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PIOMBO FUSO: 3 ore di tregua al giorno. Aggiornamenti vari

7 gennaio 2009 1 commento

TRE ORE DI TREGUA AL GIORNO DALLE 11 ALLE 14.
QUESTA E’ L’ULTIMA NOTIZIA PROVENIENTE DALLA STRISCIA DI GAZA. TUTTI I GIORNI SARANNO GARANTITE TRE ORE DI STOP ALLE AZIONI MILITARI : ECCO IL CORRIDOIO UMANITARIO DI CUI SI PARLAVA IN QUESTE ULTIME ORE.
Nel frattempo 40 obiettivi sono stati colpiti alle prime ore dell’alba, mentre alcuni testimoni riferiscono che lo Tsahal, l’esercito con la stella di Davide, ha lasciato il campo profughi di  Khan Younis: i tanks sono ora posizionati al di là delle recinzioni israeliane.

Foto di Mohammed Salem _Bombardata scuola U.N.R.W.A._

Foto di Mohammed Salem _Bombardata scuola U.N.R.W.A._

ORE 10.23: Centinaia di migliaia di sciiti libanesi simpatizzanti del movimento sciita Hezbollah stanno dando vita oggi ad una grande manifestazione in occasione di una importante ricorrenza religiosa sciita, ma anche per protestare contro l’offensiva israeliana a Gaza. Il leader del movimento Hezbollah, il Sayyed Hassan Nasrallah, dovrebbe per l’occasione pronunciare un discorso rivolto ai manifestanti, attraverso un enorme schermo montato allo stadio al Raya, in cui certamente parlerà della situazione a Gaza, così come ha fatto nei dieci giorni scorsi in occasione delle celebrazioni per l’Ashura. L’Ashura è la commemorazione del martirio di Hussein nipote del profeta Maometto, nel 680, da parte delle truppe del sovrano sunnita. I sostenitori di Ali e di suo figlio Hussein sono stati sin da allora conosciuti come sciiti (seguaci, o partigiani). «Rinnovate il vostro impegno alla resistenza (armata) e la vostra collera contro Israele e il Grande Satana (gli Usa), che danno ordini a Israele», ha esortato i manifestanti Nasralalh, quando ha convocato la marcia di oggi. «Labbaika Nasrallah», ovvero ‘ai tuoi ordini Nasrallah’. Labaiki Gaza«, ‘ai tuoi ordini Gazà, »Israele è il nemico dei musulmani«, hanno da parte loro scandito marciando i manifestanti, tra cui si staglia una marea di donne vestite di nero.

Foto di BIlal Hussein _Ashura, oggi, a Beirut_

Foto di BIlal Hussein _Ashura, oggi, a Beirut_

«Siamo pronti per ogni possibilità e ogni aggressione», ha detto oggi minacciosamente il leader del movimento sciita libanese Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, rivolto ad Israele. L’offensiva israeliana contro il Libano del 2006 «sarà per voi come una passeggiata se paragonata a ogni nuova aggressione», ha detto ancora Nasrallah in un discorso pronunciato in occasione delle celebrazioni per la ricorrenza sciita dell’Ashura. «Tutte le possibilità sono aperte e dobbiamo essere pronti per qualsiasi emergenza o sorpresa», ha aggiunto parlando ai suoi sostenitori e, rivolgendosi al premier israeliano Ehud Olmert, ha affermato: «Non riuscirai a distruggere Hamas come non riuscirai a distruggere Hezbollah».«Come (l’ex ambasciatore Usa alle Nazioni Unite John) Bolton ha detto, il piano americano e israeliano è di consegnare Gaza all’Egitto e parti della Cisgiordania alla Giordania, per quanto la generosità israeliana lo permetterà, e mettere fine all’opzione di due Stati», ovvero uno israeliano e uno palestinese. Egli ha però poi affermato che «fino ad ora non sappiamo l’ampiezza e le conseguenze del piano e le collusioni» con esso da parte dei regimi arabi ma, ha ripetuto, «dobbiamo essere pronti per ogni possibilità».

12.32 Nessun accordo economico con Israele fino a quando non sospenderà l’operazione militare nella Striscia di Gaza.

Foto di Ramzi Haidar _Donne velate e non all'Ashura di Beirut_

Foto di Ramzi Haidar _Donne velate e non all'Ashura di Beirut_

Lo hanno chiesto all’Ue alcune ong francesi – Comitato cattolico contro la fame (Ccfd), Oxfam Francia e la Federazione internazionale dei diritti dell’uomo (Fidh) – alla vigilia dell’incontro informale dei ministri degli Esteri dell’Unione a Praga. Le ong d’Oltralpe, che hanno accusato Israele di «violare il diritto internazionale umanitario e favorire il proseguimento della violenza», hanno chiesto a Bruxelles di sospendere il processo, che dovrebbe concludersi nel 2009, che mira a potenziare la cooperazione economica e politica con Israele. Nessun legame privilegiato con Israele «fino a quando non accetterà il cessate il fuoco completo e permetterà l’ingresso nella Striscia». In gioco, spiegano le ong, «la stessa credibilità dell’Ue»

13.59: Il rappresentante di Hamas in Libano, Osama Hamdan, ha affermato che il suo movimento sta studiando una proposta egiziana per un cessate il fuoco nella striscia di Gaza, ma respinge ogni ipotesi di dispiegamento di una forza internazionale nella Striscia stessa. «Hamas sta studiando una iniziativa egiziana, anche se ha molte riserve in merito», ha detto Hamdan all’emittente tv panaraba al Jazira. «In ogni caso – ha aggiunto – non accetteremo (il dispiegamento di) forze internazionali». Il presidente egiziano Hosni Mubarak ha annunciato ieri un piano per un cessate il fuoco, senza fornire dettagli. Secondo fonti di stampa, esso prevede però l’uso di una forza internazionale per sigillare le frontiere della striscia di Gaza per il contrabbando di armi per Hamas.

14.02:  È ormai sull’orlo del collasso il principale ospedale di Gaza, il policlinico di Ash-Shifa, la cui funzionalità (assieme alla vita di decine di pazienti) è affidata alle ultime riserve di carburante che fanno funzionare i quattro generatori di energia. Il direttore dell’ospedale, Hussein Aashour, ha spiegato all’agenzia ‘Maan News’ che senza nuovi rifornimenti di carburante dovranno essere sospesi tutti i servizi d’emergenza, come quelli che tengono in vita

Foto di Mohammad Salem _Jabaliya, i funerali delle vittime del raid di ieri al rifugio Unrwa

Foto di Mohammad Salem _Jabaliya, i funerali delle vittime del raid di ieri al rifugio Unrwa

25 neonati prematuri, oltre a decine di pazienti in terapia intensiva e a quanti si sottopongono a dialisi. Le riserve di gas bastano per i prossimi due giorni, dopo i quali i pazienti non potranno neppure godere di pasti caldi o materiale sterilizzato, ha aggiunto il direttore dell’ospedale, che con i suoi 596 posti letto non riesce a reggere il carico supplementare di lavoro legato all’attacco militare israeliano

14.54: Fonti di Hamas a Gaza, citate dalla radio pubblica israeliana, hanno detto che questo movimento islamico sta esaminando le proposte egiziane per un cessate il fuoco

15.03: Il gabinetto per la sicurezza israeliano ha rinviato oggi una decisione se ordinare alle truppe di procedere alle terza fase delle operazioni militari nella striscia di Gaza, che prevede l’ordine all’esercito di entrare nel cuore dei centri urbani.

