Archivio

Posts Tagged ‘pellicola’

_In coda_

3 giugno 2008 1 commento

“Ho chiesto un po’ di sole
e il poliziotto ha risposto:
Signore, mettiti in coda!
Ho chiesto inchiostro per scrivere il mio nome
E mi è stato detto : L’inchiostro scarseggia
devi attendere in coda il tuo turno.
Ho chiesto un libro da leggere
e una divisa kaki ha strepitato:
Chi vuole il sapere
deve leggere le pubblicazioni del partito
e gli articoli della costituzione.
Ho chiesto il permesso di incontrare la mia donna
e mi è stato risposto: E’ cosa ardua incontrare le donna
e l’innamorato deve
sopportare una lunga coda.
Ho chiesto l’autorizzazione
a mettere al mondo un figlio,
ma un ispettore, scoppiando a ridere, mi ha detto:
La prole è molto importante
ma aspetta in coda ancora un anno.
Ho chiesto di vedere il volto di Dio
ma un rappresentante di Dio ha urlato:
Perché?
Ho risposto: Perchè sono un uomo sconfitto.
Allora mi ha segnato a dito
ed ho compreso che anche gli sconfitti
stanno in coda.

Mio Signore:
desidero incontrarti, ma non lasciarmi
in coda come un cane randagio..
Da quando sono nato
sono in coda, immobile.
Mi si sono ghiacciati i piedi
simile alla carta straccia è la mia anima.
Spiagge calde e … uccelli.
Non so come recitare i miei versi
perché ovunque mi incalza la mannaia.
I fogli sono presi al laccio
le penne al laccio
al laccio i seni.
Il letto d’amore
vuole un permesso di transito.
Mio Signore:
l’orizzonte è sempre più sottile
e questo paese è rannicchiato tra le acque
triste come una spada spezzata.
Se rifiutiamo la canfora
ancora più canfora ci porterebbero.

Mio Signore:
l’orizzonte è grigi
ed io mi struggo per un raggio di luce.
Se solo volessi aiutarmi
mio Signore … mi muteresti in un passerotto.

____Nizar Qabbani___

Tra le macerie di Beirut, nel quartiere di Haret Hreik, il desiderio di mutarsi in un passerotto è lo stesso che nella cella di una prigione. L’aria puzzolente e irrespirabile, polverosa e pesante.

Foto di Valentina Perniciaro  -Beirut: settembre 2006-
Quartiere sciita di Haret Hreik, dopo i bombardamenti israeliani

cinquantadue

3 giugno 2008 2 commenti

“Tu, che sei latinoamericano, non sai che gli antichi maya abbandonavano le loro città ogni cinquantadue anni? Ignori che ogni cinquantadue anni lasciavano le loro case, i loro magazzini, i loro giochi, i loro templi, e si recavano in un altro luogo a edificare una nuova città? … Il giorno che ti ho visto al Jardin des Plantes sono scaduti i cinquantadue anni per me.
Vuoi costruire con me la nuova città?”

La danza immobile _Manuel Scorza_

Foto di Valentina Perniciaro

Siamo chiamati a sorprendere la realtà

23 Maggio 2008 Lascia un commento

“Noi giochiamo con cose in continua sparizione e, una volta sparite, è impossibile farle rivivere, non si può ritoccare il soggetto […] Siamo chiamati a sorprendere la realtà con quel quaderno di schizzi che è il nostro apparecchio fotografico, a tirarla fuori e fissarla, ma non a manipolarla né durante le riprese, né tantomeno nel nostro oscuro laboratorio con qualche ricetta fatta in casa. Sono trucchi che saltano all’occhio di chi sa vedere”
Henri Cartier-Bresson, L’immaginario dal vero

Pitigliano, Marzo 2006

Foto di Valentina Perniciaro, Pitigliano, Marzo 2006

L’infinito inizia.

