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Sveltinelle Vs Sentinelle: sarà una risata che vi seppellirà. Grassa risata.
Ho stima per chi ha fatto questo striscione, infinita,
perchè io davanti a quei cosi dritti in piedi, che fingono di leggere, fingono di protestare e fingono di esistere non riesco a dir nulla, tantomeno di così perfetto, spiritoso, azzeccato, provocatorio.
Me li provo ad immaginare uno ad uno mentre lo leggono,
credo pure che alcuni ci mettano un po’ a capirlo, poracci.
Grazie quindi, a chi l’ha fatto e a Lola che me l’ha fatto scoprire.
Rojava: le case delle donne
http://instagram.com/p/vvxSjEHO96/Quest’articolo apparentemente breve raccoglie un mondo grandissimo, che ho in parte sfiorato.
Sono righe che fanno percepire all’istante l’empatia, la familiarità, la vicinanza umana e politica che si sente pulsare dentro nei confronti di queste donne, le combattenti kurde di Kobane,
così come le tante e tante altre, siriane, che da anni resistono ad una guerra dai mille fronti ormai.
Quest’articolo ci palesa un processo di liberazione ed emancipazione, femminile innanzitutto, che non riuscirà ad esser fermato da nessun califfato tagliagole o esercito marciante: queste donne e il faticoso percorso portato avanti negli anni non saranno facili da fermare e non possiamo non sostenerle con ogni sforzo possibile.
Oltre a quest’articolo potete leggere gli altri sul blog di Zeropregi e sulla sua pagina twitter: porta un nostro bacio a quella terra.
http://instagram.com/p/vspw33nOz0/
LE CASE DELLE DONNE NEL ROJAVA
Prima di tutto abbiamo dovuto insegnare cos’è libertà. Abbiamo dovuto iniziare a fare formazione per far capire cos’è la libertà perché c’era gente che non sapeva cosa fosse” dice così Newroz Kobane, 25 anni, dal nome improbabile ma che lei dice essere il suo, spiegandoci cos’è “il modello Rojava” e il lavoro fatto negli ultimi anni su quel territorio devastato dalla guerra. Ci guarda fisso negli occhi e ci racconta per oltre un’ora com’era la sua vita a pochi km da qui, nella Kobane ora teatro dello scontro con l’Isis. Siamo nella tenda di uno dei campi profughi alla periferia di Soruc dove Newroz è una delle responsabili, ci racconta di quando hanno aperto la casa delle donne o di quando hanno creato le scuole per le stesse donne a cui fino ad allora era impedito andarci.
“Ma non ci siamo limitate a farlo a Kobane, siamo andati villaggio per villaggio a spiegare e a insegnare cos’è la libertà e cos’è la libertà delle donne”. Mi fermo a pensare a ciò che sono “le case delle donne” dalle nostre parti e dell’attacco che subiscono quotidianamente mentre lei ci spiega il lavoro (enorme aggiungo io) che hanno fatto negli ultimi anni. “Per prima cosa abbiamo dovuto ridurre la pressione degli uomini sulle donne. Difendevamo i diritti delle donne quando una di loro scappava di casa o veniva cacciata. Le accoglievamo perché volevamo evitare che le donne subissero violenze. Abbiamo fatto formazione con le donne su quali erano i loro diritti ma allo stesso tempo insieme ai tribunali e alle donne stesse decidevamo le cause di separazione. Il nostro obiettivo erano i diritti delle donne ed eravamo così riconosciute che nei casi di violenze o stupri eravamo noi ad andare a prendere gli uomini per portarli in tribunale”.
A Kobane ogni quartiere aveva la sua casa delle donne ed erano tante coloro che ci lavoravano. Mi imbarazzo se penso che a Roma a stento ogni municipio abbia un consultorio. Ma penso anche che se oggi Newroz e le altre donne nei campi abbiano un ruolo e una importanza è soprattutto grazie a questa rivoluzione culturale messa in atto da loro stesse.
“Abbiamo fatto anche formazione per gli uomini, certamente. Ed è probabile che la nostra determinazione gli abbia impedito di reagire con violenza ai cambiamenti tanto che alla fine sono stati costretti ad accettarli”.
È una donna fiera della sua identità e del suo essere musulmana. Non da nessuna dignità politica e religiosa all’esercito islamico, lo liquida con un “sono disumani e non sono dei musulmani”.