15.14: È finita pochi minuti fa la tregua di tre ore proclamata dall’esercito israeliano e sono ripresi i bombardamenti sulla striscia di Gaza. Secondo l’inviato della Tv araba ‘al-Jazeera’, gli attacchi sono ripresi con un colpo di artiglieria sparato poco fa dalle forze israeliane contro una casa del quartiere al-Zeitun che si trova nella periferia sud orientale di Gaza. Il cessate il fuoco di tre ore è stato rispettato anche dalle milizie di Hamas che in questo lasso di tempo non hanno lanciato razzi contro Israele. In questo momento gli elicotteri militari israeliani stanno sorvolando con insistenza nella parte nord della striscia di Gaza pronti a colpire nuovi obiettivi.

18.14: La rete fognaria nella striscia di Gaza rischia il collasso a causa dei bombardamenti israeliani, 10mila persone sono in pericolo. È l’allarme lanciato dalla Banca mondiale che precisa come le pompe che evacuano le acque reflue verso i bacini nel Nord della striscia hanno smesso di funzionare per la mancanza di corrente elettrica e olio combustibile. Le pompe sono indispensabili per evitare che il principale bacino di recupero delle acque di scarico, afp147185010401095233_bigsituato a Beit Lahiya, nel Nord del territorio, debordi. Secondo la Banca mondiale le mura del bacino di Beit Lahiya sono minacciate dalle esplosioni di bombe avvenute nelle vicinanze e dalla pioggia, e potrebbero causare un disastro ambientale e sanitario per 10 mila residenti. Già nel marzo 2007 cinque palestinesi rimasero uccisi e altri 1.500 furono sfollati nella Striscia di Gaza a causa di un’inondazione provocata dallo sprofondamento del sistema di evacuazione delle acque reflue.

19.10: Il gabinetto di sicurezza del governo israeliano ha dato il ‘via libera’ ad un allargamento dell’offensiva contro Hamas a Gaza. Lo ha riferito una fonte militare all’agenzia France Press. “Hanno provato il proseguimento dell’operazione di terra”, ha reso noto la fonte, “che comprende una terza fase di allargamento e la spinta piu’ profonda dentro le aree popolate”. “(Il governo) lascia comunque alla difesa (il compito) di stabilire se applicare la decisione”.

22.56: Non c’è accordo in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu su un cessate il fuoco tra Israele e Hamas: lo ha detto l’ambasciatore francese Jean-Marie Ripert, il presidente di turno, ai giornalisti.Ripert ha ricordato che i documenti sul tavolo del Consiglio di Sicurezza sono due: una bozza di risoluzione presentata dalla Libia e una bozza di dichiarazione presentata dalla presidenza di turno francese. «Dato che su nessuno dei due documenti c’è l’unanimità, i negoziati in seno al Consiglio di Sicurezza proseguono», ha precisato il rappresentante permanente della Francia.

CARBONE E FOSFORO PER I BAMBINI DI GAZA

6 gennaio 2009 4 commenti

La befana di Gaza non arriva sulla scopa come nella nostra tradizione, ma sta entrando nel campo profughi di Khan Younis con elicotteri da combattimento, decine di carri armati Merkava e di tutti gli armamenti di cui è dotato il più fornito esercito del mondo.

Cartina da Limes

Cartina da Limes

A Deir el-Balah, in particolare, fonti mediche palestinesi dicono che l’artiglieria navale ha provocato almeno dieci morti.
Una befana piena d’odio, che usa il fosforo bianco per illuminare le lunghe notti di Gaza…la stessa sostanza usata massicciamente a Falluja e dagli stessi israeliani nell’ultimo attacco contro il Libano, nell’estate del 2006.
Il fosforo bianco si riconosce abbastanza facilmente sui corpi…perchè mangia gli organi, la pelle, e lascia intatti i vestiti e spesso anche i capelli. I corpi di chi viene ammazzato col fosforo sembrano una macabra caricatura, appaiono surreali e indescrivibili. Corpi e corpicini.
Perchè l’età media del paese più densamente popolato del mondo è di 16 anni: perchè dall’inizio di quest’attacco i bambini uccisi sono più di 90.

Dalle prime luci dell’alba sono entrati a Khan Younis, nel sud della Striscia…sicuramente una delle roccaforti del partito di Hamas, formazione islamica che ha visto di molto allargarsi il sostegno popolare (purtroppo e ovviamente) dopo questi giorni di fuoco. Volevano distruggere Hamas, la stanno rendendo molto più potente di prima, foraggiata dall’odio di un popolo in gabbia, moribondo.
E ancora parlano dei Qassam, che in 7 anni hanno fatto 18 morti. Qui non c’è più terra per seppellire le persone.
In Israele è stato sospeso il campionato di calcio per la paura dei lanci…nel sud sono state chiuse le scuole e si iniziano a chiudere gli ospedali spostando i degenti negli ospedali più a nord: pensate a quanto sarebbe bello per un malato palestinese avere anche solo un generatore elettrico dentro l’ospedale, non dico di essere trasferito dove non rischia di esser raso al suolo, ma di avere almeno acqua che non esca salata dai rubinetti ed un po’ di energia elettrica.
La sproporzione è palese, ma nessuno sembra farci caso.
Parlano della paura dei pazienti israeliani negli ospedali di Ashkelon, senza mai dire che non c’è modo di curare i feriti a Gaza, migliaia e migliaia di feriti di ogni età che non riescono nemmeno a raggiungere i medici e che quando ci riescono non possono esser curati per mancanza di Tutto.
Un tank israeliano è stato colpito, pare da fuoco amico, e sono 3  i soldati che hanno perso la vita, arrivando ad un totale di 5.

Fonti locali aggiungono che altri scontri a fuoco sono in corso nel campo profughi di Jabaliya, a nord di Gaza. Un’emittente palestinese locale sostiene che miliziani sono riusciti ad abbattere un aereo senza pilota (drone) israeliano: finora però non sono state divulgate immagini in merito. Secondo un sito web palestinese, Hamas avrebbe passato per le armi alcuni palestinesi che da Gaza avrebbero, secondo l’accusa, aiutato l’incursione israeliana. Ma finora non è stato possibile verificare questa notizia con fonti indipendenti
israel-flag-gun19.45 Tre palestinesi sono rimasti uccisi stamani nel corso di un raid aereo dell’aviazione militare israeliana che nella Striscia di Gaza ha centrato con un razzo una scuola dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Lo hanno riferito fonti dell’Onu a Gaza City, secondo le quali le scuole sono piene di gente che vi cerca rifugio dai bombardamenti e dai violenti scontri armati in corso tra miliziani di Hamas e militari israeliani.

13.30: Le truppe israeliane proseguono nella loro avanzata su Gaza City e stamani i carri armati sono entrati prima dell’alba a Khan Younes, la principale città nel Sud della Striscia. Dal canto suo, Hamas ha per la prima volta fatto ricorso a razzi di gittata maggiore di quelli sinora usati e ne ha

Foto di Zoriah

Foto di Zoriah

scagliati alcuni che hanno raggiunto stamani la città di Ghedera, 45 km a Nord-Est dalla Striscia e appena 40 km. da Tel Aviv. Razzi sono caduti anche ad Ashdod, Yavne e Beer Sheva. Appoggiati da elicotteri da combattimento, i carri di Israele hanno sparato contro gruppi armati di Hamas e di altri gruppi islamici che hanno risposto al fuoco. L’odierna incursione nel quartiere di Abassa (a Est di Khan Younes), è la prima delle forze israeliane in una roccaforte di Hamas dall’inizio dell’offensiva di terra. Duri scontri sul campo sono divampati anche a Deir el-Balah e Bureij, nella zona centrale della Striscia. Altri scontri sono avvenuti nel campo profughi di Jabaliya, a Nord di Gaza City, dove l’esercito ha probabilmente ucciso un capo militare di Hamas, Iman Siam, che secondo i servizi segreti israeliani è il responsabile dei progetti di lanci di razzi. Mentre stamani il presidente francese Nicolas Sarkozy arrivava a Damasco e chiedeva alla Siria di esercitare pressioni su Hamas perchè cessi di usare le armi, sono proseguiti i raid aerei e i bombardamenti dal mare. A Deir el-Balah, in particolare, secondo quanto riferito da fonti mediche palestinesi, l’artiglieria navale ha fatto almeno 10 morti, ma la notizia non ha ancora avuto conferma in Israele.

