Archivio

Posts Tagged ‘precarietà’

Burgos: scontri e barricate contro le nuove speculazioni urbanistiche

11 gennaio 2014 Lascia un commento

Qui non si riesce a seguire nulla,
dopo le poche righe scritte su Amburgo che ci hanno permesso di imparare una nuova parola tedesca, gefahrengebiet, che ricorda la nostra zona rossa genovese, ma un po’ peggio; ecco, dopo quelle righe mai son riuscita a riaprire pc.

Le barricate di Burgos…

Oggi cado su Burgos, città spagnola sfiorata nell’adolescenza nomade,
che si sta ribellando, fuoco alla mano, all’ennesimo scempio urbanistico e culturale. Non riescono a capire, i padroni e i papponi del cemento, che ora le loro colate devono passare su di noi: non che a loro interessi, non che loro non vogliano proprio murarci vivi…
Eh si, intrallazzini e palazzinari di ogni dove, dalla Turchia di GeziPark alla Spagna che non vuole una nuova avenue nel quartiere di Gamonal.

Nella Spagna della crisi economica si è come al solito incrementato l’uso spropositato della “grande opera urbanistica”,
alla faccia della disoccupazione crescente, degli asili che non ci sono, dell’assenza di servizi pubblici (proprio in questi mesi hanno tagliato diverse linee di bus) , dello scempio della sanità.
Ma nella Spagna delle strade, dei marciapiedi, delle piazze questo non passa: Burgos è una città spaccata,
dove la classe dirigente, borghese e capitalista ha sposato immediatamente l’idea del cambiamento urbanistico (fossero de Susa?!) da otto milioni

Come accoglie i manifestanti, la polizia spagnola

di euro solo nella prima fase (sappiamo che poi il tutto lieviterà verso altro tipo di cifre),
alla faccia di un’intera popolazione che è scesa in strada per urlare il proprio no.

Una manifestazione pacifica contro il bulevar de la calle Vitoria, iniziata con una cacerolas e finita con scontri durati ore, vista l’immediata reazione della repressione dello stato spagnolo, che ha schierato immediatamente migliaia di poliziotti in assetto antisommossa che non hanno atteso un secondo per caricare e ricoprire di lacrimogeni tutta la zona.
Una battaglia campale durata ore ed ore, dove la polizia non ha trovato proprio campo comodo per le sue sfilate di violenza, anzi.

Il quartiere non è nuovo alle battaglie contro lo Stato: già nel 2007 c’era stata una grossa rivolta popolare contro la costruzione di un parcheggio e contro i pesanti cambiamenti della città, che non hanno portato altro che stratificazioni di precarietà, sfruttamento, tassazioni folli, gentrificazione.
Ora ci risiamo e con molta più determinazione: il resoconto di questa notte parla già di 17 arresti…vi lascio una carrellata di foto…
per seguire gli eventi su twitter usate gli hashtag #Gamonal #Burgos #NoAlBulevar e #ardeBurgos

Sull’uso delle Bales de goma leggi: 12

Solidarietà!

15 Maggio: 24 ore di sciopero della logistica

14 Maggio 2013 Lascia un commento

15 Maggio SCIOPERO nazionale e giornata di mobilitazione dei lavoratori della logistica
dalle 6 di mattina per 24 ore

I lavoratori della logistica hanno scioperato il 22 marzo rigettando il tentativo delle associazioni dei padroni (Sda, Tnt, Gls, Dhl, Ikea, Bartolini, ecc) di utilizzare il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per tagliare le ferie e la quattordicesima, per peggiorare gli orari di lavoro, per aggravare le già dure condizioni di lavoro.
Da parte dei sindacati confederali (cgil, cisl, uil e ugl, che NON rappresentano la gran parte dei lavoratori) c’è l’accettazione ai voleri dei padroni, per far aumentare i loro profitti peggiorando lo sfruttamento dei lavoratori.

A Bologna, Milano, Piacenza, Padova, Verona, Roma, ecc., da mesi è in corso una lotta compatta per migliorare le durissime condizioni di lavoro. Anche qui a Roma alla Sda-Express Courier la lotta ha raggiunto importanti risultati, come il pagamento al 100/% di tredicesima, quattordicesima, permessi e ferie; il passaggio di livello per tutti e scatti di anzianità; il passaggio dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.
Si può e si deve andare avanti continuando le lotte che hanno indicato una prospettiva irrinunciabile: il progressivo smantellamento del sistema di sfruttamento basato sulle cooperative, vero e proprio caporalato.

In questa zona di Roma-Settecamini,che comprende numerose attività della logistica e del trasporto merci, in ogni magazzino i lavoratori devono organizzare un’assemblea, come primo passo per autorganizzarci alla base e decidere da noi stessi gli obiettivi da rivendicare.

Ma soprattutto si devono collegare tutti i lavoratori dei magazzini della logistica di questa zona. Per avere più forza e vincere le battaglie in ogni magazzino; per respingere eventuali ritorsioni padronali; per evitare le grandi fregature contenute nel prossimo CCNL.
Lo sciopero del 15 maggio deve essere un’occasione per incontrarci tra i lavoratori di tutti i magazzini della zona di Roma-Settecamini; per confrontare i trattamenti e discutere come ottenere condizioni migliori ovunque e per respingere le schifose proposte padronali del CCNL e proporre le nostre rivendicazioni.
Tutti insieme nella lotta ce la faremo!!!

100 anni fa molti lavoratori negli Stati Uniti si autorganizzarono alla base perché non volevano più doversi lamentare dopo anni e anni di lavoro: erano gli Industrial Workers of the World – IWW. La loro canzone:
«ho passato la mia vita a far ricco qualcun altro…»

Per tutti i lavoratori della logistica dei magazzini di Settecamini ASSEMBLEA in zona, ore 9,30 mercoledì 15 maggio, nel piazzale all’incrocio tra Via di Salone e Via Cerchiara (adiacente al distributore Q8) a 300 metri dall’incrocio tra Via Tiburtina e Via di Salone.

***Partecipiamo tutti per discutere, organizzarci e lottare per i nostri interessi e contro lo sfruttamento!***

Assemblea di sostegno alle lotte dei Lavoratori della Logistica

Grecia: “Chi sono dopotutto i teppisti?”

8 febbraio 2013 5 commenti

Rimetto queste righe, con il cuore pesante ed emozionato.
Perchè sono l’addio di un compagno, che già avevo pubblicato lo scorso anno,
ma che forse vanno rilette.
Spesso.
Le farei rileggere poi, tipo mantra, a chi ha parlato di sfasciacarrozze (eh no, non me va giù)
[leggi: Grecia, se vi pare normale tutto ciò]

Chi sono dopotutto i teppisti?

Violenza è  lavorare per 40 anni per delle briciole e chiedersi se si riuscirà a smettere
Violenza sono i titoli finanziari, i fondi assicurativi saccheggiati, la truffa in borsa.
Violenza è essere costretti a stipulare un mutuo per una casa che si finisce per pagare come se fosse fatta d’oro.
Violenza è il diritto del tuo capo di licenziare in qualsiasi momento voglia farlo.
Violenza è la disoccupazione, la precarietà, sono i 700 euro al mese con o senza contributi previdenziali.
Violenza sono gli “incidenti” sul lavoro, perché il padrone riduce i costi di gestione a scapito della sicurezza dei lavoratori.
Violenza è  prendere psicofarmaci e vitamine per far fronte agli orari di lavoro
Violenza è essere una donna migrante , è vivere con la paura di essere cacciato dal paese in qualsiasi momento e vivere in una costante insicurezza.
Violenza è l’essere casalinga, lavoratrice e madre allo stesso tempo.
Violenza è quando ti prendono per il culo al lavoro dicendo: ‘dannazione, sorridi, è chiedere troppo?’

Quello che abbiamo vissuto io lo chiamo rivolta.
E proprio come ogni rivolta appare come una prova generale della Guerra Civile, ma puzza di fumo, gas lacrimogeni e sangue.
Non può essere facilmente sfruttata o controllato. Accende le coscienze, si rivela e polarizza le contraddizioni, e promette, almeno, momenti di condivisione e di solidarietà. E traccia i percorsi verso l’emancipazione sociale.
Signore e signori, benvenuti alle metropoli del caos! Installate porte sicure e sistemi di allarme alle vostre case, accendete il televisore e godetevi lo spettacolo. La prossima rivolta sarà ancora più agguerrita, mentre il marciume di questa società si approfondisce … Oppure, potete prendere le strade al fianco dei vostri figli, potete scioperare, potete osare di rivendicare la vita che vi stanno derubando, potete ricordarvi che una volta eravate giovani e volevate cambiare il mondo.

Savas Metoikidis*

*Savas si è suicidato il 21 aprile dello scorso anno.
Qui il posto che ne parlava: LEGGI

Ciao Savas

Karoshi: lavoro e suicidio in Giappone. (Mejo i Maya)

20 dicembre 2012 1 commento

Arrivare a lavoro,
con la fretta di chi comunque sceglie il 4° ritardo del mese pur di bere un caffè come si deve e non quello della macchinetta automatica, dal sapore unico dal tasto 11 al 36, con o senza zucchero che sia.
Arrivi a lavoro, inserisci 5 password diverse in altrettanti programmi che oltretutto si impallano, vanno a rilento, hanno la rotella che gira gira gira,
poi guardi tutti gli altri in sala e dagli sguardi potresti far la mappatura degli orari; quello che ha attaccato alle 6, quello che fa la settimana dall’orario lungo ma con ben 2 OH DICO DUE giorni di riposo attaccati.
Insomma, arrivi a lavoro e ti accorgi che il solo Dio in cui puoi credere si chiama NON lavoro, e gira abbracciato e un po’ brillo alla LIBERTA’.

Insomma, entri qui e il “non mi avrete mai come volete voi” si tatua nel tono di voce, nel buongiorno, si scioglie nel caffè fasullo che tanto prima o poi nell’arco del turno andrai a bere.
Ma entrare a lavoro e, di nascosto ovviamente, leggere quest’articolo sul Giappone, ti apre proprio un mondo.
Mamma mia oh! Per solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici giapponesi oggi non produco proprio un cazzo per l’azienda. No, no.

Morire di Lavoro in Giappone
Di recente sono stato a Bruxelles e in ostello ho incontrato dei giapponesi in vacanza. Quando ho sentito Sayaka—la mia nuova amica giapponese—rispondere sommessamente a telefono alle 4 di mattina e scivolare fuori dal suo letto per dirigersi nella sala computer, al piano inferiore, mi sono incuriosito. Era una talpa che teneva sotto controllo gli ospiti per conto dei proprietari? Forse contattava i suoi genitori a tarda notte perché non si sentiva a suo agio usando internet alla luce del giorno?

Niente di tutto questo. Come poi ho scoperto, quella era l’unica vacanza che Sayaka si fosse presa in tutto l’anno, e le puntatine mattiniere alla sala computer servivano a finire un lavoro “urgente” per il suo capo—in poche parole, un modo abbastanza schifoso di trascorrere le vacanze. Ma di sicuro è meglio delle 16 ore al giorno di lavoro che l’attendono al rientro a casa.

La situazione di Sayaka non è rara; nelle principali città del Giappone, un’enorme quantità di persone ha un rapporto distruttivo con il lavoro, e molti decidono di condannarsi a una morte prematura. Questo fenomeno sociale ha un suo termine preciso, karoshi. Non si tratta dello sfruttamento lavorativo in fabbrica o di incidenti nei cantieri. Il termine indica esattamente le morti dei lavoratori di grandi aziende, per lo più dovute a ictus, infarti o suicidi dopo aver lavorato oltre il limite.

Quest’anno, il suicidio della 26enne Mina Mori è stato riconosciuto come karoshi dopo che un’indagine aveva svelato che la ragazza faceva 140 ore di straordinario ogni mese presso un ristorante della popolare catena Watami. I dipendenti di numerose aziende sono tenuti ad adottare una cultura del lavoro che sta distruggendo le loro vite.

Il fenomeno del karoshi è stato identificato alla fine degli anni Sessanta, quando un ragazzo occupato nel reparto spedizioni del principale quotidiano giapponese morì di ictus (fatto un po’ insolito, per un 29enne), e la gente comprese che l’esagerazione dell’orario di lavoro poteva avere effetti negativi sull’organismo. Incredibilmente, la notizia sorprese tutti. Da allora, i casi di karoshi si sono trasformati in implacabili battaglie tra i membri della famiglia del defunto, decisi a dimostrare che la causa della morte è il troppo lavoro, e la società datrice di lavoro, che fa del suo meglio per mettere a tacere la cosa.

Gli interinali costituiscono circa un terzo della forza lavoro giapponese, il che significa meno paga e quasi nessun diritto, anche dopo anni di lavoro nella stessa azienda. L’impiego fisso è una reliquia del passato ormai sepolta. Jake Adelstein ha trascorso 12 anni in Giappone come primo giornalista non-giapponese del quotidiano Yomiuri Shinbun, lavorando faticosamente per giorni e notti, interrotte da pochissime ore di sonno.

Aokigahara, la foresta dei suicidi

Come mi ha detto, “Una delle cose che contribuisce alle pessime condizioni all’interno delle aziende giapponesi è la forte presenza di agenzie di lavoro interinale. Se qualcuno sta all’interno dell’azienda per più di cinque anni si suppone sia destinato a un posto fisso, ma nella realtà accade che raggiunto quel traguardo, il dipendente viene licenziato. Questa promessa di lavoro a tempo indeterminato o di lavoro vero viene sventolata davanti ai suoi occhi, e poi strappatagli in un colpo, come un tappeto da sotto i piedi”.

