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Archive for marzo 2014

Di preti, mutande, condanne e galere mentali… ( grazie a chi ha murato un cesso al Pertini <3 )

17 marzo 2014 3 commenti

Mi sveglio all’interno di un’ospedale da diverso tempo; mi sveglio – oltretutto – all’interno di un’ospedale cattolico, estraneo al servizio sanitario nazionale: insomma non potrebbe andar peggio, diciamocelo.20140317-154256.jpg
Oltretutto son 48 ore che mi scorno con una compagna di stanza che è già mamma malgrado possa esser anagraficamente mia figlia e sostiene di esser consapevole dall’età di 11 anni che avrebbe avuto un figlio malato, e sapete perché?
“Ero una gran monella, e la notte quando pregavo pensavo sempre -Gesù mi punirà per quel che combino, mi punirà con un figlio malato”.

Giuro son rimasta senza parole, ho provato una pena infinita per questa vita che ho accanto che è fatta di autopunizioni e fioretti : cresciuta in un mondo dove anche solo il compiere una marachella infantile potrebbe significare una condanna a vita come un figlio nelle condizioni del suo.
Senza possibilità di scampo, credono in un Dio che le minaccia di tortura da quando son bambine,
donne private di qualunque libertà mentale,
donne schiave della loro condizioni ed incapaci a vedere altro,
donne giovanissime adagiate su una disperazione che sentono “meritata”, mandata direttamente dal loro dio.
Mi chiedo come si possa credere ad un dio così infame, così vendicativo, così carceriere…
mi chiedo, ma è meglio che non mi chiedo, che dopo questi due giorni a parlar con lei mi son cascate le braccia a terra.
Come insegnare ad una donna che la vita potrebbe sceglierla, anche da minorenne, anche da analfabeta, anche da madre di un figlio disperato ed eternamente condannato al nulla? niente. Vi giuro, niente.
C’è chi la rivoluzione non riesce a farla non solo nelle proprie mutande, ma nemmeno nei pannolini dei propri figli.
Quindi a maggior ragione, oggi, col cuore un sacco pesante,
mi sento di dover dar voce a quest’azione simbolica ottima, che ha fatto svegliare Roma con un pezzo di verità murato sull’asfalto.
Un cesso, un cesso identico a quello dove Valentina ha abortito il suo figlio malato,
un cesso, ritratto meraviglioso e anche troppo profumato di un obiettore di coscienza.
uno qualunque, che equivale a TUTTI.

Grazie compagne!

FUORI GLI OBIETTORI DALLE MUTANDE

“Care compagne, vi chiediamo di darne diffusione.

Stamattina abbiamo cementato un “cesso” davanti l’ingresso dell’ospedale Pertini di Roma.

Con quest’azione abbiamo voluto segnalare l’attacco alla libertà di scelta delle donne da parte dei medici obiettori che lavorano nelle strutture sanitarie pubbliche.
L’ennesima violenza è stata vissuta da una ragazza costretta ad abortire in un bagno del Pertini senza alcun supporto sanitario a causa della sola presenza di medici obiettori.

Se l’aborto è criminalizzato tanto da lasciare sola una donna che interrompe la gravidanza, se non si prescrive la pillola del giorno dopo, se la normalità è avere una media di 17 medici obiettori su 19, se l’intersessualità e la transizione vengono demonizzate come se fossero una malattia, è perché ci sono responsabilità individuali generate e legittimate da una volontà politica volta a sostenere la cultura cattolica più bigotta ed oppressiva.

In Italia il numero di medici obiettori raggiunge l’80%, molti dei quali praticano l’aborto privatamente mettendo la propria carriera professionale al di sopra delle singole vite.

Resistiamo contro un’aggressione pervasiva e costante: la proposta di legge Tarzia, che voleva i movimenti per la vita all’interno dei consultori, privatizzandoli e svuotandoli del loro significato; l’impossibilità di accedere alla RU486, fornendola solo con l’ospedalizzazione di 3 giorni; la costrizione nei confronti delle donne migranti senza documenti in regola a trovare metodi alternativi e a volte letali per interrompere la gravidanza; i tanti, troppi ostacoli per trovare una ricetta e poi una farmacia per comprare la pillola del giorno dopo, farmaco su cui non si può obiettare perché contraccettivo e non abortivo; l’assenza di informazioni sulla pillola dei cinque giorni dopo e la conseguente impossibilità ad usufruirne.

Rifiutiamo l’ingerenza dello Stato e della Chiesa nelle scelte che dobbiamo affrontare nel nostro quotidiano. Vogliamo scegliere se, quando e come essere madri.

E’ con un cesso che vi diciamo che fate cacare:
continuiamo a chiederci in che modo venga gestito un luogo di cura in cui avvengono episodi tanto gravi, in cui, non lo dimentichiamo, è stata permessa e causata l’uccisione di Stefano Cucchi.

Vogliamo stanare ogni obiettore perchè venga rispettata la nostra libertà di scelta
Nessuna è sola se ci uniamo nella lotta,
Fuori i preti dalle mutande!