14.20: Almeno 12 membri di una stessa famiglia tra i quali sette bambini di età da uno a 12 anni, sono stati uccisi da un bombardamento israeliano che ha distrutto la casa in cui abitavano a Gaza City. Lo hanno riferito fonti mediche e altri testimoni.

15.30 : Tre cliniche mobili dell’organizzazione umanitaria danese Folkekirkense Noedhjaelp (DanChurchAid) a Gaza sono state bombardate e distrutte dall’esercito israeliano. Lo ha reso noto oggi il segretario Henrik Stubkjaer. «Abbiamo saputo che tutti i nostri tre ospedali mobili sono stati bombardati e resi inutilizzabili la scorsa notte nella città di Gaza – ha denunciato Stubkjaer – Eppure avevano chiaramente e ben in vista le insegne ‘Mobile Clinic’ ». Il segretario di DanChurchAid ha detto che il personale non è stato colpito ma che l’intera organizzazione è «profondamente scioccata» da questi bombardamenti israeliani che «prendono di mira direttamente obiettivi umanitari e che rendono impossibile qualunque sforzo umanitario»

Foto di Ismail Zaydah

Foto di Ismail Zaydah

15.36: Un attacco israeliano ha causato oggi pomeriggio una strage di palestinesi che si erano rifugiati in una scuola delle Nazioni Unite (Agenzia per i rifugiati) a Jabaliya, nel nord della Striscia di Gaza. 42 morti e più di 50 feriti: la maggiorparte bambini e donne arrivati poco prima dai campi profughi. Su questa pagina le altre notizie a riguardo

20.29:  Una Ong israeliana ha denunciato oggi che i medici che vanno in soccorso dei feriti a Gaza vengono presi di mira dall’Esercito israeliano. «Le testimonianze riferiscono che l’esercito israeliano attacca i medici che soccorrono i feriti, ambulanze e dottori chiaramente individuabili dall’abbigliamento», denuncia l’Ong israeliana Physicians for Human Rights (Phr) in un comunicato, sottolineando di avere informazioni su almeno dieci casi di questi genere. L’esercito israeliano non ha voluto commentare la notizia, insistendo sul fatto che i militari «fanno tutto quello che è nel loro potere per limitare il numero delle vittime civili», e accusando Hamas di usare

Foto di Isamil Zaydah _Jabaliya, accanto alla scuola dell'Unrwa_

Foto di Isamil Zaydah _Jabaliya, accanto alla scuola dell'Unrwa_

i civili come «scudi umani». La Ong riferisce che l’ospedale al Awda, a Gaza, non può far uscire le ambulanze perchè «ci sparano addosso». Anche la Croce Rossa a Gaza, aggiunge Phr, è in una situazione simile: «Non possiamo far uscire i mezzi, sono sotto il tiro degli elicotteri Apache». L’Ong denuncia una situazione «estremamente pericolosa», facendo appello alle parti perchè facciano «tutti gli sforzi possibili per evitare di attaccare il personale e le attrezzature mediche».

22.20: Il governo del Venezuela ha oggi espulso l’ambasciatore d’Israele a Caracas: lo ha reso noto la rete statale Venezolana de Television, che ha letto un comunicato del ministero degli esteri. La decisione è stata presa dopo gli ultimi avvenimenti nella Striscia di Gaza.

La nuova Qana. Strage a Jabaliya

6 gennaio 2009 1 commento

ORE  16.25: STRAGE IN UNA SCUOLA DELL’ U.N.R.W.A. PIENA DI SFOLLATI APPENA ARRIVATI

La maggior parte delle vittime nella scuola dell’Unrwa a Jabalya (Gaza) sono donne e bambini. Lo hanno detto all’Ansa fonti sul posto. Il bilancio provvisorio delle vittime è, secondo le fonti, di almeno 42 morti e di diverse decine di feriti. Al momento dell’esplosione che ha devastato la scuola, secondo le fonti, non c’era nelle vicinanze alcun combattimento fra miliziani e soldati israeliani. La scuola dell’Unrwa (l’ente dell’Onu per il soccorso ai profughi palestinesi) era in quel momento piena di sfollati appena giunti dal nord della Sstriscia, in particolare dalla località di Beit Lahya. Nelle moschee di Gaza si leggono stasera versetti coranici di lutto e si esorta la popolazione a pregare le vittime. Dai minareti vengono anche rilanciati messaggi di collera nei confronti di Israele.

QANA

QANA

John Ging, direttore dell’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati nella Striscia di Gaza, ha detto in video conferenza con il Palazzo di Vetro che noi «avevano fornito le coordinate satellitari GPS alle autorità israeliane», che perciò sapevano che l’edificio ospitava una scuola, «chiaramente segnalata e con la bandiera dell’Onu che sventolava fuori». Ging – che non ha voluto pronunciarsi sui fatti odierni «in qunato noi ci occupiamo soltanto delle conseguenze» di atti di questo tipo – ha chiesto «l’apertura di un’indagine indipendente» per stabilire «la responsabilità» della strage. «Le persone nella scuola avevano lasciato le loro case perchè non si sentivano sicure – ha concluso il direttore dell’agenzia – Noi controlliamo chiunque entri nelle nostre strutture, siamo sempre molto attenti»

SIAMO A 640 MORTI E QUASI 3000 FERITI. IL GENOCIDIO AVANZA.
NON MI DITE CHE IL MIGLIOR ESERCITO DEL MONDO IGNORAVA CHE QUELLI CHE ERANO APPENA ARRIVATI ERANO SFOLLATI: DONNE E BAMBINI. NON MI DITE CHE STAVANO COLPENDO HAMAS.
ALMENO FATE SILENZIO, NON SCRIVETE, NON PARLATE, NON CERCATE DI DIRCI CHE STATE DISTRUGGENDO HAMAS.

“…mia figlia ‘Ala ha 3 anni”

30 dicembre 2008 1 commento

TESTIMONIANZA DA GAZA, PRESA DA MISNA:
“A mia figlia ‘Ala, che ha tre anni, dico che c’è una festa e che c’è gente che si diverte facendo scoppiare palloncini colorati”: Tamer al-Bahari, palestinese e operatore di un’organizzazione non governativa attiva a Gaza, non sa più cosa inventarsi per evitare che la figlia di tre anni si ammali di nuovo per la paura; raggiunto dalla MISNA nel corridoio della sua casa, al-Bahari racconta di attacchi di una violenza inaudita e mai conosciuta, di nuovi strumenti di guerra utilizzati dagli israeliani e della piccola ‘Ala che ieri lui stesso ha portato in ospedale perché aveva la febbre altissima. “Non è influenza né raffreddore è paura – aggiunge, mentre la cornetta si trasforma in nitida testimone di nuove esplosioni – i medici dicono che non è l’unico caso e che a causare la febbre sono i boati delle esplosioni, i vetri che vanno in frantumi, i rumori di questa guerra; mi resta avvinghiata tutto il giorno, non posso allontanarmi, la devo abbracciare in continuazione, farle sentire che le sono vicino”. A Gaza non ci sono solo i morti, ci sono anche gli effetti indiretti di ore ininterrotte di incursioni aeree e bombardamenti: “Stanno usando di tutto – continua ancora al-Bahari – ci bombardano dal mare con le navi, ci bombardano dal cielo con elicotteri, aerei e droni, ci lanciano contro i loro carri armati; ci resta solo la speranza che tutto finisca presto”. Come la maggior parte dei palestinesi di Gaza, anche al-Bahari deve fare i conti con l’acqua e l’elettricità che mancano, e con le scorte alimentari che non bastano. “Possiamo restare chiusi in casa per altri due giorni – aggiunge – poi non avremo null’altro da mangiare; stiamo razionando tutto e cerco di tenere carica la batteria del mio telefono cellulare. Per ogni esplosione che sento provenire da nord chiamo il resto della mia famiglia che vive lì per sincerarmi che stiano bene. L’esercito israeliano ci sta inviando anche messaggi di vario tipo; sul mio telefono ne è arrivato uno in cui offrono 20 milioni di dollari per informazioni su Gilad Shalit, il soldato israeliano tenuto in ostaggio a Gaza”. Altre esplosioni; nel corridoio della sua casa la piccola ‘Ala si stringe al padre: “Ma lo sa il mondo cosa sta succedendo qui – si chiede Tamer – lo sanno che dall’alba di oggi non si sono mai fermati? Che non ci sono solo centinaia di morti, ma anche tante piccole ‘Ada, l’angoscia di tanti genitori? Lo sa il mondo che stiamo morendo?”.