Dato che la gente ha bisogno di nutrirsi e pagare l’affitto, il contesto di precarietà è diventato la norma, con aziende particolarmente inclini allo sfruttamento—conosciute con il nome di “Aziende Nere”—capaci di condurre i propri dipendenti alla rovina a forza di farli lavorare. Nel timore costante di essere sostituiti da un momento all’altro, i lavoratori hanno sviluppato la capacità di assecondare i superiori, facendo straordinari folli non retribuiti e persino contraffacendo l’ammontare di ore di lavoro registrate per tenere l’azienda fuori dai guai. È stato Jake a spiegarmi la situazione, aggiungendo:

“Al lavoro avevamo due registri. Su uno inserivamo le ore effettivamente svolte, mentre l’altro seguiva gli standard. Parte del nostro dovere come lavoratori notturni era organizzare l’orario di lavoro di tutti. Si poteva lavorare per una settimana intera senza giorno libero, e alla fine, invece di segnare tutte le ore, si annotavano semplicemente quelle dovute, aggiungendo giorni di vacanza per il resto.”

“C’è tutta una tradizione che prevede il non registrarsi durante gli straordinari e di lavorare senza paga extra. Dipende molto dai costumi tradizionali—c’è ancora l’idea che gli anziani abbiano la precedenza. In molti casi, lasciare l’ufficio prima di una persona più anziana è tuttora considerato scortese o sconveniente.”

Un hotel a capsule, per chi non riesce a passare la notte a casa.

Ovviamente tutto questo lavoro lascia poco tempo per le altre cose di cui la gente ha bisogno per non trasformarsi in disperate bombe umane pronte a esplodere al minimo rumore. Mi riferisco a cose come socializzare, passare del tempo con la famiglia e dormire più di due ore a notte. Gli hotel a capsule esistono semplicemente perché un’enorme quantità di gente sostiene che abbia più senso dormire in bare imbottite, impilate l’una sopra l’altra, piuttosto che prendere il treno per casa dopo aver lavorato sino alle prime ore del mattino.

Jake mi ha spiegato: “Il problema è il circolo vizioso in cui si entra: vivi in periferia, il tragitto è lungo, ti sposti su un treno affollato e arrivi in ufficio già stanco perché sei stato in piedi tutto il tragitto. Poi lavori sino alle 23:00 o le 00:00, vai a casa con lo stesso treno affollato, e non puoi stare sveglio né rilassarti perché il giorno dopo devi lavorare. Sopporti una continua privazione del sonno, e vai avanti per inerzia.”

“Una delle ragioni per cui il Giappone ha un tasso di natalità e matrimoni così basso è che, se la gente passa tutto il tempo in ufficio, finisce per non avere una vita privata. Come si fa a coltivare i rapporti? Come si fa a incontrare qualcuno, uscirci e avere una storia? Finisce che la tua vita ruota intorno al lavoro. Il tuo lavoro è la tua vita, questo è tutto ciò che sei”.

“Se non sei sottoposto a un ritmo di lavoro intenso, schiavo dell’alba e vittima della privazione del sonno, con ogni probabilità i colleghi e il capo ti accuseranno di non lavorare abbastanza. Per questo a volte è importante mantenere l’aspetto di un esaurito, dell’emarginato che saresti se facessi il tuo lavoro fino in fondo.”

“Se non hai lavorato per ore, cerchi di apparire come se lo avessi fatto, dai l’impressione di soffrirne molto. Questo aspetto sembra avere più valore di un compito svolto bene. Devi sempre sembrare stanco, anche se non lo sei.”

Un manuale del suicidio.

Il Giappone registra uno dei più alti tassi di suicidio al mondo, fatto che conferma come una grande quantità di giapponesi stia passando un momento estremamente di merda, per molti dovuto principalmente al lavoro. Nel 2009, il numero totale di suicidi è aumentato del due percento, toccando i 32.845 casi, ovvero, sostanzialmente, 26 suicidi ogni 100.000 persone. E nei 2.207 suicidi legati all’impiego del 2007, il motivo più comune era il troppo lavoro. Del resto, quando un Paese nomina un bosco “la Foresta dei Sucidi” e vende ogni anno un alto numero di manuali del suicidio, le statistiche di questo tipo non appaiono poi così scioccanti.

Come mi ha spiegato Jack, il libro in questione descrive situazioni comuni a un gran numero di giapponesi: “È stata un’altra pessima giornata in ufficio, il lavoro si è accumulato e tu sei in ritardo sulle bollette. Non stai dormendo, sei stanco e ti devi alzare alle 06:00 e fare i 90 minuti di strada per arrivare al lavoro. Stai per passare tutta la notte in ufficio per l’ennesima volta—e lo farai più e più volte. Non sarebbe bello andare a dormire e non svegliarsi più? Dormire davvero?” È facile intuire la presa che queste parole hanno sul gran numero di persone le cui vite sono consumate dal lavoro.

Nel parlare con Sayaka, in ostello, non ho potuto fare a meno di notare un barlume di soddisfazione quando ho espresso la mia indignazione per le sue giornate di lavoro di 16 ore. Questo unico barlume conferma solo che la linea di demarcazione tra lo sfruttamento e il rispetto guadagnato con lunghe ore di lavoro sta su una linea estremamente sottile, tra un corpo che rinuncia a te o tu che decidi di rinunciare al tuo corpo. Sayaka è giovane e pare che la questione dei diritti del lavoro stia lentamente migliorando, quindi spero che questo  processo guadagni terreno velocemente—altrimenti, il suo ingenuo entusiasmo potrebbe facilmente essere portato sino al limite.

Di Sam Clements

LEGGI:
– Mirafiori e la dialettica del Sanpietrino
Il lavoro è sfruttamento Il lavoro salariato, Karl Marx
Il lavoro giusto per me
Il lavoro non si festeggia, si abolisce

Ieri 3 piazze a Roma: la più partecipata? Il Flash Mob in stile coreano!

11 novembre 2012 4 commenti

Piazza del Popolo, due anni fa

Bisogna prendere atto di quel che accade.
Bisogna prender atto sì, che non vuol dire rassegnarsi, però almeno contestualizzare la propria esistenza, i propri desideri di ribellione,
quella folle convinzione che una condizione sociale ed economica come quella che viviamo porti inevitabilmente ad uno scontro di classe,
ad un’alzata di testa.
E nella storia, anche quella del nostro buon vecchio Novecento, abbiamo visto che ad alzare la testa son le classi subalterne e sfruttate,
e sono i giovani, gli studenti, coloro che hanno tutto il desiderio e il diritto di vivere e costruire una società diversa,
adatta ai loro bisogni e ai loro desideri.

Ma a quanto pare bisogna mettere in conto altro.
A quanto pare abbiamo avuto, noi compagni, la superficialità e la spocchia di non prendere in considerazione una cosa come questa.
Che nasce spontanea e autorganizzata come dovrebbe esser la rabbia e il desiderio di altro,

Sono 30.000 persone, il doppio di quelle previste: a riempire Piazza del Popolo in una giornata in cui Roma era divisa tra due importanti appuntamenti.
Uno, da tempo organizzato, tutto loro: un imponente corteo in difesa della scuola, che aveva come obiettivo quello di assediare il Miur per avvertire che ulteriori tagli all’istruzione non potranno essere accettati.
Un altro appuntamento, un presidio antifascista, contro una pagliacciata tutta celtiche e saluti romani, che andrebbe estirpata con un po’ di derattizzante.

Nè il desiderio di partecipare ad una giornata di lotta in difesa dei propri diritti, per imparare a vivere collettivamente l’idea di cambiamento,
né un desiderio tutto comprensibile di ricacciare nelle fogne dei rigurgiti fascisti che si aggirano con sempre più insistenza nelle nostre strade.
Niente di tutto ciò: quel che ieri ha attratto 30.000 giovani è stato il flash mob,
“GangGnam Style”, il tormentone coreano che da mesi impazza in rete con qualche decina di milioni di condivisioni.
Surreale? Nemmeno tanto, realtà vera e propria.

Nessuno slogan, nessun pugno al cielo per chiedere e pretendere ALTRO:
ma solo cellulari sincronizzati a mandare la canzone all’unisono e un solo grande urlo
“Posizionatevi dove volete e ballate rivolti verso il Pincio!”

così è.
Famosele du’ domande

I manganelli di Ikea si trasformano in lettere di licenziamento

10 novembre 2012 4 commenti

 

Quel che sta succedendo a Piacenza ai lavoratori IKEA che hanno azzardato una mobilitazione per denunciare le loro condizioni lavorative è sconcertante.
Oltre ai manganelli, alle botte, ai feriti, alle denunce,
ora a casa: licenziamento per 107 lavoratori.
Qui potete vedere il volantino che verrà distribuito oggi in molte città, in cui si chiederà solidarietà e partecipazione a tutti i clienti Ikea.
Solidarietà di classe: cerchiamo di riscoprirla, di alimentarla, di innamorarcene.
Poi per chi ha siti, blog, social network vari ci sono molti banner e fotografie da condividere sulle proprie pagine: la maggiorparte sono molto divertenti e rendono possibile un passa-parola che in questi casi è necessario.
Boikotta Ikea, porta solidarietà ai lavoratori in mobilitazione,
Diffondi il materiale che stanno producendo,

SABATO 10 NOVEMBRE

– Napoli: ore 16:00 presso l’ingresso dell’IKEA di Afragola
– Firenze: ore 16:30 presso l’ingresso dell’Ikea dell’Osmannoro (Sesto Fiorentino)
– Milano: ore 15:00 all’IKEA di San Giuliano Milanese (uscita tangenziale San Giuliano Milanese)
– Milano: ore 17:30 all’IKEA di Carugate (uscita tangenziale Carugate)
– Bologna: ore 16:00 presso l’ingresso del parcheggio IKEA di Casalecchio
– Padova: ore 15:00
presso l’ingresso dell’IKEA

DOMENICA 11 NOVEMBRE

– Torino: ore 10:00 all’IKEA di Collegno

Qui invece puoi ascoltare una trasmissione di Radio Onda Rossa con i lavoratori Ikea : ASCOLTA

La crisi ci priva di un altro compagno in Grecia, che sceglie il suicidio. Ciao Savas

22 aprile 2012 10 commenti

La Grecia prende apprende di un nuovo suicidio, avvenuto ieri 21 aprile.
Un suicidio di un compagno, di un militante, di un uomo di 45 anni, insegnante da sempre impegnato politicamente.
Si chiamava Savas Metoikidis.
Si è impiccato come risposta finale alle imposizioni della troika, si è impiccato lasciandoci un lungo manoscritto in cui spiega le ragioni del suo gesto e che verrà probabilmente pubblicato tra poco, nella sua città natale, Stravroupoli, nel nord del paese.
Sono più di mille i suicidi avvenuti in Grecia dall’inizio della devastazione della società per mezzo del piano di austerità,
ma dopo quello di Dimitris Christoulas, questo è il secondo compagno che sceglie di farlo,
e di renderlo atto pubblico, il primo scegliendo un luogo simbolo come Syntagma -piazza del parlamento greco-,
il secondo lasciando un inequivocabile testo per spiegare il suo gesto.

Quello che pubblico qui sotto invece, che ho preso sempre da OccupiedLondon, è un testo che Savas aveva scritto allo scoppio della rivolta del dicembre 2008, seguita immediatamente dopo la morte del giovane Alexis Grigoropoulous per mano della polizia, senza alcuna ragione.
Una rivolta che ha cambiato molto il profilo delle piazze greche, e che io provai a raccontare da quelle strade, innamorandomene

Chi sono dopotutto i teppisti?

Violenza è  lavorare per 40 anni per delle briciole e chiedersi se si riuscirà a smettere
Violenza sono i titoli finanziari, i fondi assicurativi saccheggiati, la truffa in borsa.
Violenza è essere costretti a stipulare un mutuo per una casa che si finisce per pagare come se fosse fatta d’oro.
Violenza è il diritto del tuo capo di licenziare in qualsiasi momento voglia farlo.
Violenza è la disoccupazione, la precarietà, sono i 700 euro al mese con o senza contributi previdenziali.
Violenza sono gli “incidenti” sul lavoro, perché il padrone riduce i costi di gestione a scapito della sicurezza dei lavoratori.
Violenza è  prendere psicofarmaci e vitamine per far fronte agli orari di lavoro
Violenza è essere una donna migrante , è vivere con la paura di essere cacciato dal paese in qualsiasi momento e vivere in una costante insicurezza.
Violenza è l’essere casalinga, lavoratrice e madre allo stesso tempo.
Violenza è quando ti prendono per il culo al lavoro dicendo: ‘dannazione, sorridi, è chiedere troppo?’

Quello che abbiamo vissuto io lo chiamo rivolta.
E proprio come ogni rivolta appare come una prova generale della Guerra Civile, ma puzza di fumo, gas lacrimogeni e sangue.
Non può essere facilmente sfruttata o controllato. Accende le coscienze, si rivela e polarizza le contraddizioni, e promette, almeno, momenti di condivisione e di solidarietà. E traccia i percorsi verso l’emancipazione sociale.
Signore e signori, benvenuti alle metropoli del caos! Installate porte sicure e sistemi di allarme alle vostre case, accendete il televisore e godetevi lo spettacolo. La prossima rivolta sarà ancora più agguerrita, mentre il marciume di questa società si approfondisce … Oppure, potete prendere le strade al fianco dei vostri figli, potete scioperare, potete osare di rivendicare la vita che vi stanno derubando, potete ricordarvi che una volta eravate giovani e volevate cambiare il mondo.

