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Da Femminismo a Sud, su Alessio Spataro e la Mini-Stronza
Era un paio di giorni che avevo voglia di scrivere su questa storia di Alessio. Sul fumetto di Spataro se ne sono dette di tutti i colori, e anche nella compagneria è stato urlato e sbraitato di tutto. Prendo da Femminismo a Sud questa pagina perchè m’è piaciuta molto, nella sua schiettezza.
La penso anche io nello stesso identico modo, anche se da eterosessuale.
Penso che la satira sia satira e quindi debba essere libera di parlare come vuole: penso che Alessio non sia un sessista omofobo, assolutamente.
E poi mi incazzo, mi incazzo con questa sinistra che porta la bandiera quando si tratta di far campagne conformiste e bigotte.
Non posso sopportare la Concia, che mi fa la lezione su Spataro però va a Casa Pound, tra i fascisti quelli veri, perchè lo trova un interessante terreno di dibattito. Eh no, allora no. Mi viene il prurito.
Da Femminismo a Sud
L’italia è l’unico posto in cui un premier può chiamare “zoccola” una ministra e quella poi si incazza con un fumettista che fa satira antifascista umanizzando il suo personaggio.
Sulla sua parlata romana hanno satireggiato tutti. Spataro c’ha messo un po’ di fetish al sapor di pecorino e da antifascista qual è ha fatto rivivere il personaggio nel suo ambiente naturale: la merda.
“Fascisti di merda tornate nelle fogne” d’altronde è uno slogan forse dimenticato ma quanto mai attuale. Ma il punto è anche un altro: si parla di libertà d’espressione, di fare satira e nel nostro paese questa libertà è messa a rischio proprio dalla gente come la Meloni.
La Lipperini pone una questione di buon gusto e di responsabilità [1] [2]. Sostiene che non ci sia differenza tra il sessismo tirato fuori dalla categoria maschia a partire dalla faccenda noemi in poi e quello di Spataro. Cita un articolo di repubblica sempre attenta a queste questioni tranne che per il fatto che un giorno si e uno no lo stesso giornale online pubblica foto sessiste [1] [2] che relegano le donne in una dimensione orrenda senza averci neppure l’antifascismo come motivazione di partenza.
In rete le opinioni sono tante. C’è chi difende la libertà d’espressione tout court, chi si schiera con alessio spataro perchè condivide i contenuti del suo fumetto che sta online da più di un anno nell’apposito blog, chi dice che il fumetto fa cagare, chi dice che viene usato lo stereotipo delle donne in quanto stupide vacche in calore, chi definisce il fumetto arguto, con ottime basi culturali antifasciste e addebita lo squallore unicamente alla meloni specificando che a fare cagare sono i fascisti.
E di fascisti in azione da un po’ di tempo a questa parte ne vediamo tanti: basta ricordare le affermazioni della meloni a proposito della englaro. Non si disse mai offesa come donna per aver sentito il suo premier dire che la englaro poteva ancora procreare. Non rivendicò rispetto per le donne oppresse dalla religione cattolica a scuola. Non dice nulla a proposito di uomini, donne ebambini massacrati perchè a roma è partita – giusto mentre si parla di elezioni regionali – l’ennesima campagna basata sulla paura in cui si istiga al linciaggio contro i rom. Non dice nulla sulle vite distrutte, inseguite, rastrellate a San Nicola Varco solo per la loro nazionalità. Nulla a proposito della depenalizzazione dei maltrattamenti in famiglia grazie al processo breve voluto da quello che l’ha chiamata zoccola.
Nulla sulle gggiovani che lei dice di rappresentare a proposito di educazione sessuale preventiva allo stupro. Nessuna parola a difendere le donne, mai. Perchè lei è uomo dentro, un uomo di merda, per l’appunto.
Come la sua collega e compare che si appella al femminismo e alla sensibilità di genere per bloccare un film, Francesca, che parla della condizione dei rom e delle rom in italia. Tutte improvvisamente sensibili, tutte con la bocca ripulita nel water dopo aver inzozzato di concetti sessisti, razzisti e fascisti l’intera nostra cultura italiana.
