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Migranti in rivolta nei CIE di tutta Italia: buona libertà a chi è riuscito a fuggire
Una detenzione non giustificabile, quella dei migranti all’interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione:
corpi prigionieri senza aver commesso reato alcuno.
Corpi privati della libertà perché hanno osato muoversi, scavalcare frontiere, varcare mari spesso letali.
Nessun reato gli è contestato se non quello di esistere in quanto fantasmi del pianeta, considerati dalla legislazione internazionale meno di un numero di matricola, privi anche di quei diritti minimi che hanno conquistato a fatica i detenuti reclusi nelle normali carceri italiane.
Nessun reato: ma un presente e un futuro non breve in un lager, che altro modo di definire i CIE non esiste.
Dannati della terra che si ribellano, dannati della terra che spesso son stati qui decenni, che hanno messo al mondo figli nati qui, che hanno lavorato, sono stati sfruttati dal primo all’ultimo giorno in posti di lavoro che non sembrano aver fretta di adeguarsi alla “legalità” di cui tanto si riempiono la bocca.
Nelle ultime ore è stata una rivolta dietro l’altra: il desiderio di riconquistare una libertà smarrita senza nemmeno capirne il motivo permette focolai di rivolta continui.
Torino, Trapani, Caltanissetta, Modena: il grido di libertà alza la testa.
A Trapani sono 4 i reclusi che son riusciti a darsi alla macchia, riabbracciando la libertà,
con la gioia di chi la strappa a morsi, senza nulla da perdere e con tutto da conquistare.
Che la vostra fuga non abbia fine.
CHIUDERE I C.I.E.
ORA!
[per altro materiale sui CIE: qui]
Sciopero della fame nel lager di Ponte Galeria
I reclusi del CIE di Ponte Galeria entrano in sciopero della fame, con questo programma di richieste.
Prima di iniziare a leggere, ricordate, tenete a mente, non dimenticate MAI, che i CIE non sono diversi dai lager, dai campi di concentramento:
vengono recluse persone, uomini e donne, fino a 18 mesi, SENZA AVER COMMESSO ALCUN REATO, sottoposto anche ad un controllo chimico con farmaci.
Così, solo per il fatto di esistere, di aver mosso piede in un’Europa che deve rimanere fortezza inespugnabile,
luogo di sfruttamento a numero chiuso.
LIBERTA’ PER TUTTI E TUTTE.
CHIUDIAMO I LAGER NELLE NOSTRE CITTA’!
Ecco il comunicato dei prigionieri di Ponte Galeria, un campo di concentramento a pochi passi da Roma
Noi tutti di questo centro abbiamo deciso di dare inizio ad una protesta pacifica iniziando il rifiuto del cibo che ci viene consegnato per tutto il tempo necessario finchè non vengano esaudite le nostre richieste sotto indicate:
1. Chiediamo che le procedure siano molto più rapide
2. Che il servizio sanitario sia molto più efficiente
3. Che non venga più usata violenza, fisica o psichica, contro di noi (giorni fa è stata somministrata una puntura di psicofarmaci ad un ospite, contro la sua volontà, che ha avuto una reazione dannosa alla salute provocandogli gravi danni. Ancora oggi non può parlare e ha la faccia gonfia)
4. Che venga accolta la richiesta di chi chiede l’espatrio il prima possibile senza trattenimenti di lungo periodo
5. Che le notifiche vengano tradotte nella lingua di origine
6. Che le visite dall’esterno vengano facilitate senza tanta burocrazia
7. Che i tossicodipendenti vengano accolti in un’altra struttura adatta alle loro esigenze di recupero
8. Che chiunque abbia uno o più carichi pendenti possa presenziare al suo processo in modo che non venga condannato in contumacia
9. Per queste e molte altre motivazioni i centri come questo di Ponte Galeria schiacciano la dignità delle persone e andrebbero chiusi per sempre
Noi motiviamo il nostro sciopero della fame,
ora voi motivateci il perchè dobbiamo espiare una pena senza aver commesso un reato.