22 Maggio 2008 2 commenti

“Disegno della tua voce nella riva del sogno,
scogliere di cuscini con quest’odore di costa vicina,
quando gli animali buttati nella cala, le creature di sentina
odorano l’erba e per i ponti si arrampica
un tremito di pelle e di furioso godimento.
Allora mi capita di non conoscerti, aprire l’occhio di questa lampada
a cui sfuggi coprendoti il viso con i capelli,
ti guardo e non so più
se ancora una volta affiori dalla notte
con il disegno esatto di quest’altra notte della tua pelle,
con il ventre che palpita la sua respirazione soave
abbandonata appena nella nostra tiepida spiaggia
da un leggero colpo di risacca.
Ti riconosco, salgo per il profumo dei tuoi capelli
fino a questa voce che nuovamente mi sollecita,
contempliamo
nello stesso tempo la doppia isola sulla quale siamo
naufraghi e paesaggio, piede e arena,
anche tu mi sollevi dal nulla
con il tuo sguardo errabondo sul mio petto sul mio sesso,
la carezza che inventa nella mia cintura il suo galoppo di puledri.
Nella luce sei ombra e io sono luce, sono la luce della tua ombra
e tu gettata nelle alghe fingi l’ombra del mio corpo,
quando la sua angusta fronte ferisce le pietre e proietta
come un fragore di voragine all’altro lato, un territorio
che inutilmente investe e brama.
Ombra della mia luce, come raggiungerti,
come inguainare questo balenio nella tua notte!
Allora c’è un istante segreto
in cui gli occhi cercano negli occhi un volo di gabbiani,
qualcosa che sia orbita e richiamo,
una consacrazione e un labirinto di pipistrelli,
ciò che sorgeva nell’oscurità come un gemere a tentoni,
una pelle che si raffreddava e scendeva, un ritmo rotto,
si muta in convivenza, parola d’ordine, strappo
del vento che si infrange contro la vela bianca,
il grido della vedetta ci esalta,
corriamo insieme fino a che la cresta
dell’onda zenitale ci travolge
in una interminabile cerimonia di spume,
e ricominciano i naufragi, il lento nuoto verso le spiagge,
il sogno bocconi fra meduse morte e i cristalli di sale
dove arde il mondo.”
Julio Cortazar

Qalat al-Jabar, Syria

Foto di Valentina Perniciaro -AFFACCIATI SULL'EUFRATE-
          Qalat al-Jabar, Siria, Agosto 2003

“osare riconoscerli”

21 Maggio 2008 2 commenti

Forse il tempo del sangue ritornerà.
Uomini ci sono che debbono essere uccisi.
Padre che debbono essere derisi.
Luoghi da profanare, bestemmie da proferire
incendi da fissare, delitti da benedire.
Ma più c’è da tornare ad un’altra pazienza,
alla feroce scienza degli oggetti,
alla coerenza nei dilemmi
che abbiamo creduto oltrepassare.
Al partito che bisogna prendere e fare.
Cercare i nostri eguali osare riconoscerli
lasciare che ci giudichino guidarli esser guidati
con loro volere il bene fare con loro il male e il bene
la realtà servire negare mutare.
________FRANCO FORTINI______
Dheheishe, Palestina 2002
Piove ininterrottamente da giorni, pioverà per giorni…sento anche le ossa bagnate.
Finalmente un po’ di pace, finalmente un rifugio dove poter star sola,
dopo questa notte in bianco, dopo questa notte con lo stomaco scombussolato.
Mi sento “tra color che son sospesi”, in attesa. Decisamente vuota malgrado la pienezza
ricevuta in dono. Meno male che esistono ancora librerie dove compri poesie di Fortini per 2,90 €, dove la mia patata ha trovato il suo Majakovskij quotidiano alla stessa cifra.
Tutto ciò ha reso il diluvio più sopportabile.
Non per questo il tempo sarà meno lento, non per questo l’attesa più leggera.
Foto di Valentina Perniciaro   -Campo profughi di Deheishe, Palestina. Marzo 2002 -

cambierà nome pure l’universo!