E tra ieri e oggi la rabbia è diventata furia di dirne di peggio, senza l’ausilio della satira, perchè se c’è chi può scherzare sulla fisicità del premier mentre tutti ridono non si capisce come mai la meloni debba essere trattata con riguardo. Come dire ad un caricaturista di salvare i dettagli per le donne e di fare gobba e orecchie a sventola solo ad andreotti.
Che me ne frega di usare argomenti antisessisti per una ministra sessista? In nome di questa solidarietà bipartisan tra donne in quanto donne? Ma la meloni lo sa di essere donna? Perchè io qualche dubbio ce l’avrei. E che mi frega di essere solidale se dalla sua bocca non è venuta fuori neppure una parola a sostegno di donne, lesbiche, gay, trans, eccetera eccetera? Che m’importa di aderire alla formula dell’antifascismo inesistente, colluso, delicato e “civile” che viene sollecitato da destra e da sinistra?
Che gli si può dire a Spataro? Che è stato troppo buono, forse, che qualche tavola non fa affatto ridere, che lo splatter non ha attenzione al genere e allora un suggerimento da parte nostra poteva giovare. Avrebbe potuto basare la sua umanizzazione a partire da una immagine modello di perfezione non stereotipata, farla accoppiare con un’altra donna che la sveleniva a colpi di tampax in faccia. Ma giusto per farle capire che c’è una differenza enorme tra un corpo che ha il dovere di sgravare per la patria e una donna che deve essere lasciata in pace per finire la sua vita con dignità senza essere usata dalle speculazioni volgari di fascisti e movimentisti per la vita obbligata. Come si legge nelle discussioni in rete però Spataro ha una visione “maschile” delle cose perchè è un maschio (maschile non significa necessariamente maschilista). In secondo luogo è bell’e spiegato anche il perchè la Meloni viene rappresentata in un amplesso con un uomo feticista piuttosto che con una lesbica: proprio perchè lei è una fascista e non potrebbe essere accostata ad una sessualità diversa da quella etero che lei stessa promuove come unico modello culturale.
La lipperini ha ragione quando dice, e lo diciamo anche noi, che è necessaria responsabilità del mondo della cultura nel veicolare concetti che possono ritorcersi contro di noi, ma questo è un ragionamento da farsi con la stessa forza sempre e comunque e non mi pare di aver visto la stessa levata di scudi bipartisan ad ogni affermazione delle donne di destra mentre legittimavano disumanità, rastrellamenti, omicidi legalizzati, deportazioni, stupri dentro i Cie e dentro i lager libici, sfruttamento dei corpi femminili per far passare il pacchetto sicurezza eccetera eccetera eccetera.
Oltretutto la Meloni dovrebbe prendersela con la cultura fascista che a proposito di perfezione dei corpi e di legittimazione del modello estetico unico è da sempre capostipite. Dovrebbe prendersela con il velinaro che si ritrova come premier e che la chiama zoccola in pubblico.
Dovrebbe prendersela con loro invece di ricordarsi che esiste una cultura del rispetto dei generi che viene da sinistra ed è costantemente offesa da destra.
La ministronza di Spataro forse non è un capolavoro che resterà negli annali della storia del fumetto ma almeno ha il merito di aver umanizzato una donna che fossi stata io l’avrei rappresentata alla art spiegelman, come un animale senza dignità. Ditemi voi come rappresentereste una Kapo’, perchè è di questo che stiamo parlando.
I fascisti non hanno senso dell’umorismo, e questo lo sapevamo. Sono conformisti e tengono alla forma, e sapevamo anche questo. In questo tempo in cui l’immagine conta più di tutto Spataro ha osato sporcare quella di una ministra che ama apparire con gli occhi al cielo e la mano al petto cantando l’inno di mameli. Personalmente trovo molto più oscena e volgare quella immagine. Non c’è di peggio che vedere una donna prostituirsi al regime con il piacere di farlo.
—>>>Leggi a proposito di antifascismo viola.
—>>>Leggi “Udite, udite, è uscito la ministronza!“
Ps: Fino ad ora la figura della fascista (o del fascista) in termini culturali non è stata minimamente toccata. Anzi viene presentata con quintali di appeal e viene esaltata a partire dalle interviste a Fini, dalle tante comparsate televisive della mussolini, dal grande spazio che viene dato ad altre donne fasciste. Se c’è chi lo saprà fare a partire da una decostruzione dei significati legati ai corpi, gli stili di vita proposti, le razze, eccetera eccetera con una attenzione al genere e con linguaggi differenti, ben venga. Questo fumetto, per quanti difetti abbia, lo consideriamo almeno un esempio di antifascismo irriguardoso, orgoglioso e privo di ambiguità. Non possiamo dire la stessa cosa di molta altra monnezza “culturale” che pretende di dire senza dire mai niente.
