Burgos: scontri e barricate contro le nuove speculazioni urbanistiche
Qui non si riesce a seguire nulla,
dopo le poche righe scritte su Amburgo che ci hanno permesso di imparare una nuova parola tedesca, gefahrengebiet, che ricorda la nostra zona rossa genovese, ma un po’ peggio; ecco, dopo quelle righe mai son riuscita a riaprire pc.
Oggi cado su Burgos, città spagnola sfiorata nell’adolescenza nomade,
che si sta ribellando, fuoco alla mano, all’ennesimo scempio urbanistico e culturale. Non riescono a capire, i padroni e i papponi del cemento, che ora le loro colate devono passare su di noi: non che a loro interessi, non che loro non vogliano proprio murarci vivi…
Eh si, intrallazzini e palazzinari di ogni dove, dalla Turchia di GeziPark alla Spagna che non vuole una nuova avenue nel quartiere di Gamonal.
Nella Spagna della crisi economica si è come al solito incrementato l’uso spropositato della “grande opera urbanistica”,
alla faccia della disoccupazione crescente, degli asili che non ci sono, dell’assenza di servizi pubblici (proprio in questi mesi hanno tagliato diverse linee di bus) , dello scempio della sanità.
Ma nella Spagna delle strade, dei marciapiedi, delle piazze questo non passa: Burgos è una città spaccata,
dove la classe dirigente, borghese e capitalista ha sposato immediatamente l’idea del cambiamento urbanistico (fossero de Susa?!) da otto milioni
di euro solo nella prima fase (sappiamo che poi il tutto lieviterà verso altro tipo di cifre),
alla faccia di un’intera popolazione che è scesa in strada per urlare il proprio no.
Una manifestazione pacifica contro il bulevar de la calle Vitoria, iniziata con una cacerolas e finita con scontri durati ore, vista l’immediata reazione della repressione dello stato spagnolo, che ha schierato immediatamente migliaia di poliziotti in assetto antisommossa che non hanno atteso un secondo per caricare e ricoprire di lacrimogeni tutta la zona.
Una battaglia campale durata ore ed ore, dove la polizia non ha trovato proprio campo comodo per le sue sfilate di violenza, anzi.
Il quartiere non è nuovo alle battaglie contro lo Stato: già nel 2007 c’era stata una grossa rivolta popolare contro la costruzione di un parcheggio e contro i pesanti cambiamenti della città, che non hanno portato altro che stratificazioni di precarietà, sfruttamento, tassazioni folli, gentrificazione.
Ora ci risiamo e con molta più determinazione: il resoconto di questa notte parla già di 17 arresti…vi lascio una carrellata di foto…
per seguire gli eventi su twitter usate gli hashtag #Gamonal #Burgos #NoAlBulevar e #ardeBurgos
Le molotov dei monaci del Monte Athos piacciono: i NoTav invece so’ terroristi…
Proprio mentre nel nostro paese si svolgevano diverse perquisizioni in appartamenti di militanti NoTav, nonchè all’interno di un’osteria di Bussoleno, comune della Val Susa, per la contestazione NIENTEPOPODIMENOCHE dell’articolo 280, “attentato per finalità terroristiche o di eversione”…
(una cosa da carcere speciale insomma, da 41 bis)
anche le nostre agenzie lanciavano una notizia, come se nulla fosse.
La notizia è la resistenza ad uno sfratto: resistenza portata avanti anche con il lancio di alcune molotov, oltre che con una fitta sassaiola-
L’ AdnKronos però non commenta con toni da antiterrorismo, così come gli altri articoli che si riescono a trovare a riguardo: nessun tono da guerra, da carceri speciali, da vetri separatori ai colloqui.
Nessuna richiesta di “pene esemplari”, di “isolare i violenti”,
perché questa volta a difendersi con sassi e lancio di molotov contro gli ufficiali giudiziari sono stati dei monaci ieratici ultraortodossi che abitano il Monte Athos (dove son presenti venti differenti luoghi di preghiera) e che da anni sono in rivolta contro il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. I monaci di Esphigmenou sono stati dichiarati illegali dal patriarca Bartolomeo nel 2002 (dopo una lunga frattura religiosa nata nel 1964 di cui ci interessa anche poco), il quale ha anche vinto l’ordine esecutivo di sfratto dal monastero, che però i monaci difenderanno con ogni mezzo,
come già oggi hanno dimostrato.
Non ho un grande amore per gli ultraortodossi di qualunque latitudine del mondo:
il Monte Athos è precluso a chiunque non sia ortodosso e soprattutto a qualunque donna,
in quanto donna.
Insomma, queste righe solo per commentare, proprio oggi, come per la nostra stampa una molotov possa essere folcloristica se fuori dai nostri confini, e come invece qui,
passi per attentato con finalità terroristiche una delle lotte più belle, genuine e solide che siam riusciti a metter su in questi anni, gomito a gomito, malgrado la repressione mostruosa che l’ha sempre attanagliata.
SOLIDARIETA’ A TUTT@ I MILITANTI NOTAV INQUISITI
LA PAURA NON E’ DI CASA!
A SARA’ DURA!
[Leggi l’appello per l’AMNISTIA SOCIALE e spammaloooo]
L’esercito egiziano e le donne e le violenze a sfondo sessuale
Una piccola serie di scatti e poi il video raccapricciante, che non hanno bisogno di parola alcuna.
Un articolo di Al-Arabiya che parla di queste foto: LEGGI
Il massacro è stato di una violenza inaudita…i corpi a terra sono troppi e come si vede chiaramente dal video e da molti altri, i colpi di pistola volavano come i sassi e le molotov.
QUI qualche riga sui fatti delle ultime due giornate al Cairo.
Un anno dall’inizio della primavera araba: la repressione massacra in Egitto e Bahrain
Un anno fa iniziava la primavera araba: precisamente un anno fa.
Ed oggi sembra aver voglia di esplodere in una grande estate, di non lasciarsi soffocare dalla repressione di regimi che, come in Egitto, hanno solo cambiato il proprio profilo, per mantenere intatte le dinamiche repressive.
Da ieri l’Egitto è esploso di nuovo: da ieri morti, ospedali da campo, scontri su scontri.
L’esercito sembra impazzito: ha attaccato il presidio di #OccupyCabinet ieri con una violenza mai vista, ed ora, a 40 ore dall’inizio di quegli scontri la situazione sembra veramente vicina al precipizio totale.
Spazzati via i manifestanti da Qasr al-Aini, da Qasr al-Nil, da piazza Tahrir e da Talaat Harb: tutto il quadrilatero, territorio dei manifestanti da gennaio, è stato sgomberato con una violenza inaudita che ha già fatto otto morti nelle precedenti ore e che in questi momenti starà uccidendo a più non posso.
Assatanati: gli scontri di ieri sono stati caratterizzati dal lancio di pietre e molotov da parte dell’esercito, appostato sui tetti dei palazzi sopra i manifestanti: dalle molotov ai colpi d’arma da fuoco è bastato poco. Mentre alcuni si divertivano a pisciare in testa a chi urlava il proprio odio.
Sgomberati tutti gli ospedali da campo, tratti in arresto tutti i feriti giunti in ospedale, l’esercito sta avanzando su 4 lati, e c’è chi inizia a raccontare di persone lanciate nel Nilo dai ponti, di irruzioni negli alberghi dove alloggiano i giornalisti, di telecamere che volano dal ventesimo piano, di pestaggi, di morte.
Questa è Il Cairo da una 40ina di ore, e lo sarà per molto.
E poi c’è il Bahrain, dimenticato e sconosciuto dal mainstream dell’informazione: @angryarabiya è stata arrestata. Più volte abbiamo parlato di lei, piccola coraggiosissima donna che subisce la repressione del regime sulla sua stessa pelle, vivendo divisa dal suo compagno e da suo padre, detenuti e torturati come prigionieri politici.
Non aspettavano altro che lei, non aspettavano altro che torturare anche il suo di corpo: e in queste ore starà succedendo proprio questo.
Cara Zainab, come spero di risaperti presto libera!
Syntagma: lezione di democrazia – parte 1
Ad Atene il pedone è sacro, chi non gli porta rispetto, paga!