E INVECE POCHI MINUTI FA, L’AGENZIA DI STAMPA PALESTINESE MAAN, CI RACCONTA DI DUE SORELLINE DI 4 E 11 ANNI UCCISE A BORDO DI UN CARRETTO TRAINATO DA UN ASINO IN UNA STRADA DI KHAN YOUNIS, CAMPO PROFUGHI A SUD DI GAZA.
NESSUNA AGENZIA ISRAELIANA HA ANCORA PASSATO O COMMENTATO LA NOTIZIA.
IL NUMERO DI MORTI E’ SALITO A 363, CON CIRCA 1700 FERITI: LE NAZIONI UNITE ANCORA HANNO IL CORAGGIO DI PARLARE DI CIRCA UNA 50INA DI CIVILI UCCISI. ASSASSINI.

PIOMBO FUSO: aggiornamenti da Gaza e da Beirut

29 dicembre 2008 Lascia un commento

In questo momento decine di migliaia di persone si stanno radunando nella periferia meridionale di Beirut, convocate ieri da Hassan Nasrallah per esprimere solidarietà verso la popolazione di Gaza e condannare “l’atteggiamento di alcuni regimi arabi”. La zona adiacente al Malaab ar-Raya, lo Stadio del Vessillo si sta riempiendo per seguire dai maxischermi il discorso del leader sciita.

AP Photo/Hussein Malla _gli scontri di Beirut, ieri pomeriggio_

AP Photo/Hussein Malla _gli scontri di Beirut, ieri pomeriggio_

La situazione nel paese dei Cedri è sempre più tesa da quando è iniziata questa nuova massiccia operazione all’interno della Striscia di Gaza: il movimento armato ha già mobilitato i suoi combattenti nella zona meridionale del paese, quella confinante con lo stato d’Israele, violentemente colpita dai bombardamenti israeliani del 2006, e da poco prima liberatasi dall’occupazione militare.

AP Photo/Hussein Malla

AP Photo/Hussein Malla

Anche ieri a Beirut ci sono state diverse manifestazioni: una in particolare, convocata dalle organizzazioni di sinistra e dall’enorme comunità palestinese,  ha assediato l’ambasciata egiziana per diverse ore. Dopo poco sono iniziati scontri con la polizia: i manifestanti hanno attaccato con il lancio di pietre e la polizia ha risposto con numerosi lacrimogeni.

Nel frattempo Gaza e tutta la Striscia sono al loro terzo giorno di inferno: i raid aerei proseguono regolari e il bilancio è ormai agghiacciante.

Solo in una famiglia sono rimaste uccise 7 sorelline, mentre dormivano nei loro letti, un istituto per la formazione al lavoro ha visto morire 20 ragazzi di 16 anni che andavano lì per imparare un mestiere. L’attacco indiscriminato, nei kilometri quadri col più alto tasso di densità del mondo, sto portando il suo ovvio risultato: un brutto, ulteriore, capitolo del libro sul genocidio del popolo palestinese.
Tra poco l’attacco cambierà forma: agli F-16 si affiancheranno le truppe di terra che da due giorni sono pronte nelle basi alle porte di Gaza. Questa notte -ci riferisce il sito di intelligence israeliano Debka) ci sono state le prime incursioni di piccole unità di commando israeliane in alcune zone intorno a Gaza. Il compito di queste unità scelte, afferma Debka, è duplice: marcare obiettivi chiave per successivi attacchi aerei e spianare la strada a una prossima vasta incursione di mezzi blindati.
Quando entreranno i tanks sappiamo bene quale sarà lo scenario e come si muoveranno, sappiamo come quelle truppe uccideranno e distruggeranno.
Lo sappiamo eccome, eppure non facciamo nulla.

OPERAZIONE “PIOMBO FUSO”…la guernica mediorientale

29 dicembre 2008 Lascia un commento

Un’altra notte di sangue per le strade di Gaza. Questa mattina è iniziata la terza giornata dell’operazione “Piombo Fuso” condotta, per ora, dall’aviazione israeliana sulla Striscia di Gaza, la sua città e i suoi campi profughi. Quaranta obiettivi sono stati colpiti durante la notte e molte persone sono rimaste uccise.  buco
I raid aerei sono ricominciati dopo la mezzanotte soprattutto sopra Gaza e Rafah. E’ stata completamente distrutta l’università islamica (distruggere le università: non ci sono parole.) e la sede del ministero dell’Interno, entrambe sbriciolatesi sotto i missili degli F-16. Per colpire l’abitazione del primo ministro di Hamas, Ismail Haniyeh,  che ovviamente è nascosto altrove dall’inizio degli attacchi, è stata colpita una casa dove sono rimaste uccise diverse persone. Nella città di Gaza sono 7 i bambini che hanno perso la vita solamente questa notte.
Anche Rafah è stata violentemente colpita: un raid “mirato” contro un comandante della formazione armata islamica Hamas ha provocato la morte di un bimbo molto piccolo e dei suoi due fratelli adolescenti.
Mark Regev, portavoce del primo ministro israeliano ha dichiarato che l’attacco proseguirà fino a quando la popolazione del sud d’Israele «non vivrà più nel terrore e la paura di costanti lanci di missili» da parte di militanti palestinesi della Striscia di Gaza.

Israele ha un solo morto: questa notte un missile di tipo Grad, sparato dalla Striscia, ha colpito una palazzina in costruzione ad Ashkelon uccidendo, purtroppo, un manovale beduino originario del Neghev.

Nel frattempo, da Indymedia, vi riporto le parole di due esponenti della comunità ebraica romana, che anche questa volta si distingue nell’appoggiare completamente l’azione contro la popolazione palestinese :

RICCARDO PACIFICI
Al pari di tutti gli italiani guardiamo con grande ansia a quello che avviene a Sderot e a Gaza, con la differenza che molti di noi hanno parenti e amici intimi che vivono nella zona di guerra. Per ora non possiamo che aspettare gli sviluppi della situazione». MIDEAST-PALESTINIAN-ISRAEL-GAZA-CONFLICTCosì Riccardo Pacifici presidente della Comunità romana commenta i fatti in Medio Oriente. «Va detto che questa è una guerra non iniziata oggi ma otto anni fa con il lancio dei missili in territorio israeliano prima del ritiro e dopo il ritiro da Gaza. Va detto anche – ha spiegato Pacifici – che non esiste alcun contenzioso territoriale tra Israele e quel territorio». «Ci sentiamo ben rappresentati – ha aggiunto – da ciò che hanno espresso oggi autorevoli membri del governo nonchè quelli dell’opposizione all’interno del Parlamento».