—>>>Se ne hai voglia leggi un esempio di satira sulla sessualità maschia di un fascista con la sfiga del pene sinistroverso.
La destra romana attacca Radio Onda Rossa
Nuova provocazione dopo la montatura giudiziaria costruita contro il movimento per la casa di Magliana. Approfittando di un attentato incendiario contro una sede di Giovane Italia (ex Azione giovani), il deputato Marco Marsilio (An-Pdl) e il presidente romano di Giovane ItaliaCesare Giardina, chiedono al ministero degli Interni di imbavagliare Radio Onda Rossa
Paolo Persichetti, Liberazione 3 ottobre 2009
C’è aria tesa nella destra romana. Giovedì notte una sede della Giovane Italia-Pdl (ex Azione giovani) è stata presa di mira da un attentato incendiario nel quartiere di san Giovanni a Roma, in via della Mirandola. Dopo aver praticato un foro nella saracinesca, gli attentatori hanno gettato all’interno del locale un ordigno rudimentale: una lattina contenente liquido infiammabile che nell’esplosione ha distrutto la porta d’ingresso. L’episodio segue di una decina di giorni un’altra incursione a colpi di molotov avvenuta durante l’inaugurazione di un altro circolo della destra, Gens romana, aperto proprio accanto alla storica sede di Acca Larentia, pantheon dei martiri e luogo di culto della memoria vittimaria ex-postfascista. La nuova sede è stata aperta da Giuliano Castellino, portavoce di “Popolo di Roma”, un gruppo fuoriuscito da Casa Pound per saltare sul carro vincente, e soprattutto appetitoso, della destra di governo. A dire il vero nella destra romana sono in pochi a essere rimasti fuori dai giochi e soprattutto dalla torta dei soldi che arrivano dal sottogoverno. L’estraneità rivendicata da Casa Pound è solo di facciata.
Lo splendido isolamento è finito da tempo. L’operazione di avvicinamento all’area di governo è in stato avanzato. Casa Pound, organizzazione in fase di crescita (continua ad aprire sedi in altre città), per il momento resta sulla soglia della maggioranza di governo, una posizione vantaggiosa che gli consente di rivendicare un’alterità di facciata, una diversità inesistente, incamerando al contempo risorse materiali e d’immagine anche grazie a un’accorta regia mediatica “dialogante”. La chiamano destra del terzo millennio, quel “fascismo dei paraculi” che tanto sta ammaliando spezzoni un po’ confusi di una sinistra in pieno naufragio. Gli unici a non aver dato segni di resipiscenza nella destra radicale restano, invece, i membri di Militia, la sigla utilizzata dal gruppo di Boccacci ben insediato nella zona dei Castelli romani, le alture prospicienti la Capitale.
Oltre alle modalità diverse, i due attentati hanno a tutt’oggi in comune l’assenza di rivendicazioni. Una circostanza piuttosto anomala che ha spinto gli inquirenti a non escludere nessuna pista. In effetti, al di là della solita retorica vittimistica degli esponenti della destra, o di chi ha voluto rilanciare la teoria degli opposti estremismi legando questi episodi agli attentati contro alcuni locali frequentati dalla comunità Gltbq, sulla paternità di quanto è accaduto non c’è alcuna certezza. D’altronde lo stesso Castellino, dopo le dichiarazioni della prima ora, all’uscita dalla questura dove era stato convocato insieme ad altri testimoni ha notevolmente abbassato i toni. «Non vogliamo né colpevoli di comodo, né verità preconfezionate», ha rettificato. Di diverso avviso si è dimostrato il deputato ex An, oggi Pdl, Marco Marsilio che invece per l’attentato di lunedì notte ha tirato in ballo radio Onda rossa, l’emittente storica dell’autonomia romana, poi punto di riferimento dell’area antagonista e oggi luogo di parola dei movimenti. Marsilio ha chiesto esplicitamente che «il ministero dell’Interno verifichi con attenzione l’attività e i contenuti» dell’emittente romana, «che alimenta con i suoi irresponsabili proclami una spirale pericolosissima di violenza».
