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Ariel Sharon: pensatela come una morte lunga 8 anni, dolorosissima.

11 gennaio 2014 10 commenti

Devo ammettere che ti ho pensato spesso in questi mesi.
Ho imparato cos’è il coma, ho conosciuto lo stato vegetativo, ho imparato nei dettagli come è fatto un cervello, cosa avviene quando un “insulto” di qualunque genere distrugge una parte, per emorragie, anossia o bla bla bla.
Ti ho pensato spesso, tanto che guarda riesco a darti del tu:
ti ho pensato davanti alle tracheostomie, che dai non dirmi che in questi otto anni non te l’hanno fatta.
E pensa che buco enoooooorme, per far respirare te.
Ti ho pensato quando ho scoperto cos’è e come funziona una gastrostomia: ho sorriso pensando a quanto grosso sarà stato il tuo buco, il sondino da cui passa l’alimentazione frullata.
Ti ho pensato quando ho scoperto il decubito, che sulle persone estramemente obese ha capacità letali: il decubito mangia lentamente, brucia lentamente, rosicchia pelle, poi carne, poi prosegue.

Ecco, davanti a tutti questi orrori che ho imparato ad osservare, combattere, pulire e aspirare
ho pensato spesso alla tua persona: a te che sei fatto di melma come pochi altri esseri nella storia umana.
Ho pensato che non sono riusciti a farti a pezzi, che avresti meritato di morire a brandelli,
di essere trascinato con una corda attaccata ai cavalli per tutta la terra di Palestina come un morto troiano, così che la stessa terra avrebbe mangiato la tua carne metro dopo metro.
Siamo stati in tanti, per decenni, ad immaginare la tua morte:
io per molte notti l’ho pensata davanti ai tuoi cecchini, in un maledetto coprifuoco da te deciso e proseguito poi fino al massacro di Jenin.
Era il 2002… io e te (nemico tra i nemici) ci siamo sfiorati: tu hai ordinato di spararci addosso,
perchè non hai mai saputo far altro.
Niente: nessun palestinese ti ha tolto la vita.
Nessun combattente per la libertà è riuscito ad ucciderti, a farti del male.

Ma ti è andata peggio:
ti immagino in quel letto di ospedale dove sei stato otto anni fino ad oggi, che finalmente ti sei spento.
Ti è andata peggio perché quando nei primi giorni dicevo “non lo augurerei nemmeno al mio nemico!” dentro di me, dentro dentro dentro me, sapevo che il nemico, quello vero, quello che possiamo chiamare IL NEMICO in realtà stava così, stava peggio di così.
La terra per te sarà melma e vermi,
la terra peserà del peso di tutti coloro che tu hai fatto soffrire e sono incalcolabili,
la terra ti ha iniziato a ricoprire 8 anni fa… e per 8 anni il tuo cuore ha battuto sotto la terra pesante e putrida che tutti noi abbiamo lanciato su di te.

CIAO ARIEL SHARON,
solidarietà ai vermi che proveranno a mangiarti.
Stasera apro una bottiglia che attende da 8 anni.

Muore folgorato per rubare rame… ma loro pensano a “cercare il complice”.

11 gennaio 2014 Lascia un commento

Poi si muore anche così…
si muore per rubare fili di rame, si muore per provare a campare, si muore perchè a malapena si sopravvive.
Quando leggo queste notizie, che di solito occupano massimo 5 righe di qualche giornale locale, rimango basita:
la rabbia mi assale totalmente.
Perché non si può morire di lavoro: ne’ di quello che ti vede timbrare un cartellino tutti i giorni, in fabbrica o in un ufficio,
ne’ di quello “clandestino”, del grande mondo dell’illegalità per vivere, per campare, perché sì!

Roberto Sechi, disoccupato di 45 anni (papà di due bimbi) è stato trovato morto sul lungomare di Balai a Porto Torres, in provincia di Sassari: il suo corpo è stato segnalato da una telefonata anonima poco prima della mezzanotte e così è stato ritrovato, sulla pista ciclabile.
Pochi metri lontano, sono stati ritrovati 200 kg di rame, ed altri sarebbero stati se Roberto non fosse stato folgorato da una scarica elettrica impressionante, che l’ha ucciso sul colpo.