Savas Metoikidis

Ciao Savas

Ciao Savas

Un convegno che parla dei quotidiani assassinii sul lavoro

30 marzo 2012 1 commento

Proprio ora che di lavoro non voglio sentir parlare per una manciata di giorni,
vi segnalo quest’iniziativa che alcuni lavoratori mi hanno chiesto di pubblicizzare.
Non potrò esserci per ovvi motivi geografici, ma non c’è iniziativa che parla dei quotidiani assassinii sul lavoro
che non ha il mio sostegno, totale.
E gli assassinii sul lavoro hanno diverse forme.
Perché c’è chi esce la mattina di casa e non torna più, morendo come una mosca schiacciata, come se ne sono andati Antonio e Matteo

C’è chi invece a casa torna tutte le sere, convinto che quella tosse sia solo colpa del freddo…e poi vola via, ucciso da una malattia che poteva tranquillamente non prendere, ucciso da ciò che per anni ha respirato, lavorato, imballato, trasportato.
Nessuna di queste morti è bianca, proprio nessuna.
Perché chi muore sul lavoro muore assassinato: assassinato dal profitto, dallo sfruttamento, dai meccanismi del capitale.
Perché chi muore sul lavoro non sembra aver diritto nemmeno alla memoria, a meno che non abbia una divisa addosso.
E allora, proprio nel giorno in cui me ne vado un po’ in ferie, a staccare da questa merda di vita che si fa per 1000 euro al mese,
vi lascio con questo invito a partecipare ad un dibattito con lavoratori, tra lavoratori.
Che dovrebbero uscir di casa per un salario, e spesso lo fanno rischiando la loro vita e perdendola.

CONVEGNO MORTI SUL LAVORO!
SABATO 7 APRILE 2012 ORE 15.00
(SCHIO – Cinema Pasubio- via Maraschin, 77)

SARANO PRESENTI I LAVORATORI:

GRETA ALTO VICENTINO AMBIENTE (SCHIO), TRICOM GALVANICA PM (TEZZE SUL BRENTA), ETRA (BASSANO), ARSENALE F.S (VICENZA), BREDA (SESTO SAN GIOVANI), MARLANE MARZOTTO (PRAIA A MARE), THYSSEN KRUPP (TORINO), MEDICINA DEMOCRATICA

°ASSEMBLEA DEI LAVORATORI PER RICORDARE NOSTRI CADUTI SUL LAVORO, MA ANCHE PER IMPEDIRE CHE TALE IGNOMINIE SI RIPETANO, PARTECIPIAMO TUTTI-E PER CONTRASTARE LE MORTI SUL LAVORO.

°INIZIAMO UNA CAMPAGNA PERMANENTE CONTRO LE MORTI SUL LAVORO E… DA LAVORO, GLI INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO, LE MALATTIE PROFESSIONALI E INVALIDANTI, I DISASTRI AMBIENTALI E LE LAVORAZIONI NOCIVE E PERICOLOSE, SIA PER CHI LAVORA SIA PER LA SALUTE DELLA CITTADINANZA.

°MAI PIU’ MORTI SUL LAVORO IN NOME DEL PROFITTO A OGNI COSTO
°PERCHE’ SI MUORE ANCORA DI INDIFFERENZA, DI NOCIVITÀ’ E DI PRECARIETÀ’.

°IMPARIAMO A DIRE “NO” AL RICATTO DEI PADRONI CHE CI FANNO LAVORARE IN CONDIZIONI DI GRAVE INSICUREZZA, FORTI DELLA DILAGANTE DISOCCUPAZIONE.

Unione Sindacale di Base

 

Sabato di nuovo in piazza: con chi lotta contro la Tav, con chi lotta per il diritto alla casa, con chi lotta contro il carcere

12 marzo 2012 3 commenti

SIAMO TUTTI NO TAV  – SIAMO TUTTI SENZA CASA

Venerdì 9 Marzo circa 200 precari dei movimenti per il diritto all’abitare hanno messo in atto una protesta pacifica occupando l’androne ed il tratto di strada antistante il CIPE (comitato interministeriale per la programmazione economica), che proprio quel giorno approvava ulteriori finanziamenti a compensazione per la TAV.
1 km di TAV = 1000 case popolari questo era lo slogan della manifestazione con la quale si voleva affermare non solo il principio della solidarietà con i valsusini, ma che la lotta NO TAV, per quello che rappresenta è anche la lotta per i nostri  bi–sogni e per i nostri diritti.
Il pestaggio della polizia, il contemporaneo sgombero della tendopoli dello spreco in via Marcello Boglione in VII° Municipio, il successivo tentativo (fallito) di sgombero dell’occupazione di via di casal boccone con l’uso di lacrimogeni e la distruzione totale della struttura da parte dei reparti della celere, l’arresto di 4 attivisti (ora 3 a piede libero ed uno –paolo – agli arresti domiciliari con restrizione totale della possibilità di comunicare), hanno trasformato una protesta simbolica in una vergognosa giornata di repressione delle lotte sociali e del dissenso.
Le responsabilità di quanto accaduto sono chiare e precise. Vanno cercate nelle politiche liberiste ed antipopolari del governo Monti che dopo aver nuovamente massacrato il diritto alla pensione, prosegue ora nella privatizzazione e nella svendita dei beni comuni, in una nuova contro –riforma del mercato del lavoro che rinchiuderà definitivamente le nostre vite in uno stato di precarietà assoluta e permanente.
Vanno cercate nel Sindaco di Roma Alemanno  che prosegue nelle sue politiche di s–vendita del patrimonio pubblico e dei beni comuni – privatizzando ancora l’acqua ed i servizi pubblici locali, regalando ancora la città agli interessi forti delle banche e dei cementificatori. Vanno cercate nella persona del questore di Roma che, mentre la città cade nelle mani della criminalità organizzata, sceglie di prendersela con chi non può permettersi affitti e mutui da 1000 o 1500 euro al mese, promettendo un escalation di arresti e sgomberi.
Ora è chiaro, oltre all’emergenza legata alla crisi economica c’è n’è un altra. La chiusura di ogni spazio di agibilità sociale e politica, la repressione di chi reclama i propri diritti o semplicemente esprime il proprio dissenso e le proprie idee, come accaduto anche con le condanne e le accuse spropositate addebitate  ed inflitte a persone riconosciute o rastrellate a caso durante le grandi manifestazioni di piazza. Per questo crediamo che non solo i movimenti per il diritto all’abitare, ma una città intera, debba mobilitarsi per impedire questa deriva poliziesca e autoritaria.
2,7 miliardi di euro è il costo del solo tunnel TAV della valsusa. Oltre 20 miliardi di euro il costo della intera tratta Torino – Lione (senza contare i finanziamenti per le compensazioni).
Con questi soldi:
Quante casa popolari potrebbero essere realizzate? Quanti Asili Nido? Di quanti ospedali potrebbe essere impedita la chiusura? Quanti centri anti-violenza potrebbero  essere finanziati? Quanti luoghi potrebbero essere recuperati e messi  a disposizione della cittadinanza? Quanti precari e disoccupati potrebbero ricevere un reddito minimo garantito?
Fermiamo questa folle corsa ai profitti di pochi a danno di tutti. Continuiamo a lottare per il diritto alla casa e all’abitare. Per la difesa dei territori, dei beni comuni, dell’acqua pubblica. Per una cultura libera ed indipendente. Per l’accesso e la libera circolazione dei saperi e delle persone. Per la garanzia di servizi pubblici e di qualità. Per i diritti dei lavoratori e un reddito minimo garantito per disoccupati e precari. Per la libertà di pensiero e di movimento.
Le lotte sociali non si arrestano. I nostri diritti e le nostre idee non si sgomberano.
Un’altra Roma è possibile. Un altro mondo è necessario

SABATO 17 MARZO 2012 ORE 15.00
DA PIAZZA VITTORIO
CORTEO CITTADINO
Invitiamo ad organizzare in questi giorni mobilitazioni diffuse in ogni territorio
Paolo Libero! Tutte e Tutti i Liberi!
 
MOVIMENTI PER IL DIRITTO ALL’ABITARE
 
Per adesioni e comunicazioni: abitare@autistici.org

Il comunicato di Anonymous, solidale con il popolo greco!

13 febbraio 2012 3 commenti

Cittadini della Grecia,

Siamo Anonymous.

Abbiamo seguito gli eventi ora in atto ad Atene, con reazioni contrastate. Siamo rattristati dalla distruzione e dalla rovina costate ad Atene ed alla gente che in essa vive da questa campagna.Eppure possiamo simpatizzare con loro. Il governo ha evitato le richieste del popolo infinite volte. Ha rifiutato di ascoltare la sua gente, e per questo motivo siamo al fianco del popolo greco. Abbiamo provato il loro dolore e le loro sofferenze. Non possiamo starcene inerti a guardare mentre il popolo è oppresso a causa di misure di Austerità che non gli gioveranno nel lungo termine.

Questo è il motivo per cui noi prendiamo posizione contro il governo greco. Li abbiamo avvertiti più volte di fermare le proprie azioni contro la loro gente. Li abbiamo avvertiti di smettere di sostenere questi tagli che danneggeranno indefinitamente la classe media e bassa. Non l’hanno fatto. Le azioni ora in atto sono il risultato del loro non ottemperare alle nostre richieste. Non abbiamo organizzato queste sommosse in alcun modo. Tutto ciò che abbiamo fatto è stato diffondere la notizia del fallimento del vostro governo nell’accogliere le condizioni del popolo.

Anonymous sta continuando i propri attacchi contro il governo greco, e non si fermerà finché il popolo non otterrà ciò che vuole. Se questo non accadesse, il governo greco cadrà. Questo è anche un avvertimento a tutte le altre controparti dell’Unione Europea. Italia, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Polonia, e tutte le altre subiranno lo stesso destino della Grecia.

Siete stati tutti avvisati.

Siamo Anonymous.
Siamo Legione.
Non perdoniamo.
Non dimentichiamo.

Saremo al fianco del popolo greco.
Al governo greco: avreste dovuto aspettarci.

 QUI L’ARTICOLO DI @Infofreeflow per INFOAUT : LEGGI!

La Grecia …. e l’ “inimmaginabile”

13 febbraio 2012 2 commenti

Prendo, parola per parola, dal blog di Franco Senia, compagno e amico.
Grazie Fra’ , questo “inimmaginabile” m’è proprio piaciuto!

Una foto regalo da "Il Marconista" che ringrazio. La cercavo da un po'...era lo slogan che più mi era rimasto nelle orecchie! STO DROMO!! TUTTI IN STRADA!

«La scelta non è tra i sacrifici e non fare sacrifici, ma tra i sacrifici e qualcosa di inimmaginabile», così ieri ha chiosato Venizelos, ministro greco delle finanze. Ed è vero. E’ proprio questa la scelta, da fare. La scelta che ieri, in Grecia, forse, si è cominciato a fare. Scegliere qualcosa di inimmaginabile. Immaginare l’inimmaginabile. Commissariati di polizia ed armerie assaltate. Una fune tesa attraverso la strada che consegna ai manifestanti un reparto di motociclisti della non più temuta polizia Delta. Qualcosa di inimmaginabile, in faccia a chi riesce ad immaginare solo fame e miseria, tagli allo stato sociale e indigenza, sfruttamento e schiavitù. Ad Atene, il sindacato che poche settimane fa si era schierato contro i manifestanti a difesa del parlamento, non è riuscito nemmeno a raggiungere la piazza. Sì, è proprio qualcosa di inimmaginabile. Era inimmaginabile, qualche millennio fa, quel che poi in Grecia è cominciato. Non so se tutto questo sia qualcosa che sta finendo o sia qualcosa che sta cominciando. So che è qualcosa. Ed è inimmaginabile.

Leggi il racconto della giornata di ieri: QUI

Grecia: la rivoluzione è d’acciaio e zucchero. Lo sciopero delle acciaierie e l’occupazione di una famosa pasticceria

23 gennaio 2012 1 commento

Sarà il più martoriato dei paesi che stanno subendo la crisi economica, l’austerity imposta dai “mercati internazionali” che spezza la normale vita economica di tutti gli strati del paese,
sarà il paese che sta sfiorando il baratro in modo sempre più pericoloso,
ma ogni volta che #stavitademerda mi permette di trovare il tempo di scovare notizie dalla Grecia,
il mio cuore si riempie di gioia.
Di quella gioia fatta di collettività, di sudore e organizzazione, di costruzione di percorsi d’autonomia, fondamentalmente di  lotta di classe,
quella che da quest’altra parte del mare (un mare piccolo piccolo che sembra immenso) abbiamo rimosso.
Seppellita sotto tonnellate di riformismo, di sindacalismo colluso,
di complottismo, di giustizialismo, di grettezza politica
di incapacità di canalizzare energie e trovare il coraggio di portare avanti le battaglie come si devono portare avanti:
con il coraggio di chi non ha niente da perdere, e vorrebbe TUTTO da conquistare.
Ma non è aria, qui.
No.