Tahrir e la marcia del milione contro lo SCAF … un po’ di immagini di questi giorni
Noi, giovani palestinesi, rifiutiamo che Al-Aqsa e la causa palestinese vengano utilizzate come strumento per colpire la grande rivoluzione egiziana.
L’Egitto è testimone di una nuova ondata rivoluzionaria condotta da coraggiosi/e giovani egiziani/e che rifiutano che lo SCAF dirotti la loro rivoluzione. Mentre i/le giovani stanno resistendo all’oppressione delle forze di sicurezza, i Fratelli Musulmani hanno chiamato ad una marcia milioni di persone in solidarietà con Gerusalemme.
Consideriamo questo appello come una deviazione rispetto tutti i movimenti e settori egiziani che hanno annunciato per domani, venerdì, un corteo enorme per far cadere il Generale Tantawi.
I Fratelli Musulmani hanno il diritto di prendere le loro decisioni nelle questioni interne all’Egitto. Ma rifiutiamo che i Fratelli Musulmani prendano la testa dei tiranni arabi che sistematicamente usano la causa palestinese come strumento per praticare la loro oprressione.
La libertà di Al-Aqsa e della Palestina non arriverà passando sopra la dignità delle popolazioni arabe.
Siamo solidali con gli eroi di Piazza Tahrir e di tutte le città dell’Egitto.
La Palestina è più forte con un Egitto libero.
Un comunicato da Syntagma sul “partito comunista”
Dopo Varkiza [1], il Politecnico [2], la Scuola di Chimica (1979) [3] il dicembre 2008 [4] e una serie di altri casi, la realtà ancora una volta rivela il ruolo del Partito che tradisce sistematicamente le lotte popolari. E se fino ad ora hanno strangolato, con le loro cariche politiche ogni sciopero generalizzato e determinato in tutti questi anni, se hanno insultato tutte le rivolte come una “provocazione”, d’ora in poi la storia dimostra che non sono “semplici errori politici”, ma una posizione consapevole e coordinata per difendere la dittatura parlamentare e dei rapporti capitalistici finanziari e sociali.
Questo è quello che hanno fatto ieri (20/10), troppo, anche se fino a quel punto hanno chiamato il popolo alle manifestazioni per il rovesciamento del governo. Invece di proteggere chi circondava il parlamento ne hanno protetto il regolare funzionamento, hanno agito ancor più barbaramente della polizia, spaccando le teste e consegnando manifestanti alle forze della repressione. La cosa peggiore che hanno fatto è stato di legittimare lo Stato, che ha ucciso uno dei loro compagni, accusando dell’omicidio una certa violenza parastatale.
Da ieri, in modo definitivo e irreversibile, il cosiddetto “Partito Comunista” non è altro che una barriera contro il tentativo di seppellire il cadavere parlamentare. Qualsiasi essere umano libero che lotta per la propria dignità in questi giorni cruciali deve individuarlo politicamente come un bersaglio. Questa frase non deve essere letta come una scissione nel movimento. Potremmo avere problemi comuni e obiettivi comuni con gli elettori del “Partito Comunista”, ma la politica e la pratica della leadership dalle cui labbra pendono segue gli ordini del governo e degli inviati del FMI e UE della BCE. Non abbiamo mai marciato fianco a fianco con loro, non saranno mai con noi. Dobbiamo tutti tenere presente che il “Partito Comunista” agirà come una quinta colonna del regime dittatoriale, sperando ancora una volta di afferrare qualche briciola dal tavolo parlamentare, proprio come ha fatto nel 1990 [5].
La posizione di tutti i gruppi politici, siano essi parlamentari o non, che ha sostenuto gli atti del “Partito Comunista”, sia indirettamente che con il loro silenzio, o direttamente con le loro dichiarazioni, è altrettanto condannabile. Fino a quando questi partiti rimangono all’interno di un parlamento composto di destinatari degli ordini della Troika e continuano a ricevere i loro stipendi grassi, sono interamente corresponsabili di quello che è successo finora e di quello che verrà. Il loro voto negativo al memorandum e le leggi votate insieme rivelano con precisione il loro ruolo nella dittatura: fornendo l’alibi della democrazia e della pluralità delle voci, sostengono completamente il parlamento di rappresentanti, in modo che il popolo impoverito continui a contare i voti in ogni seduta fissa e predeterminata di voto delle leggi che cancellano il suo futuro – e al tempo stesso, sono alimentati con l’illusione che qualcuno parli in loro nome e nel loro interesse. Così, lasciano l’opposizione ai professionisti della politica, e non sentono il bisogno di reagire immediatamente e di persona. Qualsiasi voto, anche per i partiti extraparlamentari di “estrema sinistra” alle elezioni nazionali e locali non è altro che olio negli ingranaggi [della macchina] e una legittimazione della “correttezza” della dittatura parlamentare.
Dal 25 maggio, quando ci siamo radunati in piazza, abbiamo rivelato che la democrazia diretta è la capacità di ciascuno di noi di partecipare, di consultarci l’un l’altro, di modellare le idee insieme in modo autonomo, lontano dalle etichette ideologiche o parlamentari. Resteremo qui, contro il loro parlamentarismo e la loro burocrazia fallimentari.
Stiamo prendendo NOSTRA VITA nelle nostre mani
DEMOCRAZIA DIRETTA ORA
Assemblea popolare di piazza Syntagma, 21/10/2011
1. Riferimento al trattato del 1945 di Varkiza, dove il Partito Comunista ha tradito la lotta armata e migliaia di combattenti della guerra civile in cambio della sua legalità nel nuovo regime
2. Riferimento alla posizione originale del Partito comunista contro la rivolta del Politecnico del 1973, che determinò l’inizio del crollo della giunta fascista. Allora definì gli studenti, molti dei quali furono uccisi, “provocatori della polizia”
3. Riferimento agli incidenti del 1979 presso la Scuola Chimica di Atene, dove i membri del Partito comunista hanno spezzato l’occupazione della scuola, collaborando direttamente con la polizia
4. Un riferimento, ovviamente, alla più recente condanna della rivolta del dicembre 2008
5. Riferimento all’accordo del Partito comunista due principali partiti parlamentari, ND e PASOK, nel 1990
Scontri tra PAME e blocco anarchico: Grecia – Italia, “una faza una raza”
Quel che accade in Grecia dovrebbe starci più a cuore del solito, visto quel che è successo in piazza il 15 ottobre a Roma; non solo per comprendere la rabbia di un’intera generazione, ma soprattutto per guardarlo come laboratorio di quel che sta arrivando anche qui: una specie di regolamento di conti tra pratiche politiche, nel momento peggiore della crisi del paese.
Oggi è il secondo giorno di sciopero generale consecutivo in Grecia contro il voto definitivo che approverà le misure di austerità…e questa mattina alle 10 già migliaia di persone iniziavano ad accalcarsi a Syntagma, l’enorme piazzale del parlamento greco ad Atene
Ieri è stata una giornata di fuoco e fiamme, cosa che non è certo definibile una novità per le manifestazione greche, che dall’assassinio di Alexis nel dicembre 2008, non hanno mai visto sfilare cortei senza pesanti scontri con la polizia e l’uso massiccio di bottiglie Molotov.
Anche oggi sembrava quello il panorama, in strade e piazze che puzzavano ancora dei lacrimogeni di ieri, invece s’è presentato diverso già prima di mezzogiorno in piazza Syntagma, dove il servizio d’ordine degli stalinisti del PAME s’è schierato subito in difesa dei cordoni di polizia, per “contenere” qualunque attacco da parte di gruppi, ancor prima che buona parte della polizia e dei reparti speciali fossero visibili in piazza.
Poco prima delle 15, dopo qualche ora di questa ridicola manfrina, una buona fretta del blocco anarchico ha attaccato le linee del servizio d’ordine degli Stalinisti: il primo faccia a faccia è stato davanti al Great Britain Hotel, proprio sulla piazza: a centinaia si sono attaccati, a bottigliate, sassate e bastonate.
A quel punto l’escalation è stata rapida ed anche drammatica: una parte della piazza si scontrava col PAME, l’altra tentava azioni per avvicinarsi comunque al parlamento greco.
Il blocco stalinista è stato attaccato anche a colpi di Molotov, come ci racconta il sempre puntualissimo sito Occupied London.