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Maurice, rifugiato politico, deportato in Nigeria … uno dei troppi.

13 marzo 2014 Lascia un commento

Una deportazione dietro l’altra,
non solo di neo sbarcati, che dopo mesi a far muffa in qualche Cara e poi Cie vengono fatti salire a bordo di aerei (spesso di linea e carichi di festanti viaggiatori –LEGGI-), ma anche di chi in questo paese aveva ricostruito la sua vita, aveva trovato compagni di vita e di lotta…
Continuo a pensare che questo debba essere il punto primo di ogni nostra battaglia,
quello a fianco dei nostri compagni migranti.
Vi lascio con la storia di Maurice, uno di noi: che da due giorni è stato rimandato nel paese da cui era fuggito, la Nigeria.
La dovreste proprio paga’ cara…in primis tutte le giunte di sinistra, i piddini -tanto democratici- responsabili di deportazioni e tortura.

Dal sito: hurriya.noblog.org
Maurice Amaribe, un compagno di origini nigeriane che si era battuto fin dai primi giorni dell’occupazione Casa de Nialtri ad Ancona (sgomberata ad inizio febbraio), è stato deportato nel suo paese di origine.

Maurice era stato prelevato la mattina del 6 marzo e da quel momento non si avevano sue notizie. Secondo quanto appurato dalla delegazione di Casa de Nialtri presso la questura di Ancona è stato rimpatriato il giorno successivo.

Nel comunicato diffuso (qui) Maurice viene descritto così:
Sempre gentile, rispettoso nei confronti di tutti, felice di dare quotidianamente il suo contributo ad un’esperienza che lo aveva da subito coinvolto. Maurice era da alcuni anni ad Ancona. Gli era stato riconosciuto lo status di rifugiato politico. Ma i documenti gli erano scaduti e non ha fatto in tempo a rinnovarli

Nello stesso comunicato si ribadiscono anche le responsabilità della giunta e (aggiungiamo) del sindaco (PD) Mancinelli che all’inizio di febbraio avevano sgomberato, mandando un piccolo esercito di sbirri, l’ex scuola in cui era sorta l’occupazione abitativa Casa de Nialtri.

Continua la barbara pratica della deportazione degli immigrati nei loro paesi d’origine per la sola accusa di non avere documenti, pratica che sempre più spesso riguarda i migranti che lottano e si espongono in prima persona.

Non va infine dimenticato che ad Ancona, secondo l’unione inquilini, ci sono 1300 richieste di assegnazione di case popolari a fronte di 100 posti disponibili e 110 sfratti ogni anno e la scuola sgomberata più di un mese fa è ancora vuota (in attesa che partano i lavori urgenti), ma le persone che si autorganizzano continuano ad essere avversate e criminalizzate.

Ad abortire sole, magari in un cesso, siamo state troppe: maledetti obiettori assassini

11 marzo 2014 5 commenti

Valentina porta il mio stesso nome, gli ospedali dove abbiamo vissuto un’esperienza simile son diversi, stessa e maledetta è la città, capitale in “grande bellezza” e nel numero degli obiettori.

Foto di Lorenza Valentini…

L’aborto terapeutico sventra nel corpo e nell’anima, qualunque cosa pensate essa sia.
L’aborto terapeutico è una scelta lacerante, che apre ogni tua emozione a partire da quella placenta che già inizia a muoversi, ad avere la forma dell’amore totale; nessuno dovrebbe parlare, nessuno dovrebbe fiatare sull’aborto terapeutico, su una simile scelta che una donna, e nel migliore dei casi una coppia si trova a prendere.
L’aborto teraupetico non è una scelta “libera” come l’aborto volontario nelle 12 settimane: quando decidi di abortire un figlio a cui hanno diagnosticato una malattia non sei libera, sei un condannato a morte, sei uno zombie che cammina per ritrovarsi comunque spalle al muro davanti al grilletto.
L’unica scelta possibile è sparare e si muore tutti, inevitabilmente.

Ognuna di noi, quasi tutte noi, ha dovuto abortire nella solitudine,
in ospedali deserti, in corridoi festanti per le nuove nascite…
Io ricordo di una dottoressa che ebbe pietà di me, alle 3 di notte di una vigilia di capodanno e mi fece salire in sala parto, in quel momento tranquilla…rimanere lì alla 16esima ora di contrazioni, con un indecente pannolone e una mamma accanto che allattava per la seconda volta il suo splendido sano e solare primogenito era troppo anche per lei, che forse combatte con gli obiettori più di noi,
lavorandoci spalla a spalla.
Rimasi sola con quel corpicino perché nessuno mi si filò per un po’,
finchè il profilo di una donna di una certa età non si è avvicinato, ha capito, mi ha lavato, mi ha baciata, ha pianto con me.

Poi di nuovo il reparto, i vagiti felici, le mamme che ti chiedono in che posizione attaccarlo al seno convinte che anche tu sia lì per partorire, invece sei senza luce, al buio, scombussolata da dolori, ormoni, farmaci, morfina, obiettori che poggiano gli occhi su di te…
e passano oltre.
Uno, due… ricordo che le ore passavano e nessuno poggiava gli occhi su di me, apriva la cartella, guardava se era il caso di togliermi i tamponi e mandarmi a casa.
L’ho già raccontato su questo blog quella lunga maledetta mattinata e non mi va di rifarlo perchè la rabbia è la stessa di quel giorno.