Ma la Grecia sta prendendo la strada giusta: sta cercando di prendersi con la forza quello che con molta più forza è stato strappato via.
E lo fa riallacciando la corrente illegalmente alle famiglie che non possono pagare la tassa di proprietà,
lo fa espropriando supermercati di grandi catene e ridistribuendo il cibo preso nei mercati rionali,
lo fa portando solidarietà ai detenuti,
lo fa portando in piazza 15.000 lavoratori delle accierie staccati da qualunque sindacato sempre e comunque colluso e parte integrante dell’indotto di stato di sfruttamento e tagli.
Il piano di Manesis, capo delle acciaierie, caratterizzato dal terrore imposto dai continui licenziamenti e dalla proposta di lavoro a turnazioni, è stato bloccato dalla
tenacia e dalla forza dei lavoratori, che hanno oltretutto trovato un vero e proprio fiume di persone  pronte a portare la loro solidarietà.
I volantini dei lavoratori delle acciaierie parlano chiaro, come quelli di studenti, immigrati, disoccupati:
la chiamata è generale, è ad una lotta di classe contro potere, che sia composta, foraggiata e alimentata da tutte le componenti di sfruttati ed emarginati del paese:
chiama a raccolta studenti, precari, dipendenti pubblici, disoccupati, migranti, clandestini, cittadini e nomadi…
tutti uniti, verso un’organizzazione rivoluzionaria capace di soverchiare il sistema,
così com’è.
Mi si riempie il cuore nel leggere i loro volantini, lo ribadisco emozionata.
• Un’altra notizia “greca” ci arriva da Salonicco, battagliera città, dove i lavoratori di una famosa pasticceria (è una catena con negozi in tutto il paese) “Hatzis”, hanno deciso di occupare il negozio nel quartiere di Kalamaria, dopo che da dicembre combattevano per cercare di ottenere i 5 precedenti mesi di salario, oltre che i bonus economici previsti nella mensilità di dicembre.
Una storia che va avanti da alcuni mesi e che ha dell’irreale visti gli ultimi 5 anni di fatturato della pasticceria e il maldestro tentativo (che sicuramente riuscirà) di puntare al fallimento approfittando della crisi nel paese, per evitare di
pagare i milioni di debiti accumulati con le assicurazioni pubbliche.
Basterebbe fallire, cambiar nome alla società e tutti i debiti, per primi quelli con gli stessi lavoratori, spariranno nel nulla.
Alla luce di ciò negli ultimi mesi i licenziamenti sono stati tanti, rimpiazzati con lavoratori “fantasma”, privi di regolari contratti o con l’obbligo di una precedente firma di “dichiarazione volontaria di licenziamento” che permettono al padrone di non pagare le indennità a chi viene licenziato.
Sono 400 euro al mese per turni fino a 12 ore di lavoro: questo è.

tanto che, come ormai per tradizione in quel paese, il padrone sta iniziando a tremare.
I suoi locali sono bloccati e occupati: al secondo giorno di occupazione la polizia ha fatto irruzione arrestando otto persone, tra cui 4 lavoratori e altri 4 solidali:
la cosa non ha minimamente fermato la mobilitazione.
La lotta continua…alla faccia del padrone, di Manesis e di quelli come loro.

Dai dipendenti della Chinotto Neri: il dramma di un pugno di operai

17 dicembre 2011 5 commenti

Penso che tutto ciò diventerà normale amministrazione.
Questa è una piccola storia, che magari rimane impressa un po’ più di altre perché non è un maglificio o, non so, uno sconosciuto frantoio, ma uno stabilimento che produce una bibita che tutti conosciamo (è per altro la sola che bevo!), il Chinotto Neri.
Copio loro testuali parole

CAPRANICA
“Erano circa le 11:00 di mercoledì mattina (14 dicembre) ed eravamo in piena attività produttiva quando i nostri rappresentanti sindacali sono stati contattati telefonicamente dalle organizzazioni sindacali per una comunicazione urgente.
Ci è caduta addosso come un fulmine a ciel sereno la notizia che al 31 dicembre l’attività lavorativa sarebbe stata sospesa e lo stabilimento smantellato a causa della decisione della società di trasferire la produzione presso lo stabilimento IBG Spa che si trova a Buccino, in provincia di Salerno.
Non è facile descrivere la reazione che abbiamo avuto: incredulità, rabbia ed infine disperazione al momento in cui abbiamo preso coscienza del fatto che le nostre famiglie (tutte monoreddito) sono rimaste da un giorno all’altro senza alcun sostentamento economico, in un momento storico in cui riciclarsi nel mondo del lavoro è un’impresa ardua anche quando si possono vantare esperienza e professionalità decennali. La situazione ci è apparsa ancora più grave quando abbiamo realizzato che per come è stata condotta l’azione di “delocalizzazione” da parte della società (assolutamente legale, anche se discutibile dal punto di vista etico), non abbiamo diritto ad alcun ammortizzatore sociale se non i canonici mesi di disoccupazione al 60% dello stipendio.

Purtroppo la nostra è una “non notizia”, visto che eventi simili avvengono nel nostro Paese e anche nella comunità locale sempre più frequentemente, ma la chiusura della storica azienda Chinotto Neri non costituisce soltanto un nostro dramma personale, ma anche la perdita di un prodotto simbolo per la cittadina di Capranica e per il Lazio, regione nella quale la famosa bibita è molto conosciuta ed apprezzata. Proprio per questo speriamo che la Presidente della Regione Lazio Renata Polverini e l’assessore regionale all’industria ed artigianato si mostrino sensibili alla richiesta d’intervento avanzata dall’Amministrazione Comunale non soltanto nel sostegno economico a noi dipendenti ma anche nell’agevolare la rivalutazione dello stabile nell’ipotesi di un possibile riutilizzo industriale o commerciale.
Ci sentiamo comunque in dovere di ringraziare per il loro impegno e sostegno nei nostri confronti le organizzazioni sindacali Flai Cisl e Flai Cgil e l’amministrazione comunale, la quale si è impegnata tra l’altro ad integrare con un’ulteriore mensilità le 4 concesse dall’azienda come incentivo all’esodo ed a far proprio, con delibera di consiglio, l’accordo siglato tra i sindacati e l’azienda stessa dandoci così una garanzia istituzionale sul rispetto degli impegni presi”.

I dipendenti Chinotto Neri
Angiani Elena, Berto Giovanni, Bertolelli Mario, Delle Monache Angela, Formentini Maurizio, Marangoni Danilo, Montini Domenico, Sposetti Mario, Petretto Augusto, Piergentili Angelo, Porta Sandro

Presidio a Regina Coeli: LIBERARE TUTT@

9 novembre 2011 10 commenti

LA SOLIDARIETÀ È UN ARMA
LIBERARE TUTTE E TUTTI

Nell’affollatissima assemblea di domenica 6 novembre tenutasi al CSOA Ex SNIA si sono incontrate numerose realtà romane provenienti da percorsi molteplici ed a volte distanti, almeno quattro generazioni di compagni e compagne a confronto. La volontà di andare oltre il 15 ottobre e rilanciare percorsi di lotta e autorganizzazione, capaci di connettersi, con la voglia di protagonismo dei giovanissimi, con le tante vertenze nei territori e nei posti di lavoro, con la difesa dei beni comuni e contro profitti e speculazioni. Un sentimento comune nelle dovute differenze senza rimozioni e non senza fare i conti con quanto è successo in quella giornata.

Tutti i presenti si sono espressi per il rifiuto della logica del capro espiatorio alla base del sistema penale e della dicotomia buoni/cattivi con la quale si è voluto criminalizzare da più parti la piazza del 15 ottobre. Un meccanismo che abbiamo subito all’indomani di Genova 2001 con il quale non si è saputo fare i conti. Dopo dieci anni è ancora il paradigma black bloc – infiltrato ad essere riproposto dall’apparato politico, dai pennivendoli e mezzobusti. Un immaginario talmente digerito socialmente da aver scatenato il fenomeno inedito della delazione di massa. Occorre prendere parola e re-agire fuori dai recinti identitari.

In questa direzione, come primo passo, si è deciso di impegnarsi collettivamente perché nessuno rimanga solo a fare i conti con procure e commissariati. Organizzare per questo una campagna per far fronte alla morsa repressiva che si sta impiantando per controllare il crescente disagio sociale e disinnescare il conflitto contro la riorganizzazione del capitale e le politiche europee di austerity. Costruire una rete di solidarietà che si doti come prima cosa di una cassa per le spese legali, l’attivazione di una mailing list per coordinarsi ( https://www.autistici.org/mailman/listinfo/liberta15ott ) e un blog (http://liberatutto.noblogs.org/) per aggiornare le informazioni sui processi e comunicare le varie iniziative.

Si è deciso di scendere questa settimana in piazza, di chiamare Roma a dare una risposta. Le stragi e i disastri colposi che si sono verificati in queste settimane in tutta Italia, a partire dalla nostra città, ci danno il vero parametro della distruzione e del saccheggio che subiamo nei nostri territori, giorno per giorno sulla nostra pelle, niente di paragonabile a dieci vetrine infrante.

L’assemblea si è aggiornata per mercoledì 9 alle ore 20:00 al CSOA Ex SNIA per continuare il dibattito e per organizzare un presidio per sabato 12 novembre in solidarietà con Giovanni Caputi, Fabrizio Filippi, Leonardo Vecchiolla e Carlo Seppia gli unici a cui non sono state derubricate da carcere a obbligo di dimora fra i 14 arrestati  durante e dopo il 15 ottobre. Un occasione per rompere il divieto di manifestare imposto da Alemanno e Maroni, per dare una risposta di massa alla criminalizzazione delle lotte, per la libertà di movimento, per la libertà di tutti gli arrestati e le arrestate.

PRESIDIO DI FRONTE REGINA COELI
SABATO 12 NOVEMBRE DALLE ORE 15:00
LUNGOTEVERE GIANICOLENSE

Per far sentire la nostra solidarietà a chi è ancora in carcere possiamo scrivere agli indirizzi forniti su http://liberatutto.noblogs.org
Per Sottoscrivere per le spese legali di tutti e tutte gli arrestati e le arrestate: venendo negli studi di ROR in Via dei Volsci 56 a Roma, tutti i giorni dalle 8 alle 21; oppure compilando un bollettino di conto corrente postale CCP n. 61804001 intestato a: Cooperativa Culturale Laboratorio 2001, Via dei Volsci 56 – 00185 Roma. Causale: “15 ottobre”; effettuando un bonifico bancario intestato a: Cooperativa Culturale Laboratorio 2001 Codice IBAN: IT15 D076 0103 2000 0006 1804 001 Causale: “15 ottobre”.

Roma: l’autorganizzazione fa capolino nelle Metropolitane

9 novembre 2011 2 commenti

Bello questo comunicato dell’Atac, bello perché quando una società arriva a scrivere pubblicamente simili righe vuol dire che c’è ancora qualche speranza, parola che uso poco e che non amo.
La speranza di pratiche di autorganizzazione nei posti di lavoro, che sappiano far alzare la testa ai lavoratori che da anni subiscono lo sfruttamento e le provocazioni di aziende come Atac Spa: sono un po’ di giorni che le metropolitane di Roma funzionano a singhiozzo.
Sul sito di Atac si parla di “servizio perturbato/ritardi” e il comunicato spuntato da poche ore è inequivocabile.
I lavoratori delle metropolitane di Roma stanno “sabotando” il normale funzionamento del servizio: l’azienda li attacca dicendo che in questo modo, uscendo dalle normali pratiche sindacali, si fa pagare ai cittadini il prezzo più alto.
Tranquilli, siamo abituati a pagarlo, felici di farlo spalla a spalla con chi si ribella, con chi passa all’autorganizzazione.

Questa mattina era chiusa la fermata metro di Termini, mentre la B va lenta lenta che sembra una tartaruga incazzata!
Vi metto il comunicato dell’Atac, che è stupendo:

Atac su agitazioni non autorizzate

Si stanno verificando agitazioni non autorizzate dei macchinisti della metropolitana e degli operai di manutenzione delle officine che, determinando ilrallentamento delle operazioni manutentive sul materiale rotabile e ilrifiuto di condurre alcuni convogli con motivazioni pretestuose, stanno portando alla mancata immissione in esercizio dei treni sulle linee A e B.
A fronte di ciò si stanno creando notevoli disservizi agli utenti del trasporto pubblico, costretti a subire fortissimi disagi e a vedere violato il loro diritto a una mobilità efficiente e sostenibile.
Questa mattina, a causa dell´affollamento determinatosi nella metropolitana per i motivi di cui sopra, le autorità di pubblica sicurezza sono state costrette a chiudere e a sfollare la stazione di Termini.
Tutto questo mentre l´Azienda e le organizzazioni sindacali si apprestano oggi ad incontrarsi per la ripresa delle trattative sul piano industriale, per cercare di individuare insieme le soluzioni compatibili con la delicatissima situazione economico – finanziaria di Atac e del trasporto pubblico locale. Ci auguriamo pertanto che prevalga il senso di responsabilità di tutti.
Nel ribadire che Atac manterrà un atteggiamento di assoluta intransigenza nei confronti di chi supera i confini di una normale dialettica sindacale con atteggiamenti che non colpiscono l´Azienda ma tutti i cittadini, e sperando che dalla trattativa odierna emergano proposte concrete di soluzione alle problematiche, si riserva di valutare l´opportunità di presentare un esposto alla magistratura per tutte le fattispecie penali e civili che eventualmente emergessero.

Alcune notizie in più a riguardo: non si tratterebbe di veri e propri scioperi selvaggi. Diciamo che i lavoratori hanno deciso di applicare alla lettera il regolamento a cui sono sottoposti, rifiutandosi di far uscire vetture difettose.
Piccoli importantissimi passi, che alzano le teste, che creano collettivizzazione, che costruiscono conflitto.

Ad Atene si espropriano i supermercati, nella gioia generale

8 novembre 2011 3 commenti

la foto non è greca, ma mi sembrava adeguata 😉

Sabato 5 novembre 2011, un gruppo di compagni ha effettuato un esproprio in un supermercato di Exarchia che
fa parte della catena Bazar/Fresh Express.
Prodotti di base e cibo sono stati espropriati e poi distribuiti alle persone che si trovavano al mercato all’aperto di Via Kallidromiou.
La folla ha accolto con entusiasmo i carrelli della spesa pieni e ha  prontamente accettato i prodotti con apprezzamento e complimenti per
l’azione.
Le loro ricchezze sono il nostro sangue.
Espropriare Capitale ovunque.