Dalle 15 in poi la battaglia si fa assurda: la polizia decide di attaccare e in non molto tempo conquista la parte superiore della piazza, mentre il PAME si conquista l’altra: a quel punto la metodologia oltre alle botte del servizio d’ordine passa all’impacchettamento di chiunque faccia parte del blocco antiautoritario ed anarchico e sono in tanti quelli ad esser consegnati alla polizia, dagli stalinisti,
ormai avvelenati di vendetta ed ordine.
Dopo un’oretta, quindi nemmeno mezzora fa, il panorama è un po’ migliorato, perché la battaglia invece di calmarsi sembra allargarsi: componenti dei sindacati di base, e di diversi gruppi della sinistra antagonista, si sono uniti alle cariche contro gli stalinisti/sbirri del PAME.
E’ in questa seconda parte di scontri tra manifestanti che è iniziata a circolare la voce di un morto,
smentita poco fa.
La polizia ha appena permesso al PAME di allontanarsi da Syntagma aprendo Panepistimiou verso Omonia, mentre sta aumentando le forze davanti al parlamento, dove tutto il fronte autonomo e anarchico si è ricompattato e sta ora fronteggiando pesanti cariche e un fitto lancio di lacrimogeni.
16.50: CONFERMATA LA MORTE DI UN UOMO DI 53 ANNI, LAVORATORE EDILE, COLPITO DA UNA PIETRA E POI PROBABILMENTE MORTO PER ARRESTO CARDIACO. LA NOTIZIA E’ STATA CONFERMATA POCO FA DA ALCUNI ORGANI DI STAMPA GRECI.
CONFERMATO IL REFERTO MEDICO: IL COMPAGNO MORTO DURANTE GLI SCONTRI NON AVEVA FERITE ALLA TESTA. E’ MORTO PER UN ARRESTO CARDIACO CAUSATO MOLTO PROBABILMENTE DAI LACRIMOGENI
Due poliziotti invece sono stati trasportati in ospedale per gravi ustioni
Provo a dare aggiornamenti tra poco
Grecia: inizia l’anno scolastico tra tagli e occupazioni
La Grecia, sventrata da crisi e austerity non molla la piazza e la contestazione, in ogni sua forma.
Questi giorni è stata Salonicco al centro della cronaca vista l’apertura della 76° Mostra Commerciale Internazionale, alla quale ha partecipato anche il primo ministro Papandreou.
Oltre due milioni di euro è ciò che è stato speso dal ministero dell’Interno solo per lo spostamento dei reparti celere dalla capitale a Thessaloniki per contrastare le proteste.
Tre giornate di scontri, ferro e fuoco: più di 40.000 persone si sono riversate per le strade con una determinazione che non smette di caratterizzare le piazze greche. Una città dove a 48 ore di distanza dall’ultimo lancio di lacrimogeni e altri tipi di gas urticanti, i parchetti pubblici antistanti le facoltà universitarie erano ancora ricoperti dall’odore irrespirabile.
La polizia è avanzata con le solite metodologie viste in questi ultimi tre anni di scontri in Grecia: la celere che fa pesantissimo uso di lacrimogeni e raramente arriva al contatto fisico, poi i M.A.T. (reparti speciali) invece si infiltrano a piccoli gruppi nei cortei con un massiccio uso di gas e granate assordanti, per tramortire e cercar di arrestare quanta più gente possibile. Poi ci sono i motociclisti, il reparto maledetto che carosella intorno ai cortei … che però di sassi e molotov ne prendono a tonnellate.
Scontri per giorni e notti intere, con una media di un centinaio di arresti al giorno.
A Salonicco, come ad Atene: dove lunedì sera anche il reparto di scorta del ministro della cultura è stato attaccato con un improvviso lancio di molotov che hanno completamente bruciato i mezzi e una parte della sede del ministero.
La protesta dilaga, la sua violenza non si placa, ma le misure di sventramento dell’economia del paese avanzano, sulla pelle di tutti. Ruota intorno ai 300 il numero dei dipartimenti universitari occupati dagli studenti che protestano contro la riforma e i tagli che ovviamente andranno a sventrare definitivamente scuola pubblica, università e ricerca con un’ondata allarmante di privatizzazioni, l’ingresso di agenzie che gestiranno le università come delle imprese, la cancellazione dell’asilo accademico e così via. Il primo giorno di scuola i cancelli dei licei sono stati presidiati dagli universitari, con un fitto volantinaggio sulla riforma e diverse assemblee spontanee: tanto che la notizia di oggi è che ci sarà il divieto di parlare di politica negli istituti scolastici.
Oltre che l’assenza di libri di testo; eh si, non è uno scherzo. Le scuole hanno riaperto lunedì ma non c’è speranza di una riga d’inchiostro prima di metà novembre:in Grecia i libri scolastici (ehhhhh, quando lottare permette le conquiste!) sono gratuiti e distribuiti dall’Organizzazione per i libri scolastici, ma dati i tagli, nulla comparirà prima di due mesi.
I taxisti sono in protesta da 48 ore davanti al parlamento.
Pochi minuti fa il governo ha annunciato 20.000 licenziamenti di dipendenti pubblici, come “ulteriore sforzo per frenare la crescita del debito”…
solo tutti insieme possiamo fermare questa maledetta europa della crisi, solo tutti insieme possiamo fare in modo che “i mercati” non mangino il nostro presente tentando di annullare il futuro.
Arresti, pestaggi, sevizie e torture: Grecia 2011
Alle barbarie rispondiamo con la solidarietà
Alba di sabato 9/7, Eksarxeia. Ancora un caso “isolato” di violenza poliziesca: X.K, 22 anni, uscendo da un concerto per la raccolta fondi
a favore degli arrestati durante i scioperi del 28-29 giugno al politecnico di Atene, ha subito un barbaro attacco dai “guardiani della democrazia” in divisa. Fratture al cranio, alle braccia, alla spalla, alle gambe e danni ai reni sono i risultati delle pratiche dei servitori
del “ministero della protezione del cittadino”.
X.K non solo non ha avuto le cure mediche immediate di cui aveva bisogno ma e’ stato trattenuto a GADA (la centrale della polizia ad Atene) dove ha avuto “un speciale trattamento”, i torturatori versavano dell’acool etilico sul suo corpo. Affronta delle accuse pesanti per reati che comportano anche l’arresto immediato.
Denunciamo gli organi del mantenimento dell’ordine i quali, in maniera sistematica, usano la violenza e fabbricano delle accuse senza fondamento. Denunciamo il comportamento del pubblico ministero che non ha rilevato nessuna violazione del diritto della legalità borghese anche nel caso di una persona insanguinata e barbaramente picchiata.
Denunciamo il governo che si sta servendo di pratiche totalitarie. Nella Grecia dei memorandum 1 e 2 la sola risposta dello stato alla rabbia
sociale e alla solidarietà sociale è la barbarie. Esigiamo dal potere giudiziario di svolgere il suo ruolo da potere indipendente e a valutare le responsabilità oggettive.
Ritiro immediato delle accuse a carico di X.K.
Solidarietà agli arrestati dei due giorni di sciopero.
Assemblea popolare Xolargos-Papagou (quartieri periferici di Atene, n.d.t.)
Lettera del ragazzo di 22 anni, che è stato ricoverato in ospedale dopo essere stato arrestato con violenza da una squadra di polizia, mentre lasciava il concerto auto-organizzato dalla stazione radio libera 98 FM al Politecnico di Atene Venerdì, 8 luglio (dopo mezzanotte).
Il 14 luglio un giudice istruttore ha visitato l’ospedale di Erithros Stavros [Croce Rossa], dove C.K. è stato ricoverato, dopo esser stato ferocemente picchiato dai poliziotti il Venerdì, appena fuori dal Politecnico. Il giudice istruttore ha dichiarato che C.K. è “pericoloso per la sicurezza pubblica” e ha emesso la decisione per la sua carcerazione cautelare. Quando ha visto le gravi ferite di C.K., ha avuto l’audacia di dire che “i poliziotti non fanno queste cose” e non si è preoccupata di prendere ulteriori informazioni per quanto riguarda l’incidente.
C.K. è accusato di reato a causa della testimonianza di un poliziotto contro di lui. Noi chiediamo a tutti coloro che erano presenti durante il momento dell’arresto e il pestaggio, un’aiuto per testimoniare in questo caso.