AMOS LUZZATTO
«La reazione di Israele può essere giudicata soltanto sulla base delle minacce e dall’assedio che dura almeno dal 1948. A generare questa reazioni è la minaccia permanente e duratura di stringere Israele e la sua popolazione in una morsa mortale». Questo è il giudizio dell’ex presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) Amos Luzzatto che parla di «angoscia per l’avvenire». A giudizio di Luzzatto «più che un dialogo serve il riconoscimento di questa realtà che si chiama Israele. Bisogna mettere in atto le condizioni per un programma di convivenza tra le due componenti di questa parte del mondo e trovare la forma per far giungere il mondo musulmano ad accettare la realtà di Israele. Una realtà – ha aggiunto – che non ha nessuna intenzione di scomparire». «Nè bisogna dimenticare – ha concluso – che nella zona gravano interessi di grandi potenze che non guardano in faccia nessuno. Queste interferenze esterne contano ancora di più dei fanatismi».

E’ INVECE INTERESSANTE LA TESTIMONIANZA DI VITTORIO ARRIGONI, DA GAZA:
Racconta Vittorio Arrigoni, da Gaza : “Mi riferiscono che i media occidentali hanno digerito e ripetono a memoria i comunicati diramati dai militari israeliani secondo i quali gli attacchi avrebbero colpito chirurgicamente solo le basi terroristiche di Hamas.In realtà visitando l’ospedale di Al Shifa, il principale della città, abbiamo visto nel caos d’inferno di corpi stesi sul cortile, alcuni in attesa di cure, la maggior parte di degna sepoltura, decine di civili. Avete presente Gaza?
Ogni casa è arroccata sull’altra, ogni edificio è posato sull’altro, Gaza è il posto al mondo a più alta densità abitativa, per cui se bombardi a diecimila metri di altezza è inevitabile che compi una strage di civili. Ne sei coscente, e colpevole, non si tratta di errore, di danni collaterali. Bombardato la centrale di polizia di Al Abbas, nel centro,è rimasta seriamente coinvolta nelle esplosioni la scuola elementare lì a fianco. Era la fine delle lezioni, i bambini erano già in strada, decine di grembiulini azzurri svolazzanti si sono macchiati di sangue. Bombardando la scuola di polizia Dair Al Balah, si sono registrati morti e feriti nel mercato li vicino, il mercato centrale di Gaza. Abbiamo visto corpi di animali e di uomini mescolare  il loro sangue in rivoli che scorrevano lungo l’asfalto. Una Guernica trasfigurata nella realtà.
afp146819942712134504_bigHo visto molti cadaveri in divisa nei vari ospedali che ho visitato, molti di quei ragazzi li conoscevo. Li salutavo tutti i giorni quando li incontravo sulla strada recandomi al porto, o la sera per camminando verso i caffè del centro.
Diversi li conoscevo per nome. Un nome, una storia, una famiglia mutilata. La maggior parte erano giovani, sui diciotto vent’anni, per lo più  non  politicamente schierati ne con Fatah ne Hamas, ma che semplicemente si erano arruolati nella polizia finita l’università per aver assicurato un posto lavoro in una Gaza che sotto il criminale assedio israeliano vede più del 60% popolazione disoccupata. Mi disinteresso della propaganda, lascio parlare i miei occhi, le mie orecchie tese dallo stridulo delle sirene e dai boati del tritolo. Non ho visto terroristi fra le vittime di quest’oggi, ma solo civili, e poliziotti.
Esattamente come i nostri poliziotti di quartiere,  i poliziotti palestinesi massacrati dai bombardamenti israeliani se ne stavano tutti i giorni dell’anno a presidiare la stessa piazza, lo stesso incrocio, la stessa strada.
Solo ieri notte li prendevo in giro per come erano imbacuccati per ripararsi dal freddo, dinnanzi a casa mia.
Vorrei che almeno la verità donasse giustizia a queste morti. Non hanno mai sparato un colpo verso Israele, ne mai lo avrebbero fatto, non è nella loro mansione. Si occupavano di dirigere il traffico, e della sicurezza interna,  tanto più che al porto siamo ben distanti dai confini israeliani. Ho una videocamera con me ma ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman,non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime.
Non ce la faccio. Non riesco perché piango anche io. All’ospedale AL Shifa con gli altri internazionali dell’ISM ci siamo recati a donare il sangue. E lì abbiamo ricevuto la telefonata, che Sara, una nostra cara amica è rimasta uccisa da un frammento di esplosivo mentre si trovava vicino alla sua abitazione nel campo profughi di Jabalia. Una persona dolce, un’anima solare, era uscita per comprare il pane per la sua famiglia. Lascia 13 figli. Poco fa mi invece mi  ha chiamato da Cipro Tofiq.
Tofiq è uno dei fortunati studenti palestinesi che grazie alle nostre barche del Free Gaza Movement è riuscito a lasciare l’immensa prigionia di Gaza e ricominciare altrove una vita nuova. Mi ha chiesto se ero andato a trovare suo zio e se l’avevo salutato da parte sua, come gli avevo promesso.Titubante mi sono scusato perchè non avevo ancora trovato il tempo. Troppo tardi, è rimasto sotto alle macerie del porto insieme a tanti altri. Da Israele giunge la terribile minaccia che questo è solo il primo giorno di una campagna di bombardamenti che potrebbe protrarsi per due settimane.
Faranno il deserto, e lo chiameranno pace. Il silenzio del “mondo civile” è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città come un sudario di terrore e morte”.

“Piombo fuso” a Gaza (3)

28 dicembre 2008 1 commento

Grossa ressa a Rafah, valico tra la Striscia di Gaza e il Sinai egiziano.

il bantustan di Hamas sotto attacco

Preso da Limes: il bantustan di Hamas sotto attacco

La popolazione in fuga e in cerca di farmaci e viveri è riuscita a rompere una breccia nel muro di confine e in centinaia sono riusciti a passare. Molte centinaia di persone sono invece ammassate lì vicino, circondate dalle forze di sicurezza egiziane ed israeliane.
Per ora l’operazione “Piombo Fuso” (nome, Oferet Yezukà in ebraico, preso da una celebre filastrocca ebraica scritta per la festa delle luci, l’Hanukà, che ricorreva pochi giorni fa) è limitata all’aviazione, ma diverse decine di tank e blindati si stanno ammassando alle porte della striscia. Il ministro degli Esteri dichiara di non voler occupare Gaza (?!) ma solo di voler proseguire la missione fin quando sarà necessario: l’ufficiale guerra contro Hamas è un attacco trasversale contro l’intera popolazione di Gaza, che ormai conta quasi 400 morti.
Nel frattempo, durante le giornate  di ieri e di oggi, sono stati violati anche i cieli libanesi, con voli di ricognizione dell’aviazione israeliana che hanno immediatamente surriscaldato l’atmosfera anche nel paese dei cedri, ancora in ricostruzione dopo la sesta guerra contro lo Stato ebraico d’Israele dell’estate 2006. Oggi è stato assediata l’ambasciata egiziana a Beirut, ma Nasrallah, leader degli Hezbollah, la formazione sciita che ha portato avanti la resistenza durante l’ultimo attacco,  ha convocato un “grande raduno in solidarietà con Gaza e in segno di lutto per i martiri” palestinesi.
 La manifestazione convocata da Hezbollah si terrà domani a partire dalle 15.00 locali (le 14.00 in Italia) al Malaab ar-Raya «Stadio del Vessillo»,a pochi passi da Haret Hreik , il quartiere sciita completamente raso al suolo due anni fa dai bombardamenti israeliani.
Nel frattempo il movimento armato sciita ha mobilitato i suoi combattenti nel sud del paese.