Il deputato postfascista ha dichiarato che alcuni ragazzi di Giovane Italia gli hanno riferito che Onda rossa ha «fatto l’apologia dell’attentato invocando medaglie d’oro al valore per chi ha messo la bomba». Ed infatti in una nota diramata dal presidente romano di Giovane Italia, Cesare Giardina, si possono leggere una serie d’insulti rivolti all’emittente romana, «vicina agli ambienti dell’estrema sinistra che hanno invitato a premiare i vigliacchi autori dell’attentato», che si concludono con una pressante richiesta alle istituzioni per «la chiusura immediata della trasmissione radiofonica, radio Onda rossa». L’episodio, inventato di sana pianta come tutti gli ascoltatori dell’emittente hanno potuto verificare con le proprie orecchie, sembra pensato apposta dopo gli arresti e la pesante montatura giudiziaria che hanno colpito nel quartiere della Magliana il movimento per la casa. La sensazione è che vi siano forti spinte da parte di alcuni settori della destra per lanciare un’offensiva risolutiva contro gli spazi sociali, i luoghi di parola e comunicazione della sinistra radicale e antagonista a Roma. In un comunicato Onda rossa ha smentito seccamente le accuse, precisando di non aver mai accennato all’episodio dell’attentato nel corso delle sue trasmissioni. Le registrazioni audio stanno lì a dimostrarlo. Se gli autori della calunnia saranno chiamati a risponderne nelle sedi opportune, l’intero movimento romano è allertato sulla necessità di vigilare su quanto potrà accadere contro la radio nei prossimi giorni.
Una ronda non fa primavera
Da Padova a Forlì il mercato delle ronde apre la strada alla privatizzazione e politicizzazione della sicurezza
di Paolo Persichetti, Liberazione 1 marzo 2009
dal blog Insorgenze
Dopo l’entrata in vigore del decreto legge sulle ronde, in alte parti d’Italia si assiste ad un proliferare di «associazioni di volontari per la sicurezza», intenzionati a presidiare il territorio con funzioni ausiliarie delle forze dell’ordine.
A Padova, militanti di An e della Lega sono scesi in alcuni quartieri fino a quando hanno trovato la strada sbarrata dai giovani dei centri sociali. Un po’ di sberle e l’intervento della polizia hanno messo fine ad all’iniziativa.
L’indeterminatezza e la prosa allusiva contenuta nel testo varato dal governo lo scorso 25 febbraio hanno lasciato ampio spazio alle interpretazioni più pericolose e così si è immediatamente scatenata la corsa all’accaparramento del mercato politico-mediatico delle ronde. Il testo approvato, infatti, pur dando priorità alle associazioni composte da personale delle forze dell’ordine in congedo, estende il ricorso alla collaborazione con i comuni ad ogni altro tipo di «associazione tra cittadini non armati», purché compaiano in un’apposita lista depositata in prefettura e non usufruiscano di finanziamenti pubblici. Formulazione che sembra aprire al finanziamento privato della vigilanza, sul modello delle «agenzie private di sicurezza» teorizzato dai partigiani dell’ultracapitalismo selvaggio, come lo studioso americano Robert Noizick.
Ritagliato su misura sulle esperienze di vigilanza locale già sperimentate nelle cittadine governate da amministratori leghisti, l’impresa delle ronde è diventata subito un terreno d’accesa competizione per il controllo del territorio tra schiere di leghisti e squadre di An, Storace, Forza nuova e Fiamma tricolore.