Sui tetti di Ponte Galeria
Sunniti contro sciiti e cristiani, nell’impotenza delle forze di sicurezza irachene
Per molti quel giorno segna il punto di non ritorno della lotta interconfessionale, nel cuore dell’Islam e dell’Iraq. Negli ultimi anni le cose erano andate meglio, fino allo spostamento del grosso delle truppe Usa nel Paese, reindirizzate verso l’Afghanistan. L’azione di ieri, però, con almeno undici cariche esplosive piazzate in quartieri sciiti di Baghdad, che hanno ucciso almenocento persone, hanno riportato l’attenzione su una tensione che divide l’Islam, non solo in Iraq. Il vaso di Pandora è stato aperto e adesso è molto difficile richiuderlo.
L’Iraq è senza governo da marzo, quando le elezioni sono state vinte da Iyad Allawi, l’unico candidato che ha fatto del discorso multireligioso un punto fermo del programma. Il premier uscente Nouri al-Maliki, però, ha giocato il tutto per tutto e, sciita come Allawi, ha radicalizzato le sue posizioni, avvicinandosi all’ayatollah sciita radicale Moqtada al-Sadr, che molti ritengono manovrato dall’Iran, Paese dove si è rifugiato da tre anni. L’ultimo tentativo di mediazione saudita, che guarda con preoccupazione all’evoluzione politica (e religiosa) delle faccende irachene, è naufragata.
L’Iraq sembra sempre più vicino alle posizioni sciite più radicali e i gruppi sunniti, alcuni dei quali ritenuti vicini ad al-Qaeda, si fanno sentire per imporre la loro agenda, ostile all’influenza iraniana.
I gruppi sunniti più radicali parevano essere stati messi fuori gioco, dopo che il generale statunitense Petraeus (spostato anche lui in Afghanistan), era riuscito a comprare la fedeltà dei cosiddetti Consigli del Risveglio, milizie tribali sunnite, che si erano occupate di ripulire le loro zone dagli ‘stranieri’, come vengono chiamati i mujhaiddin internazionalisti accorsi da tutto il mondo islamico dopo l’invasione della Coalizione internazionale del 2003. Appena gli Usa hanno allentato la presa, però, gli sciiti al governo – al-Maliki in testa – non hanno rispettato i patti, rifiutandosi di coinvolgere i sunniti delle milizie nell’esercito e nella polizia. Questo ha riportato molti sunniti sulle antiche posizioni radicali, anche perché la deriva sciita del Paese e la crescente influenza iraniana preoccupa pure loro.
Nel mezzo di questa lotta di posizione si viene a trovare, indifesa, la comunità cristiana. Domenica 31 ottobre, a Baghdad, un commando ha assaltato una chiesa cristiana.Quarantaquattro le vittime, tra assalitori, ostaggi e forze di sicurezza irachene che (appoggiate dagli Usa) hanno fatto irruzione nel luogo di culto. Sparando all’impazzata, secondo le ricostruzioni. Lo Stato Islamico d’Iraq (Isi), sigla ritenuta vicina ad al-Qaeda, ha rivendicato l’assalto, definendo i cristiani ”bersagli legittimi”.
L’accusa, senza riscontri, è alla chiesa cristiana copta d’Egitto. Secondo gli integralisti, due donne copte si sarebbero convertite all’Islam e per questo sarebbero ‘detenute’ in un convento al Cairo.
L’Isi aveva dato un ultimatum di due giorni per liberare le due donne.
La vicenda pare, a prescindere da eventuali riscontri, un pretesto per proseguire quella’pulizia etnica’ denunciata dal Sinodo Vaticano sul Medio Oriente nei giorni scorsi. Obiettivo delle frange estremiste, sunnite e sciite, è quello di liberarsi della comunità cristiana per dividersi il nuovo Iraq. Una lotta sanguinosa che la polizia e l’esercito iracheno non paiono in grado di contrastare. L’amministrazione Usa, dal 2004 a oggi, ha
speso ventidue miliardi di dollari nella formazione di poliziotti e soldati iracheni, nel tentativo di affidargli l’ordine pubblico. La situazione, come dimostrano i fatti degli ultimi giorni, è molto lontana dall’essere sotto controllo. Un’inchiesta del New York Times, pubblicata il 24 ottobre scorso, emerge che la dipendenza da alcool e droghe tra le forze di sicurezza irachene è dilagante.