Seguiranno aggiornamenti

Se bruciano le città crescono i fiori

12 dicembre 2008 Lascia un commento

 

Atene, ieri sera

Yiorgos Karahalis_Atene, ieri sera_

Yiorgos Karahalis_Atene, ieri sera

Yiorgos Karahalis_Atene, ieri sera

GREECE-UNREST/

(ANSA) – ATENE, 13 DIC – Atene si è risvegliata oggi, ad una settimana dalla morte del giovane Alexis Grigoriopoulos, libera da violenze di piazza ma colpita durante la notte da una serie di piccoli attacchi incendiari, del tipo che la polizia suole attribuire agli anarchici, alla periferia della città. Giovani incappucciati hanno lanciato bombe nelle prime ore di stamane contro cinque banche, una sede del partito ND al governo, una sede della compagnia telefonica Ote e un supermarket. Danni ma nessuna vittima. Diversi attacchi sono avvenuti, secondo le tv, nel quartiere di Paleo Faliro dove è stato sepolto nei giorni scorsi Alexis. Ieri si erano verificati scontri, con lancio di molotov e gas lacrimogeni, tra la polizia e centinaia di giovani incappucciati e non, davanti al parlamento al termine di una manifestazione studentesca. In sette giorni di disordini ad Atene, seguiti alla morte del giovane Alexis Grigoriopoulos, la polizia ha annunciato di aver fermato 176 persone di cui 100 immigrati stranieri. Di questi 176 solo 45 per aver partecipato direttamente ai disordini e il resto per danni ai negozi e saccheggio. Dei 176 fermati, 24 sono già stati incriminati e posti in stato di arresto mentre a 32 sono stati imputati a piede libero o sono state imposte ammende. Proseguono gli interrogatori degli altri. Secondo l’associazione dei commercianti i danni economici ad Atene sfiorano i 200 milioni di dollari. Il premier Costas Karamanlis ha annunciato un pacchetto di aiuti.

Melteni, il vento greco, dilaga in Europa……e dorme in Italia

11 dicembre 2008 Lascia un commento

Proteste contro la riforma della scuola…Il vento greco soffia anche in Francia?

di Paolo Persichetti, Liberazione del 12 dicembre 2008

I liceali scuotono la Francia. Con un occhio su quanto accade in Grecia, l’Onda d’Oltralpe torna di nuovo a riempire le piazze, dopo le manifestazioni dello scorso ottobre e novembre e quelle di giugno, per contestare la controriforma della scuola (materna, elementare e superiore) e chiedere le dimissioni del ministro dell’educazione nazionale Xavier Darcos. Un progetto che per grandi linee ricalca quello del nostro ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Nuovi programmi d’insegnamento e taglio secco di 13500 maestri, soppressione di posti per gli insegnanti di sostegno agli alunni in difficoltà, cancellazione dei corsi del sabato mattina. Tra le nuove materie è previsto l’apprendimento dell’inno nazionale, sorta di preghiera laica della nazione per gli adolescenti che dovranno anche imparare a levarsi subito in piedi alle prime note, come nelle caserme. Nei nuovi programmi è prevista la reintroduzione dell’istruzione civica e morale, pare su richiesta dello stesso presidente della repubblica Sarkozy, mirata a sottolineare attraverso delle massime illustrate i principi della morale. Chissà se i piccoli alunni delle banlieues scoveranno tra questi il diritto di avere permessi di soggiorno per i loro genitori?

se bruciano le città nascono i fiori

ATENE: se bruciano le città nascono i fiori

Licei bloccati a Caen, Amiens, Bordeaux, Brest e Marsiglia dove dal rettorato hanno chiesto l’intervento della polizia per sgomberare gli edifici. Giovedì si sono svolte manifestazioni nelle stesse città, oltre che a Vitrolles, Vannes, Montpellier. La provincia francese è in prima linea nella mobilitazione, molto di più della capitale dove ieri si è tenuto un presidio di protesta unitario, composto da insegnanti, studenti e genitori davanti alla stazione Saint-Lazare con distribuzione di volantini ai pendolari che rientravano dal lavoro. Mentre a Rennes 3500 liceali sono scesi in strada, come a Tolosa e in altre città della Bretagna. A Brest scontri quotidiani tra giovani e forze di polizia si prolungano da una settimana. Lacrimogeni sono stati lanciati dalle forze antisommossa nei cortili di una scuola. A Nantes 500 studenti hanno bloccato le linee del tram. Cherbourg, Saint-Nazaire e Mans sono state traversate da cortei studenteschi con diversi arresti e condanne con rito direttissimo per accuse di degradazioni e violenze.

«Numerose, ripetute e insistenti, sovente nervose e contraddistinte da scene di violenza», così le Monde ha definito la nuova ondata di proteste, sottolineando le caratteristiche estremamente radicali di questo movimento poco controllato dai tradizionali sindacatini studenteschi. Tira aria nuova, un vento ellenico alimenta questi movimenti locali e spontanei che danno sfogo alla fantasia e arricchiscono la grammatica della protesta con appelli alla «disobbedienza pedagogica» e alla resistenza. Occupazioni notturne degli istituti sono state promosse da professori e genitori, come è accaduto nel liceo Einstein di Sainte-Geneviève-des-Bois, a Sud di Parigi. Un tentativo di dare vita a forme complementari di azione che accompagnino e diano durata nel tempo alla lotta, costruendo consenso e partecipazione. «Non sono il ministro dell’esitazione nazionale», ha risposto Xavier Darcos, facendo capire che andrà avanti comunque. Il Melteni è il vento greco che alza il mare e gonfia le onde. Arriverà anche sulle strade francesi e italiane?

 

 

Sempre da Atene…

11 dicembre 2008 Lascia un commento

OLIVA CI TIENE SEMPRE AGGIORNATI QUI Atene in fiamme

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“Fino all’ultimo di noi”: l’assemblea dei ragazzi perduti scatta nell’ovazione, oltre duemila mani ritmano lo slogan che risponde. Una frase da tragedia classica: “Il sangue scorre e chiede d’essere vendicato”. Ma non è retorica. Lo dicono con tutti se stessi. Non è machismo: sono le donne a incitare con più forza. Non è ideologia: la mettono al bando totalmente. Credono a quello che dicono, quel che dicono è semplicemente quel che fanno. Ed è la determinazione più estrema che si possa immaginare. Chi sono, da quale dimensione parallela sono piombati, questi studenti asserragliati nel Politecnico di Atene? Nichilisti? Invasati? Ma perché? L’Aula Magna è gremita, malgrado la maggior parte di chi è tornato dalla manifestazione sia già tornato a prepararsi materialmente alla rivolta. Una scarna presidenza tenuta da due compagne tiene con sobrietà il filo della discussione. Chiunque interviene, senza microfono, passandosi la parola in un dialogo serrato e fatto di discorsi che, a non esserci stati, sembrerebbero incredibili. La ragazza alla fine riassume le “proposte emerse”: primo, “deve cadere il governo assassino”. Secondo, “dev’essere fatta giustizia del sangue di Alexis e i poliziotti assassini devono pagare”. Terzo, “la polizia assassina deve sparire dalle nostre strade”. Quarto, “dobbiamo avere un nostro canale di comunicazione, a partire da una radio”. Quinto, “intanto dobbiamo prenderci quelli che ci sono, dall’uso di tutti i media indipendenti nel mondo all’irruzione nelle stazioni radio e televisive ufficiali”. Sesto, “tutte le scuole, di ogni ordine, devono rimanere chiuse fino a Natale”. Settimo, “dobbiamo produrre azioni ogni giorno”. Ottavo, “ci dobbiamo organizzare meglio, a partire dalla raccolta di infermieri volontari”. Nono, “ognuna ed ognuno deve avere una pietra, in ogni momento in cui serva”.