“All’alba di Sabato, 9 luglio, mentre stavo lasciando il concerto al Politecnico (Atene) all’altezza di via Bouboulinas, sono stato improvvisamente attaccato da una squadra di polizia anti-sommossa (MAT), che si trovava in un vicolo vicino. Una decina di uomini dell’unità di polizia anti-sommossa mi ha attaccato picchiandomi violentemente con i manganelli d’ordinanza, ma anche con pugni e calci. Mi picchiavano per lo più sulla testa e sulle costole con grande furia, molti di loro usando i manganelli dal lato di metallo e allo stesso tempo usavano frasi ingiuriose irripetibili.
Dopo pochi minuti, mentre ero sanguinante e in stato di semi-incoscienza mi hanno trascinato sul loro piu’ vicino furgone dove mi hanno lavato con acqua, etilene, alcol e qualsiasi tipo di liquido gli capitasse di avere intorno. Intorno alle 03.45 dopo mezzanotte, sono stato trasferito al quartier generale della polizia. Anche se la mia situazione era davvero brutta, nessuno mi prestava attenzione. Chiedevo un medico, dicendo loro che avevo dolori ma mi hanno risposto che prima dovevano portare a termine le procedure. Mi hanno lasciato sanguinante in un corridoio con indifferenza, nella situazione sanitaria in cui mi trovavo, anche quando ho perso i sensi.
La mattina dopo mi hanno annunciato che ero stato arrestato con l’accusa che… avevo lanciato una Molotov contro la squadra di polizia.
Anche se ho avuto un trauma profondo e una ferita profonda alcuni centimetri al centro del cranio e emorragie in diverse parti del corpo, mi è stato rifiutato il trasferimento in un ospedale adducendo che prima sarei dovuto comparire davanti al procuratore. Dopo mi hanno trasferito al tribunale dove sono stato formalmente accusato di due crimini e due infrazioni (attentato, possesso di esplosivi, disturbo della quiete pubblica e insulti). Poi sono stato trasferito in ospedale.
Dal mio incontro con le forze di ‘sicurezza’, a parte le accuse e il rischio immediato di essere incarcerato temporaneamente, ho ricevuto in ‘dono gratuito’ una serie di lesioni fisiche. Più in particolare, ho subito una frattura al centro del cranio, un profondo taglio in testa che ha avuto bisogno di 9 punti di sutura, un dente rotto, tagli sulla pelle del viso e delle orecchie, la fratturea del gomito e della spalla, una profonda ferita alla gamba che ha avuto bisogno di 10 punti, lussazione del ginocchio, ferite multiple provocate dai forti colpi dei manganelli alle costole e alla schiena, che mi hanno causato un’insufficienza renale.
Sono ricoverati in ospedale sorvegliato da poliziotti che cercano di rendere il mio ricovero ancora più difficile. Sono arrivati al punto di vietare di spegnere l’illuminazione della stanza, richiedendo me e gli altri pazienti di dormire con la luce accesa.
Lo scandalo più grande è che nel documento legale che è stato creato, a parte le false accuse contro di me, non si fà un minimo accenno agli abusi che ho subito. C’è solo la dichiarazione di un poliziotto (nessuno del resto della squadra di polizia vuol mettersi nei guai testimoniando o perché non hanno notato nulla o perchè hanno paura di assumersi la propria responsabilità). L’unica cosa che questo poliziotto ha notato sono stato io mentre lanciavo una molotov e poi che venivo arrestato (tutto secondo la legalità).
Non so ancora se ci sono danni permanenti per la mia salute. Ciò che so per certo, è che volevano uccidermi.
Ecco alcune foto, del risultato del mio incontro con la polizia, chiedo a tutti coloro che hanno assistito all’attacco contro di me o ha qualche materiale fotografico di contattarmi al seguente indirizzo e-mail: solidarity_xk@yahoo.gr.
Terzo dicembre greco!
Siamo a quota tre…è il terzo dicembre che piove benzina di molotov dai cieli greci, è il terzo dicembre che una generazione si scontra con la polizia, per ore ed ore, quasi quotidianamente.
Oggi è stato il settimo sciopero generale ravvicinato, una giornata campale per la piazza che ha ripetutamente attaccato la polizia dopo il voto in Parlamento che ha fatto passare la pesante manovra di austerity riguardante il mondo lavorativo del paese.
Tagli terrificanti sugli stipendi degli impiegati pubblici per una media del 26% , riduzione quasi totale degli indennizzi di licenziamento, l’allargamento delle forme di flessibilità: il paese è veramente in ginocchio.
La piazza è bella, è forte, è travolgente, è così poco accondiscendente!!
Centomila persone hanno marciato oggi ad Atene e altre migliaia a Salonicco, con scontri anche in questa seconda città dove il bilancio delle 6 del pomeriggio parlava di un solo manifestante ricoverato per le ferite riportate e di 18 fermi.
Gli arresti di Atene invece, sono veramente tanti.
Oggi per Keratea, in Attica, è la terza giornata di proteste contro la costruzione di una nuova discarica : la rabbia dei cittadini oggi ha conquistato almeno un temporaneo stop dei lavori deciso dal tribunale del luogo. Un probabile contentino dato alla popolazione per non togliere agenti da Atene e cercare di calmare un po’ gli animi: la scorsa settimana i reparti anti-sommossa erano stati letteralmente spazzati via dalla gente del posto a colpi di bastoni, pietre e bottiglie molotov. Il giorno dopo alcuni spari dalle colline vicine si sono avvicinati ad alcuni agenti.
Come me piace ‘sta Grecia, sempre di più!
La nottata ateniese, un po’ di aggiornamenti
Il mio post di ieri su Atene si ferma intorno alle ore 18, con gli sconti tra Syntagma (piazza del parlamento greco) e la facoltà di Legge, non molto distante.
La serata nonchè nottata è stata però, come immaginavo già ieri, estremamente lunga e combattuta: scontri e arresti si sono susseguiti per ore ed ore, i video e le immagini che circolano parlano chiaro (c’è anche una foto inquietante che vi faccio vedere e di cui non trovo notizie).
Dalle 19 in poi tutta la zona di Syntagma era circondata e ricoperta da una fitta fitta fittissima coltre di gas urticanti e lacrimogeni, molti elicotteri sorvolavano la zona a bassissima quota mentre le molotov lanciate tentavano di aprire varchi tra i cordoni.
Arresti e cariche sono avvenute anche all’interno della fermata della metropolitana della piazza del Parlamento, dove in molti avevano cercato riparo dall’aria irrespirabile e dalle violente cariche.
L’appuntamento più atteso era quello serale, quello carico di una tensione dolorosa che avvolge il cuore dei giovani e non combattenti ateniesi: la piazzetta dove è stato ammazzato Alexis è ormai un luogo simbolo di una protesta e di un odio che non vuole lasciare più quelle strade.
In migliaia hanno affollato i vicolo di Exarchia intorno alla piazza, mentre le granate assordanti e il lancio di gas lacrimogeni si infittiva a vista d’occhio.
[Attacchi pesanti della polizia, soprattutto contro studenti medi sono avvenuti nelle città di Giannena, Agrinio e Volos, dove sono stati registrati numerosi arresti.
Le ultime notizie che arrivano dalla zona Exarchia/Polytechnic sono delle 23 di ieri e parlano ancora di ripetuti scontri: si parla di 96 fermi e 42 arresti.
Vediamo oggi come proseguirà la giornata!
CON ALEXIS NEL CUORE, MALEDETTI ASSASSINI
Due anni dall’assassinio di Alexis: scontri ad Atene
Sono già due anni che è stato ucciso Alexis, 15enne ucciso da un colpo sparato senza motivo da un poliziotto… e le strade dell’Ellade lo stanno ricordando. Una lunga rivolta blocco la capitale per 20 lunghe giornate e nottate; la rabbia di quell’assassinio senza senso ha fatto tremare la Grecia; il suo assassino è stato da poco punito con una condanna all’ergastolo. Questo blog, oltre ad aver visitato quelle piazze e quella rabbia, ha seguito costantemente in questi due anni, le vicende di quelle strade…
Diciassette le città del paese che hanno chiamato alla mobilitazione oggi, massiccia, in un paese che in questi ultimi due anni è stato più in piazza che dentro le proprie case.