”Ho iniziato nel 2004…dopo un mese di turni continui”, racconta al Nyt Jasim Harim, 29 anni, soldato di stanza a Baghdad. ”Mi sentivo un bersaglio disegnato addosso, mi pareva che tutti volessero uccidermi. Mantenere la calma era impossibile…sono scivolato lentamente nelle droghe. Adesso non riesco più a farne a meno”. Si va dalle tradizionali eroina, hashish e marijuana fino a una verisione iraniana del Valium, chiamata Sangue, per il colore rosso della scatola. Passando per l’Abu Hajib (Sopracciglia del padre) e ilLabenani, ma non mancano anfetamine e antidepressivi. Molto diffuso anche lo ‘sciroppo’, nome in codice della vecchia grappa Arak, nascosta in flaconi di medicinali. ”Il problema è dilagante”, spiega il colonnello dell’esercito iracheno Muthana Mohammed, seppur il ministero della Difesa di Baghdad smentisce. ”Credo che la metà degli uomini di esercito e polizia abbiamo questo problema. Quando arrestano uno spacciatore, lo rilasciano e lo fanno lavorare per loro. Ma il dramma non riguarda solo i militari, tutta la società irachena è nei guai. La roba arriva da Iran e Afghanistan e il traffico è gestito dai guerriglieri che si autofinanziano”.
Christian Elia, Peacereporter
VI SERVIAMO OVUNQUE, ANCHE NEI LAGER!
VI SERVIAMO OVUNQUE, ANCHE NEI LAGER!
Roma, mercoledì 21 aprile 2010
Oggi un centinaio di persone tra studenti universitari, nativi e migranti, attivisti/e dei centri sociali, occupanti dei movimenti per il diritto all’abitare, antirazzisti e antirazziste si sono incontrati/e all’Università La Sapienza di Roma per dare vita a un’iniziativa di denuncia e boicottaggio contro i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione per migranti).
L’obiettivo era il gruppo “La Cascina”, che gestisce il servizio mensa della Facoltà di Economia e il bar universitario a piazzale Aldo Moro. Questa società, tramite l’affiliata “Auxilum”, dal 1° marzo è entrata nella gestione dei servizi interni al lager di Ponte Galeria.
Abbiamo scelto di denunciare la linea complice di quest’azienda che, oltre ad avallare l’esistenza e contribuire alla mala-gestione del CIE di Roma, è responsabile di somministrare cibo scadente, se non scaduto, e troppo spesso “condito” con psicofarmaci, allo scopo di aumentare il controllo sui migranti e le migranti reclusi/e.
È stato aperto uno striscione che diceva «La cascina: complice dei lager! No ai CIE» davanti all’ingresso della mensa di Economia, mentre altri/e entravano nelle sale distribuendo volantini e adesivi informativi, denunciando al megafono gli orrori di Ponte Galeria, invitando gli studenti e le studentesse a boicottare gli esercizi gestiti da “La Cascina”, parlando con lavoratori e lavoratrici e informandoli/e, molti/e per la prima volta, del profilo infame dei loro datori di lavoro.
Ci siamo poi spostati con un corteo spontaneo che ha bloccato la strada fino a La Sapienza, per poi proseguire dentro l’università fino al bar di piazzale Aldo Moro. Anche qui abbiamo denunciato la complicità di “Auxilium/Cascina” e invitato al boicottaggio attivo gli studenti presenti.
L’iniziativa si è conclusa con un pranzo sociale e una mostra tematica sulle condizioni del CIE di Roma al pratone dell’università.
Per costruire le prossime iniziative della campagna contro i CIE
GIOVEDÌ 29 APRILE ORE 19.00 AL FORTE PRENESTINO, CENTOCELLE
CHIUDERE I CIE SUBITO
NON RENDERTI COMPLICE!
BOICOTTA “LA CASCINA”
Ascolta la CORRISPONDENZA di Radio Onda Rossa.
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