E mi imbarazzo di nuovo visto l’immaginario costruito nel mio paese dell’universo musulmano. Per questo probabile che loro vincano e che dalle mie parti invece giorno dopo giorno si perda un pezzo dei diritti conquistati con anni di lotte.
Foto, video e report della Staffetta Romana per Kobane https://m.facebook.com/profile.php?id=635796289863470
“Stupratele! Tanto poi abortiscono”
L’agenzia stampa che ho appena letto mi ha lasciato di stucco.
Perchè poi quando si parla di aborto o di Ru486 mi sale in pochi secondi il sangue al cervello: fondamentalmente mi succede ogni volta che le mie orecchie, i miei occhi, il mio corpo in ogni sua parte, avvertono il manifestarsi di qualunque forma di sessismo, di qualunque prevaricazione maschile sul corpo e le libertà di qualunque donna al mondo.
Mi parte la brocca, come si dice a Roma, divento poco lucida.
E allora è difficile mantenere la calma o tanto meno “argomentare” quando il livello della notizia è così avvilente, così lurido e merdoso.
Ieri a Massa c’è stato un convegno sulla RU486 (convegno????) al quale partecipava anche il segretario nazionale di Forza Nuova, Roberto Fiore (e un’altra sequela di nazisti).
Fuori dal teatro sede dell’evento c’era un indignato presidio di donne che manifestava contro questo convegno di questi fantomatici difensori della vita: quando Fiore ha lasciato il teatro e le donne hanno iniziato a fischiargli contro e urlargli qualcosa, i suoi scagnozzi e qualche altra merda secca presente all’iniziativa ha gridato “STUPRATELE CHE TANTO POI ABORTISCONO”.
Questo è il livello che viviamo.
Poi abbiamo la redazione de “Gli Altri” che scrive appelli per permettere a Casa Pound e Blocco Studentesco di sfilare, perchè sarebbe antidemocratico il contrario.
Mo che mi venite a dire che Casa Pound so’ bravi e democratici mentre Forza Nuova invece so’ fascisti?
Sicuramente parliamo di due diversi fascismi; forse quelli di Casa Pound non avrebbero mai urlato una cosa simile perchè sono un po’ più intelligenti e un po’ meno medievali integralisti cattolici di Forza Nuova ma……
VOGLIO ESPATRIARE.
VORREI INCONTRARE QUELLE QUATTRO MERDINE NERE CHE IERI INVOCAVANO ALLO STUPRO PER FARGLI VEDERE QUANTO SONO SEMPRE STATA ANTIDEMOCRATICA!
DESIDERIO AL POTERE
“La voce del mio desiderio, il mio prezioso desiderio. La mia morale non si fa influenzare dai valori del mondo che mi circonda.
Li ho rifiutati da molto tempo, non ricordo nemmeno da quanto. E’ la mia morale a determinare e imporre le mie azioni, i miei principi sono quelli che mi sono data io. Mi importa solo l’effetto delle mie azioni su di me e sulla mia vita: il mio viso dopo l’amore, la luce nei miei occhi, il mio corpo che torna intero, le parole che mi scaldano e mi fanno nascere delle storie in petto.
Ho capito molto presto cosa volevo: un cervello attivo in un corpo attivo. Lo sapevo persino prima di trovare nei miei adorati testi erotici arabi la conferma dei miei pensieri.
Il Viaggiatore mi ha detto: L’unico uomo che hai conosciuto è tuo marito.
Ha detto: Ti neghi a ogni uomo che ti desidera perchè i tuoi principi morali ti fanno temere la società e il giudizio dell’uomo cui potresti dire di si.
Ha detto: Sono gli strascichi della tua educazione perbenista.
Ha detto: Vivi il tuo “si” come una resa umiliante.
Ha detto: HAi paura che il tuo valore si offuschi agli occhi dell’uomo che hai accettato.
Ha detto: Non sei sufficientemente sicura del tuo corpo per avere il coraggio di metterti nuda davanti ad un uomo.
Ha detto: Rifiuti di fare come la tua amica che dice di sì a ogni uomo, la ritieni una donna facile, una da poco.
Può essere, gli ho detto. Ed ero del tutto cosciente di esser ad anni luce dall’idea che aveva di me.
Può essere, gli ho detto. Per non dirgli: Negare a te il mio corpo non vuol dire negarlo per forza a tutti gli altri.
Può essere, gli ho detto. E mentre gli facevo credere che accettavo le sue conclusioni, avevo la conferma che il mio gioco in società funziona benissimo.