Volevo solo chiacchierare tra donne, tra amiche, tra compagne:
BASTA! è veramente ora di farli sparire, di spazzarli via dalla sanità pubblica, di toglierceli dalle mutande, dall’utero, dalla fica.
Fuori, fuori dagli ospedali, fuori di prontosoccorso, fuori dalle ginecologie: non avete diritto di esercitare la professione di medici,
non avete diritto di decidere sulle nostre vite.
Vi auguro la solitudine, in un letto di ospedale, per ogni donna che avete insultato con il vostro sguardo,
Con il vostro rilassato “saltarla” e passare a quella dopo,
malgrado dolori, malgrado emorragie, malgrado si partorisca in un cesso aiutate solo dal proprio compagno.

Dovreste veramente pagarla cara, pagare ogni nostro goccio di sangue non medicato.
ASSASSINI, PERVERSI FOTTUTI MALEDETTI ASSASSINI

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Berkin Elvan, il piccolo principe di Taksim, è volato via dopo 269 giorni di coma

11 marzo 2014 4 commenti

269 giorni ad accarezzarti, a pulire la tua pelle per evitare che le piaghe la mangiassero,
269 giorni di canzoni, di sorrisi faticosissimi e voce serena per provare a farti sentire che intorno a te tutto era rilassato, in semplice tua attesa.

269 giorni che le dita di tua madre si intrecciavano alle tue cercando una contrazione, un tocco di vita che poi in realtà non è mai arrivato,
269 giorni ad osservare le palpebre senza battere le proprie per paura di perdere proprio in quel batter d’occhi involontario il primo movimento possibile che avesse il sapore della vita, o di qualcosa di almeno leggermente simile.
Quando ho saputo che il “piccolo principe” di Taksim se ne è andato all’alba di questa giornata
i miei occhi ormai decisamente stanchi hanno incontrato quelli di tua madre,
come li avessi incontrati per 269 lunghi maledetti bastardi giorni.
Ho conosciuto il coma di mio figlio, ancora ne combatto i malefìci che ha inserito nel suo corpo e per sempre li combatterò,
ho conosciuto quindi la tua mamma caro Berkin, perchè quello che si impara tra i lamenti sordi di una rianimazione,
quando si balla con la morte e quasi la si attende come salvezza, è che si è tutte lo stesso cuore.
Tutte mamme col vuoto dentro, intorno, davanti: il buco nero del bip di quel monitor.

Tu non eri nemmeno sceso a manifestare quel giorno, a 14 anni.
Eri solo andato a prendere il pane, forse a malapena cosciente che intorno a te c’era chi combatteva per difendere un qualcosa e conquistare il mondo intero; colpito in testa da un lacrimogeno, hai trovato davanti a te soltanto il buio del coma,
e le canzoni di tua madre che chissà se avrai mai sentito, in quei 269 giorni terminati stamattina alle 7.
Il tuo corpo pesa 16 kg, a questo è arrivata la vita prima di consegnarti alla polvere…
io ti auguro un viaggio leggerissimo, auguro alla tua mamma di poter dimenticare per sempre questi 269 giorni,
quel lacrimogeno, la tua pelle gonfia, il silenzio dei medici, auguro a lei di avere stampato in testa, per sempre, solo il tuo sorriso.

Oggi in tanti, in tantissimi sono arrivati all’ospedale dopo la notizia della tua morte e la polizia turca non ha esitato a reprimere…
ancora una volta un colpo in testa, un lacrimogeno che prende un fanciullo, un corpo che cade e perde i sensi,
come 269 giorni fa…

E da quel momento non si è mai fermata questa lunga giornata, fatta di una rabbia che arriva fino a dove tu stai viaggiando,
fatta dei loro idranti, lacrimogeni, manganelli, pallottole di gomma….

PAGHERETE CARO, PAGHERETE TUTTO!

Tanto il materiale presente su questo blog sulla rivolta di Taksim..
vi lascio un po’ di link

Gli idranti rossi, i loro effetti e le nottate di Taksim: LEGGI
Quando basta respirare per il sangue: LEGGI
ALTRE LETTURE:
La giornata dell’11 giugno: mattina /pomeriggio / sera
Racconto per immagini
Taksim / NoTav: una faccia, una piazza
La brutalità della polizia, per immagini
Le ultime parole di Abdullah
I primi morti / Che poi son 3
La rivolta dilaga nel paese
Il comunicato della piazza / La risposta NoTav
Istanbul: è guerriglia in difesa del verde
Gli aggiornamenti del 31 maggio
Le immagini e gli aggiornamenti del 1 giugno
Le richieste della piazza

31 marzo 2015: sequestrato il magistrato che seguiva il caso LEGGI

Ciao Berkin, i nostri pugni al cielo ti accompagneranno tra le stelle…

Un bacio alla tua mamma…