Atene ha avuto una prima manifestazione di studenti questa mattina alle undici (stessa ora più o meno di quella di Salonicco), mentre la polizia aveva già annunciato 21 ore di speciali restrizioni alla circolazione nel centro di Atene, divieto che si estende (chissà poi perchè, eheheh) anche al parcheggio e alla sosta di qualunque tipo di veicolo in una mappa dettagliata che ci viene fornita da Occupied London, sito da cui seguo, dalla morte di Alexis, le vicende greche.
Già da domenica il quartiere di Exarchia ad Atene, dove è stato ucciso il giovane studente e “roccaforte” del movimento anarchico e studentesco, era completamente blindata da una massiccia (davvero più del solito) presenza di forze dell’ordine in assetto di guerra, che hanno arrestato 4 persone per motivi non ancora molto chiari.
Per quanto riguarda la giornata di oggi la situazione è ancora calda: la manifestazione annunciata alle 4 di oggi ha iniziato ad essere caricata prima di partire, quando alcune facoltà universitarie sono state completamente circondate dalla polizia. Scontri si registrano già dalle 14, appena dopo la fine della manifestazione studentesca che è stata abbastanza tranquilla, tranne il fitto ma innocuo lancio di arance contro la polizia e alcune vetrine rotte in via Stadou. Il corteo pomeridiano possiamo dire che non è stato fatto partire, migliaia di persone sono riversate nelle strade da ore ma la polizia circonda diversi gruppi ed ha attaccato molte volte i vari concentramenti. Nemmeno mezzora fa si aveva notizie di scontri e molotov a Syntagma, parlamento greco, e di una grossa manifestazione con sconti ripetuti con i reparti speciali davanti alla facoltà di Legge, non molto distante da lì.
Cerchiamo aggiornamenti..a tra poco.
L’ultimo appuntamento della giornata è il più ad alto rischio: alle 21 ad Exarchia, nel luogo dell’omicidio
MPATSI, GOURUNIA, DOLOFONI
Mirafiori e l’antica dialettica del sanpietrino
La Mirafiori di tanto tempo fa, anche se poi non sarebbe mica così tanto.
Non così tanto da legittimare questa rimozione di ciò che eravamo, di ciò che avevamo per le mani.
Noi, gli ultimi.
Noi, i proletari, gli operai, i braccianti, gli analfabeti, i pazzi, i carcerati, i sottoproletari.
Noi cazzarola: NOI!
La sera prima eravamo andati a incollare manifesti per tutta la città per tutti i quartieri. Era un manifesto col pugno chiuso. C’erano su gli obiettivi della nostra giornata di lotta e l’appuntamento: Alle tre davanti al cancello 2 di Mirafiori. Al mattino alle cinque andammo a megafonare davanti a Mirafiori. C’era già alle cinque del mattino moltissima polizia lí davanti. Due trecento almeno fra jeep furgoni cellulari e camion della polizia e dei carabinieri. Ce n’erano due davanti a ogni cancello e almeno una cinquantina davanti alla palazzina degli uffici. Noi andammo a megafonare alle cinque del mattino davanti a ogni cancello per spiegare agli operai del primo turno che non dovevano entrare ma nessun operaio entrava.
Non c’era nessun bisogno di fare i picchetti nemmeno. Che la polizia si aspettava evidentemente che noi facevamo i picchetti per fare delle provocazioni e aggredirci. Ogni tanto infatti la polizia ci disturbava dicendo che non dovevamo megafonare che non ci dovevamo mettere davanti ai cancelli. Noi dicevamo: Noi stiamo megafonando perché è sciopero non li stiamo mica minacciando con le pistole di non entrare. Se vogliono entrare entrano e va bene se non vogliono entrare non entrano. Noi stiamo facendo solo un’agitazione politica. Ci furono non piú di quattro o cinque crumiri che tentarono di entrare e la polizia si precipitò per impedire che fossero fermati. Ma dalla porta i gli operai del turno di notte che stavano uscendo li ributtarono fuori.
Non entrò nessuno proprio nessuno. Erano venuti tutti ma stavano dall’altro lato della strada gli operai. A controllare se qualcuno entrava. Ma nessuno entrava e dopo un po’ tutti se ne tornarono a casa. Al pomeriggio andammo ancora a megafonare davanti ai cancelli per il secondo turno. C’era l’appuntamento alle tre davanti al cancello 2. Si arrivò lí alla spicciolata c’erano già molti operai che aspettavano. Oltre agli operai del secondo turno che non erano entrati c’erano anche molti operai del primo turno che erano tornati lí a Mirafiori per fare sto corteo.
Alle tre c’erano già tremila operai davanti a Mirafiori. La polizia presidiava completamente tutte le vie di accesso a Mirafiori nonché tutti i cancelli la palazzina eccetera. Erano arrivati anche altri rinforzi. Alla manifestazione sindacale del mattino non era successo nessun incidente. I sindacati avevano fatto il loro comizio sulla casa con gli operai delle piccole e medie fabbriche dove loro erano forti mentre alla Fiat erano quasi inesistenti. C’erano là davanti al cancello 2 molte bandiere rosse cartelli e striscioni. Mentre si stava cosí aspettando che partisse il corteo cominciarono le provocazioni della polizia.
Ma la cosa che non avevano proprio pensato i poliziotti che non avevo pensato il questore che non aveva pensato il ministro degli interni che non aveva pensato Agnelli era che quel giorno non si trattava del solito corteo di studenti del cosí detto corteo di estremisti. Cioè come dicevano i giornali borghesi i soliti figli di papà che si divertono a giocare alla rivoluzione.
Gli operai che si trovavano davanti al cancello 2 di Mirafiori erano quelli che avevano fatto le lotte Fiat per tutte quelle settimane. Erano operai che avevano fatto delle lotte dure delle lotte vittoriose. Mentre si stava preparando la partenza del corteo la polizia cominciò a fare le sue manovre. Misero da una parte un doppio cordone di carabinieri che si tenevano sotto braccio e spingevano indietro i dimostranti. Altri plotoni di carabinieri si erano messi in fila per quattro e avanzavano lentamente in mezzo ai dimostranti.
Mentre il vicequestore Voria dava questi ordini facendo muovere i carabinieri nei due sensi per chiuderci aveva detto a un operaio di spostarsi da lí dove stava vicino a lui. Questo operaio invece gli sferrò un cazzotto e lo stese a terra. Intanto quei plotoni di carabinieri che facevano la manovra si mettono al piccolo trotto quasi a correre come i bersaglieri in mezzo ai dimostranti. E impugnano il moschetto come un manganello come una clava. Improvvisamente suona la carica naturalmente chi cazzo la sentiva.
E cominciarono a arrivare i lacrimogeni una pioggia fittissima di lacrimogeni per cui istintivamente tutti cominciarono a scappare. Tutti scappavano e i carabinieri cominciarono a tirare botte col calcio dei moschetti a tutti. Ci spingevano contro il cordone di carabinieri che stavano lí fermi per circondarci. Io ero proprio vicino a quel cordone tenevano il viso pallido bianco verde dalla paura. Perché si trovavano cosí a contatto con noi faccia a faccia. Anzi poco prima ne avevo sfottuto uno gli avevo detto: Vuoi vedere che ti porto via la pistola e ti sparo. Lui non mi aveva detto niente.
Poi avevano acchiappato un compagno e lo volevano portare via ma non c’erano riusciti perché noi glielo avevamo strappato dalle mani e li avevamo minacciati. Intanto con questa pioggia improvvisa di lacrimogeni ci disperdono da davanti a Mirafiori. Scappiamo via tutti da davanti a Mirafiori e pure quei carabinieri che stavano facendo il cordone impugnano come una clava il moschetto, che c’avevano a tracolla e c’inseguono. E fu un piccolo massacro col calcio dei fucili tiravano botte da orbi su tutti quanti all’impazzata. E ne arrestarono una decina di compagni allora. Perché stavamo tutti cosí senza bastoni senza pietre. Mentre corro capito su un mucchio di dieci carabinieri che stavano picchiando a sangue un compagno steso per terra. Gli grido a uno: Che cazzo lo volete uccidere?