ASSASSINI _DOLOFONOI_

ASSASSINI _DOLOFONOI_

Nel pomeriggio di ieri, appena prima di ricevere il colpo d’una repressione che il potere combattuto vorrebbe risolutiva, il cuore dell’insurrezione si riunisce e dibatte. Sì: è insurrezionale la situazione che si vede ad Atene, che si riverbera dalla notte fra sabato e domenica scorsa su tutta la Grecia. Un’insurrezione generale? No: un’insurrezione di valore generale. Sono quei corpi, quei volti che ieri mattina si sono ritrovati in decine di migliaia ad assediare il Ministero degli Interni greco, a sfidare la falange oplitica degli antisommossa posti a guardia degli uffici del loro ministro che si è messo a guardia del loro nome, mentre in tutta la Grecia li si chiama “assassini”. Erano almeno cinquantamila i giovani che sono rimasti in piazza Regina Sofia, grande due volte la romana piazza del Popolo, quando già l’avevano lasciata i partiti della sinistra alternativa e i pochi sindacati, del settore pubblico, scesi in piazza nella capitale ellenica durante lo sciopero generale proclamato dalla Csee, la confederazione più generale e più radicale ma che, se pure ha tenuto testa all’intimazione di revoca del premier Costas Karamanlis, non si è fatta vedere ieri nelle strade ateniesi. Quel che s’era già visto, invece, è che anche quando si contiene nelle forme della dimostrazione, del corteo, questa rivolta fa saltare tutti gli schemi. I primi azzerati sono stati quelli del gioco partitico: il concentramento indetto a piazza Omonia dal Kke, i comunisti “ortodossi”, è stato snobbato dalla massa dei giovani fluiti al corso 28 Ottobre, verso il Politecnico, per circondare solidalmente i protagonisti di questi giorni dell’ira. Poi, sono saltati anche gli schemi della sinistra alternativa ed “estrema” tradizionalmente intesa. Dal Politecnico sono partite anche le organizzazioni trotzkiste e comuniste “estraparlamentari”, ma si sono ritrovate a fare uno spezzone distanziato davanti ad un fiume di gente formatosi strada facendo.
E’ stato il fiume aperto dal coraggioso sindacato degli insegnanti, in piazza con le reti dei parenti dei “martiri”, fin dalla dittatura dei colonnelli, sotto lo striscione “In lotta a difesa della gioventù e della democrazia”. Uno scudo di chi aveva mediamente l’età di Alexandros Grigoropoulos, Alexis, il martire delo Stato nella sera di San Nicola, quando l’esercito della dittatura fascista entrò al Politecnico 35 anni fa, schiacciandone nel sangue la rivolta per la libertà. Uno scudo di gente visibilmente “tornata in piazza” e visibilmente commossa, intenzionalmente posto a difesa dei tanti studenti ginnasiali in marcia ieri, guidati dal piccolo striscione degli amici di Alexandros. A loro volta, i ginnasiali a protezione di qualcun altro: l’agibilità della piazza per gli occupanti dell’università. Che infatti si fanno vedere, in moltissimi, davvero troppi di più dei “cento facinorosi” o “teppisti” additati da Karamanlis precipitato (pericolosamente) in una crisi totale dal podio del record di consensi personali da leader politico della destra greca.
Greece RiotLungo il corso Akademias, questo fiume cresce, si espande, tracima. In strada c’è praticamente tutta l’università. Ma non solo: sono tornati, nonostante le botte prese il giorno prima insieme agli insegnanti davanti al Parlamento, i liceali. E sono tornati in forze. Molte scuole sono già state occupate la sera prima dello sciopero. Poi, una partecipazione molto meno determinabile, ma non meno eloquente. Le tribù dei circuiti autogestionari, certo. E, certo, gli anarchici: trasversali ai settori sociali mobilitati e con un radicamento storico e riconosciuto. Ma soprattutto una composizione vastissima, di precariato intellettuale, “colto”, “competente”, l’intellettualità di massa ateniese intorno ai trent’anni. Una quantità di giovani donne e di giovani uomini, anche loro con la faccia del “ritorno in strada”: stavolta, da una parabola più recente d’impegno e di esperienze sociali, che riguarda più direttamente la congiuntura in cui s’inquadra questa rivolta perché è stata quella delle lotte dei tre lustri trascorsi contro le politiche neoliberiste, giunte al saldo fallimentare della crisi globale. E perché è stata una parabola di autodeterminazione, di educazione all’autogestione e a mille nuove declinazioni attive, culturalmente forti, dell’antifascismo.
Se si dovesse ricorrere ai paragoni, bisognerebbe incrociarne di diversi per rendere l’idea di questo strano animale visto ieri ad Atene: il movimento francese del 1993-94, il primo per un nuovo welfare, con le piazze italiane del “ciclo” a cavallo fra gli ultimi anni 90 e l’immediato post-Genova. E non basterebbe, comunque. Perché tutta questa gente, diversa ma quasi naturalmente affiatata, esprime una determinazione materiale persino più netta di quella delle interminabili giornate parigine di quindici anni fa. Lo si vede subito davanti al Ministero degli Interni: “gli altri” sono già sfilati via, il Kke è rimasto sulle sue ad esibire triplici barriere di militanti “Stalin” alla mano proprio ai lati del corteo, come a guardarsene. Il sindacato generale ancora non si vede e alla fine non si vedrà più. Sfila via anche la sinistra alternativa, particolarmente forti i settori di Syriza aperti da uno striscione del Synaspismos: e almeno questi, all’arrivo del fiume “autodeterminato”, per quanto siano anche loro un poco tesi e tutti organizzati in cordoni “autoprotetti”, hanno la buona grazia di fargli spazio e mutuarne gli slogan. Così, sfila via anche lo “scudo” degli insegnanti; e con loro i primi ginnasiali. Ma poi ti guardi indietro e noti che si forma un vuoto: dietro è rimasto qualcuno. Cioè tutti: la piazza s’è di nuovo riempita, il fiume l’ha colmata. E adesso non si muove. Sostiene, con la pressione fisica e coi cori, i ragazzi che si fanno sotto ai cordoni degli anti-riot, distesi a protezione del dicastero. Insulti, arance, le prime bottiglie, inizialmente di plastica. Poi, le prime spruzzate di gas dai cordoni della polizia. E volano pietre, allora. Quindi, la piazza viene bombardata: di Cs in gas e in granate a spargimento di polvere sottile. Peggio di Genova. Ma qui pare la gente sia stata già abituata dallo Stato a questa deliziosa innovazione. Così, continua a non muoversi. Si muovono invece, in avanti, i ragazzi. I cordoni sono bersagliati, malgrado i lanci lagrimogeni e urticanti che ormai saturano l’aria. Finché partono le cariche. E allora una parte del fiume riprende a scorrere, l’altra resta separata, a resistere in piazza. Dura poco: la gente fa pressione dai due lati, tutta insieme, la polizia è respinta. Si sente un solo grido, scandito all’infinito e l’intonazione sembra epica finché non traduci: “Sbirri, maiali, assassini!”