Avevo detto: “Puo’ essere” perché non volevo rivelarmi agli altri. Che cosa potevo dire? Che l’unica autorità che riconosco sono io, è la mia volonta? Non i loro principi, non i loro valori né la tradizione? Non il timore delle malelingue, non la paura del castigo né le fiamme dell’inferno?
Ho un animo poligamo, lo so, come quasi tutte le donne.”
_Salwa al-Neimi
L’urlo di Towanda
Vi ricordate di Towanda?
di Valentina Perniciaro, Queer, inserto settimanale di Liberazione, 9 novembre 2008
Vi ricordate di Towanda? Provate ad urlarlo. Non potrà non tornarvi in mente quel grido di battaglia che
trasforma Evelyn, una delle protagoniste del film culto “Pomodori Verdi fritti (alla fermata del treno)”, in una donna nuova, pronta ad affrontare qualunque avversità nel suo percorso di emancipazione e liberazione.
Quell’urlo sembra proprio essere tornato, e sta riempiendo l’Onda di contenuti nuovi, di determinazione, di protagonismo tutto femminile. Un gruppo di giovani donne, studentesse medie ed universitarie e collettivi di genere hanno dato vita ad un coordinamento che prende proprio questo nome: Towanda nasce il 20 novembre 2007 per poi muovere i suoi primi passi nella manifestazione di donne per le donne contro la violenza maschile che ha sfilato, imponente e determinata, per le vie di Roma il 24 novembre dello scorso anno.
La particolarità che salta agli occhi è la giovane età, Towanda è in gran parte composto da collettivi femministi di diverse medie superiori di Roma e provincia. Proprio perciò non poteva rimanere estranea all’esplosione di mobilitazioni di questo periodo: dal primo giorno è parte integrante di un’Onda che sta scuotendo il mondo della scuola, dagli asili agli atenei universitari.
Queste giovani donne non sono solo impegnate a protestare contro il decreto Gelmini, ma si muovono nelle piazze gremite di studenti per riempire la protesta di contenuti diversi. Considerano il decreto sessista perché colpisce soprattutto le donne: molte insegnanti, grazie ai tagli previsti, perderanno il lavoro mentre la cancellazione, di fatto, del tempo pieno, spiegano, limita ulteriormente la libertà che ogni donna ha di portare avanti la maternità e allo stesso tempo il diritto di lavorare ed essere autosufficiente. Come se non bastasse, la riforma è profondamente razzista, perché le “classi ponte”renderanno ancora più difficile il processo d’integrazione dei giovani migranti o dei figli di seconda generazione.
L’urlo di Towanda sa che quest’Onda, per non morire, deve verificare i propri contenuti e crescere anche culturalmente: nei cortei romani di queste settimane., raccontano, si sono trovate ad affrontare spezzoni che usavano parole d’ordine intrise di maschilismo o omofobia, per esempio offendevano la ministra Gelmini in quanto donna con parole come “puttana”. Towanda non vorrebbe condividere la piazza con chi usa un linguaggio o ha un atteggiamento omofobo e maschilista.
Per questo, dicono, sono impegnate in diverse campagne di controinformazione nelle scuole e nelle piazze. Chiedono quindi una scuola che sappia ricostruire e raccontare tutti quei percorsi di liberazione femminile che la storia e i libri di testospesso trascurano o addirittura omettono. Vogliono un femminismo che sappia rifiutare ogni delega e sia reale partecipazione attiva e consapevole delle donne in ogni contesto sociale perché una società in cui le donne siano protagoniste non è solo possibile, ma necessaria per il bene di tutte e tutti. E’ proprio la violenza maschile sulle donne uno degli argomenti principali delle loro campagne, spesso portate avanti a fianco di chi opera nei centri antiviolenza, come nella partecipata assemblea che si è tenuta al Liceo scientifico Righi la scorsa settimana, cui hanno partecipato le avvocate impegnate nei centri.
Attualmente sentono forte la necessità di essere al fianco delle donne e dei giovani migranti, e si sono unite all’assemblea giovanile e antirazzista e contro ogni discriminazione, con la quale sono scese in piazza con un unico striscione: “Per una scuola libera, solidale e aperta al mondo”.
Se avete voglia di ascoltare il grido di battaglia di Towanda, non vi rimane che entrare nell’Onda, o cercarle su studentessetowanda.splinder.com.
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