Questo qua mi guarda storto poi si gira di spalle e se ne va insieme agli altri tirandosi dietro sto compagno. Poi mentre ero così vedo a tre quattro metri di distanza un compagno uno studente che scappava inseguito da quattro o cinque carabinieri. Uno lo raggiunge e gli tira il moschetto in testa gli spacca la testa. Io e gli altri ci mettiamo a correre verso lí i carabinieri scappano via. Prendiamo questo compagno che stava per terra svenuto e lo portiamo via. Lo lasciamo a delle donne che stavano sotto un portone. Perché ormai dalle case lí intorno erano scesi tutti o stavano sui balconi donne ragazzi e bambini per vedere cosa succedeva.
Erano insomma riusciti a disperderci ma non avevano fatto i conti con la volontà di scontro degli operai. Diecimila persone si riuniscono tra corso Agnelli e corso Unione Sovietica. Lí c’erano le rotaie del tram coi sassi in mezzo. Cominciano a volare contro polizia e carabinieri. E cosí cominciarono a prenderle anche loro. Riusciamo a ricomporre il corteo che c’avevano disperso all’inizio. Era stato disarmato un poliziotto gli era stato portato via lo scudo e l’elmo che venivano alzati come trofei. C’erano anche gli striscioni con su scritto: Tutto il potere agli operai. E: La lotta continua. Improvvisamente una autoambulanza della polizia si butta velocissima in mezzo al corteo. Si butta in mezzo al corteo suonando la sirena che non c’era nessuna ragione. Perché poi se ne andò dall’altra parte tranquillamente. Era un’altra provocazione della polizia. Ma il corteo parte e poi svolta per corso Traiano.
Corso Traiano sta proprio dirimpetto alla palazzina degli uffici Fiat. Corso Traiano c’ha due corsie e una corsia centrale dove ci sono le rotaie del tram e i sassi. Noi scendevamo giú camminando sulla destra e in senso inverso dall’altra parte venivano avanti i poliziotti. Che poi si fermano e aspettano bloccando il traffico. Ci volevano tagliare la strada non ci volevano fare muovere di lí. Cioè la lotta la volevano isolare alla Fiat e intorno alla Fiat ma non doveva uscire fuori nella città. Credevano che noi volevamo andare in centro e in effetti questa era la nostra idea.
La gente ci guardava dalle finestre di corso Traiano mentre il corteo avanzava. Si affacciavano ai balconi scendevano giú e sentivano quello che dicevamo. Erano d’accordo perché erano tutti operai quelli che abitavano lí. Poi improvvisamente dai poliziotti schierati davanti a noi partono le scariche di lacrimogeni. Ma un numero pazzesco incredibile questa volta sparati anche addosso alla gente e che finivano dappertutto. Che andavano a finire sui balconi delle case al primo piano poi il gas investiva tutte le abitazioni perché era estate e c’erano tutte le finestre aperte. Altre granate andavano a finire sulle auto parcheggiate rompendole bruciandole. E tutto questo faceva incazzare molto la gente che abitava li.
Su corso Traiano intanto era sbucato un camion carico di Fiat di 500 una portaerei come si chiamavano. Tirammo sassi nella cabina e l’autista scese. Cominciammo a fracassare tutte le macchine coi sassi poi mettemmo una pezza nel serbatoio della nafta. La incendiammo per fare esplodere il camion ma la nafta non si accese. Allora cercammo di spingerlo in folle verso il corso e lo lasciammo lí di traverso, Chiamarono i pompieri e come arrivarono i pompieri si presero le sassate anche loro. Non gli lasciammo spostare il camion il camion restò lí.
Erano le quattro e quello fu l’inizio della battaglia che sarebbe durata piú di dodici ore. I poliziotti avanzavano con caroselli e cariche e dall’altra parte avanzavano i carabinieri per chiuderci in una tenaglia. Noi non ci disperdiamo e subito cominciamo a rispondere coi sassi che raccogliamo un po’ dappertutto. La maggior parte ci spostiamo nel prato a fianco di corso Traiano dove c’era anche un cantiere edile. Ci riforniamo di legni di bastoni di materiale per fare le barricate. E c’era lí anche una grande scorta di pietre.
Ci mettemmo in questo prato arrivarono i poliziotti coi loro furgoni e i carabinieri coi loro camion. I carabinieri si presero un sacco di sassate in faccia perché stavano allo scoperto e cosí li si poteva colpire facilmente. Arrivammo fin sotto ai camion per menarli coi bastoni quelli ci minacciarono coi mitra di sparare allora ci fermammo. E loro intanto se ne scapparono via. I poliziotti intanto nei loro furgoni blindati sentivano questo rumore continuo l’enorme pioggia di sassi che cadeva sui loro furgoni e non ne volevano sapere di scendere. Noi avevamo circondato tutti i mezzi ci correvamo tutto intorno gettando le pietre. Appena scendevano li avremmo massacrati di legnate. Alcuni furgoni tentammo anche di rovesciarli. Questi qua terrorizzati dentro dicevano all’autista di partire e infatti scapparono via tutti quanti.
Un quarto d’ora dopo ci riprovarono scendettero a piedi nel prato. Con gli scudi gli elmi e i manganelli i fucili con le granate lacrimogene. Noi li aspettavamo sul prato. Arrivarono a una distanza di quindici venti metri. Cominciammo a sfotterli a dire: Perché non provate a menarci adesso come avete fatto davanti al cancello 2? Qui vi facciamo un culo cosí. Solo uno di loro rispondeva: Vieni avanti tu da solo facciamo da uomo a uomo ti faccio un culo cosí io a te eccetera. Però di li non si muovevano e avevano paura.
Noi c’avevamo tutte le pietre in mano e a terra davanti a noi altre pietre e i bastoni le mazze. Stanno lí un po’ poi gli danno l’ordine di sparare i lacrimogeni e di fare la carica. Ma non avevano calcolato che stavamo in un prato in uno spazio aperto. Cioè sti lacrimogeni si vedevano quando, arrivavano. E noi li prendevamo e glieli lanciavamo indietro con le mani cosí che stavamo nel fumo sia loro che noi. Noi tiravamo le pietre e loro correndo non erano protetti e ne colpivamo un sacco. Quando si accorsero che non ce la facevano presero a scappare via come le lepri e noi li inseguivamo coi bastoni.
Intanto la gente di corso Traiano si era rotta le scatole per tutti questi lacrimogeni che andavano a finire sui balconi e nelle finestre e per il fumo che entrava nelle case. I poliziotti menavano tutti quelli che trovavano sotto i portoni. Donne vecchi bambini chiunque trovavano. Menavano specialmente i ragazzini anche di dieci undici anni. Si erano messi tutti a combattere con gli operai. I giovani a tirare i sassi le donne distribuivano fazzoletti bagnati contro i gas. I compagni inseguiti dai poliziotti trovavano riparo nelle case. Tutti buttavano giú cose dalle finestre e dai balconi addosso ai poliziotti.
La polizia ci inseguiva da tutte le parti e ci aveva dispersi e divisi in tanti piccoli gruppi. Anche nelle trasversali non si respirava piú dal fumo. Sto con alcuni studenti che decidono di andare alla facoltà di Architettura occupata per fare una assemblea e per riunirsi coi gruppi dispersi. Come cominciamo a muoverci per ritirarci sbuca fuori con le sirene una colonna di furgoni blindati. E ci dividono in due gruppi uno che va a Architettura e uno che resta a combattere.
Mentre la gente stava arrivando a Architettura e si era appena messa la bandiera rossa fuori sul pennone arrivano lí i carabinieri. Cominciano a caricare a sparare lacrimogeni e arrestano una decina di compagni. Noi ci difendiamo rispondiamo a sassate. Comunque nell’università non riescono a entrare. Sparano lacrimogeni dentro le finestre ma un gruppo di nostri la difende a sassate e non li lascia entrare mentre noi dentro ci riuniamo. Arrivano dei compagni e ci dicono che gli scontri a corso Traiano si erano allargati e proseguivano piú grossi. E che c’erano grossi scontri anche a Nichelino.
Anche a Borgo San Pietro anche a Moncalieri e in altri comuni di Torino sud dicevano le notizie c’erano scontri. In tutti i quartieri proletari si lottava. Fuori dall’università intanto aumentava la violenza delle cariche e della sassaiola. Lo scontro si estendeva nel viale nelle trasversali nei portoni. Granate sassi corpo a corpo fermi. Si decide di dividerci in diverse squadre d’intervento e di dirigerci verso i diversi quartieri della città in lotta. Per controllare anche fino a che punto gli scontri si erano generalizzati. Io sto con una squadra di compagni che andiamo a Nichelino. Per andare a Nichelino dovevamo passare per corso Traiano.