I Compagni

Link in Spagnolo e Inglese

Franca Salerno e la copertina con la stella

14 ottobre 2011 7 commenti

Mi son venuti i brividi quando ho letto queste righe.
Perché ho nostalgia degli occhi di Franca Salerno, non sapete quanta.

Franca e Antonio

Ed è indescrivibile quella per Antonio, suo figlio, di cui si parla in questo racconto dalle celle del carcere speciale di Badu’ e Carros, nel non così lontano 1977. La loro storia l’ho raccontata tante volte sulle pagine di questo blog.

“(…) L’estate mi portò a conoscere tante persone coinvolte nella politica rivoluzionaria allora in piena attività. Al femminile c’era F.S. (*), appartenente ai Nuclei Armati Proletari. Con lei, dopo qualche giorno dal suo arrivo a Nuoro ho avuto modo di sviluppare un buon rapporto amichevole. I colloqui avvenivano via finestra, ma riuscivamo ugualmente a dirci molte cose. Il direttore aveva consentito che ci scrivessimo usufruendo della posta interna. L’intensità del nostro rapporto ci portò a vivere quasi una specie di innamoramoento anche se nessuno dei due manifestò il sentimento che ci aveva presi.
All’arrivo a Nuoro non stava bene perché era stata ferita al momento della cattura. Mi raccontò come andarono i fatti e certe sue affermazioni mi sbalordirono, perché da noi nessun carabiniere si permetteva di mettere le mani addosso ad una donna.
Nello scontro a fuoco cadde ucciso un suo compagno, lei ferita e immobilizzata, venne malmenata con calci allo stomaco e alla pancia.
“Vedi”, mi disse “ora sono preoccupata perché dopo queste botte perderò mio figlio. Ho delle fitte tutti i giorni e altro non possono essere che un principio d’aborto.”
Fortuna che la sua fibra forte le fece superare ogni difficoltà.
Le mie attenzioni per lei si fecero ogni giorno più intense. Il suo pancione aumentava regolarmente, pure lei si era ripresa in salute.
Pensai al regalo che potevo farle in vista della nasacita del figlio. Scelsi un passeggino adatto anche in caso di trasferimento da un carcere all’altro, e chiesi di poter inserire tutto quello che occorreva per un neonato. Una mia sorella, abile in lavori a maglia, preparò una copertina dove spiccava una grossa stella a cinque punte.
Quando tutto fu pronto, i miei familiari portarono il dono al colloquio ma venne respinto immediatamente dalle guardie e ci vollero diverse udienze col direttore per convincerlo ad autorizzare questo mio regalo. Dopo qualche settimana venne finalmente il permesso.
La felicità di F. era tale che dalla sua cella ogni tanto faceva sventolare la copertina per far notare con orgoglio la stella a cinque punte.”
[Annino Mele, Il passo del disprezzo]

LINK:
Una vecchia intervista con Franca Salerno
Ciao Anto’
L’evasione di Franca Salerno e Maria Pia Vianale
Ciao Franca, cuore nostro
I funerali di Franca Salerno

18 arresti nel comitato disoccupati di Brindisi e 11 indagati

12 ottobre 2011 3 commenti

Ci si sveglia con una notizia folle.

Foto di Valentina Perniciaro, Genova 2002, TUTTI LIBERI

Sono diciotto i compagni a cui stanno notificando le ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e altri undici gli indagati: son tutti appartenenti al Comitato dei disoccupati della città:  I reati contestati sono violenza privata aggravata, arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole e industriali, sabotaggio, interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessita’. Saranno inoltre notificati 11 avvisi di garanzia.
Tra loro anche “Bobo” Aprile, noto vecchio compagno nonchè referente storico dei Cobas. Questi arresti son la “conseguenza di un’iniziativa di lotta avvenuta il primo marzo di quest’anno  in cui si rivendicava il diritto al ritorno al lavoro nel settore appalti della nettezza urbana, con l’occupazione della  sede della Monteco, la società che compie il servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani.

LIBERTA’ PER TUTTI GLI ARRESTATI
Seguiranno aggiornamenti: intanto alle 18 è indetto un presidio a Brindisi.

ALLEGO IL COMUNICATO dei COBAS e di altri firmatari

Alle prime luci dell’alba, mentre  per le strade di Brindisi si muovevano i camion dell’azienda  che cura la raccolta dei rifiuti, la Digos portava a termine un’operazione di polizia che nella nostra città non ha precedenti: l’arresto di Bobo Aprile, il responsabile e fondatore a Brindisi del sindacato dei COBAS  e numerosi aderenti al Comitato dei disoccupati brindisini che, nell’ultimo anno,  hanno condotto numerose proteste in città  per ottenere lavoro, anche con assunzioni presso l’azienda della raccolta rifiuti, onde far avere a tutti i cittadini  migliori servizi pubblici

I capi di imputazioni nel linguaggio dei tribunali parlano di violenza privata e interruzione di pubblico servizio, ma altri non sono che l’aver fatto manifestazioni con centinaia di disoccupati, sit-in e altre normali e pacifiche attività sindacali e manifestazioni del pensiero ma,  innanzitutto, l’aver dato voce a coloro che sono ritenuti dai benpensanti di questa città, soggetti da emarginare, cittadini di serie B e utilizzabili solo come serbatoio di voti da usare strumentalmente nelle campagne elettorali,  farcite di  false promesse.

Bobo Aprile, insieme al comitato dei disoccupati,  è stato scelto quindi come soggetto da colpire per dare un segnale forte, non solo ai COBAS, ma anche a tutti i movimenti politici e sociali che in questi ultimi mesi,  con il loro impegno costante hanno dimostrato che un’altra Brindisi è possibile!

Respingiamo con forza questo messaggio e lo rimandiamo al mittente :-“ E giunta l’ora che i poteri forti,  che sino a questo momento hanno fatto il bello e il cattivo tempo in questa città,  si mettano l’animo in pace ! Una nuova generazione di donne e uomini vuol dare un futuro diverso a sé e ai propri figli, lottando in prima persona  e non delegando a nessuno la propria vita.”-

Alle 11.30 presso la sede dei COBAS in via Lucio Strabone 38 , Brindisi, si terrà un a conferenza stampa sull’accaduto. Sono invitati i giornali, televisioni e radio, sindacati, organizzazioni politiche e associazioni e tutti i cittadini .

CONFEDERAZIONE COBAS

Medicina Democratica
Brindisi bene comune,
No al carbone
Associazione RuniRuni
Osservatorio sui Balcani di Brindisi
Pugliantagonista.it

Brindisi 12 ottobre 2011

 

Il 1° agosto si occupa il Principato di Monaco: andiamo?? ;-)

24 luglio 2011 1 commento

OCCUPARE MONACO!
di Paolo Mossetti

Mentre il mondo s’interroga se il baldo principino che a cinquantasette anni ha finalmente impalmato finalmente la bionda natante fosse o no gay e se fossero due o tre i figli illegittimi che adesso rischiano di rovinargli il viaggio di nozze, c’è qualcun altro che ha fatto due conti: lo Stato monegasco estende la sua sovranità su due chilometri quadrati appena – praticamente lo spazio di una tavola imbandita in un matrimonio siciliano; ha 36mila abitanti – Scampia o Quarto Oggiaro li superano; ha, però, ed è questa la cosa che più ci interessa, riserve finanziarie tali da sfamare il globo per i prossimi trecento anni, se è vero che il 84% dei suoi residenti è costituito da dichiarati evasori fiscali, il cui reddito medio si aggira intorno ai 300mila euro – venti volte quello di un calabrese medio.
«I fatti parlano chiaro: i Dolce & Gabbana di questo mondo abitano in questi paradisi fiscali», si legge su Indymedia. «La maggior parte degli oligarchi al top della mappa del potere Europea, siano essi Svedesi, Italiani, ecc. mantengono una presenza a Monaco mentre alla popolazione del Vecchio Continente viene detto che non c’è possibilità di resistere contro questo fenomeno».
Ma ancora più grave, ci sembra, è la melassa gossippara che i quotidiani pseudo-progressisti come di destra continuano a somministrarci, oggi come nei patinati anni Cinquanta, nell’eterna convinzione che gli eventi regali servano ad annacquare le tensioni sociali: vedi il matrimonio del Principe William, etc.
È nato così su Facebook uno dei più originali gruppi che si siano mai visti, dal titolo Occupy Monaco, occupare monaco, tradotto in più lingue, che si pone una semplice domanda: «se c’è stato detto che in un’economia globale il capitale è mobile e non c’è niente da fare al riguardo, perché non possono esserlo anche le persone che vivono nell’UE e altrove?». Una data è stata già scelta, il primo di Agosto. E già diverse discussioni si sono tenute, tra il serio l’ironico, nelle piazze virtuali, per decidere modalità e tattica della protesta. Occupare, fisicamente e a lungo, uno spazio simbolo degli sperperi e delle iniquità dell’Occidente sviluppato ma di perdurante barbarie, ci sembra un’idea straordinariamente efficace.
Vorremmo essere al fianco di questi ragazzi – e se dal virtuale la mobilitazione diventerà reale forse molti di noi lo saroccanno davvero – consapevoli che in tempi di crisi occorrono gesti di crisi. Pensate: vi sono circa cinquecento poliziotti in Monaco – ne vediamo impegnati molti di più davanti gli stadi italiani, e non sempre hanno la meglio – mentre l’unico esercito effettivo è composto dalle cento guardie del corpo della Famiglia Reale. Non ci vogliono armate colossali a difendere i simboli di ingiustizia, se si sono convinti tutti che quei simboli sono inviolabili.

QUI IL SITO: http://occupymonaco.wordpress.com/

Arresti, pestaggi, sevizie e torture: Grecia 2011

22 luglio 2011 1 commento

Alle barbarie rispondiamo con la solidarietà

Alba di sabato 9/7, Eksarxeia. Ancora un caso “isolato” di violenza poliziesca: X.K, 22 anni, uscendo da un concerto per la raccolta fondi
a favore degli arrestati durante i scioperi del 28-29 giugno al politecnico di Atene, ha subito un barbaro attacco dai “guardiani della  democrazia” in divisa. Fratture al cranio, alle braccia, alla spalla, alle gambe e danni ai reni sono i risultati delle pratiche dei servitori
del “ministero della protezione del cittadino”.
X.K non solo non ha avuto le cure mediche immediate di cui aveva bisogno ma e’ stato trattenuto a GADA (la centrale della polizia ad Atene) dove ha avuto “un speciale trattamento”, i torturatori versavano dell’acool etilico sul suo corpo. Affronta delle accuse pesanti per reati che comportano anche l’arresto immediato.
Denunciamo gli organi del mantenimento dell’ordine i quali, in maniera sistematica, usano la violenza e fabbricano delle accuse senza  fondamento. Denunciamo il comportamento del pubblico ministero che non ha rilevato nessuna violazione del diritto della legalità borghese anche nel caso di una persona insanguinata e barbaramente picchiata.
Denunciamo il governo che si sta servendo di pratiche totalitarie. Nella Grecia dei memorandum 1 e 2 la sola risposta dello stato alla rabbia
sociale e alla solidarietà sociale è la barbarie. Esigiamo dal potere giudiziario di svolgere il suo ruolo da potere indipendente e a valutare le responsabilità oggettive.
Ritiro immediato delle accuse a carico di X.K.
Solidarietà agli arrestati dei due giorni di sciopero.

Assemblea popolare Xolargos-Papagou (quartieri periferici di Atene, n.d.t.)

Lettera del ragazzo di 22 anni, che è stato ricoverato in ospedale dopo essere stato arrestato con violenza da una squadra di polizia, mentre lasciava il concerto auto-organizzato dalla stazione radio libera 98 FM al Politecnico di Atene Venerdì, 8 luglio (dopo mezzanotte).

Il 14 luglio un giudice istruttore ha visitato l’ospedale di Erithros Stavros [Croce Rossa], dove C.K. è stato ricoverato, dopo esser stato ferocemente picchiato dai poliziotti il Venerdì, appena fuori dal Politecnico. Il giudice istruttore ha dichiarato che C.K. è “pericoloso per la sicurezza pubblica” e ha emesso la decisione per la sua carcerazione cautelare. Quando ha visto le gravi ferite di C.K., ha avuto l’audacia di dire che “i poliziotti non fanno queste cose” e non si è preoccupata di prendere ulteriori informazioni per quanto riguarda l’incidente.
C.K. è accusato di reato a causa della testimonianza di un poliziotto contro di lui. Noi chiediamo a tutti coloro che erano presenti durante il momento dell’arresto e il pestaggio, un’aiuto per testimoniare in questo caso.