16 Maggio 2008 3 commenti

“Quando saremo due saremo veglia e sonno,

affonderemo nella stessa polpa

come il dente di latte e il suo secondo,

saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,

come i cieli, del giorno e della notte,

due come sono i piedi, gli occhi, i reni,

come i tempi del battito,

i colpi del respiro.

Quando saremo due non avremo metà

saremo un due che non si può dividere con niente.

Quando saremo due, nessuno sarà uno,

uno sarà l’uguale di nessuno

e l’unità consisterà nel due.

Quando saremo due

cambierà nome pure l’universo

diventerà diverso”

____ERRI DE LUCA____

Pitigliano,, marzo 2006

Foto di valentina perniciaro
Una scala in salita, decisamente.
Ma tutta questa paura non sembra mettere. Ci hanno insegnato ad andare avanti, a salire, ad arrampicarsi, a seppellire la mostruosità con i nostri sorrisi, con il rosso vivo delle nostre bandiere.
Alla libertà, musa eterna.

Tutt@ liber@

11 Maggio 2008 Lascia un commento

tempo di…

9 Maggio 2008 Lascia un commento

“Nella vita dell’uomo
per ogni cosa c’è il suo momento,
per tutto c’è un’occasione opportuna.
Tempo di nascere, tempo di morire,
tempo di piantare, tempo di sradicare,
tempo di uccidere, tempo di curare,
tempo di demolire, tempo di costruire,
tempo di piangere, tempo di ridere,
tempo di lutto, tempo di baldoria,
tempo di gettar via le pietre,
tempo di abbracciare, tempo di staccarsi,
tempo di cercare, tempo di perdere,
tempo di conservare, tempo di buttar via,
tempo di strappare, tempo di cucire,
tempo di tacere, tempo di parlare,
tempo di amare, tempo di odiare,
tempo di guerra, tempo di pace.
ECCLESIASTE III, 1-8
Damasco, settembre 2006
Il panettiere addormentato di Damasco. Alle 4 di mattina, mentre si tornava a casa con la testa piena di ‘araq. Il mio panettiere, quello a due passi dal vicolo di casa mia, a pochi passi dal mio cortile e da quell’albero di arance che mi permetteva di godere il fresco anche con il sole alto.
E l’odore di quel pane sempre caldo, sempre soffice, sempre capace di insegnarti un modo nuovo di mangiare. Il pane di Damasco…il sapore di quelle cenette tra chiacchiere e sapori, tra lingue e lineamenti contrastanti.
Mi mancano le notti damascene, mi manca il canto dei minareti a spezzare la pace notturna,
mi mancano gli sguardi in cui si annega, mi manca il caos immanente delle sue strade.
Tempo di fermarsi, tempo di ricominciare.
Foto di Valentina Perniciaro : Il panettiere addormentato. Damasco, settembre 2006

Beirut in fiamme.

9 Maggio 2008 2 commenti

Beirut sotto assedio.

Non ci posso pensare e quasi non ho voglia di leggere gli aggiornamenti , di capire in quali strade e quartieri si combatte e in quali è tutto tranquillo come sempre. Beirut è questo, Beirut è la contraddizione costante, è la guerra permanente, è la bellezza mutilata.

Ed ora, come sempre, sento il richiamo, il desiderio di correre a vedere che accade, di avvicinarmi al delirio di quel paese dilaniato, meraviglioso, struggente. Con il cuore fermo tra le strade dei campi, sul lungomare colorato, vicino al porto ora chiuso a causa dei combattimenti.

Ancora piombo nella dolce Beirut, ancora sangue sotto il vento libanese.

Baruda_campo profughi

Foto: Valentina Perniciaro_Campo profughi di Rashidiyye, Libano del sud. Agosto 2003.