A corso Traiano c’arriviamo di nuovo verso le sei e mezza e vediamo un campo di battaglia incredibile. Era successo che stavano cominciando a tornare a casa gli edili e gli altri operai che abitavano nella zona. Che non avevano fatto lo sciopero che non sapevano un cazzo. Tornavano a casa e videro tutto sto fumo tutta sta polizia sta via piena di pietre di cose. Allora si unirono subito ai compagni e cominciarono a buttare materiale edile in mezzo alla strada a costruire barricate. Perché c’erano molti cantieri edili lí intorno e c’erano mattoni legna carriole quelle botti di ferro che c’è l’acqua dentro le impastatrici.
Tutto in mezzo alla strada mettevano e facevano le barricate con le automobili e poi incendiavano tutto. La polizia se ne stava lontana in fondo a corso Traiano verso corso Agnelli. Ogni tanto partivano per dei caroselli delle cariche. Sgombravano le barricate mentre la gente li riempiva di sassate e poi scappava via nei prati di fianco. Poi tornavano quando la polizia se ne era andata. Riportavano il materiale sulla strada e costruivano di nuovo le barricate con le tavole di legno e con tutto. Ci buttavano sopra la benzina e quando la polizia avanzava un’altra volta ci davano fuoco. E davano fuoco anche a dei copertoni che facevano rotolare infiammati contro la polizia. Si cominciavano a vedere sempre piú molotov.
Sulle barricate c’erano delle bandiere rosse e su una c’era un cartello con su scritto: Che cosa vogliamo? tutto. Continuava a arrivare gente da tutte le parti. Si sentiva un rumore cupo continuo il tam tam dei sassi che si battevano ritmicamente sui tralicci della corrente elettrica. Facevano quel rumore cupo impressionante continuo. La polizia non riusciva a circondare e a setacciare l’intera zona piena di cantieri officine case popolari e prati. La gente continuava a attaccare era tutta la popolazione che combatteva. I gruppi si riorganizzavano attaccavano in un punto si disperdevano tornavano all’attacco in un altro punto. Ma adesso la cosa che li faceva muovere piú che la rabbia era la gioia. La gioia di essere finalmente forti. Di scoprire che ste esigenze che avevano sta lotta che facevano erano le esigenze di tutti era la lotta di tutti.
Sentivano la loro forza sentivano che in tutta la città c’era una esplosione popolare. Sentivano questa unità questa forza realmente. Per cui ogni sasso che si scagliava contro la polizia era gioia neanche piú rabbia. Perché eravamo tutti forti insomma. E sentivamo che questo era l’unico modo per vincere contro il nostro nemico colpendolo direttamente coi sassi coi bastoni. Si scassavano le insegne luminose di pubblicità i cartelloni. Si scassavano e si tiravano giú attraverso la strada i semafori e tutti i pali che c’erano. Si cercava di fare barricate dappertutto con qualunque cosa. Un rullo compressore rovesciato gruppi elettrogeni bruciati. Mentre cominciava a fare buio e si vedevano dappertutto i fuochi in mezzo al fumo dei gas i lanci delle molotov e le fiammate.
Io non riuscivo ad avvicinarmi al centro della mischia dove si combatteva coi poliziotti. Già moltissimi compagni mi avevano preceduto arrivando da ogni parte. Non ci si vedeva per il fumo e c’era un grande rumore e confusione. Presto i poliziotti furono respinti verso il fondo di corso Traiano e molti dei nostri li inseguivano. I nostri e i poliziotti si fronteggiavano e lottavano all’inizio del prato. C’era un poliziotto per terra che si muoveva ogni tanto. Molti dei nostri inseguivano i poliziotti attraverso i binari del tram e c’era una grande nube di fumo nero che saliva dalle automobili che bruciavano. I nostri ci turbinavano intorno li si vedeva entrare nel fumo e uscirne e si sentivano molti scoppi.
C’era una grande confusione e di là. Quando arrivammo verso la fine del corso era già da un pezzo che si stavano scontrando anche lí a quanto sembrava. Ci imbattemmo in un compagno coi sangue che gli usciva dalla bocca e gli colava sulla spalla. Piú avanti ci imbattemmo in un altro compagno sanguinava e non si reggeva in piedi. Si rialzava e poi cadeva di nuovo a terra. Quando arrivammo quasi in fondo riuscii a vedere i poliziotti. Erano scesi dai furgoni e stavano tutti in gruppo con gli elmi e gli scudi.
Ci aspettavano e sparavano lacrimogeni. Ormai i nostri li avevano circondati da ogni parte. Sentivo che alcuni dei nostri gridavano: Se ne vanno. E vidi che molti poliziotti avevano preso paura e scappavano via. Dappertutto i nostri si misero a gridare: Ho Ci Min. Avanti avanti. Correvano avanti e l’aria si rabbuiava di polvere e di fumo. Vedevo i corpi che si muovevano intorno a me come ombre e il rumore di tutti quegli scoppi e delle sirene e delle urla era fortissimo. A un tratto vidi un poliziotto proprio davanti a me mi chinai e lo colpii col bastone. Il poliziotto cadde e andò a finire tra le gambe di quelli che correvano.
Alla fine tornammo giú per il viale e anche lí c’erano molti feriti. I poliziotti li avevamo spazzati via tutti. Eravamo tutti come pazzi di gioia. Rimanemmo ancora un po’ lí a aspettare e a un tratto vedemmo una fila di camion che arrivavano da una trasversale. Tutti si misero a gridare: Avanti avanti. E partimmo a dare la caccia ai poliziotti che ritornarono di corsa dove erano prima. Uno rimase colpito e noi lo inseguimmo colpendolo ancora. Poi ricacciammo i poliziotti in fondo alla trasversale da dove erano venuti.
Intanto continuano a sparare lacrimogeni dappertutto l’aria è sempre piú irrespirabile e ci dobbiamo ritirare. La polizia riconquista lentamente corso Traiano ma vengono continuamente erette barricate una dietro l’altra. La gente che viene presa è pestata a sangue e caricata sui cellulari. Molti poliziotti vengono picchiati. Intanto arrivano altri rinforzi alla polizia. Arrivano da Alessandria da Asti da Genova. Il battaglione Padova che era arrivato già dal mattino non era bastato. Ma lo scontro si estende sempre di piú. Si combatte con piú violenza di fronte alla palazzina Fiat in corso Traiano in corso Agnelli in tutte le trasversali. A piazza Bengasi dove la polizia fa cariche bestiali assurde di insensata violenza. Ma viene attaccata da due parti e sfugge per un pelo all’accerchiamento. Quasi viene catturato il vicequestore Voria. I compagni che ascoltano le radio della polizia dicono che hanno chiesto l’autorizzazione a sparare.
compagni rispondono alle cariche con continue barricate tra il fumo e gli incendi. Piccoli gruppi assalgono la polizia lanciano le molotov poi scappano nei prati al buio. Sempre risuona cupo il tam tam sui tralicci. Carcasse di auto sono in fiamme. Tutte le strade sono disselciate e una enorme quantità di pietre sono sparse un po’ ovunque. Sempre piú bestiale si fa man mano che passa il tempo il comportamento della polizia. Si sparano i lacrimogeni addosso alla gente e direttamente nelle case per impedire alla gente di uscire e di affacciarsi. E’ stato visto il vicequestore Voria che imbracciando il fucile lanciagranate intimava alla gente di ritirarsi dalle finestre. Poi arrivati altri rinforzi la polizia comincia a presidiare la zona. Piú tardi comincia a entrare nelle case proprio dentro le case nelle abitazioni a arrestare la gente a fare centinaia di arresti. Anche una vecchia che dà dello stronzo ai poliziotti è arrestata.