Ora la stampa parla di altro però: non di un uomo morto perché per campare rubava rame di notte,
ma perché devono trovare il suo “complice”, che ha fatto la chiamata anonima per segnalare la morte del suo amico.
Ci fanno sapere che l’hanno appena preso, come se a noi ce ne fregasse qualcosa.

Noi salutiamo Roberto, morto anche lui sul lavoro, il suo.

Senza dimenticare che nel DDl fatto in fretta e furiacon la scusa dell’emergenza Femminicidio nel 2013, tanto applaudito,
è stato modificato l’articolo 625 del codice penale, con l’introduzione dell’aggravante del reato di furto (articolo 624) la sottrazione di componenti metalliche e altri materiali da infrastrutture energetiche nonché da infrastrutture di comunicazione e di altri servizi pubblici gestiti, anche da privati, in regime di concessione pubblica.
Ed eccoci qua..

Burgos: scontri e barricate contro le nuove speculazioni urbanistiche

11 gennaio 2014 Lascia un commento

Qui non si riesce a seguire nulla,
dopo le poche righe scritte su Amburgo che ci hanno permesso di imparare una nuova parola tedesca, gefahrengebiet, che ricorda la nostra zona rossa genovese, ma un po’ peggio; ecco, dopo quelle righe mai son riuscita a riaprire pc.

Le barricate di Burgos…

Oggi cado su Burgos, città spagnola sfiorata nell’adolescenza nomade,
che si sta ribellando, fuoco alla mano, all’ennesimo scempio urbanistico e culturale. Non riescono a capire, i padroni e i papponi del cemento, che ora le loro colate devono passare su di noi: non che a loro interessi, non che loro non vogliano proprio murarci vivi…
Eh si, intrallazzini e palazzinari di ogni dove, dalla Turchia di GeziPark alla Spagna che non vuole una nuova avenue nel quartiere di Gamonal.

Nella Spagna della crisi economica si è come al solito incrementato l’uso spropositato della “grande opera urbanistica”,
alla faccia della disoccupazione crescente, degli asili che non ci sono, dell’assenza di servizi pubblici (proprio in questi mesi hanno tagliato diverse linee di bus) , dello scempio della sanità.
Ma nella Spagna delle strade, dei marciapiedi, delle piazze questo non passa: Burgos è una città spaccata,
dove la classe dirigente, borghese e capitalista ha sposato immediatamente l’idea del cambiamento urbanistico (fossero de Susa?!) da otto milioni

Come accoglie i manifestanti, la polizia spagnola

di euro solo nella prima fase (sappiamo che poi il tutto lieviterà verso altro tipo di cifre),
alla faccia di un’intera popolazione che è scesa in strada per urlare il proprio no.

Una manifestazione pacifica contro il bulevar de la calle Vitoria, iniziata con una cacerolas e finita con scontri durati ore, vista l’immediata reazione della repressione dello stato spagnolo, che ha schierato immediatamente migliaia di poliziotti in assetto antisommossa che non hanno atteso un secondo per caricare e ricoprire di lacrimogeni tutta la zona.
Una battaglia campale durata ore ed ore, dove la polizia non ha trovato proprio campo comodo per le sue sfilate di violenza, anzi.

Il quartiere non è nuovo alle battaglie contro lo Stato: già nel 2007 c’era stata una grossa rivolta popolare contro la costruzione di un parcheggio e contro i pesanti cambiamenti della città, che non hanno portato altro che stratificazioni di precarietà, sfruttamento, tassazioni folli, gentrificazione.
Ora ci risiamo e con molta più determinazione: il resoconto di questa notte parla già di 17 arresti…vi lascio una carrellata di foto…
per seguire gli eventi su twitter usate gli hashtag #Gamonal #Burgos #NoAlBulevar e #ardeBurgos

Sull’uso delle Bales de goma leggi: 12

Solidarietà!