“All’alba di Sabato, 9 luglio, mentre stavo lasciando il concerto al Politecnico (Atene) all’altezza di via Bouboulinas, sono stato improvvisamente attaccato da una squadra di polizia anti-sommossa (MAT), che si trovava in un vicolo vicino. Una decina di uomini dell’unità di polizia anti-sommossa mi ha attaccato picchiandomi violentemente con i manganelli d’ordinanza, ma anche con pugni e calci. Mi picchiavano per lo più sulla testa e sulle costole con grande furia, molti di loro usando i manganelli dal lato di metallo e allo stesso tempo usavano frasi ingiuriose irripetibili.
Dopo pochi minuti, mentre ero sanguinante e in stato di semi-incoscienza mi hanno trascinato sul loro piu’ vicino furgone dove mi hanno lavato con acqua, etilene, alcol e qualsiasi tipo di liquido gli capitasse di avere intorno. Intorno alle 03.45 dopo mezzanotte, sono stato trasferito al quartier generale della polizia. Anche se la mia situazione era davvero brutta, nessuno mi prestava attenzione. Chiedevo un medico, dicendo loro che avevo dolori ma mi hanno risposto che prima dovevano portare a termine le procedure. Mi hanno lasciato sanguinante in un corridoio con indifferenza, nella situazione sanitaria in cui mi trovavo, anche quando ho perso i sensi.
La mattina dopo mi hanno annunciato che ero stato arrestato con l’accusa che… avevo lanciato una Molotov contro la squadra di polizia.
Anche se ho avuto un trauma profondo e una ferita profonda alcuni centimetri al centro del cranio e emorragie in diverse parti del corpo, mi è stato rifiutato il trasferimento in un ospedale adducendo che prima sarei dovuto comparire davanti al procuratore. Dopo mi hanno trasferito al tribunale dove sono stato formalmente accusato di due crimini e due infrazioni (attentato, possesso di esplosivi, disturbo della quiete pubblica e insulti). Poi sono stato trasferito in ospedale.
Dal mio incontro con le forze di ‘sicurezza’, a parte le accuse e il rischio immediato di essere incarcerato temporaneamente, ho ricevuto in ‘dono gratuito’ una serie di lesioni fisiche. Più in particolare, ho subito una frattura al centro del cranio, un profondo taglio in testa che ha avuto bisogno di 9 punti di sutura, un dente rotto, tagli sulla pelle del viso e delle orecchie, la fratturea del gomito e della spalla, una profonda ferita alla gamba che ha avuto bisogno di 10 punti, lussazione del ginocchio, ferite multiple provocate dai forti colpi dei manganelli alle costole e alla schiena, che mi hanno causato un’insufficienza renale.
Sono ricoverati in ospedale sorvegliato da poliziotti che cercano di rendere il mio ricovero ancora più difficile. Sono arrivati al punto di vietare di spegnere l’illuminazione della stanza, richiedendo me e gli altri pazienti di dormire con la luce accesa.
Lo scandalo più grande è che nel documento legale che è stato creato, a parte le false accuse contro di me, non si fà un minimo accenno agli abusi che ho subito. C’è solo la dichiarazione di un poliziotto (nessuno del resto della squadra di polizia vuol mettersi nei guai testimoniando o perché non hanno notato nulla o perchè hanno paura di assumersi la propria responsabilità). L’unica cosa che questo poliziotto ha notato sono stato io mentre lanciavo una molotov e poi che venivo arrestato (tutto secondo la legalità).
Non so ancora se ci sono danni permanenti per la mia salute. Ciò che so per certo, è che volevano uccidermi.
Ecco alcune foto, del risultato del mio incontro con la polizia, chiedo a tutti coloro che hanno assistito all’attacco contro di me o ha qualche materiale fotografico di contattarmi al seguente indirizzo e-mail: solidarity_xk@yahoo.gr.

X.K.”

Albania: la morte va in diretta

22 gennaio 2011 Lascia un commento


Orribile il video che sta girando attraverso da poche ore su internet. Ripreso da un cameraman della televisione albanese News24, il luogo e le modalità in cui sono morti uno due dei tre manifestanti già uccisi dalla rivolta esplosa ieri a Tirana s’è fatto più comprensibile a tutti. I primi video che giravano a riguardo focalizzavano l’immagine sui manifestanti, ma queste nuove immagini, allargando la visuale, permettono a tutti di vedere come andavano le cose qualche secondo prima dello sparo, da dove è stato sparata e cosa stava facendo l’uomo che è rimasto ucciso da quel colpo di fucile. A sparare è inequivocabilmente un membro della Guardia Repubblicana, appostato e accovacciato in una nicchia all’interno della sede del governo.
Le immagini parlano chiaro e vi invito a guardarle: lo si vede inginocchiato, perfettamente al riparo dal lancio di oggetti rivoltogli contro. Si vede bene la fiammata dello sparo e immediatamente dopo il corpo di un dimostrante cadere a terra esanime: non stava facendo nulla, con le mani lungo il suo corpo, osservava gli accadimenti rivolto con lo sguardo verso il suo assassino. Nelle stesse immagini si vede anche un secondo cadavere a terra, ucciso negli stessi istanti di quelli di cui abbiamo le immagini in diretta del suo assassinio: non si sa se a sparare sia stato lo stesso agente perchè non esistono immagini che lo dimostrino, ma non serve molto altro per capire com’è andata.
Altri 5 manifestanti hanno raggiunto gli ospedali feriti da armi da fuoco, mentre per i 6 poliziotti ricoverati le ferite sarebbero state causate solamente dal lancio dei sassi. Rama, sindaco di Tirana e capo dell’opposizione socialista, ha definito queste immagini la “pistola fumante” che inchioda Berisha e il ministro dell’interno Basha alle loro dirette responsabilità. Questa notte, proprio nella capitale, ci sono state molte retate e perquisizioni ed alcuni arresti su disposizione della procura e il numero dei fermi sembra si aggiri intorno ai 110 “manifestanti coinvolti in atti di violenza, accusati di aver colpito gli agenti e di aver dato alle fiamme alcune auto della polizia”, ci riferisce una portavoce della polizia di stato.
Un altro paese del nostro Mediterraneo che alza la testa, con manifestazioni di piazza e rabbia a non finire: la rivolta ci sfiora e si avvicina… noi per ora stiamo a guardare, tanto per cambiare: l’Algeria e la Tunisia ora stanno riempiendo ancora le loro strade di rabbia…

Antonio Salerno Piccinino… cinque anni fa

17 gennaio 2011 13 commenti

Cinque anni che sei volato via.
Nel cuore mio sei sempre qui, sempre allo stesso posto.
Ciao Anto’, occhi belli!

Qui invece, un ricordo di un po’ di tempo fa, un po’ di scatti, un’intervista a Franca

Ben Ali in fuga …

14 gennaio 2011 1 commento

23 anni al potere, e se l’è data a gambe senza nemmeno annunciare la rinuncia al potere. Ha assunto quella carica il 7 novembre 1987, dopo una carriera militare che l’aveva portato ad essere direttore generale della Sicurezza Nazionale per il ministero dell’Interno e poi ambasciatore in Polonia.  A Parigi? A Malta sotto protezione libica? Nemmeno il buon gusto di far ancora sapere dove si trova. Rieletto nel 1999 con il 99,66% dei voti e nel 2004 con il 94,5% dei consensi, aveva imposto una riforma costituzionale nel 2002 che aboliva ogni limite di durata alla carica presidenziale.
Oggi non ci fa sapere nemmeno dove si è rifugiato. Non ha rilasciato una parola al suo paese, alla popolazione che da anni controlla e reprime e che da settimane teme. Portavoci presidenziali francesi fanno sapere di non essere assolutamente al corrente dell’arrivo in Francia dell’ormai ex presidente tunisino, mentre da Malta ancora non arriva nessuna smentita né conferma.

Dalle 19 è un continuo batter d’agenzie, tutte estremamente vaghe: da pochi minuti sappiamo però ufficialmente che Mohammed Ghannouchi è presidente ad interim (è stato prima ministro per la Cooperazione internazione e gli investimenti esteri e dal 1999 ricopre la carica di primo ministro) . Durante il suo primo annuncio si è rivolto alla popolazione e alle “sensibilità politiche e sociali del paese” chiedendo di unirsi attorno allo spirito della patria..

Tunisia (4): Stato d’emergenza in tutto il paese dalle 17

14 gennaio 2011 1 commento

Davanti al ministero dell'Interno di Tunisi, poco fa (Photo credit should read FETHI BELAID/AFP/Getty Images)

FLASH ORE 19: AL-JAZIRA COMUNICA CHE BEN ALI STAREBBE PER LASCIARE LA GUIDA DEL PAESE. TRA POCHI MINUTI DOVREBBE ESSERCI L’ANNUNCIO UFFICIALE, MENTRE GIRANO VOCI CHE LUI SIA GIA’ A PARIGI o a MALTA SOTTO PROTEZIONE LIBICA. I SUOI FAMILIARI SONO STATI ARRESTATI

Ieri sera e questa mattina i nostri media cercavano di dirci che la situazione stava tornando sotto controllo, che il presidente avrebbe abbassato i prezzi, ordinato ad esercito e polizia di smettere di sparare, che non si sarebbe ricandidato alle prossime elezioni…addirittura cercavano di dire che le settimane turistiche primaverili prenotate nelle coste tunisine non dovevano essere annullate perchè la situazione sarebbe velocemente rientrata in tutto il paese.  In realtà sono stati rimossi tutti i membri dell’attuale governo con la promessa di elezioni anticipate entro 6 mesi,  in pieno pomeriggio è stato dichiarato lo stato d’emergenza (quindi anche il coprifuoco) in tutto il paese a partire dalle 17 e il conto dei morti solo a Tunisi degli scontri della tarda serata di ieri è di 13 ragazzi uccisi dai proiettili di polizia ed esercito. E’ stato tentato l’assalto da parte di molte centinaia di persone della sede della banca centrale e del Ministero dell’Interno che la polizia ha difeso con un massiccio lancio di lacrimogeni e molti spari.

Le ultimissime parlano di spazio aereo chiuso e aereoporto di Tunisi occupato dall’esercito, coprifuoco in TUTTO il paese dalle 18 alle 6 di domani mattina per “preservare la sicurezza dei cittadini e la salvaguardia dei beni”. “E’ vietata ogni riunione di più di tre persone sulla pubblica via.

(Photo credit should read FETHI BELAID/AFP/Getty Images

Le forze di sicurezza e dell’esercito nazionale possono fare uso delle armi contro qualsiasi persona sospetta che non rispetti l’ordine di fermarsi o che cerchi di fuggire”. Poco dopo l’annuncio dello stato d’emergenza, alle 17, si sono udite sparatorie nel centro di Tunisi di cui ancora si sa poco, mentre sta bruciando in questi minuti la stazione centrale (a pochi passi dall’ambasciata italiana) e una concessionaria di auto di proprietà di un familiare di Ben Ali. Ansamed ci dice da pochi minuti di incendi in corso a Le Kram (periferia settentrionale di Tunisi) vicino alla zona fieristica dove la popolazione sta accorrendo sulla spiaggia per sfuggire al fumo asfissiante di cui ancora non si conosce l’origine. Incendi anche a Radsh, dove bruciano due banche, il commissariato, il municipio e la sede locale dell’ufficio delle finanze, senza che alcun uomo in divisa si veda nei paraggi.

L’unica notizia positiva è la liberazione di Hamma Hammami, leader del Pcot, arrestato mercoledì mattina a Tunisi nella sua abitazione poco dopo aver rilasciato un’intervista.

QUI le precedenti notizie sulla rivolta del carovita tunisina di questi ultimi giorni

Ratzinger e il posto fisso

3 settembre 2010 1 commento

“La domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante”, si legge nel documento redatto dal Papa alla Giornata mondiale della gioventù, ma i veri “punti fermi” per i giovani risiedono nella fede e “nell’insieme dei valori che sono alla base della società” e che “provengono dal Vangelo”.

Veramente un simpaticone questo papa: non dobbiamo cercare il lavoro ma DIO.
Stiamo proprio messi bene!

Alziamo la testa! Seguiamo l’appello di Assunta!

7 marzo 2010 Lascia un commento

Accogliamo l’appello di questa mamma: chiamiamoci tutt@ Assunt@ e alziamo la testa!

Una madre ventiseienne spiega perché l’ultimo attacco ai diritti riguarda (e tanto) anche i giovani precari

Assunta Rossi*
Liberazione 5 marzo 2010

Cara Erminia,
siamo state fortunate sai? Una volta tanto posso dirlo, e ora che ci sei tu posso anche usare un bel plurale: siamo  state fortunate, piccola mia. Imparerai, piano piano (ma non troppo mi raccomando, che non tira l’aria giusta per crescere senza tener la guardia sempre alta) che spesso è una questione di tempistica, di fortuna (non credo che sarai una di quelle che crederà ai miracoli, è più attraente e altrettanto rara la “fortuna”) … e questa volta la tua mamma è stata fortunata.