A piazza Bengasi continuavano gli attacchi e le sassaiole. La polizia ha ricevuto i rinforzi adesso non deve piú limitarsi a controllare solo Mirafiori come faceva prima facendo delle cariche di tanto in tanto per alleggerire la pressione. Adesso poteva controllare tutta la zona. Circondano piazza Bengasi entrano nei portoni rastrellano la gente fin dentro gli appartamenti. A mezzanotte gli scontri continuano sempre. Attorno a corso Traiano si sente gridare: Schifosi porci nazisti ai poliziotti che trascinano via la gente dalle case. Dalle finestre gridano: E’ come i rastrellamenti nazisti carogne.
Allora noi ci decidiamo di andare a Nichelino dove la battaglia continua anche lí da tutto il pomeriggio. Non era facile arrivare a Nichelino nel senso che non si poteva arrivare per la strada normale che era bloccata da una barricata di automobili incendiate. Cosí era bloccato il ponte di accesso al quartiere. Noi arriviamo per un’altra strada secondaria fin dentro il quartiere. Tutti quegli emigranti quelle migliaia di proletari che abitavano a Nichelino avevano costruito barricate dappertutto usando tubi di cemento. Avevano piegato i semafori li avevano buttati giú tutti in mezzo alla strada. Una enorme quantità di materiale dei cantieri edili stava messa in mezzo alla strada per fare le barricate che poi venivano incendiate.
Via Sestriere la strada che attraversa Nichelino è bloccata da piú di dieci barricate fatte con auto e rimorchi che bruciano con segnali stradali sassi legname. Nella notte bruciano grandi falò di gomme e di legname. Col legname di una casa in costruzione si fa un grande fuoco. Tutto il cantiere è in fiamme. I lampioni delle strade sono spenti a sassate e nel buio si vedono solo le fiamme. La polizia cerca di temporeggiare cioè cercava di farci stare per cazzi nostri non attaccava. Infatti attaccarono verso le quattro del mattino quando arrivarono i rinforzi. Quasi tutti gli operai erano stanchissimi era da piú di dodici ore che lottavano. Mentre quelli i poliziotti si davano il cambio.
Erano stati lí a aspettare davanti alle barricate a aspettare il mattino che arrivassero gli altri freschi a dargli il cambio. Noi eravamo tornati indietro a difendere coi sassi il ponte bloccato dalle macchine incendiate da dove i rinforzi dovevano passare. Ma eravamo rimasti in pochi a difendere il ponte eravamo rimasti una ventina. Poi le jeep e i camion dei rinforzi passarono per la strada secondaria dove eravamo passati noi arrivando e noi per non essere circondati dovemmo scappare via tutti. Da un camion erano scesi i carabinieri e ci inseguivano sparandoci addosso i lacrimogeni.
Fuggivamo tutti inseguiti dai carabinieri. A un tratto vediamo una fila di jeep che ci veniva incontro proprio davanti a noi. Non so come avevano fatto per arrivare li forse ritornavano da un giro d’ispezione. Le cose si mettevano male per noi. Allora tutti urlando ci lanciamo di corsa sui poliziotti lanciando le pietre e colpendoli sulle jeep finché non scapparono. Poi vediamo che i carabinieri ci stavano dietro e cosí ci voltiamo e partiamo all’attacco contro di loro. Ma dietro ai carabinieri arrivavano molti poliziotti. Perciò fummo costretti a scappare perché eravamo in pochi.
Ormai ero stanchissimo e scappavo come un disperato. Arrivai in un prato inciampai in un sasso e quasi persi una scarpa. Quando mi fermai per dare un’occhiata alla scarpa apparve un carabiniere che mi inseguiva da solo. Allora vidi che un compagno che scappava con me saltava addosso al carabiniere. Lottarono corpo a corpo e il carabiniere cadde a terra. A un tratto vidi un fumo in cima a una strada. Arrivammo in cima alla strada e di là si vedeva un largo viale e lo scontro che continuava. Non si riusciva a sapere chi vinceva. Tutto era cosí confuso. Io volevo solo fermarmi un attimo da qualche parte per cacare non ce la facevo piú.
Alcuni carabinieri ci attaccarono e io non riuscii mai a raggiungere il centro dello scontro dove ci si batteva piú duramente. Proprio in quel momento udimmo uno che gridava: Arrivano arrivano. Vedevo alzarsi una grossa nube di fumo in mezzo al viale e tutti correvano di qua e di là urlando. Allora tra il fumo apparvero i poliziotti sui loro furgoni blindati coi fari che illuminavano tutto intorno. Sembravano grossi e forti e sparavano tutti i lacrimogeni. C’era un cantiere di fianco al viale e lí un gruppo dei nostri si stava radunando. E compagno che era con me si avviò verso quel cantiere e io lo seguii.
Molti scappavano tutti insieme giú per il viale. Guardai indietro e vidi che tutti correvano e si sparpagliavano nelle trasversali. Quando raggiungemmo il cantiere c’erano già parecchi dei nostri. I poliziotti sparavano i lacrimogeni sopra le nostre teste e facevano cadere pezzi di legno e mattoni. Non potevamo piú vedere che cosa succedeva giú per il viale. Tutto era fumo e grida e scoppi. Il viale era oscurato dal fumo e dalla polvere e c’erano soltanto ombre e un grande rumore di grida e di sirene e di scoppi. Alla mia sinistra sentivo il rombo e le sirene dei furgoni dei poliziotti che risalivano il viale. Due molotov scoppiarono in mezzo alla strada.
C’era fumo e gas dappertutto e non si respirava. Poi i poliziotti scesero dai furgoni e corsero verso dove eravamo noi. Correvano in mezzo al fumo con le maschere e gli scudi. Mi trovai tra molti dei nostri che correvano di qua e di là e si sparpagliavano per le trasversali. I poliziotti ci inseguivano correndo e eravamo tutti lí mischiati nella penombra illuminata dagli incendi e nel grande rumore. Non riuscii a vedere molto ma una volta vidi uno dei nostri lanciarsi col bastone contro un poliziotto che era rimasto isolato e colpirlo piú volte.
Vedemmo dei poliziotti che venivano di corsa da una trasversale alla nostra sinistra. Noi tutti alzammo i bastoni e ci lanciammo di corsa addosso a loro nella penombra che ci aveva avvolto. Io mi imbattei in un poliziotto col casco e lo colpii. Quello gridò e cadde per terra con la testa in avanti. Dopo ritornammo tutti verso il viale. Dall’altra, parte del viale vedemmo un gruppo di nostri che si lanciava contro i poliziotti che tornavano verso i furgoni. I poliziotti scapparono subito e tutti li inseguimmo ricacciandoli in cima al viale dove avevano lasciato i loro furgoni coi motori accesi e coi fari che illuminavano la strada. C’era un poliziotto che alzava le braccia e gemeva. Vidi alcuni dei nostri che aiutavano un ragazzo a alzarsi. Vidi che era ferito e sanguinava dalla testa.
Con l’aiuto di altri rinforzi la polizia conquistava lentamente il terreno. Cominciava il rastrellamento casa per casa con metodi spietati brutali. Ma la gente non se ne andava. Operai e gente del quartiere si davano il cambio tutti erano ormai abituati ai gas lacrimogeni e continuavano a costruire barricate. Io con altri quattro o cinque inseguiti da una ventina di carabinieri arriviamo nel portone di una casa lo chiudiamo. Io mi arrampico sul muretto che c’era nel cortile e capito in un’officina. In questa officina c’era una scala. La salgo e capito sul tetto di questa officina. Tiro su la scala. Vedo gli altri compagni che stavano sul tetto di una casa di fianco a quella dove eravamo entrati.
I carabinieri erano intanto riusciti a sfondare il portone e cominciavano a entrare in tutti gli appartamenti. Io dal mio tetto li vedevo che uscivano fuori sui balconi li vedevo nelle rampe delle scale che salivano con gli elmetti e i fucili e li vedevo dopo un po’ che uscivano sui balconi degli altri appartamenti a cercarci. Svegliavano la gente nel letto e controllavano. Noi per un bel po’ rimanemmo lí non potevamo controllare se i carabinieri se ne erano andati o no. Poi delle donne della casa che ci avevano visti ci fecero segno che se ne erano andati ci chiamavano per dirci di scendere. Era quasi l’alba c’era un grande sole rosso bellissimo che stava venendo su. Eravamo stanchissimi sfiniti. Per questa volta bastava. Scendemmo giú e ce ne tornammo a casa.
NANNI BALESTRINI -“VOGLIAMO TUTTO”-
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