A Verona la giunta comunale ha istituito gli «assistenti civici», ad Udine la Lega ha annunciato la creazione di ronde entro il mese. A Milano come a Napoli agiscono da tempo i City angels e i Blue berets. A Torino e Ferrara giovani di An sono scesi in strada, mentre a Trieste Fiamma tricolore sta organizzando ronde intitolate alla memoria di Ettore Muti. A Bologna ci sono state iniziative episodiche di An, Forza nuova e Lega. A Forlì la Lega ha creato delle «ronde civiche». A Roma invece è molto attiva la Destra di Storace che ha sguinsagliato i propri militanti e annunciato la nascita di «ronde rosa» nel quartiere dell’Eur. Il più delle volte si tratta d’effetti d’annuncio, scimmiottamenti mediatici con pettorine colorate di fronte a tv e fotografi, ma la tendenza a strutturare “squadrette”, camuffando un rinnovato squadrismo sotto le vesti delle milizie cittadine volontarie, è ormai avviata, al punto che anche La Russa, il ministro della Difesa che inizialmente aveva dato voce alle perplessità dell’arma dei carabinieri, ora si è detto favorevole. Anche lui prevede che i civili possano far parte dei cosiddetti «pattuglioni», ovvero una militarizzazione del territorio allargato non solo alla presenza di polizia e carabinieri, ma all’esercito, che già sorveglia i semafori, e alla polizia penitenziaria, guardia di finanza, forestale (e perché no anche ai guardiacaccia e guardiapesca?). Un’Italia, insomma, che assomigli sempre più al piazzale di una caserma con adunate e alzabandiera mattutini.
«Riprendiamoci la città» era uno degli slogan che più echeggiava negli anni 70. Lanciato da Lotta continua venne ripreso durante il movimento del 77, dove risuonò come una slavina durante gli enormi cortei. Dietro questa parola d’ordine agiva il protagonismo di soggetti deboli e misconosciuti, la partecipazione irruenta dei senza parola alla vita pubblica contro ogni forma di sfruttamento, sopraffazione, carovita, per un uso pubblico e sociale della città, dove trovassero soddisfazione i bisogni dei cittadini, reddito, trasporti, verde, cultura, spazi di socialità, musica, feste.
Mai il senso delle parole ha potuto segnare la direzione di un’epoca come in questo caso. Ciò che allora voleva indicare la riconquista condivisa dello spazio pubblico, un allargamento della cooperazione e della socializzazione, l’uscita dai ghetti della fabbrica, dei quartieri dormitorio, del privato, ora indica l’esatto opposto.
Oggi a lanciare questo slogan sono le truppe del Carroccio e le squadre della destra che coagulano gli interessi particolaristici dei bottegai, di cittadini blindati nei loro villini a schiera, di lavoratori atterriti dalla crisi economica.
Ma le ronde non fanno primavera.
Cariche e decine di fermi a Bergamo, mentre Forza Nuova sfila tranquilla
Oggi, sabato 28 febbraio, a Bergamo la Questura ha dimostrato quali sono le direttive per la gestione dell’ordine pubblico e del dissenso: i fascisti di forza nuova sono stati fatti sfilare – nonostante non avessero neanche chiesto l’autorizzazione per un corteo – con tutto il loro armamentario da apologia del fascismo e caschi e spranghe bene in vista, mentre le forze dell’ordine hanno attaccato, con scene da mattanza cilena, in maniera deliberata e gratuita i manifestanti che si erano opposti all’apertura della sede di FN. Alla fine della riuscita e determinata manifestazione antifascista il questore ha condotto una vera e propria “caccia all’uomo” verso i manifestanti che si stavano disperdendo, guidando la Celere verso atti brutali nei confronti di chiunque capitasse a tiro, giornalisti compresi: persone prese e sbattute a terra, tenute a terra ad anfibiate, picchiate. Video e fotografie inchiodano le scelte scriteriate e autoritarie del questore Rotondi che ha dato precise indicazioni a celerini e carabinieri di rastrellare – a fine manifestazione – più manifestanti possibili. Chiediamo le immediate dimissioni di un questore che si è dimostrato accondiscendente verso i naziskin e ha disposto il fermo di 60 manifestanti, facendo caricare anche chi fuori dalla questura chiedeva semplicemente informazioni sui fermati. L’apertura di una sede di forza nuova è una vergogna per Bergamo, così come il comportamento della polizia oggi in piazza. Contro il fascismo e i suoi “padrini” [in divisa o seduti in parlamento, tanti sono i legami fra FN Bergamo e Alleanza Nazionale] non un passo indietro. Chiediamo l’immediata liberazione di tutt* i compagn* arrestati e pestati brutalmente dalla polizia.
Antifascisti/e bergamaschi/e
Qui un montaggio video della giornata
e qui una corrispondenza del 4 marzo con Radio Onda Rossa, con un sunto della situazione dopo qualche giorno
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