1973 _Operaie di Mirafiori_

Per te è un po’ presto per capire, ma già il fatto che io stia qui a parlartene vuol dire che hai inconsciamente capito: non ci saresti stata se quest’ultimo capitolo della devastazione dei diritti dei lavoratori fosse avvenuto qualche mese fa.
Zitti zitti, come se niente fosse, stanno togliendo tutto quello che avevamo conquistato, lavoratori in lotta per anni, per strappare con le unghie una vita decente ai padroni. Son concetti chiari, Erminia, secondo me li capisci pure tu, che mi guardi con quegli occhioni dolci da bimba di due mesi. Sono concetti facili anche per te, eppure mi guardo intorno e sembra che gli altri non capiscano, pensano che stiano privando di diritti una piccola parte di vecchi lavoratori pubblici. Guardaci qua, io ho 26 anni, ti sembro vecchia?
Contratto a tempo indeterminato dopo una lunga odissea. Sono andata a lavorare a 21 anni in quel posto: duecento terminali accesi contemporaneamente, tutti in cuffia ad impazzire con i clienti in linea. A guardarci per la prima volta pensi che hai davanti delle formiche, animaletti tutti uguali intenti a lavorare a testa china. Magari! Lì eravamo tutte formiche, questo è certo, ma non tutte uguali. C’erano le formiche con il contratto, vecchie salariate della grande azienda a partecipazione statale, e noi. Noi, tante e tutte giovanissime al contrario degli altri, le formiche zoppe! Subappaltate, precarie, flessibili: formiche senza alcun diritto di parola. Contratti di sei mesi; se avevi lavorato bene e in silenzio te ne prendevi altri sei, altrimenti a casa senza nessuno scandalo. Sai, Erminia mia, ci sono stata quattro anni così… poi mi sono arrabbiata, come ancora non m’hai visto mai, ho sbattuto la porta alle mie spalle, ho lasciato le formichine e me ne sono partita. Ci son rientrata dopo altri anni in quel posto: con un bel contratto in mano! E’ stato facile vincere, il giudice non ha fatto altro che constatare che non era possibile lavorare subappaltata con la clausola del «periodo di alti picchi lavorativi” per quattro anni continuativi.
Quindi, contratto in mano e anche una scorta di soldi che ci sta dando un grande aiuto da quando ci sei tu: l’azienda che m’aveva sfruttato è stata costretta a darmi tutti i soldi che mi doveva, a risarcire gli abusi perpetrati su me e tutti gli altri nella mia condizione. E così ho scoperto tante parole nuove: ferie, malattie, contributi, pensione, maternità, congedi parentali. Chissà se ti capiterà di incontrarle mai, queste parole rilassanti, chissà se non le studierai solo nei capitoli dei libri che parleranno di quell’Italia nata dalle lotte di operai e studenti che aveva conquistato un paese un po’ più libero, quel paese miseramente scomparso in pochissimi decenni e che torna all’arbitrato, al padronato, all’assenza totale di diritti. Stiamo messi male e siamo anche in pochi ad accorgercene, ci fosse qualche adulto o adulta ancora con la tua capacità di urlare forse tutto ciò non avverrebbe… (allora siamo sulla buona strada, non ci avevo pensato!).
In quel posto che ti raccontavo, quello delle formichine che lavorano zitte e gobbe con la testa che scoppia, ora che tutte hanno un contratto c’è stata una grande rivoluzione sai? Proprio come ha fatto la tua mamma, praticamente anche tutte le altre si son messe a scoprire queste nuove parole scritte su quei fogli… la prima che ci ha colpito è quella che da donne precarie avevamo proprio cancellato dal nostro dizionario: maternità! E così, tanta è stata la gioia di riscoprire quella parola che in poco tempo siete spuntati in tanti, bambini di giovani neo assunte, alla faccia dell’azienda che non ce l’aveva mai permesso e che ora è costretta a farlo. Quasi settanta bambini su meno di duecento assunzioni!Siamo state proprio fortunate piccola mia, perché da oggi tutto questo non sarà più  possibile. Stanno cercando di metter su carta che la formica zoppa deve rimanere tale, che non potrà più chiedere aiuto a nessun tipo di giudice, che dovrà regalare la sua vita e la sua dignità all’azienda di turno senza aprire bocca. Quindi sta a me cercare di impedirglielo, sta a te imparare a lottare per i tuoi diritti ed anche a difenderli, a non farli calpestare o portare via dal primo manipolo di ladroni che prende il potere.
Come dicono in Val Susa, quei tuoi cuginetti che lottano contro l’Alta Velocità e la devastazione del loro territorio, a sarà dura!

* [spacciandomi per Assunta]
Non mi chiamo Assunta, anzi l’ho scelto ironicamente, come nome contro il precariato. Niente di cui vergognarmi, ma con l’aria che tira, con la “licenza di licenziare” ormai legalizzata, beh, meglio rimanere anonima, che il lavoro mi serve. Chiamiamoci tutt@ Assunt@ e alziamo la testa!

Link
Mario Tronti: 12 marzo 2010 “sciopero generale contro l’attacco ai diritti del lavoro”

Si avvicina la scadenza del bando per il reddito sociale

22 settembre 2009 1 commento

BANDO REGIONE LAZIO PER IL REDDITO SOCIALE

Il 30 settembre scade la presentazione delle domande; moduli/consegna c/o i Municipi e centri per l’impiego : il 15 ottobre uscirà la graduatoria,affissa a livello Provinciale c/o le sedi dell’ufficio di collocamento. Sapete già che l’importo è di 580 euro/mensili(x 1 anno) a concorrenza di coloro hanno meno di 8000 euro annui ; il che riguarderà all’incirca 12.000 giovani, visto che l’impegno della R.Lazio è di soli 30 milioni di euro. 181708116_91eda464da-494baa5e23c78
A tutt’oggi, nella sola Provincia di Roma , hanno fatto domanda in 300.000. Per il 30 settembre si prevede siano 500.000 a cui vanno aggiunti almeno altri 100.000 delle altre 4 Province. Di fatto, è un primo-vero censimento della disoccupazione-precarietà, che testimonia la drammatica condizione che vivono i giovani nella nostra regione, senza lavoro né reddito!

Questa sarà l’occasione per molteplici iniziative, soprattutto finalizzate a far aprire i cordoni della borsa alla R.Lazio , moltiplicando per 10 l’intervento pubblico, alfine di dare un minimo sollievo ad almeno 150.000 giovani.La prima di queste iniziative sarà proprio il 15 ottobre c/o i Centri di Collocamento al momento dell’uscita delle graduatorie ; poi, sicuramente alla Regione responsabilizzando e coinvolgendo Enti Locali, strutture locali, il “patto di base”.

REDDITO PER TUTTI BASTA PRECARIETA’

Vincenzo Milicci-Confederazione Cobas

Denuncia mancanza di misure di sicurezza dopo la morte del collega: LICENZIATO!

20 settembre 2009 Lascia un commento

Dal sito NOMORTILAVORO
Luigi Pirino, operario precario della forestale siciliana che viene impiegato per 101 giorni all’anno rimanendo in cassa integrazione per il resto del periodo dell’anno, è stato licenziato dal Dipartimento Foreste della Regione Siciliana per “infedeltà all’azienda” e per “denigrazione”. Il tutto nasce l’8 agosto di quest’anno quando il Pirino assiste alla morte di un collega, travolto da un mezzo, mentre cercavano di spegnere un incendio a Niscemi (CL). L’operaio dopo l’incidente denunciò alla stampa il fatto che non si disponeva di dispositivi e procedure di sicurezza. Licenziato in tronco ricorre al giudice del lavoro.E’ stato licenziato perchè ha avuto il coraggio di dire che nella forestale siciliana non c’è sicurezza per i lavoratori. I sindacati non avrebbero affrontato la questione in maniera giusta e l’operaio si è rivolto ad un avvocato che ora presenterà ricorso al Giudice del Lavoro. A dare la notizia è un servizio video trasmesso dall’emittente televisiva TG10 di Gela in provincia di Caltanisetta.

Intervista a Benoît Nicolas, dopo il “sequestro” dei manager Caterpillar

1 aprile 2009 2 commenti

Il magnate del lusso François Pinault assediato dai suoi lavoratoti Quattro manager della Caterpillar di Grenoble sequestrati nei loro uffici
Paolo Persichetti, Liberazione 1 aprile 2009
I padroni di Francia sono sotto assedio, braccati da operai in rivolta e manifestanti che non tollerano più il quotidiano stillicidio di licenziamenti mentre consigli d’amministrazione e dirigenti d’impresa si spartiscono super dividendi azionari e ricchi bonus. Come ai tempi dell’ancièn regime, oggi una noblesse de l’argent, composta dalle Spa, i consigli d’amministrazione, presidenti e amministratori delegati, quadri centrali d’impresa, vivono in una bolla di ricchezza alla faccia di una società che non arriva alla terza settimana del mese e vede minacciati i posti di lavoro.
Ieri sera, Francois-Henri Pinault, il “re del lusso”, proprietario del gruppo Pinault-Printemps-La Redoute che controlla anche Gucci,

La macchina di Nicolas Polutnik, circondata dai lavoratori  (AP Photo/Laurent Cipriani)

La macchina di Nicolas Polutnik, circondata dai lavoratori (AP Photo/Laurent Cipriani)

Puma, Christie’s, è stato bloccato da un centinaio di manifestanti, in prevalenza dipendenti della Fnac e Conforama, all’uscita della sede sociale del suo gruppo nel quindicesimo arrondissemment di Parigi. La polizia è dovuta intervenire per sgomberare la zona. Sia la Fnac che Conforama hanno annunciato il 18 febbraio scorso licenziamenti del personale per 1.200 unità. In mattinata, invece, quattro dirigenti della Caterpillar di Grenoble sono stati “trattenuti” dagli operai che contestano il piano di riduzione dell’organico. 733 licenziamenti secchi, un quarto dell’intero personale, giustificato dalla multinazionale statunitense con il calo del 55% delle vendite per effetto della crisi. Il direttore, Nicolas Polutnick, il direttore delle risorse umane, un responsabile del personale e un responsabile dei prodotti europei, non hanno più potuto lasciare gli uffici della direzione. «Stiamo discutendo in permanenza con loro», spiega al telefono Benoît Nicolas, delegato sindacale della Cgt mentre torna da un’intervista televisiva. L’indignazione sociale sale incontenibile. È la quarta volta nel giro di appena due settimane che le maestranze di fabbriche colpite da licenziamenti trattengono in azienda i loro direttori chiedendo in cambio l’apertura di negoziati. Il 12 marzo erano stati gli operai della Sony, nelle Landes, a costringere il loro amministratore delegato a un turno di “straordinari notturni“. Lo stesso era accaduto pochi giorni dopo per il direttore del sito farmaceutico 3M di Pithiviers. Ma ormai modalità di lotta analoghe si stanno diffondendo un po’ ovunque nel Paese, come alla Fci microconnections a Mantes-la-Jolie, nel dipartimento delle Yvelines, regione parigina. «I quattro dirigenti sembrano un po’ “sbalorditi – dice sempre Benoît – perché sembra che non abbiano grandi margini di manovra per il confronto». Le decisioni più importanti appartengono a un livello superiore.

 

Com’è venuta la decisione di bloccare i dirigenti?
La direzione ha sempre rifiutato il negoziato. Nella nostra azienda è già in vigore la cassa integrazione parziale. Il rischio è che i lavoratori ricevano la lettera di licenziamento a casa. Caterpillar ha nel mondo circa 100 mila dipendenti. Un quarto di questi dovrà andare a casa. Così hanno fatto sapere. Lunedì abbiamo iniziato lo sciopero e poi siamo andati tutti in direzione, ma l’azienda non ha voluto negoziare.
E cosa è successo?
Niente violenza, né sequestro ma soltanto una decisa pressione affinché si riaprano i negoziati. Nel momento in cui l’azienda annuncia benefici record nel 2008 e distribuisce cospicui dividendi azionari, è nostra intenzione arrivare a un risultato favorevole per tutti i lavoratori.
Quali sono le vostre richieste?
Un piano di salvataggio. 30 mila ero a testa per i licenziati. È giusto che sia così. Va risarcito chi ha lavorato e prodotto ricchezza non i membri del consiglio d’amministrazione. I licenziamenti, poi, non devono riguardare solo le fasce più basse e dequalificate. Chiediamo anche la possibilità di prepensionamenti calcolati sull’ultimo salario per chi ha più di 55 anni e soprattutto le 32 ore settimanali con parità di retribuzione che, da sole, possono salvare 200 posti di lavoro.
Quanto durerà l’occupazione della direzione?
Abbiamo riconfermato lo sciopero. La notte passerà così. Vedremo domani (oggi per chi legge) se qualcuno verrà al tavolo delle trattative.

Nei giorni scorsi Nicolas Sarkozy aveva detto ai parlamentari della sua maggioranza che anche se nel Paese veniva criticato era lui ad avere «la banana in mano». Frase che ha suscitato subito molte polemiche. Forse sta sottovalutando un po’ troppo i lavoratori che non sembrano per nulla disposti a fare la fine dell’omino di Altan. altan3sfIl presidente francese avrà pure la banana ma gli operai sono armati con l’ombrello.

REDDITO MINIMO GARANTITO nel LAZIO, bravi compa’

5 marzo 2009 Lascia un commento

MI SEMBRA IL CASO DI PUBBLICARE IL COMUNICATO STAMPA USCITO IERI SERA, SUBITO DOPO LA NOTIZIA imagesDELL’APPROVAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE PER IL REDDITO MINIMO GARANTITO, DA PARTE DELLA REGIONE LAZIO. UN BEL TRAGUARDO, SOPRATTUTTO PER QUELLE STRUTTURE DI COMPAGNE CHE HANNO IMPIEGATO ANNI DI ENERGIE IN QUESTO PERCORSO E CHE SI VEDONO APPROVARE UNA LEGGE AVANGUARDIA TRA LE REGIONI DI QUESTO PAESE. 
PERSONALMENTE NON SONO PIENAMENTE IN SINTONIA CON LA RICHIESTA DI REDDITO MINIMO GARANTITO, NON LA TROVO UNA VITTORIA COSI’ RIVOLUZIONARIA IN QUANTO REPUTO MOLTO PIU’ IMPORTANTE I SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE, I SUSSIDI AGLI AFFITTI CHE UN REDDITO DI CITTADINANZA. MA NON SONO TEMPI IN CUI SI PUO’ ESSER PIGNOLI, ERA SOLO PER PARLARE…

Oggi 4 marzo il Consiglio Regionale del Lazio, sotto la pressione dei movimenti sociali e dei sindacati di base, approva finalmente la 
legge regionale per il «reddito minimo garantito». Riteniamo importante questo passaggio come segnale seppur minimo, ma significativo, nella direzione di contrasto della disoccupazione e dei processi di precarizzazione, che con l’acuirsi della crisi cresceranno progressivamente sul nostro territorio. Eppure riteniamo che le risorse stanziate siano irrisorie rispetto alla condizione materiale di migliaia di precari e disoccupati.redditomin
Chiediamo quindi fin da ora l’incremento delle risorse messe a disposizione e il relativo allargamento della platea dei beneficiari. 