. E poi “Fascisti e assassini, Alexis è ognuno di noi”. Il fiume si riunifica. Greece RiotPer tornare ad essere separato e poi a riunirsi di nuovo, a forza di controassalti, altre due, tre volte. E’ un assedio, di massa. Sino a quando non compare da parte della polizia la tattica “genovese”: partono le cariche in piazza ma vengono chiuse anche tutte le laterali “di sfogo” su corso Venizelou, da cui il corteo deve tornare in zona Omonia e Politecnico. E anche da quelle laterali partono cariche: prima da una, poi da altre due, infine da tutte. Il fiume è frantumato. Ma, incredibilmente, aggredito da ogni parte, gasato all’inverosimile, ogni pezzo resiste. Le cariche sono contenute e respinte, una per una. Puoi vedere ragazze “neo-romantic” combattere per il controllo della strada come insorgenti esperte. E puoi vedere ragazzini 13enni, delle medie, scagliarsi ad ondate insieme agli “okupa” veterani sui manipoli di anti-riot. Alla fine, vincono tutti loro: la polizia si trova ad un bivio, decidere per il massacro di massa o la ritirata. Passa la seconda. Troppe le telecamere, sicuramente. Ma troppa anche la sorpresa di episodi come quello animato dagli avventori, normali signore e signori, del café di fronte al Panepistemio, su Venizelou: gli squadroni antisommossa rodeano all’inseguimento dei ragazzi armati di pietre e loro si alzano come un sol uomo dai tavoli, ripresi dalle troupe televisive, per unirsi al grido di sempre. “Dolofoni”: assassini. Gridano “andatevene”, “vergognatevi”, “i ragazzi hanno ragione”. Davvero troppo.
Quelli del Politecnico sono gli ultimi ad uscire da piazza Santa Sofia e il corso lo percorrono in un folto corteo, una dimostrazione di forza a vanto della riuscita resistenza di strada, a volto scoperto e coi primi duemila che avanzano a passo cadenzato, con uno slogan storico dei predecessori di 35 anni fa: “Sollevati popolo, cammina a testa alta”. E tornano così all’Ateneo, non prima d’aver rimpianto di non aver inseguito tutti insieme un gruppetto di provocatori fascisti all’opera nelle traverse con Akademias: al fianco della polizia, come è già successo a Patrasso. La zona lungo la 28 Ottobre, che da Omonia porta al Politecnico, è ormai beiruttizzata dalle precedenti quattro nottate di furia. E l’ultima, in verità, è stata provocata da un tentativo senza precedenti della polizia: entrare nell’ateneo, sia pure in una facoltà distaccata, come Legge. E assediare poi il Politecnico. Le ultime strade se ne sono andate in fumo per spezzare questa pressione. Uno scenario che incombe anche dopo una giornata così, lo sanno bene. Per questo si riuniscono in assemblea, per darsi un respiro più ampio che aiuti ad affrontare la ripetizione senza esaurirsi. Prima, giusto il tempo di andare per folti gruppi a controllare la zona di Exarchia. Dove capita di incontrare altri tipi di epifanie: come la scritta su un furgone calcificato dal fuoco posto a barricare un vicolo, “Se le città bruciano sono i fiori che nascono”.
Greece RiotL’assemblea è l’epifania definitiva, però. Perché è come ritrovarsi allucinati in un clima da “Trecento”, solo moltiplicato per molte volte, fatto maschile e femminile e alternativo, anziché fascisteggiante. Un clima rivoluzionario, si direbbe: perché si interviene come uno s’è sempre immaginato si intervenisse ai Consigli rivoluzionari in tempo di guerra civile, o al Comitato alle Barricate della Comune di Parigi. E’, in effetti, l’intonazione d’un consiglio di guerra. Queste e questi, in verità, combattono. E hanno deciso di battere anzitutto la paura: l’hanno fatta fuori del tutto, anzi in un tutt’uno con il limite. Sono belli e belle, d’una bellezza eroica, davvero senza retorica, d’eroismo di fatto, integrale, anche nello scandire e nel gestire. Li guardi bene in faccia, uno per uno, una per una, e sono identici spiccicati, sorelle e fratelli gemelli di quelle e quelli che hai visto in Onda in Italia. Sono pragmatici anche i loro discorsi, infatti. Solo che il pragmatismo sta sulle barricate. Certo che è nichilista: parlano esplicitando l’annichilimento di ogni orizzonte, in un mondo di merda, che fa da cornice alla loro ribellione. Sono esplosi nella sola cosa che possono e vogliono mettere a valore, adesso: la comunanza dell’indignazione. Non si danno limiti perché è il potere ad averli oltrepassati: questo è il segno dell’assassinio di Stato di Alexis.
E così, dopo l’assemblea, se ne vanno saltellando a centinaia con le loro All Star, frammisti a qualche storico vicino tossico dei giardinetti fra il Politecnico e il Museo Epigrafico, che ha ancor meno da perdere di loro, incontro all’assedio degli anti-riots. Sono quattro-cinquecento solo quelli che vanno a sfidarlo nella stretta via Averof, traversa del 28 Ottobre davanti all’ingresso principale dell’ateneo. Un balletto che dura oltre un’ora e che finisce però rapido in escalation. Di fronte al gasamento poliziesco, se vuoi combattere, dopo le pietre c’è a contendere il terreno alle cariche solo l’arma storica consegnata dal Quartiere Latino del Joli Mai parigino: lo champagne molotov. Che al Politecnico della resistenza ai colonnelli ha una sua tradizione. E’, ovviamente, l’icona su cui punta intanto mediaticamente il governo delle destre per criminalizzare come un “gruppo di paraterroristi da isolare” questo cuore d’insurrezione giovanile. Ma, iconizzazione negativa a parte, le molotov intanto piovono a sbarrare la strada alle cariche: che sono segno evidente della volontà di stringere l’assedio. Tant’è, i numeri della polizia si scoprono: sono genovesi anche loro, torme di anti-riots appaiono all’infinito, via per via, a provocare una battaglia in ogni strettoia. Finché fanno il passo definitivo: tutta la forza di quei numeri, tutta, viene gettata in una carica generale, dal fronte principale alla laterale del Politecnico già protagonista della notte di fuoco precedente, Stournara. Giusto il tempo di dirsi “una roba così non la domano se non con un colpo di stato di fatto, perché come fai ad arrestare 5mila disposti a tutto?”, che la minaccia si appalesa. Le migliaia di studenti e giovani metropolitani sono pressati dalla carica furibonda sin dentro le cancellate dell’ateneo, che viene saturato di gas e polvere di Cs.
Una nuova notte di fuoco, così, è scientificamente consegnata alle cronache. Col fuoco viene riconquistato il respiro e il canale di uscita di Stournara, col fuoco la 28 Ottobre. E nel fuoco, malconci per le botte che si è fatto in tempo a prendere balzando dentro al Politecnico, col viso coperto di Malox per lenire l’urticazione, lasciandosi indietro un Gravroche ateniese del 2008, di anni 9, spuntato da chissà dove nella miseria metropolitana, che grida e tira di tutto ai poliziotti, si riprende il viaggio surreale attraverso i locali circondati da barricate di Exarchia, verso l’albergo. Con nella testa una domanda dolorosa: finirà, questo cuore insurrezionale post-moderno, questa vena aperta dell’Europa in collasso, in una repressione simile a quella dei predecessori, solo sotto altre spoglie. E poi un’altra, più difficile: “Se dev’essere il nulla, perché dovrebbe avere torto, questa gioventù eroica suo malgrado?”.
ANUBI D’AVOSSA LUSSURGI E OLIVA DAMIANI, DA ATENE

DOLOFONOI: ASSASSINI

10 dicembre 2008 1 commento

 

ATENE IERI POMERIGGIO

ATENE IERI POMERIGGIO

CONTINUANO GLI AGGIORNAMENTI da ATENE, SEMPRE SULLA SOLITA PAGINA: Atene in fiamme 
 CORRISPONDENZA AUDIO FATTA DA RADIO ONDA ROSSA CON ANUBI DAL POLITECNICO DI ATENE: Corrispondenza da Atene

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