamento diverso visti i rapporti nati nei due lunghi mesi di vita per le strade che abbiamo alle spalle…ma invece, come sempre, la “reazione” ha prevalso nella principale organizzazione islamica, che pur di uscire dalla clandestinità politica in cui s’è mossa sotto il regime non spinge i propri simpatizzanti per un ulteriore salto.
Niente da fare.
Passano i dieci emendamenti costituzionali: saranno riviste le modalità per presentarsi alle elezioni e anche quelle riguardanti la tempistica della carica, ma buona parte delle norme che regolavano il vecchio regime rimarrano intoccate.
La strada, per il popolo meraviglioso di piazza Tahrir, è solo un po’ più in salita del previsto…
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