Per questo rilanciamo da subito una mobilitazione che veda nel mese di giugno, in sede di assestamento del bilancio regionale, la ripresa 
dell’iniziativa politica e sociale per un significativo allargamento delle risorse.
Dentro questo percorso di mobilitazione faremo sentire la nostra voce nelle giornate del 28 e 29 marzo, quando a Roma si riuniranno i ministri del lavoro aderenti al G14, per contrastare i disegni di un welfare lontano dai bisogni reali di chi la crisi la sta già pagando. 
Scenderemo in piazza per continuare a rivendicare l’estensione e la generalizzazione dei diritti sociali a partire dal reddito garantito per tutte e tutti.
Domani, giovedì 5 marzo, alle 18, presso il teatro Volturno di Roma, si terrà l’assemblea cittadina per la costruzione del Comitato romano contro il G14.

Movimenti e sindacati di base contro la precarietà e per il reddito. 

CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA

12 gennaio 2009 Lascia un commento

striscia-copyAppello della Rete contro il Pacchetto Sicurezza

Appello per la cotruzione di una mobilitazione contro il ddl 733: Lunedì 19  Gennaio Sit – in sotto il Senato e Sabato 31 Gennaio Manifestazione a Roma

Il 19 gennaio prossimo è prevista in Senato la discussione del“Pacchetto sicurezza” (DdL 733), che provocherà una grande trasformazione del quadro normativo italiano, già fortemente repressivo e discrezionale nel suo impianto. Le norme contenute nel Pacchetto, infatti, prevedono una politica esplicitamente fondata su misure segregazioniste e razziste per le persone migranti, con o senza permesso di soggiorno, le prime a essere additate come figure pericolose e causa di “allarme sociale”, e su nuove e ancora più drastiche misure repressive contro chiunque produca conflitto e non rientri dentro le strette maglie del controllo. 

barcone_migranti_nLe norme del pacchetto sicurezza colpiscono in primo luogo le persone migranti. Se il Pacchetto sarà approvato chi è senza permesso di soggiorno non potrà più: andare al Pronto Soccorso e ricevere cure mediche, riconoscere figli e figlie, sposarsi e inviare soldi a casa. Il Ddl introduce inoltre: la detenzione nei CIE (ex CPT) per 18 mesi; la tassa di 200 euro su richiesta e rinnovo del permesso di soggiorno; controlli ancora più stretti per acquisire la cittadinanza; il reato d’ingresso illegale nello stato. 
Altre norme, alcune già sperimentate sui/sulle migranti, vengono estese al resto dei cittadini e delle cittadine che non si adeguano alla retorica del “decoro urbano”: l’obbligo di dimostrare l’idoneità alloggiativa per ottenere l’iscrizione anagrafica (che colpisce migranti, senzatetto, occupanti e chiunque non possa permettersi un’abitazione “idonea”); le norme anti-graffito; l’inasprimento delle norme per il reato di danneggiamento. 
Questo delirio securitario esplode mentre i governi decidono di sostenere le aziende e le banche in difficoltà, invece di pensare a nuove politiche sociali di sostegno alla cittadinanza colpita dalla crisi. Scaricando, tra l’altro, tutto il lavoro di cura sulle donne: in quest’ottica, l’unica immigrazione che sembra piacere è quella delle “badanti”. Ai sindaci e ai prefetti sceriffo si attribuiscono nuovi poteri, mentre il Ddl Carfagna criminalizza e stigmatizza le prostitute, imponendo norme di comportamento a tutte e tutti.migranti-02
La loro risposta alla crisi è il governo della paura. La risposta, in Italia come in Europa, da Milano a Castelvolturno, da Atene a Malmöe… è stata un grido di rabbia e libertà: 

NON ACCETTIAMO LA SOCIETA’ DEL RAZZISMO, DELLO SFRUTTAMENTO E DEL CONTROLLO!

Lunedì 19 gennaio appuntamento per tutti e tutte alle 10:00 sotto il Senato a Piazza Navona per un Sit-In che duri fino a sera, per far sentire la nostra voce mentre nelle aule verrà votato il disegno di legge.

Sabato 31 gennaio saremo ancora in strada con un corteo che attraverserà la città, toccando alcuni luoghi simbolo.Appuntamento alle 14.30 a Porta Maggiore per proseguire per Piazza Vittorio e Termini fin sotto al Ministero dell’Interno, per ripensare insieme un’idea di cittadinanza che garantisca a tutt@ i diritti fondamentali e la libertà di scelta e di movimento.

Contro il Pacchetto Sicurezza e il modello di società che impone

Per l’abolizione immediata della Bossi/Fini, perché perdere il lavoro a causa della crisi rappresenta per le persone migranti una condanna alla clandestinità
Per la regolarizzazione di tutte e tutti
Contro il legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, dispositivo di controllo che imprigiona i migranti e le migranti e rende precaria la vita di tutte e tutti
Contro le classi separate per i bambini e le bambine stranier@
Contro la militarizzazione dei confini e delle città
Contro l’ansia e la paura in cui vorrebbero farci vivere
Per ripensare insieme un’idea di cittadinanza che garantisca a tutt@ i diritti fondamentali e la libertà di scelta e di movimento

cpt-disegnoLUNEDI’ 19 GENNAIO 2009: SIT- IN SOTTO IL SENATO        dalle 10:00 a Piazza Navona
SABATO 31 GENNAIO 2009: MANIFESTAZIONE A ROMA        alle 14:30 a Porta Maggiore

Invitiamo tutti e tutte – migranti, studenti e studentesse, scuole in mobilitazione, associazioni, movimenti di lotta per l’abitare, centri sociali, movimenti di donne, femministe e lesbiche, comitati di cittadini e cittadine, precari e precarie, lavoratori e lavoratrici, personale medico e sanitario, artisti e artiste – a partecipare, a moltiplicare le iniziative anche nelle altre città e a coordinarci per dare più voce alla nostra rabbia:

NOI… NON ABBIAMO PAURA!  
RETE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA

Per adesioni, informazioni, contributi, per mettere in rete le iniziative locali e dislocate nelle città attraverso questo bloghttp://nopacchettosicurezza.noblogs.org inviate un’e-mail a:pacchettosicurezza@anche.no

una vecchia intervista a Franca Salerno

4 dicembre 2008 32 commenti

“Sono stata arrestata ed ero incinta, ma mi hanno picchiata
Franca Salerno, Arrestata il 9 luglio 1975, condannata a quattro anni e mezzo per appartenenza ai Nap, Nuclei armati proletari, evasa insieme a Maria Pia Vianale dal carcere di Pozzuoli e riarrestata il primo luglio 1977 in piazza San Pietro in Vincoli a Roma…“In un conflitto a fuoco dove Antonio Lo Muscio è morto ammazzato”.

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Ricordo le foto sui giornali, la tua all’ospedale… “Sì, loro ti cercano, ti pedinano e quando ti catturano ti massacrano di botte. Per quei tempi era normale. Gridavano: “Ammazziamole, facciamole fuori”. Se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. A Pia hanno sparato perché si era mossa. Ricordo i loro occhi, dentro c’era rabbia e eccitazione; erano fuori di sè perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile“.

Al processo, a quanti anni ti hanno condannata?A 18, per banda armata”.
Sapevi di essere incinta al momento dell’arresto? “Sì, avevo questo bambino in pancia e volevo salvaguardare la sua vita. Antonio era morto, Pia era stata portata via con l’autoambulanza ferita, io ero sul selciato e gridavo: “Sono incinta”, ma da ogni autocivetta uscivano uomini e picchiavano. Sino a quando è arrivato anche per me il momento di andare in ospedale”.

Cosa vuol dire fare un figlio in carcere? “Guarda che io il figlio l’ho fatto fuori, in carcere l’ho partorito.

Franca incinta al processo

Franca incinta al processo

Ma non mi sono sentita mamma da subito, all’inizio mi vergognavo. Quasi che il mio essere gravida fosse un tradimento alla rivoluzione”.

Ed è rimasto con te in carcere? “Sino ai tre anni andava e veniva, perché in carcere i bambini non stanno bene. E poi ho fatto molto carcere da sola, come a Nuoro, dove in sezione c’eravamo solo io e lui. Forse dalle lettere avevano capito che vivevo la maternità in modo confittuale e mi hanno messo alla prova”.

Come si chiama? “Antonio”.

Poi cosa è successo? “Compiuti i tre anni, i bambini in carcere non ci possono più stare. È stato un grosso dolore, ma esistevano i compagni e le compagne. E lui esisteva, esisteva come cosa viva, non solo come perdita. Poi ci sono stati le carceri speciali, i vetri divisori nella sala colloquio che per anni ci hanno impedito di toccarci, e tutte le altre difficoltà che “loro” mettevano in mezzo. Ma a me non fregava niente. Mio figlio esiste, mi dicevo, e anche se va via troverò un modo per costruirci qualcosa assieme, per crescerci assieme”.

Chi lo ha tenuto? “Mia madre, mia sorella, l’altra nonna”.

Lui ti ha mai chiesto perché stavi in carcere? “Si, aveva cinque anni e voleva dare risposte alla sua vita di bambino nato dietro le sbarre. Potevo spiegargli la rivoluzione? E poi non mi piace la retorica gloriosa. Così gli ho detto: la mamma ha rubato. Poi, piano piano, ho cercato di spiegare. Ma il racconto vero dei percorsi che mi avevano portato in carcere c’è stato quando sono uscita e lui aveva 16 anni”.

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

E dopo sedici anni di galera come si riprende a vivere fuori? “Per un anno avevo i piedi fuori e la testa da detenuta. Cercavo emozioni passate, fili, ed ero comunque e sempre sulla difensiva. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a misurarmi con la realtà. Col lavoro necessario, con mio figlio. Era una presenza intensa, ma io da sedici anni non ero abituata alle presenze, ad avere persone attorno, all’interesse di qualcuno su di me. Ero disabituata alla materialità degli affetti, ai corpi da toccare. Ho dovuto imparare a non vivere di continue elaborazioni del cervello, a mettere in comunicazione corpo e mente”.

E il carcere, lo hai dimenticato? “Lo sogno continuamente. E per me sognare non è una seconda vita. Per me il carcere è presente, come sono presenti i compagni e le compagne che sono ancora dentro, a scontare una pena che non ha fine. In nessun modo disposti però a barattare dignità e rispetto di se stessi in cambio di libertà. Abbiamo rincorso l’utopia di un mondo migliore e mai l’interesse personale. Non lo faremo adesso”.

È stato facile trovare lavoro? “È stato necessario. Ma tutt’altro che facile. Mi sono state fatte offerte di lavoro da qualche parlamentare in cambio di un mio intervento sul dibattito della dissociazione. Ho rifiutato e mi sono affidata alla gente del quartiere e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie”.

Dell’esperienza del carcere cosa rimane addosso? “Dei vizi. Dentro la borsetta metto di tutto: spazzolino, penna, fogli bianchi, insomma quello che può servire per i cambiamenti improvvisi. Le cose che una detenuta inserisce nello zaino quando c’è aria di trasferimento e sa che, quando avverrà, non le sarà concesso nemmeno il tempo di prepararsi la borsa. E quando mangio lascio sempre qualcosa nel piatto, per dopo, perché non si sa mai”.

Lascia l’amaro in bocca quest’intervista, più di quanto le parole di Franca non lo lascino già.

Perchè quel bimbo di cui si parla, Antonio, non smette di mancare ad ognuno di noi.
Perchè la storia di quella vita nata tra le sbarre di un carcere di massima sicurezza non doveva finire spezzata sul lavoro, come troppe persone ogni giorno.
Solo oggi tra la lista dei morti spunta un ragazzo di 20 anni, morto accanto al fratello, rimasto gravemente ferito….non se ne può più. QUESTA PAGINA E’ QUINDI CONTRO IL CARCERE, CONTRO LA PRESENZA DI BAMBINI DA 0 A 3 ANNI,
MA

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

ANCHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, PER FERMARE LA QUOTIDIANA SEQUELA DI ASSASSINII

Il giorno in cui è morto quel 17 Gennaio del 2006, Antonio Salerno Piccinino stava lavorando e faceva una consegna straordinaria, un favore personale ad uno dei suoi dirigenti, un viaggio fino ad Ostia improvvisato probabilmente per la voglia di dimostrare affidabilità.

Antonio è morto perchè andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci, sempre.
Antonio era un pony express, il contratto di lavoro era scaduto a fine dicembre e formalmente, quando è morto sulla Cristoforo Colombo non gli era ancora stato rinnovato.
Antonio era in nero. Il suo lavoro era quello di corriere addetto ai ritiri presso gli ambulatori veterinari, percorreva sulle strade di Roma 130Km al giorno. 14 ritiri al giorno, 3 euro per ogni ritiro in città, 5 euro per ogni ritiro oltre il Grande Raccordo Anulare e 6 euro per ogni ritiro nella zona mare comprendente Ostia, Torvajanica e Fiumicino.
E’ Indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga.
E’ così che è morto Antonio. Ma Antonio non era affatto il suo lavoro, anzi. Era un ragazzo pieno di vita e di sogni. Antonio era un ragazzo di ventinove anni consapevole dei meccanismi di sfruttamento che era costretto a subire, era un precario che lottava quotidianemente contro la precarietà del lavoro e della vita.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: